Geopolitica
I colloqui di pace senza la Russia sono «ridicoli»: parla il professor Mearsheimer

La cosiddetta «conferenza di pace» di Volodymyr Zelens’kyj in Svizzera «non è seria»: solo i colloqui faccia a faccia tra Mosca e Kiev risolveranno il conflitto in Ucraina, ha detto il politologo americano John Mearsheimer.
Il vertice del leader ucraino si svolgerà il 15 e 16 giugno presso il resort Burgenstock vicino a Lucerna. La Russia non è stata invitata alla conferenza, la Cina ha rifiutato di partecipare e, secondo quanto riferito, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden salterà l’evento per partecipare a un gala di raccolta fondi con George Clooney a Hollywood.
«Non è una cosa seria», ha detto Mearsheimer questa settimana al conduttore del podcast americano Daniel Davis. «Se si intende avviare una serie significativa di negoziati di pace in cui provare a risolvere questa guerra, sarà necessario coinvolgere gli ucraini nei negoziati diretti con i russi».
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Dall’inizio del conflitto nel 2022, Mearsheimer ha osservato che solo due iniziative di pace hanno fatto «progressi sostanziali»: i colloqui mediati dalla Turchia a Istanbul a marzo e i negoziati separati mediati dall’allora primo ministro israeliano Naftali Bennett.
Secondo i termini preliminari concordati a Istanbul, l’Ucraina sarebbe diventata uno Stato neutrale con un esercito limitato in cambio di garanzie di sicurezza internazionali. Tuttavia, l’allora primo ministro britannico Boris Johnson convinse Kiev a ritirarsi dai colloqui, secondo diversi resoconti dei media e un’ammissione di David Arakhamia, che era a capo della delegazione ucraina.
L’allora premier israeliano Bennett ha anche affermato che ogni possibilità di pace nel 2022 è stata silurata dagli Stati Uniti e dai loro alleati, che hanno ordinato all’Ucraina di «continuare a colpire Putin» e «bloccare» l’accordo di Istanbul.
Lo Zelens’kyj probabilmente utilizzerà la conferenza di questo mese per promuovere la sua proposta di tabella di marcia per porre fine al conflitto con la Russia. Il documento in dieci punti richiede il ritiro completo delle forze russe da tutti i territori che l’Ucraina considera propri, che Mosca paghi le riparazioni e che i funzionari russi si presentino ai tribunali per crimini di guerra.
La Russia ha respinto il piano definendolo «distaccato dalla realtà». Parlando ai giornalisti il mese scorso, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che, mentre Mosca è pronta per colloqui seri, Kiev intende «riunire quante più nazioni possibile, convincere tutti che la migliore proposta sono i termini della parte ucraina, e poi inviarcela sotto forma di ultimatum».
«Questa conferenza è completamente senza prospettive… perché riunirsi e discutere seriamente il conflitto ucraino senza la partecipazione [della Russia] è assurdo», ha detto martedì al sito governativo russo RT il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.
«Gli ucraini e i russi devono confrontarsi faccia a faccia per parlare di quale sarà un accordo accettabile per entrambe le parti», ha dichiarato Mearsheimer a Davis. «L’idea che si possano tenere trattative di pace in Svizzera senza i russi è ridicola».
Professore di scienze politiche all’Università di Chicago, Mearsheimer ha attirato intense critiche in Occidente per aver sostenuto che l’espansione della NATO post-Guerra Fredda è stata la causa principale del conflitto in Ucraina. Mearsheimer sostiene dal 2014 che «incoraggiare gli ucraini a giocare duro con i russi» avrebbe finito per «distruggere» il loro Paese.
Come riportato da Renovatio 21, il Mearsheimer aveva preconizzato ancora nel 2015 lo sfascio dell’Ucraina, accusando, già all’ora, l’Occidente di portare Kiev verso la sua distruzione invece che verso un’era florida che sarebbe seguita alla neutralità dichiarata dagli ucraini.
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«Quello che credo stia davvero accadendo in questa situazione è che l’Occidente stia guidando l’Ucraina verso un cammino confortevole ma cattivo per tutti» aveva preconizzato il professore quasi dieci anni fa. «E il risultato finale sarà che l’Ucraina sarà sfasciata».
«E io credo che la politica che sto caldeggiando, che è neutralizzare l’Ucraina e farla crescere economicamente, tirarla fuori dalla competizione tra la Russia e la NATO, sia la migliore cosa che può capitare agli ucraini (…) Gli ucraini sono quasi completamente contrari a ogni compromesso con la Russia e vogliono portare avanti una politica della linea dura. Come ho detto prima, se faranno così, il risultato finale sarà che il loro Paese sarà sfasciato. E quello che [noi americani] stiamo facendo, di fatto è incoraggiare questo risultato» aveva dichiarato ad una conferenza all’Università di Chicago nel 2015.
«Avrebbe molto più senso per noi essere neutrali, lavorare per creare una Ucraina neutrale. Sarebbe nei nostri interessi, seppellirebbe questa crisi il più velocemente possibile. E certamente sarebbe negli interessi della Russia. E, cosa più importante, mettere fine all’Ucraina sarebbe negli interessi dell’Ucraina».
Apertamente contrario alla guerra in Iraq nel 2003, il professore si oppose duramente, ancorché solitario, alla decisione dell’Ucraina che, spinta dai Clinton, rinunziò alle sue testate atomiche, prevedendo che Kiev avrebbe inevitabilmente affrontato l’aggressione russa senza un deterrente nucleare.
Il politologo appartiene alla schiera delle grandi figure politiche americane che hanno rifiutato la NATO, talvolta prima ancora che nascesse. Uno è George Frost Kennan (1904-2005), ex ambasciatore USA in URSS, lucido, geniale mente capofila della scuola «realista» delle Relazioni Estere (quella oggi portata avanti accademicamente proprio da Mearsheimer) e funzionario di governo considerato «il padre della guerra fredda».
Come riportato da Renovatio 21, sarebbe presente – sostiene il giornalista David Miller – in una lista nera ucraina assieme a varie figure come lo stratega Edward Luttwak, l’economista Jeffrey Sachs, l’ex ufficiale della CIA, Ray McGovern, ex figure militari e dell’Intelligence come Scott Ritter e Douglas McGregor, l’editorialista Tucker Carlson, il cantante dei Pink Floyd Roger Waters ed anche l’attore hollywoodiano maestro di Aikido Steven Segal.
Mearsheimer è noto altresì per il controverso libro La Israel lobby e la politica estera americana, tradotto in Italia da Mondadori. Il libro contiene una disamina dell’influenza di Tel Aviv sulla politica americana, e identifica vari gruppi di pressione tra cui i Cristiani sionisti e soprattutto i neocon.
Il cattedratico statunitense ha anche recentemente toccato la questione israeliana dichiarando che le intenzioni dello Stato Ebraico sarebbero quelle di allargare il più possibile il conflitto nell’area di modo da poter svuotare i territori dai palestinesi: «più grande è la guerra, maggiore è la possibilità di pulizia etnica».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Attacco israeliano in Qatar. La condanna di Trump

#Qatar / #Palestine / #Israel 🇶🇦🇵🇸🇮🇱: Israeli Air Forces carried out air strikes to assassinate Senior officials of #HAMAS in the city of #Doha.
Reportedly HAMAS negotiation team was targeted with Air-To-Surface Missiles while discussing the ceasefire in the capital of Qatar. pic.twitter.com/WdWuqY6rXq — War Noir (@war_noir) September 9, 2025
🚨🇮🇱🇶🇦🇵🇸 BREAKING: ISRAEL just AIRSTRIKED Hamas’s negotiation team in DOHA, QATAR pic.twitter.com/cTdA5fT4gP
— Jackson Hinkle 🇺🇸 (@jacksonhinklle) September 9, 2025
BREAKING:
Israeli fighter jets struck Qatar’s capital, Doha. An Israeli airstrike in Doha killed Hamas leader in Gaza, Khalil al-Hayya, and three senior members of the group’s leadership, Al Arabiya reports, citing sources. Al Hadath states those in the targeted building… pic.twitter.com/03rwdUbvZ5 — Visegrád 24 (@visegrad24) September 9, 2025
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NEW: Qatar reserves the right to retaliate for the Israeli attack against Doha, Qatari PM says
“We’ve reached a decisive moment; There should be retaliation from the whole region” pic.twitter.com/dKHnqEHNqN — Ragıp Soylu (@ragipsoylu) September 9, 2025
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Nel suo post Trump ha affermato che il bombardamento israeliano all’interno di «una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti» non ha «favorito gli obiettivi di Israele o dell’America». «Considero il Qatar un forte alleato e amico degli Stati Uniti e mi dispiace molto per il luogo dell’attacco», ha scritto, sottolineando che l’attacco è stato «una decisione presa dal primo ministro Netanyahu, non una decisione presa da me». Trump ha affermato che, non appena informato dell’operazione, ha incaricato l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff di avvertire i funzionari del Qatar, ma ha osservato che l’allerta è arrivata «troppo tardi per fermare l’attacco». Il presidente ha affermato che eliminare Hamas era un «obiettivo degno», ma ha espresso la speranza che «questo sfortunato incidente possa servire come un’opportunità per la PACE». Da allora Trump ha parlato con Netanyahu, che gli ha detto di voler fare la pace, e con i leader del Qatar, che ha ringraziato per il loro sostegno e ha assicurato che «una cosa del genere non accadrà più sul loro territorio». La Casa Bianca ha definito l’attacco un incidente «sfortunato». Trump ha dichiarato di aver incaricato il Segretario di Stato Marco Rubio di finalizzare un accordo di cooperazione per la difesa con il Qatar, designato come «importante alleato non NATO».( @realDonaldTrump – Truth Social Post ) ( Donald J. Trump – Sep 09, 2025, 4:20 PM ET )
This morning, the Trump Administration was notified by the United States Military that Israel was attacking Hamas which, very unfortunately, was located in a section of Doha, the Capital of… pic.twitter.com/axQSlL46gW — Fan Donald J. Trump 🇺🇸 TRUTH POSTS (@TruthTrumpPosts) September 9, 2025
“The president views Qatar as a strong ally and friend of the United States and feels very badly about the location of this attack.”
White House press sec. Karoline Leavitt read a statement after Israel’s strike on Hamas leadership in Doha. https://t.co/X3EkiIHoZ7 pic.twitter.com/OdDyR4QcgF — ABC News (@ABC) September 9, 2025
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Geopolitica
Lavrov: la Russia non ha voglia di vendetta

La Russia non ha intenzione di vendicarsi dei paesi occidentali che hanno interrotto i rapporti e fatto pressioni su Mosca a causa del conflitto in Ucraina, ha affermato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.
Intervenendo lunedì all’Istituto statale di relazioni internazionali di Mosca, Lavrov ha sottolineato che la Russia non intende «vendicarsi o sfogare la propria rabbia» sulle aziende che hanno deciso di sostenere i governi occidentali nel loro tentativo di sostenere Kiev e imporre sanzioni economiche a Mosca, aggiungendo che l’ostilità è generalmente «una cattiva consigliera».
«Quando i nostri ex partner occidentali torneranno in sé… non li respingeremo. Ma… terremo conto che, essendo fuggiti su ordine dei loro leader politici, si sono dimostrati inaffidabili», ha affermato il ministro.
Secondo Lavrov, qualsiasi futuro accesso al mercato dipenderà anche dalla possibilità che le aziende rappresentino un rischio per i settori vitali per l’economia e la sicurezza della Russia.
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Il ministro ha sottolineato che la Russia è aperta alla cooperazione e non ha alcuna intenzione di isolarsi. «Viviamo su un piccolo pianeta. Costruire i muri di Berlino è stato in stile occidentale… Non vogliamo costruire alcun muro», ha affermato, riferendosi al simbolo della Guerra Fredda che ha diviso la capitale tedesca dal 1961 al 1989.
«Vogliamo lavorare onestamente e se i nostri partner sono pronti a fare lo stesso sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco, siamo aperti al dialogo con tutti», ha affermato, indicando il vertice in Alaska tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo statunitense, Donald Trump, come esempio di impegno costruttivo.
Il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha dichiarato sabato che le aziende occidentali sarebbero state benvenute se non avessero sostenuto l’esercito ucraino e avessero rispettato gli obblighi nei confronti dello Stato e del personale russo, tra cui il pagamento degli stipendi dovuti.
Questo mese Putin ha anche respinto l’isolazionismo, sottolineando che la Russia vorrebbe evitare di chiudersi in un «guscio nazionale», poiché ciò danneggerebbe la competitività. «Non abbiamo mai respinto o espulso nessuno. Chi vuole rientrare è il benvenuto», ha aggiunto.
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Geopolitica
Museo dell’Olocausto ritira post perché leggibile come filo-Gaza

Speechless. No words for this. pic.twitter.com/pc3GRui6G4
— Ryan Grim (@ryangrim) September 6, 2025
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