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Geopolitica

Musk chiede l’uscita degli USA da ONU e NATO. E attacca Zelens’kyj per il rifiuto della tregua

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Elon Musk ha pubblicamente sostenuto l’idea del ritiro degli Stati Uniti sia dalle Nazioni Unite che dalla NATO.

 

Rispondendo a un post sui social media che promuoveva tale mossa domenica, Musk, che dirige il Dipartimento per l’efficienza governativa degli Stati Uniti (DOGE), ha commentato: «sono d’accordo».

 

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e i legislatori repubblicani hanno promesso di riconsiderare la partecipazione di Washington all’ONU, nonché al blocco militare guidato dagli Stati Uniti.

 

A febbraio, il senatore Mike Lee dello Utah ha introdotto il Disengaging Entirely from the United Nations Debacle (DEFUND) Act, proponendo un ritiro completo degli Stati Uniti dall’ONU. Lee ha criticato l’ONU definendola una «piattaforma per tiranni» che attacca l’America e i suoi alleati, sostenendo che, nonostante i finanziamenti significativi, l’organizzazione non è riuscita a prevenire guerre, genocidi, violazioni dei diritti umani e pandemie.

 

Facendo eco ai sentimenti di Lee, Musk ha scritto su X che «l’America fornisce troppi finanziamenti alle Nazioni Unite e alle entità associate».

 


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Durante la sua campagna del 2016, Trump ha descritto l’ONU come debole e incompetente, affermando che «non è stata un amico della democrazia… della libertà… degli Stati Uniti». Il mese scorso, l’amministrazione Trump si è opposta a una risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU che chiedeva il ritiro immediato della Russia dall’Ucraina.

 

Musk, ora consigliere chiave di Trump, ha preso l’iniziativa di cercare modi per tagliare i costi e ridurre la forza lavoro federale. A febbraio, DOGE ha pubblicato il suo primo rapporto sui risparmi, affermando una stima di 55 miliardi di dollari di risparmi attraverso misure di riduzione dei costi.

 

Nello stesso mese, Elise Stefanik, candidata da Trump per l’ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU, ha sostenuto l’adozione globale dell’iniziativa DOGE di Musk, criticando le pratiche finanziarie dell’ONU e ha chiesto uno sforzo «Global DOGE» per riformare la governance internazionale. Stefanik si è anche impegnata a spingere per il defunding e lo smantellamento delle organizzazioni affiliate all’ONU accusate di corruzione e antisemitismo.

 

Il Musk ha anche espresso scetticismo sulla NATO. A febbraio, ha etichettato l’alleanza come «anacronistica» e ha chiesto una revisione completa, mettendo in dubbio la sua rilevanza nell’era post-Guerra Fredda. Ha anche messo in dubbio la logica dietro la copertura da parte dei contribuenti americani di una parte significativa dei costi di difesa dell’Europa, evidenziando che gli Stati Uniti pagano circa il 67% delle spese militari della NATO, nonostante spendano solo il 3,5% del loro PIL per la difesa.

 

La sua posizione è in linea con quella di Trump, che ha spesso criticato la NATO, esortando i membri ad aumentare la spesa per la difesa e minacciando di ritirarsi, sostenendo che gli Stati Uniti sostengono un ingiusto onere finanziario per la sicurezza europea.

 

Come riportato da Renovatio 21, non si tratta di una posizione isolata: molti politici e diplomatici USA si sono opposti alla NATO sin dalla sua formazione, come nel caso dell’ambasciatore George Kennan, considerato come artefice dell’architettura della Guerra Fredda.

 

Nelle ultime ore Musk si è scagliato contro il leader ucraino Vladimir Zelensky in una serie di post, accusandolo di prolungare il conflitto con la Russia rifiutandosi di negoziare.

 

Domenica mattina, Musk ha ripubblicato una dichiarazione fatta da Balazs Orban, direttore politico del primo ministro ungherese Viktor Orban, che chiedeva «negoziati diretti con la Russia» e un «cessate il fuoco e pace immediati», condividendo poi condiviso nuovamente la sua proposta di pace per il 2022, suggerendo referendum nei territori controllati dalla Russia, il riconoscimento della Crimea come russa e la neutralità dell’Ucraina.

 

«Quello che ho detto più di 2 anni fa era che l’Ucraina avrebbe dovuto cercare la pace o subire gravi perdite di vite umane senza alcun guadagno. Quest’ultima è stata la scelta di Zelens’kyj. Ora, vuole farlo di nuovo. Questo è crudele e disumano», ha scritto Musk in un post appuntato.

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Musk ha proseguito con un meme di un tram che investe le persone, con Zelens’kyj alla leva di comando. Un altro post mostrava una scacchiera macchiata di sangue accanto a un tavolo da pranzo, con la didascalia: «la realtà della guerra».

 


In seguito ha ripubblicato l’immagine, aggiungendo: «I leader dell’UE e Zelens’kyj che organizzano cene eleganti mentre gli uomini muoiono nelle trincee. Quanti genitori non rivedranno mai più i loro figli?».

 

«Zelensky vuole una guerra senza fine, un tritacarne senza fine. Questo è il male» ha aggiunto in post di poco fa.

 


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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic

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Droga

Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela

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Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.   Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.   Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».

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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.   Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.     Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.   Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».   Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.   Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.   Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.

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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.   La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.   Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.   Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.

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Geopolitica

Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco

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Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.

 

Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.

 

Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.

 

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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.

 

Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.

 

Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.

 

Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.

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Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.   Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.   «Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.   Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.   All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.   La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.   Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.   Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.  

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