Nucleare
Trump avverte: il primo problema del mondo sono le armi atomiche

In una storica intervista al giornalista americano Tucker Carlson, Donald Trump ha definito quello che sostiene essere il rischio più grande per l’umanità: lo chiama «nuclear warming», il «riscaldamento nucleare», ossia la possibilità di una guerra combattuta con armi atomiche.
«Il più grande problema che abbiamo» ha dichiarato Trump quando gli è stato chiesto dell’alleanza tra Mosca e Pechino «non è quello, sono le armi. Non parliamo di armi della Seconda Guerra Mondiale (…) sono armi che il mondo non ha mai visto prima… loro le hanno, noi le abbiamo».
L’intervista, la prima da quando Trump si è presentato in tribunale a Manhattan, doveva riguardare questioni giudiziarie e politiche, tuttavia per la maggior parte del tempo Trump ha parlato di politica estera, spaziando dalla Cina alla Russia e all’Ucraina, dalla Corea del Nord alla Francia, dalla Siria all’Afghanistan – dove dice che si è consumata la più grande umiliazione della storia americana, con almeno 85 miliardi di armamenti lasciati ai talebani (il cui capo sarebbe stato minacciato da Trump, che gli sventolò sotto il naso una foto di casa sua), cosa che ha fatto degli studenti coranici al potere al Kabul il più grande gruppo di traffico di armi al momento, dice Trump, che ricorda anche qualche dettaglio osceno, come i militari vengono evacuati praticamente per primi abbandonando lì perfino i pastori tedeschi.
L’intervista ha preso una piega inaspettata quando Trump improvvisamente ha iniziato a parlare della questione delle armi nucleari.
«La Cina ne ha meno, ma in cinque anni saranno come noi… sto parlando del nucleare».
«La Russia e noi siamo paragonabili… un potere massivo». Più di quanto la gente possa comprendere, incalza Carlson. «Più di quanto la gente possa comprendere» ripete Trump. «Se guardi a Hiroshima, se guardi a Nagasaki, guardi a quei due eventi di tanti anni fa, e moltiplica quella potenza per 500 volte… di questo stiamo parlando».
«In realtà, hanno fuso il granito, che non si può fondere con la fiamma ossidrica. Se guardi alle aree con il granito, è come… acqua… che si è risolidificata, come una pista da pattinaggio sul ghiaccio… una potenza di 500 volte Hiroshima e Nagasaki… nessuno ne parla»
Alla domanda del perché la stampa e i leader politici americani non ne parlino, Trump risponde: «perché non penso che siano intelligenti, non credo lo capiscano. Putin lo capisce, ne parlavo con lui tutto il tempo». La gente, dichiara l’ex presidente, «non parla mai del fatto che ha una capacità di distruzione paritetica a quella degli Stati Uniti».
L’amministrazione Biden, che ora controlla gli armamenti nucleari, non sembra preoccupata da questo fatto, perché «non capiscono la vita, non capiscono qualsiasi cosa debbano capire».
Secondo Trump, Biden in passato sembrava spaventato dalle armi atomiche – il messaggio sbagliato da dare all’esterno, dice Donald – tuttavia ora «non ne parlano più. Putin ne parla tutto il tempo. Ora anche altri Paesi parlano di ottenerle».
Donald ricorda una discussione avuta con uno zio professore al MIT, riguardo al potere dell’atomica: «potresti distruggere New York con una valigetta» gli diceva, e lui racconta di non poter credere al parente scienziato.
«Il più grande problema che abbiamo nel mondo non è il global warming, è il nuclear warming» avverte l’ex presidente.
«Quando ascolto le persone parlare del riscaldamento globale, l’oceano si innalzerà di 1/8 di pollice nei prossimi 300 anni e parlano di come questo sia il nostro problema. Il nostro grosso problema è il riscaldamento nucleare ma nessuno ne parla nemmeno» ha dichiarato Trump.
«Gli ambientalisti parlano di tutte queste sciocchezze in molti casi. Sono diventato anche un ambientalista, immagino a modo mio perché ho fatto un buon lavoro con l’ambiente… Nessuno parla di nucleare… il problema… il più grande problema che abbiamo in tutto il mondo… non è il riscaldamento globale, è il riscaldamento nucleare».
«Tutto ciò che serve è un uomo pazzo e avrai un problema del tipo che il mondo non ha mai visto» ha avvertito l’ex presidente. «Ed è solo questione di secondi, non aspetterai dai due ai 300 anni prima che accada».
Trump ha confessato che riguardo al nucleare circola una sorta tabù, pure nella comunità scientifica, definendo il nucleare «una N-word»: la N-Word solitamente sta per nigger, cioè «negro», parola che – nonostante porti con sé un’etimologia latina in genere nobilitante, è completamente proibita nel discorso pubblico americano.
Trump sostiene che anche il nucleare sia una parola tabuizzata, raccontando di quando ha discusso con scienziati ed esperti delle minacce poste da altri paesi, inclusa la Russia. «Hai due N-word, non ne menzioni nessuna. La parola “nucleare” non la menzioni, perché il potere è così dirompente».
C’è un’estrema saggezza nelle parole di Trump – tuttavia, c’è anche una lampante semplicità, comprensibile a chiunque, tranne che all’amministrazione Biden: la guerra atomica va evitata ad ogni costo.
C’è stato un tempo in cui, consapevoli della portata allucinante di questa prospettiva, sulla questione intervenivano gli studiosi della psiche.
Lo psicanalista Franco Fornari nei suoi studi sulla minaccia atomica risalenti agli anni Sessanta notava che «la guerra è sempre stata una strana agenzia di import-export di distruzione: il fatto nuovo che si verifica con l’avvento dell’èra atomica è la prospettiva pantoclastica, per cui l’ingorgo delle aggressività nello Stato non può più essere drenato attraverso l’esportazione, e rischia quindi di determinare una specie di crescenza tumorale che assorbe in modo sempre più vistoso le energie di ciascuna nazione – specie di quelle atomizzate». (Franco Fornari, Psicanalisi della Guerra, Feltrinelli, Milano 1970; p.21)
La «prospettiva pantoclastica», ossia l’idea che sia operabile una distruzione totale, una devastazione che nulla risparmia, non può che avere un peso immane nel cuore degli uomini, confondendoli, giocando con la loro mente e i loro sentimenti.
A pochi mesi dalle detonazioni di Hiroshima e Nagasaki, un altro psicanalista, il britannico Edward Glover scrisse che la bomba atomica « è più un’arma di sterminio più che un’arma bellica [e per questo] ben adatta alle più sanguinarie fantasie di cui l’uomo è segretamente preoccupato durante fase di frustrazione acuta (…) La capacità così dolorosamente acquisita dagli uomini normali di distinguere tra sonno, illusione, allucinazione è la realtà oggettiva della vita da svegli è stata, per la prima volta nella storia umana, seriamente indebolita». (Edward Glover, War, Sadism and Pacifism, George Allen & Unwin, Londra 1946; p.274.)
Mentre uomini frustrati arrivati al potere possono appagare le proprie fantasie distruttive, prepara la trasformazione della realtà in incubo, un incubo nel quale stiamo entrando da sonnambuli, guidati da poteri malvagi.
Siamo grati del fatto che Donald Trump voglia ancora svegliare la popolazione da questo brutto sogno che può annichilire l’essere umano e il suo pianeta in una «questione di secondi».
Roberto Dal Bosco
Nucleare
Parlamentare tedesco democristiano gay chiede l’accesso alle armi nucleari di Francia e Gran Bretagna

La Germania dovrebbe avere accesso alle armi nucleari francesi e britanniche, ha affermato il parlamentare democristiano Jens Spahn. In cambio, Berlino potrebbe collaborare con Parigi e Londra per modernizzare i propri arsenali, ha dichiarato al quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung.
Lo Spahn, un gay dichiarato, che guida il gruppo parlamentare congiunto CDU/CSU e si ricorda per il pugno di ferro contro i non vaccinati durante la pandemia, si è distinto come un convinto sostenitore di un sistema di armi nucleari a livello UE.
«Noi… abbiamo bisogno di una capacità di deterrenza a livello europeo… insieme a francesi e britannici», ha affermato in un’intervista pubblicata sabato, sostenendo che le armi nucleari statunitensi in Europa non sono più sufficienti.
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Il parlamentare, ex ministro federale della Salute, ha affermato che il dibattito sulla questione «avrà luogo solo se la Germania lo porterà avanti». Ha suggerito che Londra e Parigi potrebbero mantenere il controllo maggiore sui loro arsenali nucleari, mentre Berlino potrebbe partecipare a un programma di modernizzazione.
A luglio, lo Spahn aveva parlato della necessità di «discutere dell’accesso tedesco o europeo agli arsenali nucleari di Francia e Gran Bretagna» alla luce di quella che ha definito la «minaccia» proveniente dalla Russia. Le nazioni prive di deterrenza nucleare «diventeranno pedine nella politica globale», ha sostenuto.
Il capo del blocco democristiano CDU/CSU al Bundestag, aveva inoltre sostenuto che le armi nucleari statunitensi basate in Germania non sono più sufficienti a scoraggiare la presunta minaccia russa.
Il direttore generale dell’AIEA, Rafael Grossi, ha avvertito che Berlino potrebbe sviluppare la propria bomba nucleare nel giro di pochi mesi, se lo desiderasse.
Le dichiarazioni di Spahn giungono in un momento in cui Berlino ha assunto una posizione più dura nei confronti della Russia sotto la guida del cancelliere Friedrich Merz, che ha promesso ulteriori 5 miliardi di euro in aiuti militari all’Ucraina dopo il suo insediamento a maggio.
Il mese scorso ha affermato il cancelliere democristiano che la Germania era «già in conflitto» con la Russia e ha accusato il presidente Vladimir Putin di «destabilizzare gran parte del nostro Paese».
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Come riportato da Renovatio 21, il Merz ha promesso, appena eletto, di escludere le armi atomiche, ma non è facile credergli. Credere ad un cancelliere tedesco, in una Germania che ripudia le centrali atomiche ma invoca le bombe atomiche, potrebbe essere difficilissimo.
A luglio il direttore generale dell’ente atomico ONU AIEA, Rafael Grossi, in un’intervista al quotidiano polacco Reczpospolita aveva dichiarato che la Germania potrebbe sviluppare le proprie armi nucleari entro pochi mesi.
Come riportato da Renovatio 21, l’eurodeputata SPD Katarina Barley aveva ipotizzato mesi fa il riarmo atomico dell’Europa – e quindi per una Germania rimilitarizzata, un concetto che si dice fosse uno dei motivi della creazione della NATO («Tenere l’Europa dentro, i russi fuori, i tedeschi sotto») e un vero incubo per lo statista italiano Giulio Andreotti («la Germania mi piace così tanto che ne voglio due»).
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Immagine di Olaf Kosinsky via Wikimedia pubblicata su licenza CC BY-SA 3.0-de
Cina
«Inarrestabile»: Xi svela la triade nucleare in una parata militare che sfida l’Occidente. A suo fianco Putin e Kim

I must say, the Chinese parade really lacks diversity! pic.twitter.com/lO47to5i7L
— The_Real_Fly (@The_Real_Fly) September 3, 2025
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⚡️BREAKING
China unveils its full Nuclear Capability for the first time Some missiles have a range of 15000 km pic.twitter.com/izKfMTuOdP — Iran Observer (@IranObserver0) September 3, 2025
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Quite a hot mic moment on CCTV in Beijing today as Putin and Xi, both 72 years old, are caught casually talking about living to 150 and maybe forever thanks to organ transplants. (As picked up by Bloomberg.) pic.twitter.com/kC4VTRaobq
— Yaroslav Trofimov (@yarotrof) September 3, 2025
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China’s hypersonic anti-ship missiles, including YingJi-19, YingJi-17 and YingJi-20, passed through Tian’anmen Square in Wednesday’s V-Day parade. The formation also included YingJi-15 missile. pic.twitter.com/oyZKJQD47t
— China Xinhua News (@XHNews) September 3, 2025
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Trump ha anche sottolineato la sconfitta americana del Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale, che alla fine ha garantito una pace duratura alla Cina. No, Xi non ha elogiato gli Stati Uniti per questo, ma si è schierato orgogliosamente al fianco dei suoi alleati sanzionati dagli Stati Uniti…What a line up! Xi has made a come back that no one could have predicted 5 years ago.
pic.twitter.com/yJynTn5yYb — Smita Prakash (@smitaprakash) September 3, 2025
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Nucleare
Taiwan alle urne sul nucleare (e la sua sicurezza energetica)

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Nel referendum del 23 agosto voluto dall’opposizione si chiede la riattivazione del reattore di Maanshan, l’ultimo del Paese spento a maggio dopo 40 anni di attività. Dopo Fukushima il fronte ambientalista ha ottenuto il progressivo azzeramento. Ma i timori di un blocco di Pechino all’approvvigionamento di gas naturale oggi stanno riaprendo la questione. Mentre la Cina ha ben 33 impianti in costruzione.
I cittadini di Taiwan si apprestano ad essere chiamati alle urne sabato 23 agosto per un referendum sul tema molto caldo dell’energia nucleare. Dal maggio scorso – allo scadere dei quarant’anni di attività – sull’isola è stato fermato anche l’ultimo reattore nucleare attivo, quello della centrale di Maanshan, realizzando così quella che da anni è stata una promessa del Democratic Progressive Party (DPP), il partito del presidente Lai Ching-te.
Proprio ad annullare questa scelta – prolungando di altri 20 anni la vita della centrale di Maanshan – mira la consultazione, che è stata promossa dal Taiwan People’s Party con il sostegno del Kuomintang, la principale forza di opposizione che oggi è anche quella politicamente più vicina a Pechino.
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Secondo la legge di Taiwan ogni proposta referendaria è da ritenere approvata solo se i «sì» vinceranno sui «no» raccogliendo almeno un quarto dei consensi degli avanti diritto al voto. In pratica occorrono almeno 5 milioni di voti favorevoli, un traguardo non impossibile considerando i voti raccolti dal Kuomintang e dal Taiwan People’s Party nelle elezioni del gennaio 2024.
Da quando imboccò la strada del nucleare negli anni Settanta, sono stati complessivamente tre le centrali operative a Taiwan: quella di Chinshan, situata nel distretto di Shimen a New Taipei, quella di Kuosheng, situata nel distretto di Wanli a New Taipei e – appunto – quella di Maanshan che si trova a Hengchun, nella contea di Pingtung. Nel 1985, quando tutti e tre gli impianti erano in funzione a pieno regime, l’energia nucleare rappresentava addirittura il 52,4% della produzione di elettricità dell’isola.
Col tempo – però – questa quota è diminuita, a causa della crescente opposizione al nucleare e di un cambio nella politica energetica a favore delle importazioni di gas naturale, oggi la maggiore fonte dell’isola. Già nel 2002, durante l’amministrazione del presidente Chen Shui-bian del DPP, era stato fissato l’obiettivo di creare una «patria senza nucleare». La spinta era poi ulteriormente cresciuta dopo il disastro del 2011 nella centrale giapponese di Fukushima: per questo nel 2014 – dopo massicce proteste da parte degli ambientalisti – fu abbandonato il progetto della costruzione di una quarta centrale, che sarebbe dovuta sorgere nel distretto di Gongliao.
Negli ultimi anni, poi, allo scadere dei quarant’anni dal loro avvio, tutte e tre le centrali di Taiwan hanno cessato l’attività: quella di Chinshan nel 2019, quella di Kuosheng nel 2022 e quella di Maanshan nel maggio scorso. Attualmente, dunque, nessuna quota di energia viene più prodotta sull’isola attraverso il nucleare.
Al di là del profilo ambientale – che vede ovunque nel mondo fronteggiarsi oggi quanti sottolineano i pericoli delle centrali con quanti ritengono sia la forma più «pulita» ed efficiente di produzione dell’energia – a Taiwan la questione nucleare ha anche una dimensione geopolitica. Anche nel fronte più ostile a Pechino sono in molti, infatti, a sottolineare che l’aumento della dipendenza dal gas naturale è un elemento di debolezza di Taipei, perché espone la sicurezza energetica dell’isola a gravi rischi nel caso di un blocco navale da parte delle forze armate cinesi.
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Per questo motivo lo stesso presidente Lai Ching-te – pur invitando a votare «no» al referendum sulla centrale di Maanshan – non esclude più a priori il ricorso all’energia atomica per uso civile, aprendo alla possibilità di costruire nuovi impianti più piccoli di nuova generazione. Eventualità questa fortemente contestata – invece – dal fronte ambientalista, tradizionalmente molto forte sull’isola e che invita a puntare maggiormente sulle energie rinnovabili, che attualmente generano solo l’11,6% dell’energia.
Va aggiunto anche che un reiterato «no» di Taiwan al nucleare rappresenterebbe un’ulteriore divaricazione rispetto alle scelte di Pechino: la Repubblica Popolare Cinese ha attualmente 58 reattori in attività che producono circa il 5% del suo fabbisogno energetico. Ma è il Paese che nel mondo sta costruendo il maggior numero di nuove centrali nucleari: sono ben 33 gli impianti in costruzione per un potenziale complessivo di ulteriori 35.355 Megawatt elettrici di capacità produttiva, che la porterebbero a un livello molto vicino a quello degli Stati Uniti.
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Immagine di Sgroey via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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