Epidemie
Trump chiede alla Cina «risarcimenti» mondiali per il COVID
L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato di aver avuto ragione sulla sua prima ipotesi secondo cui il COVID-19 è emerso da un laboratorio cinese, affermando che Pechino deve compensare il resto del mondo per aver «scatenato» il virus e «permesso» che si diffondesse a livello globale.
La perentoria richiesta di Trump è contenuta in un editoriale che il 45° presidente americano ha vergato per il quotidiano britannico Daily Mail.
«Tre anni fa, ho dichiarato che quasi certamente il COVID-19 proveniva dal laboratorio cinese di Wuhan. Ora, il mondo sta finalmente ammettendo la verità. L’insabbiamento delle origini del COVID-19 è uno dei più grandi scandali nella storia del mondo. Milioni di persone in tutto il pianeta sono morte a causa del virus cinese» scrive Trump.
«Il costo dell’epidemia e della menzogna sulle sue origini è incalcolabile, alcuni dicono che supera i 50 trilioni di dollari» tuona il biondo del Queens.
Lo scritto di Trump arriva nel momento in cui è emerso che il Dipartimento dell’Energia USA, che ha supervisione sui biolaboratori americani, ha ammesso che l’origine probabile è l’istituto virologico di Wuhano. Al contempo, il direttore dell’FBI Christopher Wray ha fatto uguali dichiarazioni in questo senso.
«Ora è il momento di ritenere la Cina – e le forze corrotte che hanno facilitato questa colossale soppressione dei fatti – responsabili del danno che hanno inflitto a tutta l’umanità» dice The Donald.
Di fatto, la storia di Trump è pressoché identica a quella di molti di noi – per esempio, la nostra, quella di Renovatio 21, bandita dai social e accusata dai fact checker per aver riportato notizie sull’origine del virus.
«Quando ho suggerito per la prima volta all’inizio del 2020 che il virus potrebbe provenire da un laboratorio, sono stato definito “razzista”, una “teoria del complotto”» continua l’ex inquilino della Casa Bianca, ricordando come fu tacciato di fare «un’affermazione per la quale “non ci sono prove”».
«L’intero establishment globalista – dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ai media, ad Anthony Fauci e alle autorità sanitarie pubbliche, ai giganti tecnologici corrotti della Silicon Valley, a Joe Biden – ha lavorato incessantemente per mettere a tacere, censurare e chiudere qualsiasi suggerimento che il la cosiddetta “teoria della fuga di laboratorio” potrebbe essere vera».
Viene voglia di ringraziare Trump per il fatto di non dimenticare quello che è accaduto a tutti noi, e, in generale, alla libertà di esprimersi, e alla verità.
«Gli scienziati che chiedevano trasparenza e indagini sono stati attaccati. Facebook e Twitter hanno etichettato i post relativi alla teoria come “disinformazione”. I media hanno ridicolizzato senza pietà l’idea».
L’analisi politica da fare è breve e semplice: «quando Joe Biden è entrato in carica, ha chiuso l’indagine che la mia amministrazione aveva avviato sulle vere origini del virus cinese» dice il candidato presidente 2024. «Conosciamo tutti il vero motivo di queste campagne di censura. La “fuga dal laboratorio” non è servita ai loro programmi politici. Così hanno fatto il lavoro sporco del Partito Comunista Cinese e hanno imposto efficacemente la propaganda cinese al mondo occidentale».
Per Trump, come per tanti di noi, tutto questo non è acqua passata.
«Ora ci deve essere una resa dei conti. I sinistri regimi di censura negli Stati Uniti e in tutto l’Occidente devono essere smantellati e distrutti. Questo scandalo è il miglior promemoria possibile del motivo per cui dobbiamo avere la libertà di parola. Anche l’Organizzazione mondiale della sanità deve essere chiamata a rispondere» dice colui che da presidente aveva tolto i fondi americani all’OMS, il cui primo donatore, con il privato cittadino Bill Gates e i suoi enti e le sue fondazioni, era proprio l’amministrazione USA.
«L’OMS, che ha effettivamente eseguito gli ordini della Cina, ha approvato pienamente la teoria della “origine naturale”, non è riuscita a condurre un’indagine approfondita sulla possibilità che il virus provenisse da un laboratorio e ha coperto la Cina ad ogni turno. L’OMS ha fatto forti raccomandazioni contro il mio primo divieto di viaggio in Cina, che si è dimostrato corretto al 100%. Grazie a ciò, abbiamo salvato centinaia di migliaia di vite negli Stati Uniti».
«Per questo motivo, in qualità di Presidente, dopo che le mie dettagliate richieste di riforme specifiche sono state ignorate, ho interrotto il rapporto dell’America con l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Gli Stati Uniti pagavano all’OMS 450 milioni di dollari all’anno quando ho abbandonato, per 300 milioni di persone. La Cina pagava 40 milioni di dollari per 1,4 miliardi di persone. Volevano fortemente che tornassi da loro. Mi hanno offerto di tornare per la cifra che paga la Cina. Ho detto: “un giorno potrei farlo, ma dovete essere ammoniti».
Ovviamente, lo sforzo di Trump è stato annullato non appena eletto, con misteriosi 80 milioni di voti, il senile Joe Biden, il cui clan, ricordiamo qui, è fortemente sospettato di conflitti di interessi con la Cina, taluni pure sbandierati dagli stessi cinesi.
«Non solo Joe Biden è rientrato nell’OMS senza ottenere alcuna riforma significativa, ma lo ha fatto a prezzo pieno, restituendo le centinaia di milioni di dollari che i contribuenti americani inviano ogni anno a un’organizzazione che ha gravemente ingannato il mondo al servizio della Cina comunista» continua a tuonare il Trump.
Il rischio ora è più grande, visto che siamo a pochi passi dalla stipula del Trattato globale sulla pandemia preparato dall’OMS che farà perdere ad ogni Nazioni, inclusi gli USA, larghe porzioni della loro residua sovranità.
«Ora, Joe Biden sta negoziando per firmare un trattato che conferisca all’OMS ampi poteri ogni volta che i burocrati stranieri decidono di dichiarare una pandemia. In caso di vera emergenza, il trattato prevede che spediamo fino al 20% delle nostre forniture mediche e farmaci all’OMS per la distribuzione in altri Paesi. Questo oltraggioso schema globalista metterebbe l’America e altri firmatari sulla strada per cedere la nostra sovranità ai capricci dei burocrati della sanità pubblica stranieri, le stesse persone che hanno sbagliato completamente e totalmente il COVID-19».
Non solo. Torna il discorso della libertà di parola sottomesso ai diktat sanitari del Deep State transnazionale.
«La bozza del trattato spinge anche la censura dei discorsi disapprovati su questioni di salute pubblica, proprio come hanno censurato i fatti sul laboratorio di Wuhan. Questa è follia. L’America e le altre nazioni libere non dovrebbero prendervi parte» grida l’ex presidente.
«Quando presterò giuramento come 47° presidente degli Stati Uniti, ritirerò ancora una volta gli Stati Uniti dall’OMS, per proteggere la nostra salute e difendere la nostra libertà e indipendenza» annuncia.
«Ora che le prove della colpevolezza cinese sono chiare a tutti, dobbiamo ritenere la Cina finanziariamente responsabile per aver scatenato questa piaga nel mondo» continua l’accusa di Trump. «Joe Biden non lo farà. Biden è incredibilmente debole con la Cina, forse perché la sua famiglia ha ricevuto milioni di dollari da entità legate al Partito Comunista Cinese».
«Tuttavia, la necessità di responsabilità rimane. Gli inganni e le bugie della Cina nella prima frase critica dell’epidemia sono ben documentati. Ad esempio, hanno a lungo insistito sul fatto che il virus non potesse diffondersi da uomo a uomo. Hanno acquistato grandi quantità di DPI da tutto il pianeta, mentendo ad altri Paesi sulle caratteristiche del virus e sulla gravità dell’epidemia. Le loro bugie e il loro inganno hanno ucciso ogni possibilità di fermare questa catastrofe mortale globale all’inizio» continua Trump.
«Aggiungete a ciò la probabilità che il virus sia emerso da un laboratorio del governo cinese, e potrebbe anche essere stato progettato da scienziati del governo cinese, ed è chiaro che le nazioni del mondo non devono solo scuse massicce; sono dovuti ingenti danni».
«Per riscuotere questo risarcimento, nulla dovrebbe essere fuori discussione: tariffe, tasse e un vertice globale sulle riparazioni. Il mondo deve garantire che una tale tragedia non accada mai più!»
Come riportato da Renovatio 21, le tremende parole di Trump contro la Cina arrivano dopo che in un messaggio video si dichiarava in grado di risolvere in poche ore la crisi ucraina, facendo i nomi dei funzionari guerrafondai che tengono ostaggio la politica estera di Washington.
Sia nell’uno che nell’altro caso, dobbiamo dire, gli crediamo. Trump potrebbe essere ancora l’arma più potente contro il malvagio Stato Profondo che fa soffrire la popolazione globale. Per questo la sua rielezione sarà molto, molto ardua.
Epidemie
Gli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump non celebreranno più la Giornata mondiale contro l’AIDS
Per la prima volta dal 1988, l’amministrazione statunitense ha deciso di non proclamare il 1º dicembre come «Giornata mondiale contro l’AIDS». Lo riporta il
In una circolare indirizzata al personale, il Dipartimento di Stato ha esplicitamente vietato l’impiego di risorse pubbliche per onorare tale ricorrenza.
La misura si inquadra in una linea direttiva più ampia che impone di «evitare di veicolare comunicazioni in occasione di qualsivoglia giornata commemorativa, ivi inclusa quella dedicata alla lotta contro l’AIDS».
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Ai funzionari è stato ordinato di «rinunciare a qualsivoglia promozione pubblica della Giornata mondiale contro l’AIDS tramite canali di diffusione, inclusi social network, apparizioni mediatiche, orazioni o altri annunci rivolti all’opinione pubblica».
«Una giornata di sensibilizzazione non costituisce una strategia», ha dichiarato al quotidiano il portavoce del dipartimento di Stato Tommy Pigott. «Sotto la presidenza Trump, il Dipartimento opera in sinergia con governi esteri per preservare vite umane e promuovere maggiore accountability e compartecipazione agli oneri».
In una nota ad ABC News, il portavoce della Casa Bianca Kush Desai ha liquidato il Presidential Advisory Council on HIV/AIDS (PACHA) come un «ente prevalentemente simbolico i cui componenti sono immersi in un’inutile kermesse di relazioni pubbliche, svincolata dal concreto impegno dell’amministrazione Trump contro HIV e AIDS».
Dall’esordio dell’epidemia negli anni Ottanta, circa 300.000 uomini gay negli Stati Uniti hanno perso la vita per complicanze legate all’AIDS.
Negli ultimi quarant’anni, a livello globale, oltre 44 milioni di individui sono deceduti per AIDS; nel 2024, la malattia ha causato circa 630.000 morti. Le cure per l’AIDS furono inizialmente oggetto di feroci critiche da parte degli stessi omosessuali, che si scagliavano apertamente contro l’allora figura principale della lotta alla malattia Anthony Fauci.
Come riportato da Renovatio 21, il Fauci, mentre proponeva farmaci altamente tossici e faceva esperimenti allucinanti con gli orfani di Nuova York, arrivò a dire in TV che l’HIV era trasmissibile per «contatti domestici».
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Ora il tema dell’AIDS è più raramente utilizzato dalla comunità omosessuale, dove una frangia – i cosiddetti bugchasers e gift givers – si impegna incredibilmente nell’infezione volontaria del morbo. Grindr, l’app per incontro gay, per un periodo presentava pazzescamente su ogni profilo la spunta sulla sieropositività dell’utente.
Come riportato da Renovatio 21, quattro anni fa studio avanzato sul vaccino contro l’HIV in Africa condotto dalla multinazionale farmaceutica Johnson & Johnson era stato interrotto dopo che i dati hanno mostrato che le iniezioni offrivano solo una protezione limitata contro il virus. Lo studio era stato finanziato da Johnson & Johnson, dall’immancabile Bill and Melinda Gates Foundation e dal National Institutes of Health, la Sanità Nazionale USA dove il dominus (in realtà a capo del ramo malattie infettive) è Tony Fauci, che già in modo molto controverso – e fallimentare – si era occupato dell’AIDS allo scoppio dell’epidemia negli anni Ottanta.
Il premio Nobel Luc Montagnier sconvolse il mondo, attirandosi censure dei social tra fact checker e insulti, disse che analizzando al microscopio il SARS-nCoV-2 aveva notato delle strane somiglianze con il virus HIV – per la scoperta del quale Montagnier vinse appunto il Nobel. «Per inserire una sequenza HIV in questo genoma, sono necessari strumenti molecolari, e ciò può essere fatto solo in laboratorio» disse Montagnier in un’intervista per il podcast Pourquoi Docteur. Oltre a supportare l’allora screditatissima ipotesi del virus creato in laboratorio a Wuhan, Montagnier metteva sul piatto un’idea ancora più radicale: quella di un vaccino anti-AIDS come possibile origine del coronavirus.
Nel 2021 Moderna, azienda biotecnologica salita alla ribalta per il vaccino mRNA contro il COVID – il primo prodotto mai distribuito della sua storia aziendale – si era dichiarata pronta per iniziare la sperimentazione sugli esseri umani per il primo vaccino genico contro l’HIV. L’anno scorso era emerso che i test avevano riscontrato un effetto collaterale alla pelle, con una percentuale insolitamente alta di riceventi ha sviluppato eruzioni cutanee, pomfi o altre irritazioni cutanee.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Epidemie
Solo 1 tedesco su 7 con test PCR positivo aveva l’infezione da COVID
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I test PCR hanno portato a un «significativo sovrastima» delle infezioni da COVID
Lo studio condotto da tre ricercatori tedeschi, pubblicato il mese scorso su Frontiers in Epidemiology, ha utilizzato due modelli matematici per analizzare quanto i risultati dei test PCR fossero allineati con i risultati degli esami del sangue per la ricerca degli anticorpi SARS-CoV-2. I risultati si basano sui dati ottenuti da laboratori accreditati in Germania che hanno gestito circa il 90% dei test PCR nel Paese da marzo 2020 all’inizio del 2023 e che hanno anche eseguito test del sangue per la ricerca di anticorpi (IgG) fino a maggio 2021. I ricercatori, Michael Günther, Ph.D., Robert Rockenfeller, Ph.D., e Harald Walach, Ph.D., hanno affermato che i loro modelli hanno allineato i dati dei test PCR che rilevano «piccole porzioni di materiale genetico virale nel naso o nella gola» e i test sugli anticorpi che mostrano se il sistema immunitario di una persona «ha risposto a un’infezione reale settimane o mesi prima». Hanno detto al Defender: «Quando abbiamo confrontato il numero di positivi alla PCR con i risultati successivi degli anticorpi, solo circa 1 persona su 7 positiva alla PCR ha mostrato il tipo di risposta immunitaria che indica una vera infezione. Con ipotesi conservative, la percentuale potrebbe essere più vicina a 1 su 10». La loro analisi ha anche mostrato che entro la fine del 2021, «quasi tutti» in Germania erano stati «contagiati, vaccinati o entrambi». Secondo il modello matematico dello studio, il dato di 1 su 7 relativo al test PCR è «quasi perfettamente» in linea con un tasso di immunità dell’intera popolazione a fine anno del 92%. I ricercatori hanno spiegato che i test sugli anticorpi «ci dicono che una persona è stata infettata in un momento qualsiasi dell’ultimo anno circa», mentre un risultato positivo al test PCR può indicare un’infezione, o «una breve esposizione senza infezione, frammenti virali residui o un rilevamento a livelli molto bassi che non portano mai alla malattia». Hanno affermato che il loro studio ha dimostrato che solo circa il 14% dei test PCR positivi corrispondeva a infezioni reali che avevano attivato gli anticorpi IgG, il che suggerisce che i test PCR hanno portato a un «significativo sovrastima» delle infezioni.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
I test PCR di massa «aumentano la quota relativa di falsi positivi»
I critici delle politiche ufficiali sul COVID-19 hanno spesso citato la dipendenza dai test PCR e le incongruenze nelle soglie virali utilizzate per generare un risultato «positivo» del test. Karl Jablonowski, Ph.D., ricercatore senior presso il CHD, ha affermato che i test PCR sono uno strumento inaffidabile per rilevare e tracciare le epidemie di malattie infettive. Ha citato un incidente del 2006 al Dartmouth-Hitchcock Medical Center, dove una presunta epidemia di pertosse ha portato a 134 risultati positivi ai test. «Sono state distribuite oltre 1.300 prescrizioni di antibiotici e 4.500 persone sono state vaccinate profilatticamente», nonostante non ci fossero «casi confermati in laboratorio». L’ uso improprio dei test PCR ha portato le autorità sanitarie a dichiarare falsamente un’epidemia, ha affermato. Un test PCR «non è un test diagnostico per una popolazione», ha affermato Jablonowski. «È meglio usarlo come test di conferma, essenzialmente per rispondere alla domanda “Quale virus ti ha infettato?” e non “Sei infetto?”». I ricercatori tedeschi hanno affermato che i loro risultati non indicano che la tecnologia PCR sia «imperfetta come metodo di laboratorio». Tuttavia, lo studio dimostra che il modo in cui i test PCR sono stati utilizzati per i test di massa durante la pandemia «non ha indicato in modo affidabile quante persone siano state effettivamente infettate». Hanno affermato che i test PCR rilevano in modo affidabile frammenti di DNA virale, anche in «quantità estremamente piccole» che «non rappresentano alcun rischio di infezione», ma non sono in grado di stabilire se il virus si sta replicando nell’organismo. I risultati positivi non dovrebbero essere utilizzati «come indicatori di infezione», perché i test PCR di massa «aumentano la quota relativa di falsi positivi», hanno concluso i ricercatori.Aiuta Renovatio 21
I test PCR di massa hanno causato «danni sociali, economici e personali non necessari»
L’affidamento dei governi ai risultati dei test PCR per monitorare i livelli di infezione da COVID-19 ha portato a restrizioni legate alla pandemia che hanno contribuito a «danni sociali, economici e personali non necessari», hanno affermato i ricercatori. I governi hanno utilizzato i risultati dei test PCR per giustificare rigide restrizioni, nonostante le agenzie sanitarie pubbliche avessero accesso a dati di test sugli anticorpi di qualità superiore. «Erano disponibili informazioni migliori di quelle comunicate pubblicamente», hanno affermato i ricercatori. Ciò ha sollevato «seri interrogativi sulla trasparenza e sul fatto che le politiche fossero basate sui dati più informativi disponibili». Jablonowski ha affermato che nei primi giorni della pandemia, i test PCR hanno probabilmente fornito un quadro più accurato della diffusione dell’infezione, poiché i kit per i test erano scarsi e venivano quindi utilizzati su coloro che avevano maggiori probabilità di essere infettati. Ma man mano che i test diventavano più facilmente disponibili, «venivano utilizzati su persone asintomatiche e obbligatori per i ricoveri ospedalieri, i viaggi aerei, i datori di lavoro e molte altre attività ad accesso controllato», ha affermato Jablonowski. Gli autori dello studio tedesco hanno affermato che un approccio più scientificamente valido avrebbe incluso dati più accurati sui test PCR che mostravano i risultati in proporzione al numero di test eseguiti, un monitoraggio di routine dei livelli di anticorpi nella popolazione e una «comunicazione trasparente… che indicasse chiaramente cosa la PCR può e non può misurare». «Questo insieme di pratiche… dovrebbe guidare le future politiche di sanità pubblica», hanno affermato i ricercatori. Documenti del governo tedesco trapelati lo scorso anno suggerivano che la risposta ufficiale del Paese alla pandemia di COVID-19 si basava su obiettivi politici e che le contromisure e le restrizioni raccomandate dalla Germania spesso contraddicevano le prove scientifiche. Durante un’intervista del 2022 al podcast «RFK Jr. The Defender Podcast» di Robert F. Kennedy Jr., il matematico Norman Fenton, Ph.D., ha affermato che i funzionari governativi di tutto il mondo hanno manipolato i dati dei test PCR per esagerare l’entità della pandemia. Jablonowski ha affermato che «l’isteria dei test PCR obbligatori ha preparato la mentalità della popolazione alle vaccinazioni obbligatorie che sarebbero arrivate. I test non avevano nulla a che fare con la salute della popolazione, ma solo con il controllo della popolazione». I test PCR per il COVID-19 sono molto meno diffusi oggi rispetto al picco della pandemia. Tuttavia, i ricercatori hanno affermato che il loro studio «è importante oggi perché l’errore strutturale che rivela – trattare i positivi alla PCR come infezioni – non è stato corretto». «Dato che ci troviamo di fronte a nuovi agenti patogeni, come l’influenza aviaria , affidarci solo alla PCR rischia di ripetere gli stessi errori», hanno affermato i ricercatori.Iscriviti al canale Telegram ![]()
Risposta «polarizzata», poiché i risultati «mettono in discussione le ipotesi che hanno plasmato la politica pandemica»
I ricercatori hanno affermato di aver incontrato «notevoli difficoltà» nel pubblicare il loro articolo. Tra queste, il rifiuto da parte di altre sei riviste, di cui solo due hanno inviato il manoscritto per la revisione paritaria. Queste riviste hanno cercato di «proteggere la narrativa prevalente, piuttosto che affrontare il nocciolo della nostra analisi», hanno affermato i ricercatori. I ricercatori hanno affermato che due dei tre revisori originali di Frontiers in Epidemiology «si sono ritirati dai loro incarichi». Ciò ha costretto la redazione a reclutare un quarto revisore, ritardando la pubblicazione dell’articolo. La risposta all’articolo è stata «polarizzata», hanno affermato. «Alcuni lettori hanno accolto con favore il confronto quantitativo dei dati PCR e IgG, ritenendolo in ritardo, mentre altri hanno messo in dubbio le implicazioni dello studio o hanno tentato di liquidarlo senza approfondire la metodologia di base». Ciò non sorprende, «dato che i risultati mettono in discussione i presupposti che hanno plasmato la politica pandemica», hanno affermato. Michael Nevradakis Ph.D. © 26 novembre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD. Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Epidemie
Il CDC chiude i laboratori con scimmie tra i timori della tubercolosi
Il CDC, l’ente nazionale USA per il controllo epidemico, porrà fine a ogni indagine su primati non umani svolta nelle sue sedi, costituendo la prima occasione dal ritiro degli scimpanzé da parte dei National Institutes of Health nel 2015 in cui un’agenzia sanitaria federale di primo piano ha decretato la cessazione totale di un proprio protocollo interno sulle scimmie. Lo riporta la rivista Science.
Tale determinazione coinvolge approssimativamente 200 macachi alloggiati nel complesso di Atlanta dei CDC. Un portavoce dell’agenzia ha attestato a Bloomberg che si sta approntando un programma di smantellamento, pur astenendosi dal delineare scadenze precise o sul destino degli esemplari.
La scelta matura all’indomani di lustri di contestazioni da parte di associazioni per la tutela animale e taluni ricercatori, i quali lamentano che i paradigmi su scimmie abbiano generato un apporto traslazionale scarso, soprattutto nella elaborazione di sieri anti-HIV, ove decine d’anni di analisi su primati non hanno ancor prodotto un rimedio omologato. I CDC hanno invocato tanto sensibilità etiche quanto un viraggio tattico verso opzioni antropomorfe, come sistemi organ-on-a-chip, colture cellulari evolute e simulazioni algoritmiche, quali elementi cardine della risoluzione.
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In via distinta, i CDC hanno affrontato episodi di vulnerabilità biosicurezza legati a primati importati. Archivi interni scrutinati dall’organizzazione animalista PETA rivelano che, dal 2021 al 2024, i vagli di quarantena hanno smascherato 69 episodi di tubercolosi nei macachi in transito, con ulteriori 16 occorrenze scoperte post-liberazione verso i laboratori.
«La PETA ha allertato i CDC sin dal 2022 che il loro circuito di importazione di scimmie configura una mina vagante per la tubercolosi», ha dichiarato la dottoressa Lisa Jones-Engel, consulente scientifico per la sperimentazione sui primati della PETA. «Nondimeno, la loro ostinata miopia ha consentito a un pericolo biosicuro manifesto di infiltrarsi negli Stati Uniti. Invitiamo i CDC a interrompere l’afflusso di scimmie nei laboratori, a tutela della salute collettiva, della validità scientifica e degli stessi primati».
La dismissione progressiva si allinea a iniziative federali più estese per comprimere la sperimentazione su animali. Ratificato nel 2022, il Modernization Act 2.0 della Food and Drug Administration (FDA) ha soppresso l’esigenza di prove animali preliminari alla sperimentazione umana, mentre NIH, EPA e FDA hanno esteso gli stanziamenti per metodiche prive di impiego animale.
«Questa svolta è epocale. Per la prima volta, un ente statunitense opta per una scienza contemporanea e umana anziché per un apparato obsoleto di test su scimmie», ha esultato Janine McCarthy, direttrice facente funzioni delle politiche di ricerca al Physicians Committee for Responsible Medicine. «Ora i CDC dovrebbero destinare quei budget alla ricerca antropocentrica e assicurare che queste scimmie siano ricollocate in santuari per il resto dei loro giorni».
«I CDC hanno appena trasmesso un segnale all’intero ecosistema biomedico: l’epoca degli esperimenti su scimmie è conclusa», ha soggiunto McCarthy.
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