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Vaccinano anche gli immunodepressi, «vaccinano tutti». Parla una dottoressa dissidente

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Chi ha fatto la battaglia contro l’obbligo vaccinale negli anni precedenti alla pandemia lo sa bene: gli immunodepressi erano l’argomento principe della propaganda vaccinista, quello con cui si dipingeva chiunque vi si opponesse come un mostro: vaccina tuo figlio per rispetto del compagno di classe immunodepresso che, poverino, non ha il privilegio del tuo cui invece possiamo iniettare i dieci sieri previsti dallo Stato.

 

Vaccinati, sennò muoiono gli immunodepressi: ricorderete quante campagne, con il caso umano tipico della mamma inferocita perché tutti non tutti gli altri 20 compagni di classe del figlio sono stati inoculati.

 

L’argomento della protezione degli immunodepressi non vaccinabili veniva in genere usato in extrema ratio.

 

Ora scopriamo invece che con il COVID stanno vaccinando anche gli immunodepressi.

 

Stropicciamo gli occhi: ma come è possibile? Se il loro sistema immunitario è compromesso, perché stimolarlo con mRNA, adenovirus, con qualsiasi cosa?

 

Non è finita: la stessa documentazione dice che non vi sono studi sugli effetti del vaccino sugli immunocompromessi: eppure negli hub vaccinali stanno siringando anche loro, in una campagna che va avanti come un panzer, senza seguire nemmeno più le mappe di un tempo.

Renovatio 21 torna ad intervistare la dottoressa F., medico con esperienza quarantennale. La dottoressa F. ha notato questa stranezza della vaccinazione agli immunodepressi o «immunocompromessi», una cosa che cozza con i decenni di pratica medica che ha dietro di sé.

 

 

Dottoressa F., stanno davvero vaccinando gli immunodepressi?

Ebbene sì: anche pazienti con deficit immunitario.

 

C’è differenza tra immunodepressi e «immunocompromessi»?
I due termini sono in pratica sinonimi: immunocompromesso può definirsi un soggetto affetto da malattia che colpisca primariamente il sistema immunitario (per esempio, tutto il gruppo delle Immunodeficienze primitive).

 

Immunodepresso o immunosoppresso è il paziente trattato con certi farmaci per deprimere la risposta immunitaria: per esempio steroidi ed immunosoppressori in pazienti che abbiano subìto trapianto d’organo, per prevenirne il rigetto, nonché la cosiddetta GvHD (Graft versus Host Disease) malattia del trapianto contro l’ospite, una reazione immunitaria esercitata dalle cellule trapiantate (provenienti dal donatore) nei confronti dei tessuti del ricevente.

 

Ma quindi, cosa si intende per immunodepressi?
Pazienti che hanno un sistema immunitario poco o per nulla reattivo e responsivo a stimoli antigenici i più vari, agenti patogeni esterni (virus, batteri, allergeni) o principi farmacologici (per esempio, gli stessi vaccini).

 

Vaccinano tutti, anche pazienti immunosoppressi da chemioterapia in atto. In barba a quanto scritto, seppur con vago e generico accenno, nella scheda tecnica di questo prodotto, sia esso targato Pfizer o Moderna

Questa compromissione della risposta difensiva si può verificare in ragione della malattia stessa che affligge il paziente, oppure in seguito a trattamento con farmaci cosiddetti immunosoppressori. Sono farmaci con effetto immunosoppressore per eccellenza i corticosteroidi e in pratica tutti i farmaci chemioterapici utilizzati nel trattamento delle malattie oncologiche.

 

I pazienti con immunodeficienza, comunque originata, sono da considerarsi a pieno titolo pazienti «fragili», in quanto particolarmente esposti a contrarre malattie infettive che, anche se superate con disinvoltura da soggetti immunocompetenti, possono invece per loro risultare fatali.

 

Cosa dice la scheda del vaccino Pfizer?

Al punto 4.4 la scheda tecnica di Comirnaty (altro nome del vaccino Pfizer) recita in merito, testualmente: «Soggetti immunocompromessi. L’efficacia, la sicurezza e l’immunogenicità del vaccino non sono state valutate nei soggetti immunocompromessi, compresi quelli in terapia immunosoppressiva. L’efficacia di Comirnaty potrebbe essere inferiore nei soggetti immunocompromessi».

 

Ma di solito si vaccinano le persone con sistema immunitario debole?
Dipende: era buona regola nel caso di paziente immunocompromesso o oncologico di nuova diagnosi vaccinarlo semmai prima ed in vista del trattamento chemioterapico (che lo renderà poi ipo-reattivo e quindi non-responder), ma mai a terapia avviata e mentre è sottoposto a cicli chemioterapici.

 

Tant’è vero che per questi pazienti non vaccinabili, il SSN prevede offerta gratuita del vaccino anti-influenzale (prima che stagione influenzale abbia inizio) a familiari e contatti sani del malato, per creare attorno a lui una sorta di cordone sanitario. E stiamo in questo caso parlando di vaccini approvati e collaudati da pluri-decennale utilizzo.

 

Con mia grande sorpresa, ho visto invece ignorare questa elementare regola prudenziale proprio là dove prudenza doveva essere raddoppiata, in quanto è dalle stesse ditte produttrici dichiarato che questi nuovi vaccini sono ancora in fase osservazionale.

 

Negli anni scorsi, ai tempi della legge Lorenzin, la propaganda ci diceva ci stavano obbligando a vaccinare i figli per difendere i compagni di scuola che non si potevano vaccinare perché immunodepressi, in chemioterapia, e via con casi umani piagnucolosi. Ora invece vaccinano tutti, anche gli immunodepressi?
A parte che avrei voluto vedere i numeri di questi piccoli pazienti oncologici o con immunodeficienze…. Si tratta di forme per fortuna rarissime: per giustificare i rischi vaccinali ed imporre un obbligo di massa ci vorrebbero ben altre percentuali e grazie a Dio in quelle fasce d’età così precoci, da quelle percentuali eravamo e siamo ben lontani.

 

Non risparmiano non solo immunocompromessi ed ultracentenari (notoriamente il grande anziano ha un sistema immunitario ipo-responsivo), ma nemmeno allergici o iperergici, pazienti con patologie autoimmunitarie e co-trattati con ormoni

È la stessa debolissima giustificazione addotta oggi per vaccinare ragazzini contro una malattia che in questo caso nemmeno sviluppano; giustificazione ancor più pretestuosa in quanto il preparato è tutt’altro che collaudato (la fase osservazionale terminerà a fine 2023) ed in totale assenza di studi a lungo termine su eventuali effetti collaterali.

 

Vero è che la loro scheda tecnica, a campagna vaccinale inoltrata, è stata modificata ed aggiornata già varie volte: sempre alla voce «effetti collaterali» ed interazione con altri farmaci.

 

Ma c’è un’altra osservazione da fare che vanifica a priori questa giustificazione: se quei dieci vaccini potevano proteggere il vaccinato e lo rendevano incapace di trasmettere agli eventuali fragili presenti in classe e non vaccinabili, per questi nuovi prodotti non è così; per stessa ammissione dei fautori, essi proteggerebbero il vaccinato, ma non lo bonificherebbero.

 

In altre parole, il vaccinato resta in grado di infettare. Quindi questa giustificazione deve essere archiviata.

 

Per tornare alla domanda, devo ancora conoscere malato che non soddisfi i criteri di arruolamento: vaccinano tutti, anche pazienti immunosoppressi da chemioterapia in atto. In barba a quanto scritto, seppur con vago e generico accenno, nella scheda tecnica di questo prodotto, sia esso targato Pfizer o Moderna.

 

Quindi, stanno semplicemente procedendo a una vaccinazione a tappeto, un bombardamento indisciminato di mRNA su tutta la popolazione?
L’impressione è proprio questa. L’unica cosa che varia è il periodo di osservazione stretta dopo la puntura: trattengono più o meno a lungo il paziente a seconda del suo grado di rischio, ma nessuno, che io sappia è stato respinto.

 

Quindi non risparmiano non solo immunocompromessi ed ultracentenari (notoriamente il grande anziano ha un sistema immunitario ipo-responsivo), ma nemmeno allergici o iperergici, pazienti con patologie autoimmunitarie e co-trattati con ormoni. E – inaudito – non risparmiano nemmeno donne in cerca di una gravidanza o addirittura al primo trimestre di gestazione.

 

Inaudito – non risparmiano nemmeno donne in cerca di una gravidanza o addirittura al primo trimestre di gestazione

Man mano che si sollevano dubbi ed obiezioni, escono studi sulla sicurezza di questi preparati, guarda caso proprio in quella particolare condizione. Ma sulla loro attendibilità pesa un dubbio di fondo, dal momento che ci sono tempi tecnici incomprimibili per produrli e questi tempi tecnici, dalla loro immissione in commercio ad oggi, non sono ancora trascorsi.

Può esserci un motivo medico per questa vaccinazione universale, che comprende anche soggetti che prima venivano lasciati stare?
Il motivo strettamente medico è difficile da sostenere: «meglio rischiare con un vaccino ancora sperimentale che finire intubati», vanno recitando. Ma per proteggere l’esigua percentuale di popolazione a rischio di COVID letale è sufficiente vaccinare appunto gli interessati. Per tutti gli altri, il gioco vale la candela?

 

Bonificare tutta la popolazione per eradicare un virus altamente contagioso (il che non vuol dire dalla morbilità o mortalità elevata) è una presunzione che può essere solo ad uso e consumo di creduloni.

E poi da subito ci hanno avvertito: con questo virus si dovrà imparare a convivere, è iniziata l’era delle pandemie, le varianti… Francamente il motivo medico mi sfugge.

 

Esiste una classe di cittadini considerabili come medicalmente non-vaccinabili?
L’Ordine dei Medici mi ha appena esteso la Circolare del Ministero della Salute a firma del prof. Giovanni Rezza. Oggetto: Certificazioni di esenzione alla vaccinazione anti-COVID-19. «Finalmente», ho pensato! Dal momento che già ricevo numerosissime richieste di certificazioni in tal senso, ci sarà finalmente una parola chiara sulle patologie o condizioni in cui tale preparato è controindicato.

 

Ebbene la circolare è un capolavoro di ambiguità.

 

Bonificare tutta la popolazione per eradicare un virus altamente contagioso (il che non vuol dire dalla morbilità o mortalità elevata) è una presunzione che può essere solo ad uso e consumo di creduloni.

Ammette l’esistenza di «controindicazioni» e «precauzioni» e si dilunga nell’illustrare definizioni e differenze tra i due termini, con una puntigliosità direi offensiva per i destinatari. Si scopre poi, procedendo nella lettura, che di controindicazioni vere e definitive (cioè assolute) in pratica non ce ne sono e che tutte le «controindicazioni» si risolvono in realtà in «precauzioni».

 

Andando al dunque, si scopre che il manifestarsi di reazione allergica grave al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti o di una sindrome trombotica associata a trombocitopenia dopo la prima dose di vaccino potrebbe essere l’unica controindicazione assoluta alla somministrazione di una seconda dose, ma… «si può considerare la possibilità di utilizzare un vaccino di tipo diverso per completare l’immunizzazione».

 

Non sono «controindicazione» (tutt’al più «precauzione» e motivo di rinvio temporaneo, ma mai di esonero definitivo) la gravidanza o l’allattamento, l’insorgenza di una sindrome di Guillain-Barré e neppure di una miocardite/pericardite.

 

La circolare riconosce, bontà sua, la complessità delle problematiche e «al fine di supportare i medici vaccinatori nella valutazione dell’idoneità alla vaccinazione, le Regioni e PA promuovono l’individuazione presso i Centri o altri centri ad hoc, di riferimenti tecnici per la modalità di presa in carico dei casi dubbi e un gruppo tecnico regionale di esperti in campo vaccinale». In sintesi: ci pensa il personale all’uopo addestrato.

 

La conclusione è una ciliegina sulla torta: «Test Sierologici: Si ribadisce che l’esecuzione di test sierologici, volti a individuare la risposta anticorpale nei confronti del virus, non è raccomandata ai fini del processo decisionale vaccinale; per tale motivo la presenza di un titolo anticorpale non può di per sé essere considerata, al momento, alternativa al completamento del ciclo vaccinale».

 

In pratica, non interessa se il paziente presenta anticorpi alle stelle in seguito a superamento della malattia (la vera e più efficace immunizzazione che ci sia): non indagate che è meglio, in quanto non è motivo di esonero nemmeno temporaneo

In pratica, non interessa se il paziente presenta anticorpi alle stelle in seguito a superamento della malattia (la vera e più efficace immunizzazione che ci sia): non indagate che è meglio, in quanto non è motivo di esonero nemmeno temporaneo. E questo in barba al rischio di ADE (Antibody-Dependent Enhancement), ovvero di una pericolosa esaltazione della risposta infiammatoria in seguito a vaccino praticato in prossimità di episodio immunizzante: una roba che riguarda diversi milioni di italiani, stante alla diffusività del morbo.

 

Che altro motivo può esserci? Ha fatto qualche ipotesi per questa incongruenza scientifica e politica?
Ho fatto ipotesi e letto molto in proposito. Ma non voglio affrontare questo capitolo. Per non essere tacciata immediatamente di stupido fantasioso complottismo, preferisco attenermi a dati e documenti. Le conclusioni ognuno le può trarre da sé.

 

Chi consuma farmaci steroidei quindi è più a rischio in caso si voglia vaccinare?
Qualsiasi vaccino andrebbe praticato dopo adeguato periodo di sospensione del trattamento a base di steroidi. Il cortisone può deprimere la risposta immunitaria ad un vaccino, può dunque rendere vana la vaccinazione stessa e può al contempo mascherare il manifestarsi di eventuali reazioni ed effetti collaterali.

Quali farmaci in particolare? Il cortisone? Gli anabolizzanti? La chemio?
Aggiungerei i contraccettivi orali.

 

Da medico lei consiglia il vaccino ai soggetti con problemi immunitari?
Da medico affermo che in pazienti con sistema immunitario compromesso l’esposizione a vaccini è da evitarsi e a maggior ragione per prodotti, come questi, ancora in fase osservazionale.

 

Una lettrice di Renovatio 21 è appena uscita dalla chemio, non vuole vaccinarsi anche perché si sente molto debole dopo mesi e anni di calvario. Ora teme che a settembre, facendo l’insegnante, perderà il lavoro. È possibile che si voglia obbligare persino una persona appena guarita dal cancro ma ancora debilitata dalle cure?
Se non la modificano, la Legge attuale non prevede deroghe.

 

 

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Vaccini

Il comitato consultivo del CDC vota per porre fine alla raccomandazione di vaccinare i neonati contro l’epatite B

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Il Comitato consultivo sulle pratiche di immunizzazione (ACIP) ha deliberato per revocare la raccomandazione storica che imponeva la vaccinazione contro l’epatite B a tutti i neonati subito dopo la nascita. Questa decisione rappresenta un trionfo significativo per la campagna «Make America Healthy Again» promossa dal segretario alla Salute Robert F. Kennedy Jr., mirata a una revisione del calendario vaccinale pediatrico, in un’epoca di crescenti interrogativi sull’impennata dei casi di autismo tra i bambini.

 

Con 8 voti a favore e 3 contrari, l’ACIP ha indicato che le madri risultate negative al test per l’epatite B possano concordare con il proprio pediatra «quando o se» somministrare il vaccino ai loro neonati. Le direttive per i piccoli nati da madri positive o con status ignoto al virus restano immutate.

 

Si prevedono ulteriori revisioni alla politica vaccinale nei mesi a venire, mentre il panel valuta l’intero protocollo di immunizzazioni infantili. Diversi oratori intervenuti all’assemblea, e almeno parte degli esperti consultati, sono noti per le loro riserve sul tema dei vaccini.

 

Kennedy si definisce «pro-sicurezza», non «anti-vaccini», ma i media mainstream – pesantemente influenzati dai contributi pubblicitari delle multinazionali farmaceutiche – hanno ritratto il titolare dell’HHS come un «anti-vaccinista». Tale immagine è lontana dalla realtà, come ha ribadito di recente lo stesso Kennedy: «Credo che i vaccini abbiano salvato milioni di vite e svolgano un ruolo fondamentale nell’assistenza sanitaria».

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Il Ssegretario sta esaminando un potenziale nesso tra il vaccino e l’aumento dei disturbi autistici, evidenziando come il piano vaccinale per l’infanzia sia passato da poche somministrazioni a un ventaglio di decine di dosi.

 

Il vaccino contro l’epatite B ha provocato danni così estesi nella popolazione americana che nel 1999 ABC News gli dedicò un’inchiesta e il Congresso indisse un’audizione. Eppure, gli specialisti allineati alla narrazione ufficiale hanno negato l’esistenza di legami provati. È sufficiente rammentare che le contestazioni più accese alla riforma vaccinale di RFK Jr. proverranno dai media corporate e dai parlamentari, che dipendono in misura preponderante dai finanziamenti dell’industria farmaceutica.

 

L’Italia è stata il primo Paese europeo a rendere obbligatoria la vaccinazione per i nuovi nati e per gli adolescenti di 12 anni con la legge 27 maggio 1991, n. 165, entrata in vigore dal 1992.

 

I giornali riportano che la decisione fu presa dal ministero dove direttore generale e ministro della Sanità stesso ricevettero una tangente di 600 milioni di lire da GlaxoSmihKline, produttrice del vaccino Engerix B contro l’epatite B per i neonati.

 

In Italia l’obbligo è rimasto per i nati dal 1992 in poi (coorti 1981-2000 anche per la dose adolescenti) fino al 2017, quando la legge Lorenzin (119/2017) lo ha confermato estendendolo a 10 vaccinazioni. Oggi resta obbligatorio 0-15 anni.

 

Va ricordato che l’epatite B si trasmette per via sessuale o scambio di siringhe tra tossicodipendenti: perché, quindi, vaccinare un neonato per tale morbo?

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Vaccini

Uno studio minimizza il rischio di miocardite nei bambini a causa del vaccino COVID

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Questo mese, 22 scienziati britannici hanno pubblicato uno studio volto a tranquillizzare i genitori sui rischi del vaccino contro il COVID-19 e a spaventarli sui pericoli di contrarre il virus. Ma il modello di studio era imperfetto perché poneva la domanda sbagliata. E gli autori hanno nascosto nell’appendice prove che dimostravano che il rischio del vaccino superava quello del virus, pur affermando il contrario nel loro riassunto ampiamente pubblicizzato.   I lettori di The Defender sanno bene che i vaccini a mRNA contro il COVID-19 comportano un rischio di miocardite, soprattutto nei bambini. Ma potrebbero non sapere che la miocardite è solitamente invalidante in modo permanente e, negli adulti, spesso fatale entro cinque anni.   Purtroppo, ora stiamo anche scoprendo qual è l’evoluzione della miocardite nei bambini vaccinati.   Ciò ha rappresentato una battuta d’arresto nelle relazioni pubbliche per l’industria e i governi che hanno sostenuto, e talvolta imposto, che i bambini di età pari a 6 mesi ricevano i vaccini, nonostante il COVID-19 sia quasi sempre lieve o asintomatico nei giovani.   Questo mese, 22 scienziati britannici provenienti da prestigiose università hanno pubblicato uno studio volto a tranquillizzare i genitori sui rischi del vaccino e, allo stesso tempo, a spaventarli sui pericoli di contrarre il COVID-19.   Il messaggio è che sì, ci sono casi rari – usano sempre la parola «rari» – in cui i bambini contraggono la miocardite dopo la vaccinazione, ma ehi, nessun prodotto può essere perfetto. Ed è meglio rischiare con il vaccino che rischiare di contrarre il COVID-19. Inoltre, sostengono, i bambini hanno maggiori probabilità di contrarre la miocardite se contraggono il virus rispetto a quando contraggono la miocardite con il vaccino.   Questo è il messaggio, e gli autori e l’editore hanno l’autorità per diffonderlo ampiamente tramite comunicati stampa e titoli di giornale in Gran Bretagna e in America.   Ma cosa dice realmente lo studio? In breve, pone la domanda sbagliata e, nonostante ciò, la risposta che ottengono deve essere sepolta in appendice, perché incoerente con il messaggio che vogliono promuovere.

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Il riassunto dell’articolo ometteva prove del rischio del vaccino

Il disegno dello studio è profondamente compromesso perché i 22 autori hanno costruito un modello complicato per evitare di effettuare un confronto diretto (solo vaccino contro solo malattia).   E anche dopo aver falsificato i conti, anche dopo aver preso i dati di quasi 14 milioni di bambini e adolescenti sotto i 18 anni in Inghilterra, hanno ottenuto un risultato che è appena statisticamente significativo, con barre di errore sovrapposte per il rischio da COVID-19 e il rischio da vaccinazione.   La situazione peggiora. I risultati, che favorivano marginalmente la vaccinazione, furono annunciati in un riassunto in cima al documento e annunciati alla stampa.   Ma nascosta nell’appendice, pubblicata separatamente online, c’è una tabella che mostra una versione più pertinente del confronto.   La versione riportata nel riassunto si riferisce a un periodo iniziale in cui il vaccino non era disponibile. L’appendice mostra dati comparabili per il periodo in cui il vaccino era disponibile, limitatamente alle fasce d’età per le quali il vaccino era offerto.   Nell’appendice, il rischio di miocardite dovuto alla malattia è la metà di quello associato al vaccino. Ciò contraddice palesemente il riassunto e i titoli dell’articolo – e questa era una risposta alla versione ingannevole della domanda, non a quella più diretta a cui i ricercatori hanno scelto di non rispondere.

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Gli autori dello studio hanno posto la domanda sbagliata

La domanda più pertinente è semplice: i bambini vaccinati hanno avuto un’incidenza di miocardite più alta rispetto ai bambini non vaccinati?   È una domanda a cui è facile rispondere, dati i dati a cui questi autori (ma non il pubblico) avevano accesso. In pochi minuti, avrebbero potuto calcolare il tasso di miocardite tra i bambini vaccinati e non vaccinati.   Tuttavia, se hanno fatto il calcolo, non ne hanno riportato i risultati. Immagino che abbiano fatto il calcolo, ma non gli sia piaciuto quello che hanno visto, quindi non l’abbiano incluso nell’articolo pubblicato.   Come ho affermato sopra, credo che gli autori dello studio abbiano «posto la domanda sbagliata». Ciò che intendo dire è che l’articolo confronta il rischio di miocardite da COVID con il rischio derivante dalla vaccinazione.   Ma questa non è la domanda più rilevante. Perché?   Poiché molte persone si sono vaccinate e poi hanno comunque contratto il COVID, sono state inutilmente esposte a entrambi i rischi.   Al contrario, molti bambini che non hanno ricevuto il vaccino non hanno contratto il COVID. Oppure, la loro forma è così lieve che non se ne accorgono nemmeno. Questi bambini hanno evitato entrambi i rischi.   Ecco perché confrontare il rischio di miocardite da COVID con il rischio derivante dal vaccino COVID non è la questione pertinente. Non è una questione di «o l’uno o l’altro».

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Gli autori hanno «confuso le acque» analizzando la miocardite nei bambini vaccinati e il virus Il messaggio che gli autori volevano trasmettere era che, sebbene il vaccino aumentasse il rischio di miocardite, diminuiva il rischio di COVID e, poiché il COVID stesso può causare miocardite, il rischio totale è in realtà inferiore con la vaccinazione rispetto a senza.   Se questa è la loro affermazione, è facile stabilirne la veridicità. Il calcolo più semplice che avrebbero potuto fare con i dati a loro disposizione era anche il calcolo più pertinente a ciò che i genitori vogliono sapere: mio figlio sta meglio con o senza vaccino?   Gli autori hanno scelto di non fornirci una risposta semplice a questa domanda semplice.   Ma, dato che avevano posto la domanda sbagliata, avrebbero potuto ottenere una risposta chiara semplicemente confrontando il sottoinsieme di bambini che erano stati vaccinati ma non avevano mai contratto il COVID con il sottoinsieme che aveva contratto il COVID ma non era mai stato vaccinato.   Poiché lo studio ha incluso dati relativi a due anni di ricerche in tutto il Regno Unito, in queste sottocategorie sono stati inclusi centinaia di migliaia di bambini, più che sufficienti per effettuare un confronto statistico preciso.   Ma ancora una volta, gli autori hanno scelto di non farlo. O, secondo me, hanno fatto il confronto e non hanno gradito il risultato, quindi non l’hanno incluso nella pubblicazione.   Gli autori hanno invece analizzato la miocardite nell’ampio gruppo di bambini che avevano ricevuto sia il vaccino che la malattia. Questo ha reso le acque confuse perché non esiste un modo chiaro per determinare se sia stata la malattia o il vaccino a danneggiare il cuore del bambino.   Da qui il modello complicato, basato sulla tempistica.   La possibilità più plausibile è che i bambini che hanno contratto il COVID dopo la vaccinazione abbiano avuto il rischio cardiaco più elevato di tutti. Naturalmente, esiste la possibilità logica che i bambini che hanno contratto il COVID dopo la vaccinazione abbiano avuto una forma più lieve, con un rischio inferiore di miocardite.   Tuttavia, se questo fosse stato il risultato, credo che gli autori non solo lo avrebbero incluso, ma gli avrebbero anche dato un titolo.   Un’altra cosa: lo studio ha preso in considerazione solo il vaccino Pfizer. Si stima che il rischio di miocardite associato al vaccino Moderna sia tre volte superiore rispetto a quello Pfizer. Avevano i dati di Moderna e hanno scelto di non analizzarli.   Oppure l’hanno guardato, hanno deciso che non gli piaceva quello che avevano visto e hanno deciso di non segnalarlo.

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«Si tratta di pubbliche relazioni mascherate da scienza» Quindi, riassumendo:
  • Gli autori hanno posto una domanda complicata quando una semplice era più pertinente.
  • Data questa domanda errata, non hanno effettuato l’analisi più diretta per rispondere.
  • Ciononostante, hanno scoperto che il vaccino presentava un rischio di miocardite quasi doppio rispetto alla malattia. Questo risultato era riportato solo nella Tabella S16 dell’Appendice Supplementare, ma non era menzionato da nessuna parte nel corpo dell’articolo, né tantomeno nel riassunto in cima.
  • E nonostante ciò hanno fatto annunci importanti al pubblico, sostenendo che il loro studio conferma che i bambini stanno meglio con il vaccino che senza.
  Questa è solo una forma di pubbliche relazioni mascherata da scienza. Il fatto che un articolo come questo sia stato sottoposto a revisione paritaria e pubblicato in modo prominente sulla rivista medica più prestigiosa della Gran Bretagna ci dice quanto profondamente sia corrotto l’ecosistema della ricerca medica.   Ed è questa la «scienza» su cui si basa la Food and Drug Administration statunitense quando approva vaccini pericolosi per bambini sani che non corrono quasi alcun rischio a causa della malattia stessa.   Nella maggior parte degli articoli statistici, i dati grezzi utilizzati per uno studio sono pubblicati online e collegati in un’appendice all’articolo. Tuttavia, in questo caso, il Servizio Sanitario Nazionale (NHS) del Regno Unito ha concesso l’accesso ai dati esclusivamente a questo prestigioso gruppo di scienziati.   Personalmente, vorrei vedere i dati grezzi ed eseguire l’analisi che i 22 scienziati avrebbero dovuto fare fin dall’inizio. Children’s Health Defense sta richiedendo l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale. Restate sintonizzati…   Dott. Josh Mitteldorf   © 3 dicembre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Vaccini

Il vaccino antinfluenzale a mRNA di Pfizer associato a gravi effetti collaterali, soprattutto negli anziani

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I recenti titoli che decantano la superiore efficacia del vaccino antinfluenzale a mRNA della Pfizer ignorano le scoperte della stessa Pfizer secondo cui, per le persone con più di 65 anni, il loro prodotto a mRNA è più pericoloso dei vaccini antinfluenzali standard, che sono già inefficaci e dannosi. Lo riporta LifeSite.

 

Il motivo della falsa informazione da parte dei media tradizionali e del prestigioso New England Journal of Medicine (NEJM) è che Pfizer ha occultato i risultati dei test del suo prodotto sugli anziani, che hanno evidenziato effetti avversi più accentuati del farmaco.

 

«I risultati sono così pessimi che non è chiaro se la Food and Drug Administration potrebbe o vorrebbe approvare un vaccino a mRNA sulla base di questi dati», ha scritto il giornalista Alex Berenson, noto per le sue inchieste durante la pandemia. «Pfizer sembra sapere benissimo che questi risultati sono disastrosi».

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«Pfizer non ha mai annunciato i risultati, tenendoli nascosti per anni», ha scritto Berenson sul suo Substack. «Dimostrano che gli anziani che hanno ricevuto l’mRNA hanno avuto PIÙ infezioni influenzali, decessi ed effetti collaterali rispetto a coloro che hanno ricevuto il vaccino antinfluenzale standard».

 

Pertanto, è improbabile che il vaccino antinfluenzale a mRNA della Pfizer venga approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) di Trump.

 

«Un vaccino antinfluenzale a mRNA non ha funzionato negli anziani», ha dichiarato il commissario della FDA, il dottor Marty Makary, a Fox News nel fine settimana. «La sperimentazione non ha mostrato alcun beneficio».

 

«Non ci limiteremo ad approvare automaticamente nuovi prodotti che non funzionano, che falliscono in una sperimentazione clinica. Sarebbe una presa in giro della scienza se approvassimo automaticamente prodotti senza dati», ha affermato Makary. «Questo era il modus operandi dell’amministrazione Biden», ha aggiunto.

 

I risultati nascosti sono oltremodo sconvolgenti per gli anziani. Secondo Berenson:

 

«Gli anziani sottoposti a vaccinazione con mRNA avevano circa il 6% di probabilità in più di contrarre l’influenza rispetto a quelli sottoposti a vaccinazione standard. E 49 anziani sottoposti a vaccinazione con mRNA sono deceduti, rispetto ai 46 sottoposti a vaccinazione antinfluenzale».

 

«Lo studio ha anche rivelato un significativo segnale di sicurezza per gli mRNA sul danno renale. A ventidue pazienti anziani che hanno ricevuto l’iniezione di mRNA è stata diagnosticata una lesione renale acuta, una malattia renale cronica o una malattia renale allo stadio terminale, rispetto ai nove che hanno ricevuto l’iniezione standard».

 

«Un altro dato preoccupante è che 17 anziani a cui è stato somministrato mRNA hanno sofferto di “insufficienza respiratoria acuta”, rispetto ai soli sei che hanno ricevuto il vaccino antinfluenzale standard».

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«Anche i pazienti trattati con mRNA avevano una probabilità molto maggiore di manifestare effetti collaterali meno gravi. Ad esempio, circa il 69% ha segnalato gonfiore nel sito di iniezione o altri effetti collaterali locali dopo la vaccinazione, rispetto al 26% di coloro che hanno ricevuto il vaccino antinfluenzale».

 

«Ritengo che questo rappresenti una grave mancanza di integrità nel processo di revisione paritaria. Il comitato editoriale del NEJM dovrebbe fornire una spiegazione chiara di come si sia verificato questo errore e… richiedere agli autori di correggere gli articoli attuali e di riferire sui risultati completi dello studio», ha dichiarato alla testata Epoch Times Retsef Levi, professore al Massachusetts Institute of Technology (MIT) .

 

«Ancora una volta, quando vengono condotti studi adeguati, si scopre che i vaccini a base di mRNA per persone sane non sono ancora pronti per il grande pubblico e probabilmente non lo saranno mai», conclude il Berensone.

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