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YouTube censura l’omelia di Pasqua di monsignor Viganò

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YouTube ha rimosso il video dell’omelia pasquale di monsignor Carlo Maria Viganò e sanzionato con uno «strike» (un «avvertimento») il canale di Renovatio 21 per averlo pubblicato.

 

Proprio nelle ore in cui si stava risolvendo il problema tecnico che ha tenuto spento il sito di Renovatio 21 tra domenica e lunedì, ci arrivava una comunicazione dalla grande piattaforma di video di proprietà di Alphabet-Google: «YouTube ha rimosso i tuoi contenuti» scrive l’oggetto della missiva elettronica.

 

«Il nostro team ha esaminato i tuoi contenuti e, purtroppo, riteniamo che violino le nostre norme sulla disinformazione medica. Abbiamo rimosso i seguenti contenuti da YouTube: Omelia di Monsignor Viganò per la Pasqua 2023»

 

Il motivo, ci viene detto, è una violazione della policy di YouTube. «YouTube non ammette affermazioni sulle vaccinazioni contro il COVID-19 che contraddicono il consenso degli esperti delle autorità sanitarie locali o dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS)».

 

 

Dobbiamo far notare che nella sua omelia, monsignor Viganò accennava appena alle vaccinazioni, per dedicarsi alla questione spirituale della Santa Pasqua.

 

Per questa infrazione, viene quindi non solo censurata la predica pasquale del prelato già nunzio apostolico negli USA, ma anche sanzionato il canale YouTube.

 

«Il tuo canale ha ora 1 strike [avvertimento, ndr]. Non sarai in grado di eseguire operazioni come caricare, pubblicare o trasmettere in live streaming per 1 settimana. Un secondo strike ti impedirà di pubblicare contenuti per 2 settimane. Tre strike nello stesso periodo di 90 giorni comporteranno la rimozione definitiva del tuo canale da YouTube».

 

 

Colpisce, anche qui, la retroattività della sanzione: dal momento della pubblicazione, e cioè la scorsa Pasqua, è passato più di un mese. Del resto sappiamo che accade spesso: a Renovatio 21 è arrivato poche settimane fa un  piccolo ban temporaneo da Facebook per un post dove si descriveva semplicemente la crisi internazionale che si poteva ingenerare con la morte del generale Suleimani, assassinato da un’operazione americana il 3 gennaio 2020. Come si possa infliggere a qualcuno una pena per qualcosa di scritto tre anni prima (qualcosa che non solo era perfettamente rispondente alla libertà di espressione prevista in Costituzione, ma che era reso giornalisticamente in linguaggio neutro, di sola preoccupazione per le tensioni internazionali) resta un mistero.

 

Il lettore calcoli pure che la piattaforma di Mark Zuckerberg aveva nel settembre 2021 cancellato l’intera pagina Facebook di Renovatio 21 e tutti gli account personali collegati, e pure altre pagine legate ai profili estromessi per sempre: pagine e account sono tornate solo dopo l’ordinanza del tribunale, ma ci pare proprio vi sia uno shadowban piuttosto consistente: i nostri post su Facebook, piattaforma che in pratica non usiamo più, raccolgono magari due-tre like (letteralmente due o tre), invece delle centinaia e migliaia di un tempo.

 

Ciò detto, è davvero rilevante che ora anche le omelie pasquali possano essere censurate. Non è più solo una questione di libertà di espressione  – art. 21 della Costituzione: «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria».

 

Né ci pare solo una questione di diritto commerciale – secondo alcuni esperti di giurisprudenza non è possibile cambiare i termini di un contratto senza l’assenso di ambo le parti.

 

Si potrebbe pensare che possa trattarsi di una questione di libertà religiosa, un diritto che in Italia ha pure copertura costituzionale.

 

Art. 19: «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto».

 

Perché, di fatto, quella di Viganò era un’omelia religiosa, spirituale. E qui si consuma il tema su cui Renovatio 21 si è spesa da anni (molto prima della pandemia), praticamente dall’atto stesso della sua creazione: la vaccinazione come questione religiosa.

 

Renovatio 21 ha tentato, sin dal 2017, di organizzare i materiali per far entrare la questione vaccinale nell’ambito della sfera religiosa, per cui è prevista in Italia l’obiezione di coscienza. Il fatto che la produzione dei vaccini si serva di linee cellulari da feti abortiti aiuta a comprendere che, di fatto, per un cristiano e non solo, la vaccinazione può essere intesa come qualcosa che ferisce l’intimità spirituale del cittadino.

 

Venne approntata, a questo fine, il più grande convegno internazionale mai realizzato sulle linee cellulari di feto abortito, al quale parteciparono ricercatori e attivisti americani e italiani nonché il cardinale Raymond Leo Burke. L’idea era quella di spingere il mondo cattolico verso la validità di un’obiezione di coscienza verso le vaccinazioni obbligatorie.

 

Come noto, il Vaticano nel 2017 e più tardi, in pandemia, avrebbe emesso noto in cui assicurava la liceità morale della vaccinazione con sieri derivati da cellule di aborto, di fatto promuovendo globalmente l’obbligo vaccinale – che peraltro, come documentato da Renovatio 21, fu imposto draconianamente alla popolazione della Santa Sede.

 

Ci è chiaro che se fossimo riusciti nel nostro intento, milioni di persone avrebbero potuto evitare la vaccinazione sventolando all’autorità la bontà della propria obiezione legale, visto che il vaccino alla fine riguardava anche aspetti di carattere religioso. Dall’altra parte, tuttavia, c’era il papa del Battesimo di Satana, che non avevamo ancora visto scatenarsi con il COVID.

 

Ecco perché anche questa nuova censura di YouTube non ci sorprende: vaccino e religione, siringa e spirito, sono stati tenuti separati dal discorso pubblico, con ettolitri di inchiostro della stampa versato con benedizione vaticana.

 

Dunque, si può censurare anche un’omelia di un successore degli Apostoli?

 

Chi scrive, ricorda, anni fa, di aver conferito telefonicamente con Claudio Messora, il titolare del sito video Byoblu, al momento della sua estromissione da YouTube. Giorgia Meloni, allora allora all’opposizione, lo aveva difeso in Parlamento contro il colosso dei video condivisi. Era un buon punto da cui iniziare, dicevo – bisognava creare una consapevolezza politica, con vera proiezione parlamentare, del tema della censura sui social.

 

È chiaro che non avrei il medesimo suggerimento oggi: non crediamo vi sia nessuno, nemmeno tra i politici sedicenti «cattolici», che abbia il coraggio (più che la voglia) protestare lo scandalo di un’autorità religiosa censurata, per soprammercato, da gruppi stranieri. Nessuno ha mosso un dito per le migliaia e migliaia di persone cancellate dai social per le loro opinioni durante la stretta pandemica, figurarsi se adesso, in questo Parlamento dimezzato e post-cristiano, qualcuno si muove per il diritto di un vescovo di fare un’omelia. Costituzione, decoro, pudore: abbiamo capito, infine, quanto valgano davvero.

 

E per quanto riguarda i «cattolici», specie quelli tiepidi che fingono di essere caldi per intortare il dissenso e carpirne le donazioni (più, magari, qualche mancia dall’8 per mille), ci torna in mente la prospettiva che sembrava stagliarsi all’orizzonte qualche anno fa con la storia della legge anti-omofobia.

 

I cattolici-attivisti, quelli controllati dall’episcopato traditore (lo stesso che ci ha venduto alla siringa del Male), all’epoca cercavano neanche tanto nascostamente, un compromesso – del resto, sono democristiani, e i compromessi suicidi sono l’unica cosa che sanno fare. C’era chi già diceva, all’epoca, che sì, la legge anti-omofobia si poteva in fondo fare, purché si facesse passare un emendamento-San Paolo, con cui cioè si potessero leggere nelle chiese quei passaggi della Bibbia che sarebbero stati illegalizzati.

 

I democristiani catto-familisti e catto-abortisti, che ancora continuano a far perdere tempo alla gente, volevano portarci al compromesso osceno di poter parlare di Cristo, cioè della Verità, solo nella riserva indiana degli edifici religiosi.

 

Come tutti i tiepidi, dice l’Apocalisse (3, 14-20), essi saranno vomitati: di fatto, i loro sciocchi paletti liberticidi sono già superati dalla realtà, dove si punta oramai a eliminare ogni discorso non allineato, religioso o no che sia. È disintegrata ogni pensiero, più la sua possibilità di locuzione, per una parola ritenuta sbagliata.

 

Questo è il mondo cui siamo capitati: la censura impera, il vero discorso religioso è perseguitato, come lo è la Verità – cioè, come lo è stato Dio.

 

Che possiamo dire: ricaricheremo l’omelia di Monsignor Viganò su Rumble, senza tuttavia avere aspettative di essere al sicuro.

 

Tuttavia, di una cosa siamo certi: questo momento osceno prima o poi, in un modo o nell’altro, dovrà finire.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

 

Geopolitica

Elon Musk chiede l’abolizione dell’UE «Quarto Reich»

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Il magnate Elon Musk ha invocato lo scioglimento dell’Unione Europea dopo che Bruxelles ha sanzionato la sua piattaforma social X con una multa.

 

Venerdì, la Commissione Europea ha comminato a X una penalità di 120 milioni di euro per «violazione degli obblighi di trasparenza» sanciti dal Digital Services Act (DSA) del 2022, che definisce i criteri per la responsabilità e la moderazione dei contenuti online. La decisione ha giudicato «ingannevole» il meccanismo della spunta blu su X, censurando inoltre la scarsa chiarezza nella gestione pubblicitaria e il diniego di accesso ai dati richiesti per gli studiosi.

 

In una raffica di messaggi diffusi sabato, Musk – che abitualmente denuncia l’iper-regolamentazione imposta da Bruxelles – ha asserito che «la burocrazia dell’UE sta lentamente soffocando l’Europa fino alla morte».

 

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«L’UE dovrebbe essere abolita e la sovranità restituita ai singoli Stati, affinché i governi possano rappresentare al meglio i loro cittadini», ha postato Musk, bollato il blocco come «un mostro burocratico».

 

L’imprenditore, a capo anche di Tesla e SpaceX, aveva già in passato etichettato l’UE come una «gigantesca cattedrale della burocrazia», sostenendo che l’eccesso di norme freni l’innovazione.

 

Il segretario di Stato statunitense Marco Rubio ha aspramente condannato la sanzione, qualificandola come «un attacco a tutte le piattaforme tech americane e al popolo americano da parte di governi stranieri». Il vicepresidente USA JD Vance ha rincarato la dose, accusando l’UE di aver preso di mira X perché «non si è prestata alla censura».

 

Anche l’ambasciatore americano presso l’UE Andrew Puzder ha stigmatizzato l’iniziativa, dichiarando che Washington «si oppone alla censura e contesterà le normative oppressive che colpiscono le imprese USA all’estero».

 

Henna Virkkunen, vicepresidente esecutiva della Commissione per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia, ha giustificato la multa affermando che «ingannare gli utenti con spunte blu fasulle, occultare dati nelle inserzioni e negare l’accesso ai ricercatori non è tollerabile online nell’UE».

 

Il ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski ha replicato all’uscita di Musk con ironia: «Vai su Marte. Lì non c’è censura sui saluti nazisti», alludendo alle polemiche su un presunto gesto estremo compiuto dall’imprenditore durante le celebrazioni per l’insediamento del presidente USA Donald Trump a gennaio 2025.

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Successivamente Musk ha equiparato l’Unione Europea a una reincarnazione della Germania nazista, dopo che il blocco ha irrogato una pesante sanzione alla sua piattaforma social X.

 

Nel fine settimana Elone ha scaricato una raffica di post incendiari contro Bruxelles, in reazione alla multa da circa 120 milioni di euro comminata a X per aver «violato i suoi obblighi di trasparenza» in base al DSA. La Commissione europea ha contestato la scarsa chiarezza nella gestione pubblicitaria della piattaforma e la natura fuorviante del suo sistema di «account verificato» contrassegnato dalla spunta blu.

 

Musk ha rilanciato un post recante la dicitura «Il Quarto Reich», illustrato da un’immagine in cui la bandiera UE si solleva scoprendo quella della Germania nazista. «Più o meno», ha commentato l’imprenditore. Il contenuto del post è stato censurato nei Paesi UE.

 

 

In precedenza, Musk aveva bollato l’UE come un «mostro burocratico», accusandone la dirigenza di «soffocare lentamente l’Europa fino alla morte». Il miliardario, che ha spesso denunciato l’iper-regolamentazione bruxellese, ha invocato lo smantellamento completo dell’Unione.

 

«L’UE dovrebbe essere abolita e la sovranità restituita ai singoli paesi, in modo che i governi possano rappresentare meglio i loro cittadini», ha scritto.

 

Anche l’ambasciatore statunitense presso l’UE Andrew Puzder ha condannato l’iniziativa europea, precisando che Washington «si oppone alla censura e contesterà le gravose normative che prendono di mira le aziende statunitensi all’estero».

 

Ciononostante, l’UE difende la decisione: la vicepresidente esecutiva della Commissione per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia, Henna Virkkunen, ha puntualizzato che la responsabilità ricade unicamente sulla piattaforma di Musk e che «ingannare gli utenti con segni di spunta blu, oscurare informazioni sulle pubblicità ed escludere i ricercatori non è consentito online nell’UE».

 

Come riportato da Renovatio 21 il tema delle euromulte contro Musk è risalente.

 

Brusselle aveva valutato l’ipotesi di multe contro X da quando l’ex commissario alla tecnologia UE, Thierry Breton, aveva accusato la piattaforma di non aver controllato adeguatamente i contenuti illegali e di aver violato il Digital Services Act (DSA) dell’UE del 2022. La decisione se penalizzare X spetta ora alla commissaria UE per la concorrenza, Margrethe Vestager.

 

Come noto al lettore di Renovatio 21, Elone per qualche ragione è assai inviso all’oligarchia europea e a tanta politica continentale, come hanno dimostrato i discorsi del presidente italiano Sergio Mattarella, che pareva attaccare proprio Musk e le sue ambizioni sui social e nello spazio.

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Immagine di Gage Skidmore via Flickr pubblicata su licenza CC BY-SA 4.0

 

 

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L’UE attacca le piattaforme che si rifiutano di censurare la libertà di parola: il fondatore di Telegram

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L’Unione Europea sta ingiustamente prendendo di mira le piattaforme social che tollerano discorsi dissidenti o critici, ha dichiarato Pavel Durov, fondatore di Telegram.   La sua affermazione è arrivata in risposta a un post del 2024 di Elon Musk, proprietario di X, che accusava la Commissione Europea di aver proposto alla piattaforma un patto segreto per eludere sanzioni in cambio della censura di certi contenuti. Il giorno precedente, l’UE aveva inflitto a X una multa da 120 milioni di euro (circa 140 milioni di dollari).   Durov ha spiegato che Bruxelles sta applicando alle società tech norme severe e impraticabili proprio per colpire quelle che rifiutano di praticare una moderazione occulta dei contenuti.   «L’UE impone regole impossibili per poter punire le aziende tecnologiche che si oppongono a una censura silenziosa della libertà di espressione», ha postato Durov sabato su X.   Il Pavel ha inoltre richiamato la sua detenzione in Francia dell’anno scorso, che ha descritto come motivata da ragioni politiche. Secondo lui, in quel frangente il capo dei servizi segreti francesi gli avrebbe chiesto di «bannare le voci conservatrici in Romania» in vista delle elezioni – un’ipotesi smentita dalle autorità transalpine. Durov ha aggiunto che gli agenti di Intelligence gli avrebbero offerto assistenza in cambio della rimozione discreta dei canali legati alle elezioni in Romania.

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Queste stesse accuse sono state ribadite nel suo intervento recente, in cui ha qualificato l’inchiesta come «un’indagine penale priva di fondamento», seguita da tentativi di pressione per limitare la libertà di parola in Romania e Moldavia.   Più tardi, sempre sabato, Durov ha aggiunto: «L’UE prende di mira esclusivamente le piattaforme che ospitano discorsi scomodi o dissenzienti (Telegram, X, TikTok…). Le piattaforme che, tramite algoritmi, mettono a tacere le persone rimangono sostanzialmente intatte, nonostante problemi ben più gravi di contenuti illegali».   L’anno scorso, Elon Musk aveva rivelato che la Commissione Europea aveva proposto a X «un accordo segreto illegale» per censurare i contenuti in modo discreto. «Se avessimo censurato silenziosamente i contenuti senza dirlo a nessuno, non ci avrebbero multato. Le altre piattaforme hanno accettato quell’accordo. X no», aveva scritto.   Venerdì, il portavoce della Commissione Europea Tom Rainier ha precisato che la sanzione a X ammontava a 120 milioni di euro per violazioni del Digital Services Act, sottolineando che non aveva legami con la censura e che si trattava della prima applicazione concreta della normativa. Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha aspramente criticato la decisione, definendola «un attacco a tutte le piattaforme tech americane e al popolo statunitense da parte di governi stranieri».   Tanto Durov quanto Musk hanno subito pressioni da parte dei regolatori UE in base al DSA, in vigore dal 2023. Questa legge obbliga le piattaforme a eliminare celermente i contenuti illegali, sebbene i detrattori sostengano che possa essere impiegata per reprimere opinioni legittime.

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L’UE multa X di Musk per 120 milioni di euro. Gli USA: «attacco al popolo americano»

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Gli Stati Uniti hanno accusato Bruxelles di aver «attaccato» gli americani dopo che l’Unione Europea ha inflitto alla piattaforma social X di Elon Musk una multa da 120 milioni di euro (circa 140 milioni di dollari) per violazione delle norme di moderazione dei contenuti previste dal Digital Services Act (DSA).

 

La Commissione europea ha reso nota la sanzione venerdì, precisando che si tratta della prima decisione formale di non conformità emessa in base al DSA.

 

La misura si inserisce in una più ampia offensiva regolatoria dell’UE contro i grandi colossi tecnologici statunitensi: in passato Bruxelles ha già comminato multe da diversi miliardi a Google per abuso di posizione dominante nella ricerca e nella pubblicità, ha sanzionato Apple in base al DSA e alle norme antitrust nazionali e ha penalizzato Meta per il modello pubblicitario «pay-or-consent». Queste azioni hanno ulteriormente inasprito le divergenze tra Washington e l’UE in materia di regolamentazione del digitale.

 

Secondo la Commissione, le violazioni commesse da X riguardano la progettazione ingannevole del sistema di spunta blu verificata, che «espone gli utenti a truffe», la mancanza di trasparenza nella libreria pubblicitaria e il rifiuto di fornire ai ricercatori l’accesso ai dati pubblici richiesto.

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Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha reagito duramente, scrivendo su X che la multa non rappresenta solo un attacco alla piattaforma, ma «un attacco a tutte le piattaforme tecnologiche americane e al popolo americano da parte di governi stranieri». «I giorni in cui gli americani venivano censurati online sono finiti», ha aggiunto.

 

Elon Musk ha rilanciato i commenti del commissario FCC Brendan Carr, secondo il quale l’UE prende di mira X semplicemente perché è un’azienda americana «di successo» e «l’Europa sta tassando gli americani per sovvenzionare un continente soffocato dalle sue stesse normative oppressive».

 

Anche il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance è intervenuto, sostenendo che l’UE sta punendo X «per non aver adottato misure di censura» e che gli europei dovrebbero «difendere la libertà di espressione invece di aggredire le aziende americane per questioni di poco conto».

 

L’amministrazione del presidente Donald Trump si oppone da anni alle leggi digitali europee, accusandole di essere «progettate per danneggiare la tecnologia americana» e minacciando dazi di ritorsione in risposta a tasse digitali e regolamenti sulle piattaforme.

 

Bruxelles ribatte che le proprie regole valgono allo stesso modo per tutte le imprese che operano nel mercato unico e riflettono semplicemente un approccio più severo su privacy, concorrenza e sicurezza online.

 

Le relazioni tra Washington e Bruxelles restano tese su numerosi fronti – commercio, sussidi industriali, standard ambientali e controlli tecnologici – con gli Stati Uniti che accusano l’UE di protezionismo e i leader europei che criticano le misure unilaterali americane in materia di dazi e tecnologia.

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Come riportato da Renovatio 21 il tema delle euromulte contro Musk è risalente.

 

Brusselle aveva valutato l’ipotesi di multe contro X da quando l’ex commissario alla tecnologia UE, Thierry Breton, aveva accusato la piattaforma di non aver controllato adeguatamente i contenuti illegali e di aver violato il Digital Services Act (DSA) dell’UE del 2022. La decisione se penalizzare X spetta ora alla commissaria UE per la concorrenza, Margrethe Vestager.

 

Come noto al lettore di Renovatio 21, Elone per qualche ragione è assai inviso all’oligarchia europea e a tanta politica continentale, come hanno dimostrato i discorsi del presidente italiano Sergio Mattarella, che pareva attaccare proprio Musk e le sue ambizioni sui social e nello spazio.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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