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Terrorismo

Terroristi jihadisti minacciano di attaccare con droni gli Europei 2024

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Una cellula terroristica affiliata allo Stato Islamico ha pubblicato materiale propagandistico incoraggiando i jihadisti a prendere di mira gli stadi di calcio tedeschi durante i Campionati Europei di questa estate. Lo riporta il sito Remix News.

 

Nell’ultimo numero della rivista «Voce del Khorasan», una pubblicazione gestita dall’ISKP (cioè Stato Islamico Provincia del Khorasan, chiamata più spesso ISIS-K ), l’organizzazione terroristica ha lanciato un appello alla jihad contro il torneo di calcio più importante d’Europa, che si svolge per un mese in Germania dal 14 giugno al 14 luglio.

 

Sullo sfondo di un drone esplosivo che volava sopra uno stadio di calcio, la pubblicazione titolava: «se ti limitano e ti opprimono a terra, allora attaccali dal cielo».

 

«Investi gli infedeli con la tua macchina, colpiscili con un coltello, con del veleno, o fai saltare loro il cervello con proiettili e dai fuoco alle loro case», sarebbe scritto nella pubblicazione jihadista.

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«Si ritiene che i servizi di sicurezza tedeschi considerino il messaggio una minaccia credibile» scrive Remix News. «Stanno intensificando la sorveglianza e implementando misure per combattere qualsiasi tentativo di utilizzare attacchi di droni contro gli stadi che ospitano l’evento, al quale si prevede che parteciperanno centinaia di migliaia di tifosi di calcio da tutta Europa.

 

La minaccia è l’ultima di una lunga serie di immagini minacciose pubblicate dalle cellule terroristiche per infliggere paura in tutto il continente.

 

All’inizio di questo mese, circolavano online immagini di jihadisti che promettevano di prendere di mira le partite dei quarti di finale della Champions League, spingendo le autorità a rafforzare le difese negli stadi di tutta l’Europa occidentale.

 

«La domanda principale è se si tratta di improvvisati o di una minaccia seria», ha detto alla popolare rivista tedesca Focus un ufficiale di alto rango della sicurezza statale.

 

Le autorità, tuttavia, non sono disposte a correre rischi per la sicurezza e considereranno credibile la minaccia. «C’è da temere che anche altre organizzazioni terroristiche come Al Qaeda utilizzino i loro canali di pubbliche relazioni per promuovere un’offensiva di attacco in Europa e in Germania», ha aggiunto la fonte della pubblicazione.

 

Il ramo afghano dello Stato islamico è cresciuto di statura negli ultimi mesi fino a diventare la principale organizzazione di preoccupazione per i funzionari della sicurezza in tutta Europa.

 

Un’importante operazione antiterrorismo ha avuto luogo nella città tedesca di Colonia prima di Natale, dopo che i servizi di sicurezza di Austria, Germania e Spagna avevano ricevuto informazioni di jihadisti affiliati al gruppo che pianificava di effettuare diversi attacchi contro monumenti cristiani, tra cui la cattedrale di Colonia, già teatro, nella piazza antistante, del famigerato episodio di molestie sessuali di massa del capodanno 2015.

 

Il mese scorso, due cittadini afghani con legami con la cellula terroristica proscritta dalle Nazioni Unite sono stati arrestati in Germania con l’accusa di aver pianificato un attacco terroristico vicino al parlamento svedese per vendicare il permesso delle manifestazioni contro il rogo del Corano nel paese.

 

«Si ritiene che diverse persone abbiano sfruttato la rotta migratoria dall’Ucraina per entrare nell’Unione Europea per pianificare attacchi, con cittadini del Tagikistan e del Turkmenistan arrestati in Germania nel luglio dello scorso anno dopo essere entrati in Europa occidentale dal paese devastato dalla guerra» continua ReMix News.

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Anche le autorità della vicina Francia sono preoccupate per la minaccia di attacchi terroristici durante i Giochi Olimpici estivi di Parigi di quest’anno, e i suoi organizzatori hanno ideato un «Piano B» nel caso in cui minacce terroristiche mettano a repentaglio la cerimonia di apertura dell’evento.

 

«Non c’è alcuna minaccia terroristica alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi oggi, ma continueremo a monitorare la situazione», ha detto Oudéa-Castéra all’emittente pubblica France 2 all’inizio di questo mese. «Solo perché non ne parliamo, solo perché non menzioniamo il Piano B, non significa che non esista».

 

Il livello di allerta terrorismo in Francia rimane al massimo a causa delle preoccupazioni sui radicali islamici e dei timori di ritorsioni contro l’Occidente a causa della guerra in Israele.

 

Il rischio per Parigi è esiziale: dopo che si è dimostrata come pienamente possibile l’anarco-tirannia con la rivolta para-islamica delle banlieues, dopo che pochi anni fa avevamo visto il problema etnico proprio nel quartiere sede dello stadio di Saint-Denis per la finale di Champions Leauge, possiamo immaginare che anche una minaccia terrorista, di natura islamica o persino «africana» (ricordiamo l’uomo che ha assaltato i passanti alla Gare De Lyon pochi mesi fa: aveva lasciato messaggi di odio per il passato coloniale della Francia) possa rovinare il grande evento sportivo, per il quale già da un anno sta cercando di mandare i campagna gli immigrati accampati nella capitale.

 

Come riportato da Renovatio 21, il presidente Macrone ha chiesto una «tregua olimpica», bizzarramente negli stessi giorni in cui reiterava la possibilità di inviare truppe NATO in Ucraina a combattere i soldati del Cremlino, provocato dall’Eliseo al punto che il controverso capo di Stato francese ha ipotizzato il ritorno della Crimea a Kiev.

 

Specialmente dopo il massacro di del Crocus City Hall, – quella che Renovatio 21 ha chiamato come la «bataclanizzazione di Mosca» – i cui perpetratori sembrano essere anche di etnia tagica e centroasiatica, è chiaro che eccidi di massa potrebbero essere decisamente possibili in ogni grande manifestazione europea.

 

I due più grandi eventi sportivi del biennio si avranno proprio in Europa quest’estate. Il vecchio continente si trova dinanzi al timore provocato dall’aver lasciato il suo padrone mandare a fiamme l’intero mondo.

 

Lo spettro di una nuova Monaco 1972 si aggira per l’Europa. E i cittadini europei, come sempre, possono pagare, da innocenti, la follia dei loro leader.

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Terrorismo

Assassinato Charlie Kirk. L’America piomba nella violenza politica

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  Charlie Kirk, prominente sostenitore del presidente Donald Trump e direttore esecutivo di Turning Point USA, è deceduto dopo essere stato ferito da un colpo di arma da fuoco durante un discorso alla Utah Valley University, secondo quanto annunciato dal presidente degli Stati Uniti.   L’attivista e influencer di 31 anni è stato raggiunto da un proiettile al collo mentre rispondeva alle domande di un pubblico riunito nel cortile dell’università. Secondo un portavoce dell’università, il colpo sarebbe stato sparato da un edificio situato a circa 200 metri dal luogo in cui Kirk si trovava, dopo che aveva parlato per circa 20 minuti, scrive il New York Times.   Diversi video dell’agghiacciante omicidio politico sono circolati in rete. Molti, che mostravano fiotti di sangue uscire dal collo del ragazzo, sono ora spariti da X.   «Il grande, e persino leggendario, Charlie Kirk è morto. Nessuno ha capito o posseduto il cuore dei giovani negli Stati Uniti d’America meglio di Charlie. Era amato e ammirato da TUTTI, soprattutto da me, e ora non è più con noi», ha scritto Trump sulla sua piattaforma Truth Social, porgendo le condoglianze alla moglie di Kirk, Erika, e alla famiglia.   Riconosciuto per il suo ruolo chiave nella recente vittoria presidenziale di Donald Trump, Kirk ha galvanizzato i giovani elettori, soprattutto maschi, attraverso un’intensa attività di mobilitazione nei campus universitari, dibattiti virali sui social media e un instancabile impegno di sensibilizzazione. Durante il primo mandato di Trump, ha instaurato un rapporto stretto con l’ex presidente e la sua famiglia, diventando una figura di spicco nel definire la politica giovanile conservatrice negli Stati Uniti.   Sposato e padre di due figli piccoli, Kirk era considerato un esponente del christian nationalism che promuoveva valori tradizionali contro le istanze progressiste, mentre i detrattori della sinistra lo vedevano come una figura divisiva nelle guerre culturali americane.   Di fatto, il Kirk è stato ucciso mentre rispondeva una domanda sulla correlazione tra transessualismo e stragi massive. Video mostrano che anche all’evento all’università dello Utah vi erano oppositori che sventolavano la bandiera omotransessualista.  

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Kirk si trovava nello stand della sua iniziativa Prove me wrong, un banchetto da cui sfida al dibattito gli studenti di sinistra per poi creare video da mandare sui social. Il chiosco era transennato ed apparentemente molto presidiato da guardie del corpo.   Kirk aveva sostenuto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump prima delle elezioni del 2016 e del voto del 2024.   Il governatore dello Utah Spencer Cox ha dichiarato ai media: «Voglio essere molto chiaro, questo è un assassinio politico». «Voglio ricordarvi che qui nello stato dello Utah abbiamo ancora la pena di morte».   Un portavoce dell’università ha dichiarato che «un singolo colpo è stato sparato dalla cima di un edificio vicino, a circa 200 metri dal luogo dell’evento», circa 20 minuti dopo l’inizio dell’evento. «La polizia sta ancora indagando. Il campus rimarrà chiuso per il resto della giornata».   «Kirk ha iniziato la sua ascesa alla ribalta quando nel 2012 ha co-fondato Turning Point USA, un’organizzazione che si descrive come un «movimento studentesco nazionale dedicato a identificare, organizzare e responsabilizzare i giovani affinché promuovano i principi del libero mercato e del governo limitato».   All’ora in cui scriviamo la polizia brancola nel buio. L’FBI ha smentito le dichiarazioni precedenti che indicavano l’arresto di un sospettato in relazione all’omicidio dell’attivista conservatore Charlie Kirk, comunicando mercoledì sera che la persona, inizialmente definita «soggetto di interesse», è stata rilasciata dopo un interrogatorio.   «Il soggetto in custodia è stato rilasciato dopo un interrogatorio da parte delle forze dell’ordine. La nostra indagine prosegue e continueremo a diffondere informazioni nell’interesse della trasparenza», ha scritto il direttore del Bureau Kash Patel in un tweet.  

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Mercoledì mattina, il Patel aveva annunciato che un «soggetto» era in custodia, scatenando la diffusa notizia che l’uomo armato era stato catturato. Anche il governatore dello Utah, Spencer Cox, ha affermato che «non ci sono informazioni che ci portino a credere che ci sia una seconda persona coinvolta», sebbene il commissario per la sicurezza pubblica dello Utah, Beau Mason, abbia insistito sul fatto che l’indagine rimanesse aperta.   Le dichiarazioni contrastanti hanno alimentato la confusione circa il fatto che le forze dell’ordine stiano ancora inseguendo un sospettato attivo. Le autorità non hanno ancora fornito una descrizione o l’identità dell’uomo armato.   Il presidente Donald Trump ha dichiarato l’intenzione di perseguire non solo l’assassino dell’attivista conservatore Charlie Kirk, ma anche coloro che, a suo avviso, finanziano e fomentano la violenza politica della «sinistra radicale» negli Stati Uniti.   In un video pubblicato mercoledì sera su Truth Social, Trump ha definito Kirk, 31 anni, un «patriota» e un «martire della verità e della libertà», lodandolo per aver ispirato i giovani americani attraverso dibattiti nei campus universitari di tutto il Paese.   «Charlie era il meglio dell’America, e il mostro che lo ha attaccato stava attaccando tutto il nostro Paese», ha detto Trump. «Un assassino ha cercato di metterlo a tacere con un proiettile, ma ha fallito, perché insieme faremo in modo che la sua voce, il suo messaggio e la sua eredità vivano per innumerevoli generazioni a venire».  

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Il presidente ha collegato l’omicidio di Kirk a quelli che ha definito anni di demonizzazione dei conservatori da parte della sinistra, avvertendo che «la violenza e l’omicidio sono la tragica conseguenza della demonizzazione di coloro con cui non si è d’accordo, giorno dopo giorno, anno dopo anno».   «Per anni, la sinistra radicale ha paragonato meravigliosi americani come Charlie ai nazisti e ai peggiori assassini di massa e criminali del mondo. Questo tipo di retorica è direttamente responsabile del terrorismo a cui assistiamo oggi nel nostro Paese. E deve finire subito», ha dichiarato Trump.   Trump ha quindi  promesso di usare tutto il peso della sua amministrazione per indagare non solo sui colpevoli, ma anche «sulle organizzazioni che li finanziano e li sostengono, così come su coloro che perseguono i nostri giudici, le forze dell’ordine e chiunque altro porti ordine nel nostro Paese».   Trump ha citato altri incidenti attribuiti all’estremismo di sinistra, tra cui il tentato omicidio nei suoi confronti avvenuto nel 2024 a Butler, in Pennsylvania, la sparatoria del leader della maggioranza alla Camera Steve Scalise nel 2017, gli attacchi agli agenti dell’ICE e il recente omicidio di un dirigente sanitario a New York.   «Questo è un momento buio per l’America», ha detto Trump, esortando all’unità attorno «ai valori americani per i quali Charlie Kirk visse e morì: i valori della libertà di parola, della cittadinanza, dello stato di diritto, della devozione patriottica e dell’amore per Dio».   Di fatto, gli Stati Uniti sembrano piombati in una stagione di violenza politica.   I commenti in rete sono polarizzati, tra utenti di sinistra che gioiscono oscenamente (magari sghignazzando sul fatto che Kirk si batteva per la libera circolazione della armi prevista dal 2° Emendamento della Costituzione USA) e chi accusa i progressisti di essere divenuti sostenitori di una vera e propria politica di odio e morte.   Elon Musk ha accusato la sinistra radicale di alimentare un clima che incoraggia la violenza contro i conservatori, definendola il «partito dell’omicidio». «La sinistra è il partito dell’omicidio», ha scritto Musk in un post su X, riecheggiando le affermazioni più ampie degli alleati repubblicani che sostengono che la retorica democratica e le narrazioni dei media hanno da tempo alimentato l’ostilità verso le figure conservatrici. Elon aveva detto le stesse cose ancora un’anno fa.   Musk ha anche condiviso un altro post in cui affermava che «i media mainstream di sinistra, così come personaggi come Gavin Newsom che sostengono che Trump intenda diventare un dittatore, hanno creato un clima di isteria contro le figure di destra che potrebbe radicalizzare un numero qualsiasi di persone instabili spingendole a impegnarsi nella violenza politica».   La crescente «cultura dell’assassinio» tra gli americani di sinistra è stata evidenziata in un sondaggio di aprile del Network Contagion Research Institute (NCRI), che ha rilevato che il 48% degli intervistati «di centro-sinistra» ha affermato che sarebbe «in qualche modo giustificato» assassinare il presidente Trump. Circa il 55% ha affermato lo stesso di Musk. All’inizio di quest’anno, attivisti radicali hanno preso di mira i proprietari di Tesla, accusando il miliardario di favorire il «fascismo» e chiedendo il boicottaggio delle sue aziende.   A questo punto, molti hanno cominciato a fare nomi di una possibile «purga» in arrivo. Il noto commentatore politico Mike Cernovich ha scritto che la punizione andrebbe assegnata «non solo alla “sinistra”, ma anche chi la finanzia. Come Soros, Bill Gates e Reid Hoffman. Un baby boomer impostore radicalizzato dall’agitprop non è certo il responsabile di oggi per chi è intelligente».

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Trump aveva proposto settimane fa di usare la legge RICO, utilizzata per debellare le mafie, contro i finanziatori della sinistra radicale come Soros e suo figlio. Nelle stesse ore la Fondazione Gates aveva tagliato i ponti con Arabella, una ONG considerata vicina alla sinistra rivoltosa. Bill Gates è quindi apparso a fianco di Trump ad una cena alla Casa Bianca con i grandi della tecnologia.   Reid Hoffman è il fondatore di Linkedin, già nella cosiddetta «Paypal Mafia», cioè il gruppo di ragazzi divenuti milionari vendendo PayPal ad eBay – quindi di fatto un tempo socio e collaboratore di Peter Thiel e dello stesso Musk.   Hoffman, che ha avuto estensivi rapporti con Jeffrey Epstein, ha finanziato cause contro Trump.   È presto per commentare sui possibili mandanti. Sarà possibile capire quale macchinazione vi è dietro solo quando verrà preso davvero il primo sospettato, che potrebbe essere il vero attentatore o un Lee Harvey Oswald qualsiasi. In America, vi è una parola precisa per il capro espiatorio poco intelligente di queste situazioni, «patsy».   Chi sarà il patsy? Potrebbe, certamente, essere come si aspettano tutti un’attivista di sinistra – epperò con un bel tiro: colpo dritto alla gola da almeno 100 iarde, cioè 90 metri. Se la sua colorazione sarà fortemente pro-pal, sapremo cosa potrebbe esserci sotto.   Al contempo, potrebbe saltare fuori che l’assassino viene invece da destra,  magari è un groyper, il modo in cui si chiamano i seguaci del giovane attivista Nick Fuentes. Il Fuentes, che si dichiara razzista (ma vi sono parecchie personalità tra i neri che lo seguono e lo sostengono) era avversario di Kirk, definito come un gatekeeper che preveniva i conservatori dal realizzare l’influsso degli ebrei sulla società americana e sulla geopolitica mondiale. In diverse occasioni Fuentes ha canzonato Kirk, il quale ha sempre rifiutato un dibattito con il giovane antisemita, nonostante la crescente popolarità di quest’ultimo.   Se uscisse che l’assassino è un groyper, un incel, partirebbe una purga a destra di vaste dimensioni.   Kirk era un profondo sostenitore di Israele, al punto che con la sua organizzazione Turning Point USA vi mandava studenti per i classici tour dati ai cristiani evangelici americani allo scopo di sedimentare il  loro filosionismo.   Tuttavia all’indomani della strage del rave del 7 ottobre 2023 si chiese come fosse possibile che i terroristi di Hamas fossero penetrati oltre un confine che lui stesso aveva visto varie volte presidiato da militari di leva israeliani 18enni ogni dieci metri. Varie voci si levarono quindi contro Kirk accusandolo di antisemitismo. Il ragazzo quindi tornò all’ovile, al punto da sostenere Israele ancora oggi.   Kirk aveva inoltre recepito l’ordine da parte di Trump di non parlare più del caso Esptein. Anche quello, secondo più di qualcuno, sarebbe legato allo Stato di Israele.

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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic 
   
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Terrorismo

Hamas afferma che la sua leadership è sopravvissuta all’attacco israeliano al Qatar

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Il gruppo militante palestinese Hamas ha affermato che l’attacco israeliano al suo complesso nella capitale del Qatar Doha avvenuto martedì è stato in gran parte infruttuoso e che i suoi membri più importanti sono sopravvissuti.

 

Tuttavia, l’attacco ha ucciso il figlio di Khalil al-Hayya, capo dell’ufficio politico del gruppo, e un suo collaboratore di alto rango, secondo Suhail al-Hindi, un membro di spicco di Hamas. Tre guardie del corpo del leader del gruppo risultano ancora disperse dopo gli attacchi, ha dichiarato ad Al Jazeera.

 

«Il sangue dei leader del movimento è come il sangue di qualsiasi bambino palestinese», ha affermato al-Hindi.

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L’«atroce» attacco israeliano è stato un «tentativo di uccidere coloro che stavano discutendo di porre fine alla guerra a Gaza», ha aggiunto, corroborando precedenti resoconti secondo cui la leadership del gruppo era stata colpita mentre si riuniva per discutere le ultime proposte degli Stati Uniti sulla risoluzione del conflitto con Israele.

 

Secondo quanto riportato dai media israeliani, nell’attacco sono stati coinvolti circa 15 aerei, che hanno sparato più di dieci proiettili ad alta precisione contro il complesso di Hamas. Israele ha insistito sul fatto che l’attacco è stato un’azione unilaterale e che nessun’altra parte è stata coinvolta nell’attacco «ai vertici dell’organizzazione terroristica di Hamas». Il Qatar ha parlato invece di «terrorismo di Stato» da parte israeliana.

 

Diversi resoconti dei media israeliani, tuttavia, hanno suggerito che lo Stato Giudaico avesse informato Washington dell’imminente azione prima dell’attacco. Inoltre, il canale israeliano Channel 12 ha riferito, citando un funzionario anonimo, che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva dato il via libera all’attacco.

 

La Casa Bianca ha descritto l’attacco israeliano come un incidente «sfortunato», con la portavoce Karoline Leavitt che ha affermato che l’attacco al cuore del Qatar, uno «stretto alleato» degli Stati Uniti, «non promuove gli obiettivi di Israele o dell’America».

 

Il Qatar, che è stato definito un «importante alleato non NATO» degli Stati Uniti, ha condannato il «vile attacco israeliano», descrivendo il luogo interessato dall’attacco come «edifici residenziali che ospitano diversi membri dell’ufficio politico del movimento Hamas». Il Ministero degli Esteri del Paese ha negato di essere stato a conoscenza dell’attacco in precedenza, affermando di non aver ricevuto alcuna notifica né da Israele né dagli Stati Uniti.

 

Più tardi, nel corso della giornata, il ministero degli Interni del Qatar ha dichiarato che almeno un agente di sicurezza è stato ucciso e altri sono rimasti feriti mentre intervenivano sul luogo dell’attacco.

 

Il Qatar aveva avviato rapporti commerciali non ufficiali con Israele nel 1996, diventando il secondo paese della penisola arabica a farlo dopo l’Oman, in concomitanza con il trattato di pace tra Israele e Giordania. Questi rapporti commerciali sono proseguiti fino al 2009, quando il Qatar ha sospeso i legami economici con Israele a seguito dell’operazione Piombo Fuso.

 

A seguito del conflitto tra Israele e Gaza del 2008-2009, il Qatar AVEVA organizzato una riunione d’emergenza con stati arabi e Iran per affrontare la crisi. Hamas, che controllava Gaza, rappresentava i palestinesi, a differenza dell’Autorità Nazionale Palestinese guidata da Fatah in Cisgiordania, indebolendo il presidente Mahmoud Abbas. I leader di Hamas, Khaled Meshaal, il presidente siriano Bashar al-Assad e quello iraniano Ahmadinejad avevano allora chiesto agli Stati arabi di interrompere ogni rapporto con Israele.

 

Nel 2013, secondo un giornale libanese, il Qatar avrebbe agevolato un’operazione israeliana per trasferire 60 ebrei yemeniti in Israele, permettendo loro di transitare da Doha. Il 30 aprile 2013, il primo ministro qatariota, sceicco Hamad bin Jassim al-Thani, ha proposto che gli accordi di pace con i palestinesi potessero includere scambi territoriali invece di rispettare i confini del 1967, un’idea accolta positivamente dal ministro della giustizia israeliano Tzipi Livni, che l’ha definita una mossa strategica per favorire compromessi e rafforzare il sostegno pubblico alla pace.

 

Tuttavia, dopo l’Operazione Margine Protettivo (cioè il conflitto a Gaza nel 2014), Israele ha criticato il Qatar per il suo supporto diplomatico e finanziario ad Hamas, accusandolo di sponsorizzare il terrorismo. Il ministro degli esteri Avigdor Lieberman aveva chiesto l’espulsione dei giornalisti di Al Jazeera, di proprietà qatariota.

 

Nel 2015, l’ambasciatore del Qatar a Gaza ha cercato l’approvazione di Israele per importare materiali da costruzione a Gaza, dopo il rifiuto dell’Egitto di aprire il valico di Rafah, suscitando le critiche dell’Autorità Nazionale Palestinese e di Fatah, che temevano un’usurpazione del ruolo di mediatori da parte del Qatar.

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Nel giugno 2015, il Qatar aveva ospitato colloqui a Doha tra Israele e Hamas per discutere un possibile cessate il fuoco di cinque anni. Durante la crisi diplomatica del Qatar del 2017, Israele ha sostenuto il blocco guidato dall’Arabia Saudita contro il Qatar e ha espulso Al Jazeera da Israele. Durante la guerra di Gaza del 2023, il Qatar ha mediato tra Hamas e Israele, ottenendo un cessate il fuoco e uno scambio di oltre 100 ostaggi israeliani con 240 prigionieri palestinesi

 

Nell’aprile 2024, Essa Al-Nassr, generale qatariota e membro dell’Assemblea consultiva, ha dichiarato che non ci sarebbe stata pace con Israele, accusandolo di tradimenti e omicidi, definendo gli attacchi del 7 ottobre 2023 un «preludio» alla distruzione di Israele.

 

Le frizioni tra Israele e Qatar sono pienamente visibile con il continuo assassinio di giornalista di Al Jazeera negli ultimi mesi.

 

Voci in rete, prive di verifica possibile, sostengono che il vertice di Hamas sarebbe stato salvato grazie ad una soffiata proveniente dal MIT, il servizio segreto turco.

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Terrorismo

I ribelli congolesi usano minorenni

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Le autorità del Paese hanno affermato che i ribelli dell’M23 che operano nella Repubblica Democratica del Congo stanno commettendo gravi violazioni dei diritti umani, tra cui il rapimento e il reclutamento forzato di giovani anche minorenni.   Intervenendo martedì in una conferenza stampa a Kinshasa, il vice primo ministro e ministro degli Interni e della Sicurezza del Paese, Jacquemain Shabani, ha denunciato abusi quotidiani contro i civili nelle province del Nord e del Sud Kivu, nella parte orientale del Congo, colpite dal conflitto, ha riferito l’agenzia di stampa Anadolu.   «Bisogna sottolineare che continuano i rapimenti e i sequestri di giovani, per reclutarli forzatamente in movimenti armati», ha aggiunto.

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Secondo il maggiore Nestor Mavudisa, portavoce della terza zona di difesa dell’esercito congolese, i ribelli «hanno arrestato e trattenuto diversi giovani, tra cui alcuni minorenni, che a volte usano come inseguitori, ma anche come scudi umani».   Le accuse giungono poche settimane dopo la firma, a Doha, di una dichiarazione tra rappresentanti del governo e ribelli, che delinea una tempistica per la pace. Le parti hanno concordato di avviare i negoziati l’8 agosto e di finalizzare un accordo di pace entro il 18 agosto.   Tuttavia, la scadenza è trascorsa senza che si registrassero progressi, con entrambe le parti che si accusavano a vicenda di violazioni. Il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majed al-Ansari, ha dichiarato la scorsa settimana che funzionari congolesi e rappresentanti del gruppo armato avevano ripreso i negoziati a Doha.   Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni una coalizione di gruppi armati nella Repubblica Democratica del Congo (RDCongo) ha accusato il governo di aver violato gli accordi volti a porre fine al brutale conflitto.   A giugno, la Repubblica Democratica del Congo ha firmato un accordo mediato dagli Stati Uniti con il Ruanda, che Kinshasa accusa di aver armato i ribelli, un’accusa negata da Kigali. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che il patto, che include le richieste di un meccanismo di sicurezza congiunto, conferisce a Washington diritti sulle risorse minerarie locali.   Attori regionali e internazionali hanno spinto per un cessate il fuoco nella Repubblica Democratica del Congo da quando i ribelli dell’M23 hanno intensificato la loro offensiva all’inizio di quest’anno nell’est del Paese, ricco di risorse minerarie. I militanti hanno conquistato importanti centri minerari, tra cui Goma e Bukavu, uccidendo migliaia di persone.   Come riportato da Renovatio 21, negli ultimi mesi si sono verificati scontri armati nell’Est del Paese, guidati dai militanti del gruppo M23, uno delle decine di gruppi ribelli che combattono il governo per il controllo dei territori e delle risorse minerarie, secondo molti sostenuto dal Ruanda. Dall’inizio di quest’anno, almeno 8.500 persone, tra cui bambini e peacekeeper, sono state uccise nell’escalation dei combattimenti tra i ribelli e le forze congolesi.   Nella turbolenza terroristica, allarmi erano stati lanciati riguardo ad epidemie di malattie misteriose che avevano ucciso diecine di congolesi.

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Come riportato da Renovatio 21, il CICR aveva lanciato un allarme secondo cui gli scontri in corso nella città di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo orientale, potrebbero causare la fuga di campioni di Ebola e di altri agenti patogeni da un laboratorio.   Quattro mesi fa il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) affermava di star facilitando l’evacuazione di diverse centinaia di soldati e poliziotti disarmati della RDCongo dal territorio controllato da M23.   Come riportato da Renovatio 21, oltre 40 cristiani sono stati massacrati in un attacco terroristico contro una chiesa in Congo lo scorso mese perpetrato dalle Forze Democratiche Alleate (ADF) affiliate all’ISIS. I vescovi congolesi hanno condannato l’assenza di risposta alla strage.

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