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Uomo britannico arrestato per post sui social media contenenti «retorica anti-establishment»

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La BBC riferisce che un uomo di 40 anni è stato arrestato e incriminato penalmente per post sui social media contenenti «retorica anti-establishment». Trattandosi di un accusa piuttosto generica, si tratta di un salto avanti rispetto alla repressione online avviata dal governo Starmer, che quantomeno al principio diceva di voler colpire le istigazioni online alla violenza.

 

L’utente Wayne O’Rourke è l’ultimo esempio dell’ondata di isteria autoritaria che ha avuto ripercussioni sulla libertà di parola nel Regno Unito in seguito alle recenti rivolte contro l’immigrazione di massa.

 

Secondo la polizia del Lincolnshire, O’Rourke è stato arrestato domenica in relazione a «post pubblicati da un account di social media».

 

«Il tribunale di Nottingham ha appreso che i post contenevano presunti contenuti anti-musulmani e anti-establishment», riporta la BBC .

 

O’Rourke aveva circa 100.000 follower su X e aveva previsto il suo arresto giorni prima.

 

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Quindi, a quanto pare, pubblicare «retorica anti-establishment» nel Regno Unito è sufficiente per farti arrestare.

 

Il rapporto non fornisce dettagli specifici su cosa abbia effettivamente pubblicato il criminale del pensiero, ma avrebbe «presumibilmente espresso sostegno per le recenti rivolte e offerto consigli su come rimanere anonimi ai suoi 90.000 follower».

 

Domani O’Rourke comparirà alla Lincoln Crown Court per rispondere delle accuse di «pubblicazione online di materiale scritto per incitare all’odio razziale».

 

Come riportato da Renovatio 21, un uomo di 61 anni nel Regno Unito è stato condannato a 18 mesi di carcere per essersi unito a coretti contro l’islamizzazione del Paese e contro gli agenti di Polizia («non siete più inglesi», avrebbe detto) durante una protesta fuori dal 10 di Downing Street, tradizionale residenza del primo ministro del Regno Unito in carica.

 

Sono stati riportati casi in cui le dichiarazioni online di persone che non hanno mai preso parte a rivolte hanno portato a condanne al carcere. Un altro uomo è stato imprigionato per 2 mesi semplicemente per aver postato su Facebook le parole «in arrivo in una città vicino a te» insieme a immagini di uomini musulmani. Anche la moglie di un politico locale è stata arrestata per un tweet.

 

Pure il semplice retweet ora per il potere britannico è considerabile come reato.

 

Come riportato da Renovatio 21Gran Bretagna è ora l’incubatore del nuovo totalitarismo in dirittura di arrivo, una tirannia fatta di psicopoliziabiosorveglianza e violenza gratuita sulle strade ad opera delle bande immigrate lasciate impunite e pure finanziate dall’autorità nell’ambito del programma di installazione dell’anarco-tirannia.

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Internet

I centri per le truffe online smantellati dall’esercito birmano. «Solo una messinscena»

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Dopo l’operazione in grande stile al KK Park, nell’area di Myawaddy al confine con la Thailandia, un migliaio di persone forzatamente impiegate in queste attività illecite si sono riversate oltre confine. Lo scetticismo di alcune fonti locali: «operazione dimostrativa legate alle minacce di sanzioni emerse anche durante il vertice dell’ASEAN. Ma le reti criminali restano radicate e godono di coperture politiche».   L’esercito del Myanmar ha condotto la settimana scorsa un’operazione di alto profilo contro i centri per le truffe informatiche situati al KK Park, un complesso localizzato al confine tra Myanmar e Thailandia, nei pressi di Myawaddy, di fronte alla città thailandese di Mae Sot, nella provincia di Tak. L’operazione è avvenuta in seguito all’aumento delle pressioni internazionali, comprese le dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti Donald Trump durante il vertice ASEAN, che ha criticato la giunta militare del Myanmar per aver favorito reti di traffico di droga e truffe informatiche transfrontaliere.   Il 24 ottobre, l’esercito birmano ha fatto esplodere edifici utilizzati per le truffe informatiche all’interno del KK Park, provocando esplosioni udite fino al territorio thailandese e una densa coltre di fumo sull’area. Le incursioni miravano ufficialmente a smantellare operazioni di cybercriminalità su larga scala che frodano vittime in tutto il mondo e vengono realizzate attraverso «nuovi schiavi» reclutati con il traffico di esseri umani. Secondo numerosi rapporti, queste attività sarebbero sostenute da reti criminali cinesi e milizie locali alleate del governo birmano.   Nel caos successivo all’operazione, oltre un migliaio di persone, tra cui stranieri provenienti in maggioranza da India, Cina e Vietnam, sono fuggite dal complesso verso la Thailandia. Le autorità di frontiera a Mae Sot hanno risposto chiudendo l’accesso ai furgoni provenienti dal Myanmar e rafforzando i controlli ai confini per gestire l’afflusso. Circa 1.200 persone sono state sottoposte a controlli per accertare eventuali casi di tratta di persone o altri reati; molti di loro sarebbero vittime costrette a lavorare per bande di truffatori.

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Nonostante l’esercito del Myanmar affermi di aver smantellato efficacemente le operazioni criminali, osservatori locali e vittime hanno definito il blitz «per lo più una messinscena» volta a placare l’attenzione internazionale. Particolare scetticismo deriva dal fatto che altri centri di truffe informatiche, come quello di Shwe Kutkku, vicino al confine, restano pienamente operativi. I dubbi sono aumentati con le voci secondo cui l’azione militare sarebbe stata motivata dal timore di nuove sanzioni statunitensi e dalle minacce di Trump durante il vertice ASEAN del 26-27 ottobre.   Offrendo una prospettiva locale, Benedict, un giovane Karenni che frequenta un master all’Assumption University di Bangkok, commenta ad AsiaNews: «puntano a dimostrare a Trump e alla comunità internazionale che stanno facendo qualcosa, più che a estirpare davvero queste reti criminali radicate. Le organizzazioni criminali storiche continuano a operare sotto la protezione delle guardie di frontiera (BGF) controllate dall’esercito del Myanmar».   I centri per le truffe informatiche lungo il confine tra Thailandia e Myanmar sono ormai una sfida persistente alla sicurezza regionale. Questi centri sfruttano lavoratori vittime di tratta o costretti con la forza per gestire truffe sofisticate dal valore di miliardi di dollari. Gli sforzi internazionali – tra cui le sanzioni statunitensi contro aziende e individui coinvolti – cercano di interrompere i flussi di finanziamento, ma una repressione su vasta scala resta difficile a causa delle complessità politiche e del controllo esercitato dalle milizie locali nella regione.   Il governo thailandese ha ribadito il proprio impegno per la sicurezza delle frontiere e per l’assistenza umanitaria, ma le recenti incursioni hanno evidenziato la sfida persistente rappresentata dalle reti criminali transfrontaliere che sfruttano l’instabilità politica del Myanmar.   La situazione rimane sotto stretta osservazione, mentre la regione si prepara a ulteriori sviluppi.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Incredibili video realizzati con l’IA lanciata da pochi giorni

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Il generatore di video basato sull’Intelligenza Artificiale Sora 2 di OpenAI ha debuttato la scorsa settimana e ha conquistato i social media con clip incredibilmente iperrealistiche che hanno fatto sì che gli spettatori si interrogassero su ciò che vedono online e hanno fatto sbiancare gli studi di Hollywood.

 

Gli utenti sembrano averci preso gusto a fare video sul defunto fisico tetraplegico Stephen Hopkins, anche crudelmente.

 

 

 


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Un altro modulo molto popolare è quello di esseri che vengono fermati dalla polizia – il filmato è come da una bodycam delle forze dell’ordine – e scappano via subito: ecco un gatto, Spongebob, Mario, un ammasso di prosciutto a fette.

 

 

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Il CEO di OpenAI Sam Altman viene beccato a rubare in un negozio, tutto visto da una telecamera di sorveglianza. L’uomo poi cucina Pikachu alla griglia.

 

 

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Animali che rubano alimentari nei supermercati.

 

 

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Piace Hitler che fa stand-up comedy con l’altrettanto (teoricamente) defunto Tupac, rapper ammazzato una trentina di anni fa ma che tutti per qualche ragione ricordano.

 

Lo Hitlerro dimostra di saperci fare con lo skateoboardo, e pure di saper rispondere a muso duro a Michael Jackson in un ambiente che ricorda le trasmissione trash di Jerry Springer.

 

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Pare che SoraAI abbia messo un filtro che impedisce di creare episodi di South Park, che gli utenti hanno generato automaticamente a bizzeffe.

 

 

Non manca la finta pubblicità degli anni ’90 per un giocattolo basato sull’isola dei pedofili di Jeffrey Epstein, con l’action figure del miliardario e di altri personaggi orrendi – l’aereo privato Lolita Express è incluso.

 

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Ecco, infine, il futuro: le fake news, ma nel senso vero. Telegiornali fatti con l’IA. Un motivo in più per non credere nemmeno a quelli veri.

 

 

Quindi: non è solo Hollywood che sarà sostituita, disintermediata, distrutto: è tutto quanto. È la realtà stessa che sta per venire divorata da simulacri iperreali eruttati ad ogni minuto dall’IA.

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Cina

Pechino condanna a morte 16 gestori dei centri per le truffe online in Birmania

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Il tribunale di Wenzhou ha giudicato colpevoli 39 imputati della famiglia Ming, originaria dello Stato Shan nel nord del Myanmar. Le accuse comprendono frode e traffico di droga con proventi stimati in oltre 10 miliardi di yuan. Tra i condannati a morte figurano il figlio e la nipote del patriarca Ming Xuechang, morto in circostanze controverse durante l’arresto. L’operazione si inserisce nella più ampia repressione di Pechino contro i gruppi criminali che operano in Myanmar.   Un tribunale cinese ha condannato a morte 16 membri della famiglia Ming, potente gruppo criminale della regione Kokang, nello Stato Shan del nord del Myanmar, coinvolto nei commerci illeciti legati ai centri per le truffe online, una questione a cui Pechino da tempo sta rispondendo con una dura repressione.   Secondo i media cinesi, il Tribunale intermedio di Wenzhou, nella provincia orientale di Zhejiang, ha riconosciuto colpevoli 39 imputati per 14 reati, tra cui frode, omicidio e lesioni volontarie. Le condanne sono state differenziate: 11 imputati hanno ricevuto la pena capitale immediata, cinque la condanna a morte con sospensione di due anni, 11 l’ergastolo e gli altri pene comprese tra i cinque e i 24 anni di carcere.   Per alcuni sono state inoltre disposte anche multe e la confisca dei beni.

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L’accusa ha ricostruito che, a partire dal 2015, la famiglia Ming ha sfruttato la propria influenza nella regione Kokang per costituire una fazione armata e creare diversi «parchi» composti da edifici dediti alle truffe online. I gruppi armati hanno stretto alleanze con altre bande per fornire protezione alle attività illecite del clan: truffe telefoniche, traffico di droga, prostituzione, gestione di casinò e giochi d’azzardo online. I proventi stimati da frodi e gioco d’azzardo superano i 10 miliardi di yuan, circa 1,4 miliardi di dollari, secondo l’accusa.   Al centro del processo è finita in particolare la «Crouching Tiger Villa», una base utilizzata per le truffe online di proprietà di Ming Xuechang, patriarca della famiglia. Il 20 ottobre 2023 le guardie del complesso aprirono il fuoco contro lavoratori che cercavano di fuggire: fra le vittime vi furono 14 cittadini cinesi, alcuni dei quali – secondo indiscrezioni non verificate – erano agenti di sicurezza sotto copertura inviati da Pechino.   Tra i condannati a morte figurano anche il figlio di Ming Xuechang, Ming Xiaoping (noto anche come Ming Guoping), e la nipote, Ming Zhenzhen. Non compare invece la figlia, Ming Julan, il cui arresto era stato annunciato in un primo momento ma non confermato nella successiva comunicazione ufficiale da parte della giunta birmana.   Il patriarca Ming Xuechang, 69 anni, era stato arrestato nel novembre 2023 insieme ad altri membri della famiglia, nel quadro della pressione esercitata da Pechino sul Myanmar per smantellare i sindacati criminali del Kokang.Secondo le autorità di Naypyidaw, Xuechang si sarebbe sparato durante l’arresto ed è morto in seguito per le ferite riportate. In passato era stato membro della Zona a statuto speciale del Kokang e deputato del parlamento statale dello Shan per l’Union Solidarity and Development Party (USDP), partito legato ai militari birmani.   Il caso della famiglia Ming si inserisce nella vasta campagna lanciata da Pechino contro le truffe telefoniche transnazionali. Il ministero della Pubblica sicurezza ha dichiarato che, solo nel periodo del 14° Piano quinquennale (2021-25), la polizia cinese ha risolto 1,74 milioni di casi di frode, smantellato oltre 2mila centri di truffe all’estero e arrestato più di 80mila sospetti.   In parallelo, anche la milizia legata a Pechino che controlla il Wa State, un’area anch’essa al confine tra Cina e Myanmar, ha di recente intensificato i rimpatri forzati verso la Cina: solo negli ultimi nove mesi sono state deportate 448 persone sospettate di frodi online, in una dozzina di operazioni coordinate con Pechino.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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