Geopolitica
Trump: Zelens’kyj non è stato invitato all’inaugurazione

Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj non è stato invitato alla cerimonia di insediamento del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, il mese prossimo, ha detto lunedì ai giornalisti il presidente entrante.
Trump, che il mese scorso ha sconfitto la rivale democratica Kamala Harris, presterà giuramento ufficialmente come 47° presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio, durante una cerimonia di insediamento al Campidoglio di Washington, DC.
Lunedì Trump ha tenuto la sua prima conferenza stampa ufficiale dopo la vittoria delle elezioni.
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Alla domanda dei giornalisti se avesse invitato Zelens’kyj, Trump ha risposto: «No, non l’ho invitato». Ha tuttavia aggiunto: «Se volesse venire, mi piacerebbe averlo».
Trump ha incontrato lo Zelens’kyj questo mese a Parigi insieme al presidente francese Emmanuel Macron per colloqui incentrati sulla crisi ucraina. Trump, che a quanto si dice sarebbe stato riluttante a incontrare lo Zelens’kyj, ha detto in seguito che voleva che le ostilità tra Mosca e Kiev finissero il prima possibile.
La NBC ha riferito in seguito che il team di Trump ha lavorato duramente per mediare una tregua tra Ucraina e Russia che potrebbe aprire la strada ai colloqui di pace. Trump ha ripetutamente criticato l’amministrazione dell’attuale presidente Joe Biden per la sua gestione del conflitto e ha affermato che le ostilità non sarebbero mai scoppiate con lui alla Casa Bianca.
Secondo quanto riportato dai media, Trump ha invitato il presidente cinese Xi Jinping a partecipare all’inaugurazione. L’offerta sarebbe stata fatta all’inizio di novembre, poco dopo la vittoria elettorale di Trump. Tuttavia, non è ancora chiaro se Xi abbia accettato l’invito.
La CBS ha riferito, citando fonti, che l’ambasciatore cinese negli Stati Uniti e la sua consorte dovrebbero presenziare all’evento, come da prassi standard.
Il team di Trump ha suggerito di ospitare altri leader al Campidoglio il 20 gennaio, oltre a Xi. Mentre ambasciatori e diplomatici sono solitamente invitati, i registri del Dipartimento di Stato dal 1874 indicano che nessun leader straniero ha mai partecipato alla cerimonia del passaggio di potere.
Tra gli altri funzionari invitati, vari organi di informazione hanno nominato il presidente argentino Javier Milei, il presidente salvadoregno Nayib Bukele e il primo ministro italiano Giorgia Meloni.
La scorsa settimana il portavoce del presidente russo Dmitrij Peskov ha dichiarato che il Cremlino non ha ricevuto alcun invito.
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Come riportato da Renovatio 21, il rapporto tra Trump e Zelens’kyj è realtà molto teso. L’ucraino ha più volte espresso irritazione, ai limiti dell’insulto, riguardo l’idea di Trump di risolvere il conflitto in 24 ore; poi aveva attaccato il vicepresidente eletto JD Vance per il suo scetticismo riguardo l’Ucraina. Tre mesi fa, prima del risultato elettorale, lo Zelens’kyj aveva dichiarato che le promesse di Trump sulla fine del conflitto «non sono reali», spingendosi perfino a insultare l’allora candidato alla Casa Bianca come «presidente perdente».
Di suo Trump ha definito Zelens’kyj «il più grande venditore della storia» per la quantità di miliardi di dollari che si porta a casa ogni volta che arriva a Washington. In altre occasioni Trump ha detto che l’Ucraina è «andata» e Zelens’kyj «ha perso». L’incontro tra i due a Nuova York di due mesi fa è stato visibilmente teso, con la rigidità di The Donald più che visibile.
Contro l’ex comico divenuto presidente a Kiev si è scagliato spesse volte, e con sempre maggiore veemenza, il primogenito del presidente eletto, Don jr, che ha lamentato la persecuzione della Chiesa Ortodossa ucraina, definita «vergognosa» l’immagine di Zelens’kyj che autografa bombe in produzione in uno stabilimento americano. Don jr. ha poit rollato poche settimane fa Zelens’kyj dicendo che i tempi della «paghetta» sono finiti.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
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Geopolitica
L’Arabia Saudita e il Pakistan firmano un patto di difesa reciproca

L’Arabia Saudita e il Pakistan, dotato di armi nucleari, hanno siglato un accordo formale di difesa reciproca, consolidando ulteriormente la loro partnership di sicurezza decennale tra le due nazioni musulmane.
La decisione giunge in seguito a una sessione congiunta straordinaria tra la Lega Araba e l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OCI), durante la quale gli stati membri hanno condannato l’attacco israeliano della settimana precedente alla capitale del Qatar, Doha, mirato a funzionari del gruppo armato palestinese Hamas. Secondo i media, l’episodio ha sollevato timori tra le nazioni del Golfo riguardo alla capacità degli Stati Uniti di garantire la loro sicurezza.
Mercoledì a Riad, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e il primo ministro pakistano Shehbaz Sharif hanno sottoscritto il patto di difesa tra i loro Paesi.
«Questo accordo, che riflette l’impegno comune di entrambe le nazioni a rafforzare la propria sicurezza e a promuovere pace e stabilità nella regione e nel mondo, mira a potenziare la cooperazione in materia di difesa tra i due paesi e a consolidare una deterrenza congiunta contro qualsiasi aggressione», si legge nella dichiarazione congiunta di Riad e Islamabad.
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Secondo l’accordo, qualsiasi attacco contro l’Arabia Saudita o il Pakistan «sarà considerato un’aggressione contro entrambi», si è sottolineato.
L’India, che a maggio ha affrontato un conflitto militare di quattro giorni con il Pakistan a seguito di un attacco terroristico contro turisti nel territorio dell’Unione di Jammu e Kashmir, ha dichiarato che «esaminerà le implicazioni di questo sviluppo per la nostra sicurezza nazionale e per la stabilità regionale e globale».
Nuova Delhi era al corrente dei legami di sicurezza tra Riad e Islamabad e sapeva che era in preparazione un patto di difesa tra le due parti, ha scritto su X il portavoce del Ministero degli Esteri indiano Randhir Jaiswal.
Un alto funzionario saudita ha dichiarato a Reuters che l’accordo con il Pakistan rappresenta «il culmine di anni di discussioni. Non è una risposta a Paesi o eventi specifici».
Le relazioni tra Arabia Saudita e India «sono più solide che mai. Continueremo a rafforzarle e a contribuire alla pace regionale in ogni modo possibile», ha aggiunto.
I legami militari tra Riad e Islamabad risalgono a oltre mezzo secolo fa, con migliaia di ufficiali sauditi addestrati in Pakistan, ai tempi della guerra in Afghanistan, quando con finanziamenti sauditi e comando americano si implementò quella che la CIA chiamava «Operazione Ciclone», con il reclutamento di jihadisti da tutto il mondo (all’epoca si chiamavano più pudicamente mujaheddin) allo scopo di combattere la presenza sovietica in Afghanistan.
Tra gli operativi sauditi che operavano nella zona vi era il rampollo di ricca famiglia Osama Bin Laden, che con altri gestiva quella che era il database dell’insieme delle forze islamiste convocate a combattere i soldati di Mosca, una lista poi chiamata al-Qaeda, che significa appunto «la base».
La partnership in ambito di difesa rimane attiva attraverso programmi di addestramento ed esercitazioni congiunte.
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