Geopolitica
Trump aveva minacciato Putin di distruggere Mosca in caso di attacco all’Ucraina: il racconto di un giornalista
Secondo il giornalista del New York Post Michael Goodwin, Donald Trump ha detto a Vladimir Putin che avrebbe ordinato il bombardamento di Mosca se la Russia avesse attaccato l’Ucraina. Goodwin lo riporta in un recente articolo-rivelazione del New York Post, un quotidiano solitamente favorevole all’ex presidente.
Durante una recente conversazione con il giornalista a Mar-a-Lago, Trump ha chiarito cosa pensa degli sviluppi attuali.
«Non avrei mai pensato che potesse succederci qualcosa del genere» avrebbe detto il 45esimo presidente USA all’intervistatore riguardo alla gestione Biden, che considera disastrosa, a partire dalla politica estera.
Trump è particolarmente sconcertato dall’Afghanistan. Il ritiro delle truppe americane della scorsa estate, con conseguente passaggio del potere in mano talebana, è stata definita da Trump «il più grande imbarazzo della nostra storia».
The Donald avrebbe poi dichiarato che sia Putin che il presidente Xi sono stati incoraggiati dall’impotenza dell’amministrazione dell’ottuagenario del Delaware.
«Se muovi contro l’Ucraina mentre sono presidente», avrebbe affermato Trump, «colpirò Mosca»
L’ex presidente ha quindi detto che «andava d’accordo» con Vladimir Putin e lo «rispettava» – e il rispetto (uvazhenie, in lingua russa), come noto, è alla base della concezione della politica internazionale di Vladimir Putin.
Tuttavia Goodwin ha attirato l’attenzione su altri commenti che Trump avrebbe fatto al presidente russo.
«Se muovi contro l’Ucraina mentre sono presidente», avrebbe affermato Trump, «colpirò Mosca».
Putin avrebbe reagito deridendo Trump: «Assolutamente no!».
A quel punto Trump avrebbe risposto: «Tutte quelle bellissime torrette dorate verranno fatte saltare in aria».
«Tutte quelle bellissime torrette dorate verranno fatte saltare in aria»
Non si capisce quanto sia tono e clima fossero scherzosi.
Tuttavia nei quattro anni di presidenza Trump nemmeno era chiaro, agli interlocutori, fin dove potesse spingersi.
Durante la visita del presidente cinese Xi Jinping a Mar-a-Lago nel 2017, si racconta Trump avesse avvertito Xi che «qualsiasi mossa militare contro Taiwan sarebbe stata accolta con un attacco a Pechino», un’osservazione che ha lasciato Xi sbalordito.
«Sebbene sia anche possibile che entrambi i resoconti siano esagerati, è un dato di fatto che nessuno dei due ha fatto le mosse contro cui Trump avrebbe messo in guardia», osserva Goodwin.
Lo storico Victor David Hanson ha ipotizzato che l’equilibrio mondiale, anche in punti caldi come lo stretto di Hormuz nel Golfo Persico, ha retto durante la presidenza Trump a causa del fatto che gli avversari non avevano capacità di leggere il Donald – non sapevano cioè come avrebbe potuto reagire.
Un esempio è stato l’assassinio del generale Suleimani, definito da alcuni come l’uomo più popolare in medio Oriente e uno dei vertici spionistici, militari e financo morali della Repubblica Islamica dell’Iran: Trump lo eliminà mentre Suleimani viaggiava in Iraq, presumibilmente sentendosi al riparo grazie a tanti equilibri che l’imprevedibile costruttore biondo, a differenza di altri presidenti, ha deciso bellamente di ignorare, apparentemente incurante anche della vendetta che gli sarebbe stata giurata dall’intera umanità sciita.
Come abbiamo scritto su Renovatio 21, è facile pure che la minaccia di usare le atomiche lanciata contro Kim Jong-un per portare il nordcoreano ad un tavolo di trattative, non fosse una minaccia vuota.
Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.
Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.
«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.
Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.
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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.
All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.
La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.
Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.
Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.
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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
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Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.
Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.
Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)
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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.
Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».
«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».
Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».
Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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