Geopolitica
Victoria Nuland si dimette. La sua storia di morte e distruzione non verrà dimenticata
Si è dimessa Victoria Nuland, il sottosegretario del dipartimento di Stato USA considerabile come la grande pupara dietro alla catastrofe ucraina degli ultimi dieci anni sfociata nella guerra cruenta che ha ucciso centinaia di migliaia di persone. La notizia, che è di grande portata, è stata data pochi minuti fa da un comunicato firmato dallo stesso segretario di Stato Anthony Blinken comparso sul sito governativo del dicastero degli Esteri statunitense.
«Victoria Nuland mi ha fatto sapere che intende dimettersi nelle prossime settimane dalla carica di Sottosegretario di Stato per gli affari politici, un ruolo in cui ha incarnato l’impegno del presidente Biden a riportare la diplomazia al centro della nostra politica estera e a rivitalizzare l’economia e la leadership globale dell’America in un momento cruciale per la nostra Nazione e il mondo» scrive il Blinken, che attacca quindi a chiamare la Nuland (vero cognome «Nudelman») con l’affettuoso diminutivo «Toria».
«Il mandato di Toria corona tre decenni e mezzo di straordinario servizio pubblico sotto sei presidenti e dieci segretari di Stato. A partire dal suo primo incarico come funzionario consolare a Guangzhou, in Cina, Toria ha ricoperto la maggior parte dei lavori in questo dipartimento. Funzionario politico e funzionario economico. Portavoce e capo dello staff. Vice segretario aggiunto e vice segretario. Inviato Speciale e Ambasciatore. Queste esperienze hanno dotato Toria di una conoscenza enciclopedica di un’ampia gamma di questioni e regioni e di una capacità senza pari di utilizzare l’intero kit di strumenti della diplomazia americana per promuovere i nostri interessi e valori».
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«Ciò che rende Toria davvero eccezionale è la feroce passione che mette nel combattere per ciò in cui crede di più: libertà, democrazia, diritti umani e la capacità duratura dell’America di ispirare e promuovere quei valori in tutto il mondo. Questi erano i principi che guidavano Toria quando ci incontrammo per la prima volta più di 30 anni fa. Sono gli stessi principi che ha portato nel suo lavoro di Sottosegretario e di Vice Segretario di Stato ad interim – un ruolo che ha ricoperto senza interruzioni per sette mesi».
«Negli ultimi tre anni, Toria ha guidato questo Dipartimento su tutto, dall’affrontare le crisi complesse nel Sahel, ad Haiti e nel Medio Oriente, all’ampliamento e al rafforzamento delle alleanze e dei partenariati americani in tutta Europa e nell’Indo-Pacifico».
Le parole di circostanza, tuttavia, lasciano il posto al tema centrale della carriera di «Toria»: l’Ucraina, cioè la guerra alla Russia.
«È proprio la leadership di Toria sull’Ucraina che i diplomatici e gli studiosi di politica estera studieranno negli anni a venire» assicura Blinken, anche lui discendente di ebrei fuggiti dall’Ucraina.
«I suoi sforzi sono stati indispensabili per affrontare l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte di Putin, schierando una coalizione globale per garantire il suo fallimento strategico e aiutando l’Ucraina a lavorare verso il giorno in cui sarà in grado di reggersi con forza sulle proprie gambe – democraticamente, economicamente e militarmente».
«C’è così tanto da ammirare in Toria oltre la sua abilità diplomatica. Dice sempre quello che pensa, a mio vantaggio e a vantaggio della nostra politica estera. Lei difende e investe sempre nei diplomatici americani, facendo loro da mentore, incoraggiandoli e assicurando che loro e le loro famiglie abbiano ciò che meritano e ciò che la nostra missione richiede. Trova la luce nei momenti più bui, ti fa ridere quando ne hai più bisogno e ti copre sempre le spalle» dice Blinken, che non tenta nemmeno di nascondere quanto la Nuland, di fatto, fosse più importante di lui, chitarrista fallito, nelle decisioni vere della geopolitica americana e mondiale – decisioni che hanno incendiato il mondo.
«Siamo così grati per il servizio di Toria e per il segno duraturo che ha lasciato in questa istituzione e nel mondo». Il segno della Nuland, per quanto vediamo noi, è una scia di morte e distruzione della quale ancora non vediamo la fine.
La notizia delle dimissione della pupara della politica antirussa arriva nel momento in cui, bizzarramente, un articolo del New York Times con oltre 200 (duecento) fonti rivelava che la CIA ha poderose basi piazzate sul territorio ucraino dal 2014 – ossia dall’anno del colpo di Stato di Maidan organizzato con i famigerati 5 miliardi di dollari che la Nuland aveva dichiarato di aver investito a Kiev, dall’alto dei quali, nella famosa telefonata intercettata all’ambasciatore Pyatt, si permetteva di dire «Fuck the EU», ossia «fanculo all’Unione Europea».
Il video con l’intercettazione sta gradualmente sparendo da YouTube, ma su qualche canale ancora resiste.
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La tempistica farebbe quindi pensare all’ipotesi, già discussa sulle colonne di Renovatio 21, che stia per andare in atto un grande sbaraccamento: gli USA si potrebbero ritirare dall’Ucraina, oramai considerata per persa, anche rispetto ad un elettorato che a breve andrà al voto e non vuole assistere allo scialo ulteriore delle risorse nel grottesco teatro politico-militare di Kiev.
L’altra ipotesi, più inquietante, è quella per cui si tratta di una finta: fanno rivelazioni sul fatto che sostanzialmente Putin aveva ragione e allontanano la sua acerrima nemica «Toria» per poi procedere ad un attacco diretto – il famoso scontro diretto NATO-Russia di cui parlano i giornali europei e pure i presidenti, da avviarsi magari con un bel false flag fatto scattare magari proprio quando la Russia si ferma a tirare il fiato. Anche Mosca, come noto, a breve va alle elezioni…
Blinken dice che assieme a Biden ha già chiesto al sottosegretario alla gestione John Bass di ricoprire l’incarico di sottosegretario di Stato ad interim per gli affari politici fino alla conferma della sostituzione della Nuland. Chi prenderà certe decisioni, insomma, non è ancora noto. Di certo il Bass non potrà mai sostituire la Nuland, che, come ricordato, da decenni tirava i fili più oscuri e cruenti della trama mondiale.
A quanti sostengono che con chiunque verrà dopo di lei non cambierà nulla, anzi magari sarà peggio, diciamo che non conoscono la portata personale, famigliare, metafisica dell’odio che la Nuland cova verso la Russia.
La Nuland è una cosiddetta neoconservatrice. I neocon sono un gruppo di discepoli, in genere di origini ebraiche, del filosofo ebreo tedesco trapiantato in USA Leo Strauss. Si dice, professore all’Università di Chicago, lo Strauss aveva un lato essoterico – le sue lezioni pubbliche – ed uno esoterico, a cui impartiva un insegnamento segreto ad un gruppo di studenti scelti.
Lo Strauss insegnava, tra le altre cose, l’uso della «nobile menzogna». Secondo quanto riportato, il professore invitava gli studenti più vicini a lui ad organizzare azioni di disturbo nei confronti di professori avversari.
Un numero consistente di straussiani, riconducibili al movimento autonominatosi «neoconservatore» che ha derivazione originariamente trotskista, è riuscito ad infiltrarsi in amministrazioni sia repubblicane che democratiche sin dai tempi di Ronaldo Reagan: Paul Wolfowitz arrivò ad essere piazzato a capo della Banca Mondiale, William Kristol fu capo di gabinetto del vicepresidente Dan Quayle, Lews «Scooter» Libby fu considerato un’eminenza grigia dell’amministrazione Bush junior, dove anche l’onnipotente vicepresidente Dick Cheney si diceva essere influenzato da Strauss e dai neocon, che domandavano una guerra frontale e permanente con tutti i Paesi che non si genuflettevano del tutto all’egemonia della superpotenza americana: Iraq, Afghanistan, Siria, Libia, Iran… Qualcuno fa notare che si trattava quasi sempre di Nazioni in conflitto con lo Stato Ebraico.
La Nuland è una neocon per formazione e matrimonio, avendo sposato Robert Kagan, attivissimo fulcro, con il fratello e il padre, dei think tank neocon che hanno stabilito la politica estera americana degli anni 2000, per esempio la guerra in Iraq. Sono gli stessi, che, all’interno di un gruppo chiamato Progetto per un nuovo secolo americano (PNAC) nel 2000 vergarono il rapporto Ricostruire le difese dell’America dove si parlava della necessità di «una nuova Pearl Harbor», poi per coincidenza concretatasi con il megaterrorismo dell’11 settembre 2001.
Ad ogni modo il marito Kagan, anche lui proveniente da una famiglia di ebrei fuggiti dalla Russia, è, teniamo a mente, un anti-trumpiano zelota che all’elezione di Biden scrisse per il Washington Post un editoriale in cui sosteneva che il fatto che Donald avesse perso le elezioni non era abbastanza e la società americana trumpizzata era il vero problema – il vero nemico? – a cui bisognava pensare.
Qualcuno sostiene che i neocon abbiano in odio almeno da quando mandò lo zio di Christian De Sica ad uccidere a colpi di ascia Leone Trotskij. Secondo alcuni teorie circolanti in ambienti americani, alcuni neocon godrebbero di fortune che Trotskij avrebbe portato con sé fuggendo dall’Unione Sovietica, e dell’aiuto di servizi segreti e di circoli di potere interessati ad utilizzare la rivoluzione permanente – divenuta, di fatto, per i discendenti neoconi, «guerra permanente» – come strumento di dissoluzione degli ordini sociali e nazionali necessaria all’instaurazione della sinarchia tecnocratica definitiva.
Va notato, tuttavia, che la «Toria» ha un conto aperto con la Russia a livello transgenerazionale, in quanto il nonno sarto ebreo fuggì dai Pogrom in Bessarabia a inizio Novecento, ma a rimanerne segnato fu essenzialmente il padre, il chirurgo e bioetico Shervin B. Nuland.
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Nato nel Brox come Shepsel Ber Nudelman, divenne medico e storico della medicina, con specializzazione in chirurgia, e cambiò il suo cognome nel più american sounding Nuland perché, disse, testimoniò episodi di discriminazione antisemita.
Agnostico dichiarato ma ebreo ortodosso praticante, nella sua carriera di esperto di bioetica e filosofia medica l’uomo dichiarò di aver un «rapporto unico» con la morte, dedicando specifici saggi.
Nuland senior è ricordato come, in verità, come vittima della malattia mentale. In un discorso TED del 2001, pubblicato nell’ottobre 2007, parlò della sua grave depressione e dei suoi pensieri ossessivi nei primi anni ’70, probabilmente causati dalla sua infanzia difficile (il nonno ebreo moldavo di Toria era forse molto severo) e dalla fine del suo primo matrimonio.
Poiché la terapia farmacologica risultava inefficace, fu suggerita una lobotomia, tuttavia il suo medico curante optò per una terapia elettroshock, la quale, assicura Nuland il vecchio, lo portò alla guarigione.
Curiosamente, Nuland padre morì nella sua casa di Hamden, nel Connecticut, di cancro alla prostata, il 3 marzo 2014, ossia proprio nei giorni in cui il golpe di Maidan, progettato dalla figlia Victoria, stava trovando sfogo tra rivolte di piazza e misteriosi cecchini che sparavano indiscriminatamente su manifestanti e polizia.
Oltre all’odio genetico, patologico, transgenerazionale – e atomico – per Mosca, possiamo ricordare altri punti salienti della recente carriera della straussiana.
Come riportato da Renovatio 21, è significativo anche il video in cui, mesi fa, annunziava in conferenza stampa che il Nord Stream 2 sarebbe stato terminato nel caso la Russia avrebbe invaso l’Ucraina.
Dopo la sua ammissione in udienza al Senato riguardo ai biolaboratori USA in Ucraina, la Duma – il Parlamento russo – l’ha invitata a Mosca a spiegarsi, tuttavia la Nuland-Kagan non pare aver accettato l’invito.
Ad agosto era volata in Niger per incontrare la giunta golpista e metterla in guardia contro l’arruolamento dell’appaltatore militare privato russo Wagner. Prigozhin, al sentirlo, gioì.
Lo scorso maggio aveva dichiarato che la Crimea costituiva un «obiettivo legittimo» dell’esercito ucraino. In Sudafrica aveva definito la titanica questione della de-dollarizzazione globale in corso «una chiacchiera».
Poche settimane fa era tornata a Kiev, facendo scattare, anche simpaticamente, la diplomazia del Cremlino, che disse che, come l’altra volta nel 2014, quando distribuì biscotti alla gente in piazza Maidan, la visita del vicesegretario per gli affari eurasiatici non portava nulla di buono.
Il nome di Victoria Nuland è stato fatto in messaggio di Donald Trump contro la prospettiva della Guerra Mondiale.
«Per decenni, abbiamo avuto le stesse persone, come Victoria Nuland e molte altre come lei, ossessionate dall’idea di spingere l’Ucraina verso la NATO, per non parlare del sostegno del Dipartimento di Stato alle rivolte in Ucraina… Queste persone hanno cercato lo scontro per molto tempo, proprio come nel caso dell’Iraq e di altre parti del mondo, e ora stiamo vacillando sull’orlo della Terza Guerra Mondiale. E molte persone non lo vedono, ma io lo vedo e ho avuto ragione su molte cose».
Ricordiamo, infine, il messaggio finale di Gonzalo Lira, registrato al confine tra Ucraina e Ungheria, dove stava cercando di scappare in moto per chiedere asilo politico. Negli ultimi attimi di libertà prima di essere catturato e messo in prigione – dove ha trovato la morte – Lira rivelò che lo avevano informato che Victoria Nuland conosceva bene il suo caso, e che lo odiava visceralmente.
La tragica morte di Gonzalo, è, in fondo, solo una delle tante, delle tantissime, che discendono da «Toria». Una generazione intera di ragazzi ucraini è stata spazzata via.
Di questo, non di altro, gli storici onesti scriveranno. Il giudizio finale, ad ogni modo, lo darà qualcun altro.
Roberto Dal Bosco
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Immagine di pubblico dominio CCo via Flickr, modificata
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Trump annuncia attacchi terrestri in Venezuela «presto»
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Geopolitica
La Slovacchia «non sosterrà nulla» che contribuisca a prolungare il conflitto in Ucraina
Il primo ministro slovacco Robert Fico ha annunciato che la Slovacchia si opporrà a qualsiasi misura che permetta di impiegare i beni russi congelati per fornire armi all’Ucraina, mettendo in guardia sul fatto che ulteriori sostegni militari non farebbero che protrarre l’«insensata uccisione quotidiana di centinaia di migliaia di russi e ucraini».
In seguito all’escalation del conflitto nel 2022, gli alleati occidentali di Kiev hanno bloccato circa 300 miliardi di dollari di asset della banca centrale russa, in gran parte depositati nell’UE. Da quel momento è divampata una disputa tra i Paesi intenzionati a usare tali fondi come collaterale per un «prestito di riparazione» a favore di Kiev e quelli che si oppongono fermamente. La decisione finale spetterà ai membri dell’UE nel voto previsto per la prossima settimana.
Fico, da sempre critico del piano, ha illustrato la propria posizione in dettaglio in una lettera inviata all’inizio della settimana al Presidente del Consiglio europeo António Costa. In un post su X pubblicato venerdì, ha riferito di aver poi avuto un colloquio telefonico con Costa, durante il quale ha ribadito il suo rifiuto all’invio di armi a Kiev. Fico ha dichiarato di aver avvertito che proseguire con i finanziamenti prolungherebbe le ostilità e accrescerebbe le vittime, mentre Costa «ha parlato solo di soldi per la guerra».
«Se per l’Europa occidentale la vita di un russo o di un ucraino non vale un cazzo, non voglio far parte di un’Europa occidentale del genere», ha affermato Fico. «Non appoggerò nulla, anche se dovessimo restare a Bruxelles fino al nuovo anno, che comporti il sostegno alle spese militari dell’Ucraina».
Today I held an almost hour-long phone conversation with the President of the European Council, A. Costa. I fully respect him, but while he spoke about money for the war in Ukraine, I kept repeating the senseless daily killing of hundreds to thousands of Russians and Ukrainians.… pic.twitter.com/0f9JiitWjG
— Robert Fico 🇸🇰 (@RobertFicoSVK) December 12, 2025
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Vari Stati membri dell’UE hanno manifestato riserve sul programma di prestiti, evidenziando rischi di natura legale e finanziaria. Secondo Politico, venerdì Italia, Belgio, Bulgaria e Malta hanno sollecitato la Commissione europea a considerare opzioni alternative al sequestro degli asset, quali un meccanismo di prestito comunitario o soluzioni temporanee. Obiezioni sono arrivate anche da Ungheria, Germania e Francia.
Venerdì la Commissione Europea ha dato il via libera a una norma controversa che potrebbe prorogare indefinitamente il congelamento dei beni russi, qualificando la materia come emergenza economica e non come misura sanzionatoria. Questo passaggio è interpretato come propedeutico all’attuazione del «prestito di riparazione», in quanto permette decisioni a maggioranza qualificata invece che all’unanimità, eludendo così i veti dei Paesi dissidenti.
Mosca ha stigmatizzato come illegittimo ogni tentativo di appropriarsi dei suoi asset. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha affermato questa settimana che, con il programma di «prestiti di riparazione», l’Europa sta adottando un comportamento «suicida». Riferendosi al voto di venerdì, ha etichettato l’UE come «truffatori».
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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Orban come John Snow
Hungary PM Orbán as Jon Snow from Game of Thrones in defending the EU’s legal&financial system from crazy EU bureaucratic warmongers—fighting them to reduce migration, increase competitiveness, and restore sanity, values and peace. 🕊️
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Unmasked NATO’s Mark Rutte.
He does not have family or children. He wants war. But peace will prevail. 🕊️ https://t.co/lDPBucIAkA pic.twitter.com/JjqVogOSWM — Kirill Dmitriev (@kadmitriev) December 12, 2025
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