Connettiti con Renovato 21

Geopolitica

Usa e Russia limitano le armi nucleari. La Cina si rifiuta

Pubblicato

il

 

 

Renovatio 21 pubblica questo articolo di Emanuele Scimia su gentile concessione di Asianews

 

 

 

Prolungato di cinque anni il trattato New Start, esso limita a 1.500 il numero di testate nucleari. Esperto russo: la Cina ha 430 ordigni atomici, la sua posizione è comprensibile. Il Cremlino non metterà pressione ai cinesi: gli servono per bilanciare Stati Uniti e Unione europea. Il fallimento della lotta alla proliferazione atomica.

L’accordo sulla riduzione delle armi nucleari sarebbe scaduto domani; il nuovo presidente USA Joe Biden ha concordato l’estensione con il suo omologo russo Vladimir Putin. La Cina si rifiuta di aderirvi, a meno che Mosca e Washington non accettino la parità nucleare

Stati Uniti e Russia continueranno a limitare le armi nucleari. Ieri Washington e Mosca hanno rinnovato per altri cinque anni il trattato New Start. L’accordo sulla riduzione delle armi nucleari sarebbe scaduto domani; il nuovo presidente USA Joe Biden ha concordato l’estensione con il suo omologo russo Vladimir Putin. La Cina si rifiuta di aderirvi, a meno che Mosca e Washington non accettino la parità nucleare.

 

Per rinnovare il New Start, l’ex presidente Donald Trump pretendeva l’adesione di Pechino. La nuova amministrazione USA ha fatto cadere questa precondizione, ma ha specificato che «lavorerà per ridurre i pericoli posti dal moderno e sempre più ampio arsenale atomico cinese».

 

La Cina sostiene che il suo è un piccolo arsenale, incomparabile con quello di Russia e USA. Pechino ha dichiarato di essere disponibile a entrare in un accordo del genere solo quando Mosca e Washington avranno ridotto il numero di testate al livello di quello cinese.

 

Per Alexander Savelyev, capo ricercatore all’Istituto Primakov di economia mondiale e relazioni internazionali con sede a Mosca, la posizione della Cina è comprensibile dal punto di vista politico, militare e strategico.

 

Per arrivare alla parità nucleare fra le tre potenze, Washington e Mosca dovrebbero diminuire il loro arsenale del 90%

Da quello pratico è diverso, osserva Savelyev, che dal 1989 al 1991 ha partecipato come consigliere ai negoziati Start-1 tra Usa e Unione Sovietica. Egli sottolinea che per arrivare alla parità nucleare fra le tre potenze, Washington e Mosca dovrebbero diminuire il loro arsenale del 90%.

 

Secondo la Federation of the American Scientist, gli USA hanno 3.800 testate nucleari, la Russia 4.312 e la Cina 320. Quelle di Pechino non sarebbero pronte all’uso, a differenza di buona parte di quelle russe e statunitensi.

 

Gli USA hanno 3.800 testate nucleari, la Russia 4.312 e la Cina 320. Quelle di Pechino non sarebbero pronte all’uso, a differenza di buona parte di quelle russe e statunitensi

Il New Start limita a 1.550 il numero di ordigni operativi a disposizione di USA e Russia, ai quali si deve aggiungere un massimo di 800 fra lanciamissili e bombardieri nucleari. Dopo che Trump ha deciso nel febbraio 2019 il ritiro degli Usa dal trattato sulle armi nucleari di medio raggio (INF), il New Start è l’ultimo accordo in tema di armamenti ancora in vigore tra Mosca e Washington.

 

La Russia auspica l’adesione di tutti gli Stati con armi nucleari a un New Start allargato. Le autorità russe hanno detto però più volte che non intendono mettere pressione a Pechino. Il Cremlino è in cattivi rapporti con gli USA e l’Unione Europea: la partnership strategica con il gigante asiatico gli serve per bilanciare l’ostilità del campo occidentale.

 

Savelyev non crede che i cinesi entreranno in un accordo multilaterale sulla riduzione delle armi nucleari. Oltre ad alimentare ulteriori tensioni con gli USA, l’atteggiamento cinese contribuisce a vanificare i più ampi sforzi della comunità internazionale per combattere la proliferazione atomica.

 

Oltre ad alimentare ulteriori tensioni con gli USA, l’atteggiamento cinese contribuisce a vanificare i più ampi sforzi della comunità internazionale per combattere la proliferazione atomica

Il 22 gennaio è entrato in vigore il Trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari, ma la mancata adesione di tutti i Paesi dotati di armamenti nucleari lo rende nei fatti inutile.

 

Senza la partecipazione delle potenze nucleari agli sforzi di disarmo, la sicurezza del mondo continuerà a basarsi «sull’equilibrio del terrore», una dottrina rischiosa dinanzi all’avanzamento tecnologico in ambito militare.

 

Lo sviluppo delle armi ipersoniche e dei droni d’attacco guidati da sistemi d’intelligenza artificiale rendono infatti gli armamenti nucleari ancora più letali e utilizzabili in situazioni più circoscritte.

 

 

 

 

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione Asianews e le sue campagne.

 

Continua a leggere

Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

Pubblicato

il

Da

Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.

 

Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.

 

«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.

 

Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

Aiuta Renovatio 21

Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.

 

All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.

 

La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.

 

Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

Continua a leggere

Geopolitica

Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

Pubblicato

il

Da

La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.   Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.   Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».   Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

Iscriviti al canale Telegram

Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».   «Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.   Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.   Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».   «La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.   Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.   Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Continua a leggere

Geopolitica

Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

Pubblicato

il

Da

Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.

 

Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.

 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.

 

Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

Sostieni Renovatio 21

«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.

 

Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».

 

«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».

 

Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».

 

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

Continua a leggere

Più popolari