Geopolitica
Yemen, armi britanniche (e USA) nei raid sauditi che hanno ucciso civili

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Un rapporto di Oxfam conferma l’uso di armamenti di produzione occidentale usate negli attacchi della coalizione araba a guida saudita. Un quarto dei 1.700 raid fra gennaio 2021 e febbraio 2022 hanno visto l’uso esclusivo di armi vendute da Londra e Washington. Uccisi 87 civili, altri 136 sono rimasti feriti. Delegazione dell’Oman cerca di mediare la ripresa della fragile tregua.
Un nuovo rapporto pubblicato in questi giorni dagli attivisti di Oxfam, intitolato «Fuelling Violence», conferma una volta di più l’uso estensivo di armi e bombe vendute da Stati Uniti e Regno Unito a Riyadh e usate per colpire la popolazione civile nello Yemen.
I dati raccolti dall’ong parlano di centinaia di attacchi sferrati dalla coalizione araba a guida saudita contro gli Houthi, sostenuti da Teheran, e che finiscono per causare vittime innocenti.
Una spirale di violenze solo in parte contenuta da una fragile tregua sottoscritta il 2 aprile dello scorso anno, ma che non è stata rinnovata il 2 ottobre per un mancato accordo sul pagamento dei salari dei funzionari pubblici nei territori controllati dai ribelli. Un accordo sul quale stanno mediando inviati ONU, USA e dell’Oman.
Proprio in questi giorni è giunta una delegazione di Mascate, per cercare di rilanciare il cessate il fuoco fra le parti e scongiurare un ulteriore – e più consistente – spargimento di sangue di civili, anche minori.
Il rapporto Oxfam accusa Londra (e Washington) di alimentare un rinnovato «clima di violenza contro i civili» nel Paese arabo attraverso la vendita e il commercio di armi alla coalizione a guida saudita. Gli attivisti hanno contato oltre 1.700 attacchi contro la popolazione fra gennaio 2021 e febbraio 2022– prima dell’introduzione della tregua – e di questi almeno un quarto sono stati sferrati usando solo armi di produzione statunitense e britannica.
Nel periodo di riferimento, Oxfam afferma che la coalizione è responsabile di almeno 87 morti civili e di altri 136 feriti, oltre a 19 attacchi a ospedali, cliniche e ambulanze; a questi si uniscono 293 raid che hanno costretto la popolazione civile ad abbandonare le proprie case.
«L’enorme numero di attacchi ai civili – afferma Martin Butcher, consulente politico di Oxfam su armi e conflitti e autore del rapporto – è una dura testimonianza della terribile tragedia che ha sofferto e soffre il popolo yemenita».
«La nostra analisi mostra che vi è un modello di violenza contro i civili e tutte le parti coinvolte nel conflitto – aggiunge – non hanno fatto abbastanza per proteggere la vita dei civili» che sarebbe un loro obbligo «ai sensi del diritto internazionale e umanitario».
Il conflitto è divampato nel 2014 come scontro interno fra ribelli Houthi filo-Teheran e governativi sostenuti dall’Arabia Saudita; col passare dei mesi si è inasprito trasformandosi in guerra aperta con l’intervento, nel marzo 2015, di Riyadh a capo di una coalizione di nazioni arabe e ha fatto registrare in questi anni quasi 400 mila vittime.
Secondo l‘ONU ha provocato la «peggiore crisi umanitaria al mondo», sulla quale il COVID-19 ha sortito effetti «devastanti»; milioni di persone sono sull’orlo della fame e i bambini – 11mila morti nel conflitto – subiranno le conseguenze per decenni. Gli sfollati interni sono oltre tre milioni, la maggior parte vive in condizioni di estrema miseria, fame ed epidemie di varia natura, non ultima quella di colera.
In passato Londra è stata al centro di dure critiche per la decisione di proseguire nella vendita di armi all’Arabia Saudita, nonostante le preoccupazioni in tema di violazioni ai diritti umani. Al riguardo è nata la Campaign Against the Arms Trade (CAAT) che, nelle aule di tribunale, sfida il commercio di armamenti e tenta di limitarne le vendite.
Una sentenza dell’Alta corte britannica è attesa per fine mese, mentre una precedente azione giudiziaria (nel 2019) ha ottenuto la sospensione – ma solo temporanea – nella vendita di armi, poi riprese nel 2021.
Secondo alcune stime degli esperti di CAAT, il valore reale del commercio fra le parti è di quasi 30 miliardi di euro.
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Geopolitica
«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

Israele è determinato a uccidere i leader di Hamas ovunque risiedano e continuerà i suoi sforzi finché non saranno tutti morti, ha dichiarato martedì a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter.
In precedenza, attacchi aerei israeliani hanno colpito un edificio residenziale a Doha, in Qatar, prendendo di mira alti esponenti dell’ala politica di Hamas. Il gruppo ha affermato che i suoi funzionari sono sopravvissuti, mentre l’attacco è stato criticato dalla Casa Bianca e condannato dal Qatar.
«Se non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima volta», ha detto il Leiter.
L’ambasciatore ha descritto Hamas come «nemico della civiltà occidentale» e ha sostenuto che le azioni di Israele stavano rimodellando il Medio Oriente in modi che gli Stati «moderati» comprendevano e apprezzavano. «In questo momento, potremmo essere oggetto di qualche critica. Se ne faranno una ragione», ha detto riferendosi ai Paesi arabi.
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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che, sebbene smantellare Hamas sia un obiettivo legittimo, colpire un alleato degli Stati Uniti mina gli interessi sia americani che israeliani.
Leiter ha osservato che Israele «non ha mai avuto un amico migliore alla Casa Bianca» e che Washington e lo Stato Ebraico sono rimaste unite nel perseguire la distruzione del gruppo militante.
Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito del suo ruolo di mediatore, ha dichiarato che tra le sei persone uccise nell’attacco israeliano c’era anche un agente di sicurezza del Qatar.
L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, ha denunciato l’attacco come un «crimine atroce» e un «atto di aggressione», mentre il ministero degli Esteri di Doha ha accusato Israele di «terrorismo di Stato».
Israele ha promesso di dare la caccia ai leader di Hamas, ritenuti responsabili del mortale attacco dell’ottobre 2023, lanciato da Gaza verso il sud di Israele. L’ambasciatore ha giurato che i responsabili «non sopravviveranno», ovunque si trovino.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Attacco israeliano in Qatar. La condanna di Trump

#Qatar / #Palestine / #Israel 🇶🇦🇵🇸🇮🇱: Israeli Air Forces carried out air strikes to assassinate Senior officials of #HAMAS in the city of #Doha.
Reportedly HAMAS negotiation team was targeted with Air-To-Surface Missiles while discussing the ceasefire in the capital of Qatar. pic.twitter.com/WdWuqY6rXq — War Noir (@war_noir) September 9, 2025
🚨🇮🇱🇶🇦🇵🇸 BREAKING: ISRAEL just AIRSTRIKED Hamas’s negotiation team in DOHA, QATAR pic.twitter.com/cTdA5fT4gP
— Jackson Hinkle 🇺🇸 (@jacksonhinklle) September 9, 2025
BREAKING:
Israeli fighter jets struck Qatar’s capital, Doha. An Israeli airstrike in Doha killed Hamas leader in Gaza, Khalil al-Hayya, and three senior members of the group’s leadership, Al Arabiya reports, citing sources. Al Hadath states those in the targeted building… pic.twitter.com/03rwdUbvZ5 — Visegrád 24 (@visegrad24) September 9, 2025
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NEW: Qatar reserves the right to retaliate for the Israeli attack against Doha, Qatari PM says
“We’ve reached a decisive moment; There should be retaliation from the whole region” pic.twitter.com/dKHnqEHNqN — Ragıp Soylu (@ragipsoylu) September 9, 2025
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Nel suo post Trump ha affermato che il bombardamento israeliano all’interno di «una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti» non ha «favorito gli obiettivi di Israele o dell’America». «Considero il Qatar un forte alleato e amico degli Stati Uniti e mi dispiace molto per il luogo dell’attacco», ha scritto, sottolineando che l’attacco è stato «una decisione presa dal primo ministro Netanyahu, non una decisione presa da me». Trump ha affermato che, non appena informato dell’operazione, ha incaricato l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff di avvertire i funzionari del Qatar, ma ha osservato che l’allerta è arrivata «troppo tardi per fermare l’attacco». Il presidente ha affermato che eliminare Hamas era un «obiettivo degno», ma ha espresso la speranza che «questo sfortunato incidente possa servire come un’opportunità per la PACE». Da allora Trump ha parlato con Netanyahu, che gli ha detto di voler fare la pace, e con i leader del Qatar, che ha ringraziato per il loro sostegno e ha assicurato che «una cosa del genere non accadrà più sul loro territorio». La Casa Bianca ha definito l’attacco un incidente «sfortunato». Trump ha dichiarato di aver incaricato il Segretario di Stato Marco Rubio di finalizzare un accordo di cooperazione per la difesa con il Qatar, designato come «importante alleato non NATO».( @realDonaldTrump – Truth Social Post ) ( Donald J. Trump – Sep 09, 2025, 4:20 PM ET )
This morning, the Trump Administration was notified by the United States Military that Israel was attacking Hamas which, very unfortunately, was located in a section of Doha, the Capital of… pic.twitter.com/axQSlL46gW — Fan Donald J. Trump 🇺🇸 TRUTH POSTS (@TruthTrumpPosts) September 9, 2025
“The president views Qatar as a strong ally and friend of the United States and feels very badly about the location of this attack.”
White House press sec. Karoline Leavitt read a statement after Israel’s strike on Hamas leadership in Doha. https://t.co/X3EkiIHoZ7 pic.twitter.com/OdDyR4QcgF — ABC News (@ABC) September 9, 2025
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Geopolitica
Lavrov: la Russia non ha voglia di vendetta

La Russia non ha intenzione di vendicarsi dei paesi occidentali che hanno interrotto i rapporti e fatto pressioni su Mosca a causa del conflitto in Ucraina, ha affermato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.
Intervenendo lunedì all’Istituto statale di relazioni internazionali di Mosca, Lavrov ha sottolineato che la Russia non intende «vendicarsi o sfogare la propria rabbia» sulle aziende che hanno deciso di sostenere i governi occidentali nel loro tentativo di sostenere Kiev e imporre sanzioni economiche a Mosca, aggiungendo che l’ostilità è generalmente «una cattiva consigliera».
«Quando i nostri ex partner occidentali torneranno in sé… non li respingeremo. Ma… terremo conto che, essendo fuggiti su ordine dei loro leader politici, si sono dimostrati inaffidabili», ha affermato il ministro.
Secondo Lavrov, qualsiasi futuro accesso al mercato dipenderà anche dalla possibilità che le aziende rappresentino un rischio per i settori vitali per l’economia e la sicurezza della Russia.
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Il ministro ha sottolineato che la Russia è aperta alla cooperazione e non ha alcuna intenzione di isolarsi. «Viviamo su un piccolo pianeta. Costruire i muri di Berlino è stato in stile occidentale… Non vogliamo costruire alcun muro», ha affermato, riferendosi al simbolo della Guerra Fredda che ha diviso la capitale tedesca dal 1961 al 1989.
«Vogliamo lavorare onestamente e se i nostri partner sono pronti a fare lo stesso sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco, siamo aperti al dialogo con tutti», ha affermato, indicando il vertice in Alaska tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo statunitense, Donald Trump, come esempio di impegno costruttivo.
Il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha dichiarato sabato che le aziende occidentali sarebbero state benvenute se non avessero sostenuto l’esercito ucraino e avessero rispettato gli obblighi nei confronti dello Stato e del personale russo, tra cui il pagamento degli stipendi dovuti.
Questo mese Putin ha anche respinto l’isolazionismo, sottolineando che la Russia vorrebbe evitare di chiudersi in un «guscio nazionale», poiché ciò danneggerebbe la competitività. «Non abbiamo mai respinto o espulso nessuno. Chi vuole rientrare è il benvenuto», ha aggiunto.
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