Politica
Zelens’kyj dice che terrà le elezioni se gliele paga l’Europa

Gli occidentali che chiedono che l’Ucraina tenga elezioni durante il conflitto con la Russia dovrebbero essere pronti a pagare milioni di dollari e «assumere rischi» in prima linea per garantire che le votazioni siano legittime, ha affermato il presidente Zelens’kyj.
Domenica, in un’intervista televisiva, Zelenskyj ha rivolto le critiche in Occidente alla sospensione dei processi democratici in Ucraina e ha suggerito un prezzo da pagare per lo svolgimento delle elezioni presidenziali l’anno prossimo.
Il leader ucraino ha fatto specifico riferimento ai commenti del senatore americano Lindsey Graham durante la sua visita a Kiev la scorsa settimana.
«Gli ho chiesto: sei disposto a darmi cinque miliardi?» Ha detto Zelenskyj, descrivendo la sua conversazione con il politico statunitense.
Zelens’kyj non ha chiarito a quale valuta si riferisse, ma il valore in grivna ucraina equivarrebbe a circa 135 milioni di dollari.
L’importo corrisponderebbe anche a una recente stima delle autorità ucraine su quanto costerebbe tenere le elezioni presidenziali l’anno prossimo. Il presidente-attore ha inoltre suggerito che il livello di assistenza richiesto potrebbe essere ancora più elevato.
«Non chiedo nulla. Non condurrò un’elezione a credito. Né prenderò soldi dai finanziamenti per le armi per distribuirli per le elezioni», ha insistito il leader ucraino.
«La cosa più importante è: allora rischiamo insieme? Gli osservatori [delle elezioni] dovranno essere in trincea», ha aggiunto lo Zelens’kyj.
L’Ucraina non può legalmente tenere elezioni sotto la legge marziale. Graham ha discusso la situazione durante una conferenza stampa a Kiev, dicendo: «voglio vedere questo paese avere elezioni libere ed eque anche mentre è sotto attacco».
Zelens’kyj ha affermato di aver spiegato la situazione al senatore americano, che presumibilmente era d’accordo con il suo ragionamento. Il repubblicano è un forte sostenitore dell’armamento e del finanziamento di Kiev, e l’anno scorso ha dichiarato che con il sostegno, l’Ucraina «combatterà fino all’ultima persona» contro la Russia, descrivendolo come il giusto «percorso strutturale».
Il presidente ucraino ha detto che non si opporrà alle elezioni, a condizione che le Nazioni occidentali siano disposte a estendere i finanziamenti necessari e a rischiare vite umane, e se il Parlamento ucraino modificherà la legge di conseguenza.
L’Ucraina è stata accusata che le sue istituzioni democratiche fossero state erose molto prima che scoppiassero le ostilità con la Russia nel febbraio 2022. Il governo di Zelens’kyj ha prodotto un’immane repressione su qualsiasi forma di opposizione: politica, sindacale, mediatica, religiosa.
Il regime di Kiev ha chiuso vari partiti politici, limitato la libertà dei media e di fatto indebolito totalmente i sindacati.
Zelens’kyj ha altresì dato al suo governo potere di limitare i media, bloccare i siti web, dare ordini persino alle Big Tech. Uno scrittore giornalista americano-cileno che viveva a Kharkov è di fatto desaparecido da mesi.
Come noto, esistono liste nere di persone che esprimono opinioni che non aggradano il regime. Alcuni negli elenchi, come Darja Dugina e Vladen Tatarskij, sono stati assassinati, per poi essere segnati come «liquidati».
Zelens’kyj, il campione della democrazia celebrato come «il Churchill del XXI secolo» (come se Churchill fosse un modello), ha bandito l’intera denominazione cristiana della Chiesta Ortodossa Ucraina (UCO), con persecuzione fisica dei monaci della Lavra (a cui è arrivato a togliere la cittadinanza) perfino nel giorno del Natale ortodosso e proibizione delle preghiere in russo.
Come riportato da Renovatio 21, lo spudorato attacco alla libertà politica, religiosa, individuale portato avanti da Zelens’kyj non gli ha impedito di far il suo show nel «tempio della democrazia» americana, il Campidoglio, dove la superpotenza gli ha assicurato più di 100 miliardi di dollari ed armi sempre più letali per continuare così come sta facendo.
Durante la sua intervista televisiva di domenica scorsa, il leader ucraino ha affermato che le critiche per l’assenza di elezioni erano uno stratagemma per minare il sostegno degli Stati Uniti a Kiev.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Orban dice che l’UE potrebbe andare al «collasso» e chiede accordi con Mosca

L’UE è sull’orlo del collasso e non sopravvivrà oltre il prossimo decennio senza una «revisione strutturale fondamentale» e un distacco dal conflitto ucraino, ha avvertito il primo ministro ungherese Viktor Orban.
Intervenendo domenica al picnic civico annuale a Kotcse, Orban ha affermato che l’UE non è riuscita a realizzare la sua ambizione fondante di diventare una potenza globale e non è in grado di gestire le sfide attuali a causa dell’assenza di una politica fiscale comune. Ha descritto l’Unione come entrata in una fase di «disintegrazione caotica e costosa» e ha avvertito che il bilancio UE 2028-2035 «potrebbe essere l’ultimo se non cambia nulla».
«L’UE è attualmente sull’orlo del collasso ed è entrata in uno stato di frammentazione. E se continua così… passerà alla storia come il deprimente risultato finale di un esperimento un tempo nobile», ha dichiarato Orban, proponendo di trasformare l’UE in «cerchi concentrici».
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L’anello esterno includerebbe i paesi che cooperano in materia di sicurezza militare ed energetica, il secondo cerchio comprenderebbe i membri del mercato comune, il terzo quelli che condividono una moneta, mentre il più interno includerebbe i membri che cercano un allineamento politico più profondo. Secondo Orbán, questo amplierebbe la cooperazione senza limitare lo sviluppo.
«Ciò significa che siamo sulla stessa macchina, abbiamo un cambio, ma vogliamo muoverci a ritmi diversi… Se riusciamo a passare a questo sistema, la grande idea della cooperazione europea… potrebbe sopravvivere», ha affermato.
Orban ha accusato Brusselle di fare eccessivo affidamento sul debito comune e di usare il conflitto in Ucraina come pretesto per proseguire con questa politica. Finché durerà il conflitto, l’UE rimarrà una «anatra zoppa», dipendente dagli Stati Uniti per la sicurezza e incapace di agire in modo indipendente in ambito economico, ha affermato.
Il premier magiaro ha anche suggerito che, invece di «fare lobbying a Washington», l’UE dovrebbe «andare a Mosca» per perseguire un accordo di sicurezza con la Russia, seguito da un accordo economico.
Il primo ministro di Budapest non è il solo a nutrire queste preoccupazioni. Gli analisti del Fondo Monetario Internazionale e di altre istituzioni hanno lanciato l’allarme: l’UE rischia la stagnazione e persino il collasso a causa di sfide strutturali, crescita debole, scarsi investimenti, elevati costi energetici e tensioni geopolitiche.
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Politica
Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

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Politica
Il governo francese collassa

Il governo francese è collassato dopo che il Primo Ministro François Bayrou ha perso un cruciale voto di fiducia in Parlamento lunedì. Bayrou è il secondo primo ministro consecutivo sotto Emmanuel Macron a essere destituito, precipitando la Francia in una crisi politica ed economica.
Per approvare una mozione di sfiducia all’Assemblea Nazionale servono almeno 288 voti. Quella di lunedì ne ha ottenuti 364, con il Nuovo Fronte Popolare di sinistra e il Raggruppamento Nazionale di destra coalizzati per superare lo stallo sul bilancio di austerità di Bayrou.
Dopo aver resistito a otto mozioni di sfiducia, Bayrou ha convocato questo voto per ottenere supporto alle sue proposte, che prevedevano tagli per circa 44 miliardi di euro per ridurre il debito francese in vista del bilancio di ottobre.
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Bayrou, che aveva definito il debito pubblico un «pericolo mortale», sembra aver accettato la sconfitta. Domenica, ha criticato aspramente i partiti rivali, che, pur «odiandosi a vicenda», si sono uniti per far cadere il governo.
Bayrou è il secondo primo ministro deposto dopo Michel Barnier, rimosso a dicembre dopo soli tre mesi, e il sesto sotto Macron dal 2017.
La caduta di Bayrou lascia Macron di fronte a un dilemma: nominare un Primo Ministro socialista, cedendo il controllo della politica interna, o indire elezioni anticipate, che i sondaggi indicano favorirebbero il Rassemblement National di Marine Le Pen.
Con la popolarità di Macron al minimo storico, entrambe le opzioni potrebbero indebolire ulteriormente la sua presidenza. Gli analisti temono che una perdita di fiducia dei mercati nella gestione del deficit e del debito francese possa portare a una crisi simile a quella vissuta dal Regno Unito sotto Liz Truss, il cui governo durò meno della via di un cavolo prima della marcescenza.
Il malcontento verso Macron è in crescita: un recente sondaggio di Le Figaro rivela che quasi l’80% dei francesi non ha più fiducia in lui.
Come riportato da Renovatio 21, migliaia di persone hanno protestato a Parigi nel fine settimana, chiedendo le dimissioni di Macron con slogan come «Fermiamo Macron» e «Frexit».
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Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia pubblicata secondo indicazioni
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