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Vescovo svizzero: papa Francesco sta minando l’insegnamento della Chiesa con pretesti «democratici»

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Renovatio 21 pubblica un testo di monsignor Marian Eleganti pubblicato da LifeSiteNews. Monsignor eleganti è stato vescovo ausiliare della diocesi di Coira, in Isvizzera dal 2009 al 2021, anno in cui papa Bergoglio ha accettato le sue dimissioni

 

Diventa sempre più chiaro (cfr le ultime dichiarazioni del cardinale Fernández su Facebook e la sua risposta ai dubia del cardinale Duka) in cosa consista realmente il concetto di «sinodalità» recentemente diffuso: la dissoluzione dell’autorità ecclesiastica indipendente, gerarchica in termini della dottrina e del governo. La gerarchia ecclesiastica deve essere livellata nel suo esercizio a processi democratici, cioè sinodali (cfr. anglicanesimo).

 

L’autorità esiste allora solo nella forma di una decisione democratica e maggioritaria, che, per quanto riguarda la posizione dottrinale, deve essere approvata dall’autorità ecclesiastica secondo un voto maggioritario (forum externum) o nella forma di un’assoluzione sacramentale, che non può essere negata dai confessori secondo la decisione della coscienza del penitente (forum internum) ma non del sacerdote come giudice autorevole nelle questioni morali concrete.

 

La decisione finale allora non è più la decisione autorevole e autonoma del vescovo o del sacerdote (nonostante l’eventuale e consigliata consultazione), ma il voto maggioritario (partecipazione) da un lato e la decisione di coscienza del penitente che chiede l’assoluzione dall’altro. Il potere vincolante e redentore dell’autorità ecclesiastica consisterebbe allora essenzialmente solo nell’esecuzione di tali decisioni – non prese da lei stessa, tutt’al più tollerate da essa – che siano prese dalla maggioranza o dalla coscienza individuale.

 

Tutto ciò si giustifica con il postulato di evitare gli abusi di potere (clericalismo), che ovviamente si vedono solo da parte dell’autorità ecclesiastica! Anche questo è un punto cieco.

 

Le stesse azioni dell’attuale Papa si distinguono nettamente nel loro esercizio autocratico senza precedenti, che non si ferma davanti a nulla e si discosta da questo nuovo stile sinodale in tutti gli ambiti (insegnamento, governo, gestione del personale, giurisdizione). Sì, lo contraddice fondamentalmente, senza che se ne accorga nessuno di coloro che costantemente spacciano la «sinodalità» come una nuova formula magica promuovendola in ogni occasione in riferimento al cosiddetto “nuovo magistero (ma non all’esempio) di Francesco».

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Gesù, tuttavia, ha affidato il potere di legare e sciogliere (autorità sacramentale, autorità di governo e di insegnamento) esclusivamente agli apostoli, che a loro volta lo hanno affidato ai loro successori, i vescovi. Il Concilio Vaticano II, quindi, ha mantenuto la struttura gerarchica del Popolo di Dio stabilita da Gesù e ha collocato l’episcopato nell’apposita via di mezzo (sub Petro et cum Petro) tra l’assolutismo papale (cfr Concilio Vaticano I) e la partecipazione dei laici (Vaticano II).

 

Tuttavia non ha abolito la differenza essenziale e non graduale tra il sacerdozio ministeriale (ordinazione) e il sacerdozio comune (battesimo), ma l’ha piuttosto sottolineata. Ed è proprio questa differenza che la nuova sinodalità dell’attuale disegno non vuole rispettare, motivo per cui l’Oriente cristiano non vede alcuna comparabilità di tale sinodalità (come quella attuale di Roma) con la propria tradizione e prassi risalente ai tempi apostolici (nei sinodi esiste un’assemblea esclusiva di vescovi che esercitano la loro autorità in modo vincolante).

 

Ora però la piramide (gerarchia) non solo viene capovolta, cosa che il Papa desidera ma non fa, ma viene polverizzata in modo assolutamente democratico. Ne è esente l’autorità papale, assoluta, che alla fine può comunque fare dei voti sinodali (autorevolmente e autonomamente) ciò che ha voluto fin dall’inizio (insieme ad altri che senza di essa non potrebbero imporlo).

 

I sondaggi servono quindi principalmente a ottenere l’auspicata e più ampia accettazione. Secondo me questi sono i fatti. Si tratta di quest’ultima: la pratica è, del resto, al di sopra dell’idea, secondo il cosiddetto «Magistero di Francesco» (io conosco solo quello della Chiesa).

 

I processi sono irreversibili, ma solo se non si tiene conto del Signore. Hanno lo scopo di liberare la Chiesa dai suoi vecchi errori (rigidità, dogmatismo e clericalismo).

 

In altre parole: finalmente, sotto questo pontificato, si possono occupare quegli spazi che da tempo (almeno dagli anni ’60, se non di più) si guardano avidamente in contrasto con la propria affermazione di non aver mai aspirato a questo (per innescare processi, per non volersi appropriare di spazi). Chi si oppone o è contrario parla troppo poco con lo Spirito.

 

E poiché nel 2023 non si riuscirà ancora a raggiungere questo obiettivo con un nuovo tentativo, ne sarà necessario un altro nel 2024.

 

Marian Eleganti

vescovo

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Il Vaticano rifiuta di formulare un «giudizio definitivo» sulle donne diacono

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Una commissione vaticana ha negato la possibilità di un «diaconato femminile» sacramentale, ma senza esprimere un «giudizio definitivo».   A dicembre, il Vaticano ha pubblicato il rapporto della Commissione Petrocchi, presieduta dal cardinale Giuseppe Petrocchi, che ha escluso l’ammissione delle donne al diaconato come grado sacramentale degli Ordini sacri, ma ha suggerito che potrebbe essere possibile una forma di «diaconato femminile».   «Lo status quaestionis intorno alla ricerca storica e all’indagine teologica, considerati nelle loro mutue implicazioni, esclude la possibilità di procedere nella direzione dell’ammissione delle donne al diaconato inteso come grado del sacramento dell’ordine», ha affermato la commissione. «Alla luce della Sacra Scrittura, della Tradizione e del Magistero ecclesiastico, questa valutazione è forte, sebbene essa non permetta ad oggi di formulare un giudizio definitivo, come nel caso dell’ordinazione sacerdotale».   La commissione è stata istituita nel 2021 da papa Francesco per esaminare la possibilità che le donne vengano ordinate diacono. Il rapporto finale di sette pagine della commissione è stato presentato il 18 settembre a Papa Leone XIV ed è stato ora pubblicato pubblicamente dal Vaticano.

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All’interno della commissione, alcuni sostenevano che impedire alle donne di essere ordinate diaconesse minasse la «l’uguale dignità di entrambi i generi, basata su questo dato biblico» e la dichiarazione per cui «non c’è più giudeo e greco, schiavo e libero, maschio e femmina, perché tutti voi siete “uno” in Cristo Gesù (Galati 3,28)».   Questo gruppo ha espresso la speranza che le donne possano diventare diaconesse, poiché sosteneva che l’ordinazione di un diacono è per il ministero e non per il sacerdozio.   Tuttavia, secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica , il diaconato è uno dei tre gradi dell’Ordine Sacro, non solo un ministero o una funzione.   Alcuni membri della commissione lo hanno sottolineato e hanno insistito «sull’unità del sacramento dell’Ordine, insieme al significato nuziale dei tre gradi che lo costituiscono». Questo gruppo ha respinto l’ipotesi di un «diaconato femminile», osservando «se fosse approvata l’ammissione delle donne al primo grado dell’ordine risulterebbe inspiegabile la esclusione dagli altri».   Il gruppo ortodosso ha inoltre sottolineato che «La mascolinità di Cristo, e quindi la mascolinità di coloro che ricevono l’ordine, non è accidentale, ma è parte integrante dell’identità sacramentale, preservando l’ordine divino della salvezza in Cristo. Alterare questa realtà non sarebbe un semplice aggiustamento del ministero ma una rottura del significato nuziale della salvezza».   Questa tesi è stata votata dalla commissione ma non è stata approvata poiché ha ricevuto cinque voti a favore e cinque contrari. Allo stesso tempo, mentre la commissione si è pronunciata contro l’ordinazione delle donne come diaconi, i membri hanno votato 9 a 1 a favore dell’ampliamento del ruolo delle donne nella Chiesa.   La Commissione ha espresso l’auspicio che venga ampliato «l’accesso delle donne ai ministeri istituiti per il servizio della comunità (…) assicurando così anche un adeguato riconoscimento ecclesiale alla diaconia dei battezzati, in particolare delle donne. Questo riconoscimento risulterà un segno profetico specie laddove le donne patiscono ancora situazioni di discriminazione di genere».   In conclusione, la Commissione Petrocchi ha chiesto di proseguire l’esame del ruolo del diaconato «sull’identità sacramentale e sulla sua missione ecclesiale, chiarendo alcuni aspetti strutturali e pastorali che attualmente non risultano interamente definiti».

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Come riportato da Renovatio 21, cinque mesi fa si notò l’insistenza del cardinale progressista Gualtiero Kasper che arrivò a definire le diaconesse come «utili dal punto di vista pastorale». Contestualmente era emersa la sollecitudine del vescovo tedesco Franz-Josef Overbeck ha chiesto una «nuova risposta» per il ruolo delle donne nella Chiesa, aggiungendo di aver incaricato le donne nella sua diocesi di «predicare» e fornire «guida» ai fedeli come un modo per affrontare le lotte per adempiere ai doveri dei sacerdoti. L’anno passato il prefetto per il Dicastero della Dottrina della Fede Victor Manuel «Tucho» Fernandez dichiarò che, nonostante l’opposizione esplicitata da lui stesso, la questione delle diaconesse non era chiusa.   Nel frattempo, gli insegnamenti della Chiesa cattolica riservano la vocazione al sacerdozio agli «uomini battezzati». Il Catechismo della Chiesa Cattolica (1577) spiega:   «Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile [“vir“]. Il Signore Gesù ha scelto uomini [“viri“] per formare il collegio dei dodici Apostoli, e gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori che sarebbero loro succeduti nel ministero. Il collegio dei Vescovi, con i quali i presbiteri sono uniti nel sacerdozio, rende presente e attualizza fino al ritorno di Cristo il collegio dei Dodici. La Chiesa si riconosce vincolata da questa scelta fatta dal Signore stesso. Per questo motivo l’ordinazione delle donne non è possibile».   Renovatio 21 ribadisce la sua analisi secondo cui che l’attuale via scelta dal Vaticano per scardinare gerarchia cattolica – e sessualità naturale – non passa per il sacerdozio femminile (reso sempre più improbabile anche da episodi come quello delle recenti «ordinazioni» di donne sul Tevere), ma attraverso l’accettazione del transessualismo.

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Papa Leone XIV inaugura il suo magistero aereo

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Come il suo predecessore, Leone XIV adottò la pratica di tenere conferenze stampa in aereo al ritorno dal viaggio apostolico. Il 2 dicembre 2025, il pontefice rispose a domande su vari argomenti: il sinodo tedesco, le guerre in Ucraina e in Medio Oriente e il dialogo con l’Islam. Su questi argomenti, le sue risposte, spesso convenzionali, erano in netto contrasto con le dichiarazioni a volte esplosive di Francesco.

 

Si guadagna quota a 10.000 metri ? La domanda è lecita. In ogni caso, questo era l’ obiettivo dichiarato della prima conferenza stampa aerea del nuovo pontificato. L’intervista è iniziata con una domanda sul fatto che Leone XIV fosse un «papa americano» nel contesto del processo di pace in Medio Oriente e sui suoi rapporti con i leader chiave della regione e con l’ amministrazione Trump.

 

Il pontefice ha ribadito con forza la sua convinzione che una pace duratura sia possibile e ha confermato di aver parlato con diversi capi di Stato e con Washington. Ha promesso di proseguire questi sforzi, personalmente o tramite la Santa Sede, per realizzare questa aspirazione alla pace.

 

Fu poi affrontato il caso del Libano, gravemente colpito dal conflitto tra Israele e Hezbollah. Leone XIV ha confidato che la diplomazia vaticana non si limitava a dichiarazioni pubbliche: agiva attivamente «dietro le quinte». Rivelò che durante il suo viaggio aveva incontrato rappresentanti di vari gruppi coinvolti in conflitti interni e internazionali.

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Interrogato su possibili contatti con Hezbollah – attore chiave nella regione – il Santo Padre ha confermato che gli scambi sono avvenuti. Senza entrare nei dettagli, ha ribadito la posizione coerente della Chiesa: è imperativo deporre le armi e sedersi al tavolo dei negoziati, unico modo efficace per porre fine alla violenza.

 

Il papa ha poi risposto a domande più personali sui suoi inizi come Pastore Supremo e sui sentimenti provati al momento della sua elezione. Con umorismo, ha raccontato di aver pensato di più al suo futuro ritiro quando il Sacro Collegio lo ha scelto. Riguardo al conclave, il successore di Francesco ha sottolineato la segretezza che lo circonda e si è rammaricato per le fughe di notizie avvenute dopo la sua elezione.

 

Al momento di accettare il pontificato sovrano, colui che pochi secondi prima era immobile, il cardinale Robert Prevost, ha affermato di aver praticato il «lasciar andare» di fronte alla volontà divina, frutto in particolare della lettura di La Pratica della Presenza di Dio, di frate Lorenzo della Resurrezione, un carmelitano scalzo francese del XVII secolo.

 

Affrontando le tensioni tra NATO e Russia, il Papa ha sottolineato la complessità dei conflitti moderni. Ha espresso una visione sfumata delle iniziative di pace in Ucraina: mentre gli Stati Uniti possono proporre piani, il pieno coinvolgimento dell’Europa nei negoziati rimane, a suo avviso, una questione cruciale. Ha sottolineato in particolare il ruolo dell’Italia, che, in virtù della sua storia e cultura, possiede, a suo avviso, una «capacità unica di mediazione» che la Santa Sede è pronta a incoraggiare per raggiungere una «pace giusta».

 

Il pontefice ha poi delineato i suoi programmi di viaggio: l’Africa ha avuto un ruolo di primo piano, con una preferenza personale per l’Algeria; l’America Latina (Argentina, Uruguay, Perù) è rimasta una possibilità in una fase successiva.

 

Riferendosi alla situazione esplosiva in Venezuela, ha sottolineato che la Chiesa locale e il nunzio apostolico stavano lavorando instancabilmente per allentare le tensioni per il bene della popolazione, principale vittima del conflitto. Interrogato su possibili minacce di intervento militare o di operazioni volte a «eliminare» l’attuale governo, Leone XIV si è mostrato molto cauto e ha chiaramente favorito la ricerca del dialogo.

 

Interrogato sull’Islam, che molti cattolici percepiscono come una minaccia all’identità cristiana dell’Occidente, il Papa ha ripetuto alcuni luoghi comuni: le paure sono spesso «strumentalizzate» da «chi si oppone all’immigrazione», e ha presentato il Libano come una «lezione» di convivenza tra musulmani e cristiani, a rischio di apparire estraneo alla realtà vissuta da molti.

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Interrogato sul Cammino sinodale tedesco e sulla sua influenza sulla Chiesa, Leone XIV si mosse con cautela, riconoscendo che la sinodalità può essere vissuta in modo diverso a seconda del contesto, ma espresse una preoccupazione: alcuni aspetti del Cammino sinodale in Germania potrebbero non riflettere fedelmente le aspirazioni dei cattolici tedeschi. Ribadì l’ importanza del dialogo continuo tra i vescovi tedeschi e la Curia romana per garantire che il «Cammino sinodale tedesco» non si allontani dal cammino della Chiesa universale.

 

Infine, il Papa ha concluso spiegando il significato del suo motto, In Illo Uno Unum («In Colui che è Uno, noi siamo uno»), in risposta a una domanda sul contributo dei cristiani orientali all’Occidente. In un mondo segnato dall’individualismo , ha portato come esempio quei cristiani capaci di offrire un «bacio» o un «abbraccio» nonostante le ferite della guerra.

 

A suo avviso, quanto più l’umanità promuoverà l’amicizia, il dialogo e la comprensione, tanto più si allontanerà dalla guerra e dall’odio. Un appello nobile nelle sue intenzioni, ma che non può essere realizzato senza una conversione soprannaturale e genuina alla fede nell’unico Signore Gesù Cristo.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Mons. Viganò: «chi non riconosce Maria Santissima come Regina e Signora, non riconosce Gesù Cristo come Re»

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Renovatio 21 pubblica questo testo dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò apparso su X.   Salve, Regina. Con queste parole inizia una delle preghiere più dense di dottrina e di spiritualità, e allo stesso tempo più care al popolo cristiano. È il saluto semplice, composto, reverente, di una schiera infinita di anime che da ogni parte del mondo – e dalle pene purificatrici del Purgatorio – si leva alla Augusta Vergine Madre, Nostra Signora, che onoriamo quale Regina in virtù della Sua divina Maternità, dei meriti della Corredenzione e degli specialissimi privilegi di cui, in vista dell’Incarnazione, Ella è stata insignita dalla Santissima Trinità.  

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A quelle voci si uniscono quelle delle Gerarchie angeliche e dei Santi, che dalla loro dimora di gloria celebrano Colei che, sopra tutte le creature, è stata scelta per essere il Tabernacolo dell’Altissimo, l’Arca dell’Eterna Alleanza in cui è custodita la pienezza della Legge, il Pane della Vita, lo scettro del nuovo Aronne, l’olio dell’Unzione regale e sacerdotale.   Maria Santissima è anche Regina Crucis: la Sua Regalità, sul modello della Signoria di Cristo, è stata conquistata nella co-Passione e coronata nella Corredenzione, perché non vi può essere la gloria della vittoria senza prima salire il Calvario   Chi non riconosce Maria Santissima come Regina e Signora, non riconosce Gesù Cristo come Re, né può sperare di aver parte al banchetto del Sovrano chi non onora Sua Madre.

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Immagine: vetrata raffigurante l’Annunciazione originariamente installata nella Cattedrale di Santa Vibiana, Los Angeles, California, USA; ora si trova nel Mausoleo della Cattedrale di Nostra Signora degli Angeli, Los Angeles. Immagine di via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
 
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