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Tentato golpe in Guinea-Bissau: l’Africa verso il narco-stato

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Un tentativo di colpo di Stato ha scosso la Guinea-Bissau, ex colonia portoghese dell’Africa Occidentale.

 

Il presidente Umaro Sissoco Embaló è stato oggetto di un tentativo di assassinio. Egli avrebbe affrontato uno scontro a fuoco  nel suo palazzo presidenziale nello stile del finale di Scarface. In una trasmissione TV all’indomani del tentato assassinio, il presidente ha dichiarato che 7 uomini della sua sicurezza sono morti durante l’attacco.

 

«Il tentativo di uccidere il presidente, il primo ministro e tutto il gabinetto» è stato perpetrato da «una forza isolata… legata alle persone che abbiamo combattuto», ha detto Embaló dopo la fine dell’attacco. Il «fallito attacco contro la democrazia… era ben preparato e organizzato e potrebbe essere in relazione con persone coinvolte nel traffico di droga».

 

Come in Scarface, in effetti, la droga centra.

 

A differenza di Tony Montana, Embaló le autorità internazionali sono sempre più preoccupate che il suo governo possa cadere e il Paese potrebbe quindi sostanzialmente cadere nelle mani dei cartelli del narcotraffico, che potrebbero finire per avere il controllo del Paese, trasformandolo nel primo narco-Stato conclamato del Continente nero.

 

Alcuni osservatori sostengono che nella regione i disordini riflettono il malcontento popolare per la capacità del governo di arginare la crescente violenza jihadista. Tuttavia è noto che la situazione in Guinea-Bissau è legata all’influenza corruttrice dei narcotrafficanti, che hanno abbastanza finanziati e armati per rappresentare un ostacolo per l’avanzata della Jihad.

 

Embaló, che ha vinto la presidenza in un’elezione molto controversa del 2019, si era fatto un nome come magistrato contro i trafficanti di droga, la cui influenza è diventata profondamente radicata nell’economia militare e privata del Paese africano.

 

Un articolo del Financial Times scrive che i cartelli della droga sudamericani si sono stabiliti per la prima volta in Guinea-Bissau all’inizio degli anni 2000, sfruttando la sua geografia e il debole governo per creare una nuova stazione di transito affidabile per far viaggiare la cocaina dalla Bolivia o dal Perù all’Europa.

 

Il presidente non sarebbe mai stato coinvolto nel narcotraffico, tuttavia altre figure non distanti da lui sì.

 

«I trafficanti avevano  spostato la loro attenzione sui Paesi vicini, ma la Guinea-Bissau è di nuovo al centro del commercio, secondo gli esperti. Antonio Indjai, l’ex generale che il governo degli Stati Uniti l’anno scorso ha definito “una delle figure destabilizzanti più potenti della Guinea-Bissau” quando ha offerto una ricompensa di 5 milioni di dollari per le informazioni che hanno portato al suo arresto, vive liberamente a Bissau».

 

«Indjai, che secondo un’accusa statunitense del 2013 ha aiutato a orchestrare un accordo di cocaina-armi con i gruppi ribelli colombiani delle FARC, ora si occupa della sua fattoria di anacardi. È stato fotografato con Embaló al palazzo presidenziale nel 2020. Embaló ha escluso l’estradizione e l’anno scorso, durante un viaggio negli Stati Uniti, avrebbe incoraggiato le autorità ad abbandonare il caso di Indjai».

 

Alcuni quindi si sono posti la domanda se si sia trattato davvero di un golpe, o di un (mortale) false flag. Embaló avrebbe in realtà qualche problema con i militari – mentre invece il narcotraffico, da quando è in carica, sarebbe aumentato.

 

«Incolpare l’attacco ai trafficanti è una mossa politicamente esperta, ha detto al Financial Times Luis Vaz Martins, un importante avvocato e attivista per i diritti umani “Ma questo non ha nulla a che fare con il traffico di droga”, ha detto. “Il sentimento generale qui è che si tratti di un falso colpo di stato”. L’oscurità che circonda l’attacco – e le domande su come il presidente sia sopravvissuto a uno scontro a fuoco di cinque ore in un Paese in cui i colpi di stato sono normalmente sanguinosi e rapidi – potrebbero in parte riflettere le tensioni con il primo ministro Nuno Gomes Nabiam, che è vicino ai militari».

 

«Il rapporto tra il presidente e i suoi alleati è teso, e per questo potrebbe non sentirsi al sicuro se è protetto dai suoi alleati, quindi sta cercando di portare le forze [del blocco regionale dell’Africa occidentale Ecowas] per avere la protezione di cui ha bisogno (…) Per cercare di prevenire ciò che è successo in luoghi come il Mali, Conakry e il Burkina» dice l’attivista al FT.

 

Come nota Zerohedge, «che Embaló rimanga o vada, una cosa sembra certa: la Guinea-Bissau rimarrà un importante hub per il traffico di droga, soprattutto perché la domanda continua a crescere non solo in Europa, ma in un’Africa sempre più ricca».

 

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Olimpionico dello snowboardo accusato di essere un narcotrafficante che ha complottato un omicidio: «un nuovo Pablo Escobar»

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Un ex snowboardista olimpico canadese, accusato dalle autorità di guidare una delle organizzazioni di narcotraffico più sanguinarie e potenti al mondo, è ora imputato per l’omicidio di un testimone federale chiave nel processo a suo carico.

 

Ryan James Wedding avrebbe «messo una taglia» sulla vittima, convito che la sua eliminazione avrebbe fatto cadere le accuse penali contro di lui e la sua rete globale di spaccio. Per rintracciarlo, avrebbe sfruttato un sito web canadese per diffondere foto del testimone e di sua moglie, come rivelato dalle autorità in una conferenza stampa di mercoledì.

 

Il testimone è stato assassinato a colpi di pistola in un ristorante, prima di poter deporre contro Wedding. L’atto d’accusa svelato mercoledì lo accusa di omicidio, manipolazione e intimidazione di testimoni, riciclaggio di denaro e traffico di stupefacenti. Coinvolge anche altri individui, tra cui un avvocato canadese sospettato di complicità nell’omicidio.

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Il dipartimento di Stato USA ha innalzato a 15 milioni di dollari la taglia per informazioni che portino all’arresto o alla condanna di Wedding, tra i dieci latitanti più ricercati dall’FBI.

 

«Un boss della droga non può eludere la giustizia», ha tuonato il direttore dell’FBI Kash Patel in conferenza stampa. «Ryan Wedding è il Pablo Escobar dei tempi moderni, un El Chapo 2.0: non gli sfuggiremo». Akil Davis, vicedirettore dell’ufficio FBI di Los Angeles, ha aggiunto che Wedding sarebbe protetto dal cartello e da complici in Messico: «Potrebbe tingersi i capelli, alterare il suo aspetto o fare di tutto per non essere catturato».

 

Il procuratore generale Pam Bondi ha descritto l’organizzazione di Wedding come responsabile dell’importazione di circa 60 tonnellate di cocaina annue a Los Angeles via camion dal Messico, definendola «la più prolifica e violenta rete di narcotraffico globale» e il «principale spacciatore di cocaina in Canada».

 

Dalle indagini sono emerse oltre 35 incriminazioni, il sequestro di armi multiple, 3,2 milioni di dollari in criptovalute e 13 milioni in beni materiali. L’FBI sottolinea che il gruppo ricorreva sistematicamente alla violenza, inclusi vari omicidi orchestrati.

 

Wedding, che ha gareggiato per il Canada alle Olimpiadi invernali di Salt Lake City nel 2002, era già stato accusato a settembre 2024 di tentato omicidio e altri reati in un atto sostitutivo.

 

Lo Wedding ha esordito con una vittoria nella sua prima gara di snowboardo e, a soli 15 anni, fu selezionato per la nazionale canadese di freestyle. Nel 1999 conquistò il bronzo nello slalom gigante parallelo ai Mondiali juniores, seguito dall’argento nel 2001. Alle Olimpiadi invernali di Salt Lake City 2002 ha rappresentato il Canada nella stessa specialità maschile, chiudendo al 24° posto; è stata l’ultima sua competizione agonistica, dopo la quale ha abbandonato lo sport.

 

Rientrato a Vancouver, Wedding si era iscritto alla Simon Fraser University, dove si è appassionato al bodybuilding e ha lavorato come buttafuori. Dopo due anni di studi, li ha interrotti per dedicarsi alla speculazione immobiliare, finanziata da una coltivazione indoor di marijuana: in un magazzino suburbano noto come Eighteen Carrot Farms gestiva circa 6.800 piante. Nel 2006 la polizia montata canadese ha fatto irruzione, sequestrando un fucile da caccia, munizioni e cannabis per 10 milioni di dollari, ma lo Wedding non era presente e mancavano prove per incriminarlo.

 

Negli anni successivi avrebbe ampliato le attività criminali associandosi a trafficanti iraniani e russi di cocaina. Nel 2010 è stato condannato a quattro anni di carcere per un tentativo di acquisto di cocaina da un agente undercover USA nel 2008.

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Il 17 ottobre 2024 il Dipartimento di Giustizia statunitense lo ha accusato di aver guidato un’organizzazione transnazionale dedita al traffico di cocaina e all’omicidio, inclusi civili innocenti. Tra i capi d’imputazione: narcotraffico, associazione a delinquere, tre omicidi e un tentato omicidio. Latitante, era uno dei 16 imputati nell’operazione Giant Slalom, frutto di un’indagine federale congiunta. Gli omicidi che sono stati a lui attribuiti sono quelli della coppia Jagtar Sidhu (57 anni) e Harbhajan Sidhu (55 anni) nel novembre 2023, e di Mohammed Zafar (39 anni) nel maggio 2024. Si presume che li abbia ordinati con un ulteriore personaggio, accusato anche dell’uccisione di Randy Fader (29 anni) nell’aprile 2024, scrive il National Post.

 

Secondo le autorità, dopo il rilascio è fuggito in Messico diventando un alto esponente del Cartello di Sinaloa – il più potente del Paese – con i soprannomi «El Jefe», «Gigante» (è alto 191 cm) o «Nemico pubblico». Il suo presunto vice fu arrestato in Messico nell’ottobre 2024.

 

Il 6 marzo 2025 l’FBI lo ha inserito nella lista dei 10 latitanti più ricercati, sostituendo Alexis Flores, offrendo inizialmente fino a 10 milioni di dollari di taglia; a novembre 2025 la ricompensa è salita a 15 milioni dopo nuove accuse di intimidazione a testimoni, omicidio e riciclaggio di denaro.

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Panama sequestra 13 tonnellate di cocaina destinate agli Stati Uniti

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Il procuratore antidroga di Panama, Julio Villareal, ha definito l’operazione «una delle più grandi mai realizzate nelle nostre acque»: martedì sono state sequestrate 13 tonnellate di cocaina – pari a 11.562 panetti – su un traghetto intercettato a sud-ovest dell’isola di San José. A bordo sono stati arrestati dieci uomini di nazionalità venezuelana, ecuadoriana e nicaraguense; la nave era partita dalla Colombia e diretta verso gli Stati Uniti.   La procura ha pubblicato sui social le foto della droga recuperata, precisando che l’intervento è stato condotto in collaborazione con l’Aeronaval Panama.   Panama, snodo chiave del traffico di cocaina dal Sud America al Nord America (il principale mercato mondiale), nel 2023 aveva già confiscato complessivamente 119 tonnellate di stupefacenti.

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Non si tratta di un caso isolato: solo il mese scorso la Spagna ha sequestrato 6,5 tonnellate di cocaina e arrestato nove persone su una nave al largo delle Canarie, grazie a una segnalazione USA.   Sempre a novembre, la marina pakistana ha intercettato nel Mar Arabico stupefacenti per oltre 972 milioni di dollari, mentre a settembre la marina francese ha confiscato quasi 10 tonnellate di cocaina (valore superiore a 600 milioni di dollari) al largo dell’Africa occidentale.   Nel frattempo, la Guardia costiera statunitense ha annunciato di aver intercettato nell’attuale anno fiscale oltre mezzo milione di libbre di cocaina in alto mare: il quantitativo record nella storia dell’agenzia.

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Immagine del 2014 di pubblico domino CC0 via Wikimedia
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Nuovo studio capovolge tutto ciò che sappiamo sulla dipendenza

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A partire dagli anni Settanta, molti esperti con la compiacenza del governo degli Stati Uniti, hanno «millantato» una spiegazione della tossicodipendenza, oggi clinicamente definita disturbo da abuso di sostanze: il mito della «droga di passaggio».

 

La droga di passaggio (gateway drug effect)  – solitamente definita come erba, alcol, tabacco o inalanti – è la teoria secondo cui l’uso di alcune sostanze illecite e non, predisponga al futuro consumo di altre sostanze stupefacenti. Ciò si ritiene sia dovuto a fattori biologici (alterazioni causate dalle sostanze a livello del sistema nervoso), psicologici (vulnerabilità individuali) e sociali (contatto con ambienti illeciti).

 

Sebbene l’idea sia stata avanzata già negli anni Trenta, si ritiene che il termine sia stato coniato dallo psichiatra Robert DuPont, il primo direttore del National Institute on Drug Abuse (NIDA) degli Stati Uniti.

 

Seguendo questa teoria, le politiche del DuPont come direttore del NIDA furono rigide e autoritarie. Pur credendo che la dipendenza fosse una malattia cronica, paradossalmente sconsigliò a Richard Nixon, Gerald Ford e Jimmy Carter strategie di riduzione del danno come la depenalizzazione.

 

Le sue raccomandazioni politiche e le sue opinioni cliniche formarono il sottofondo ideologico della devastante guerra alla droga dell’amministrazione Nixon. Ora i ricercatori stanno smantellando questa teoria che ha resistito in maniera inscalfibile fino ad oggi, scrive Futurism.

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In uno studio recente pubblicato sulla rivista JAMA Network Open e segnalato da Scientific American, un gruppo di psichiatri e farmacologi ha studiato la struttura cerebrale di circa 10.000 adolescenti per un periodo di tre anni.

 

Ciò che hanno scoperto è sorprendente: sebbene il cervello di coloro che avevano fatto uso di alcol, tabacco o erba mostrasse notevoli differenze rispetto a quelli che non lo avevano fatto, hanno trovato una questione cruciale di causalità.

 

Nello specifico, gli adolescenti di età inferiore ai 15 anni che hanno iniziato a fare uso di droghe in seguito avevano già un cervello più grande rispetto a quelli che non ne avevano fatto uso, anche se non avevano ancora abusato di tale sostanze all’inizio dello studio. I loro profili cerebrali erano simili a quelli di coloro che avevano già sperimentato sostanze prima dell’inizio dei test, con entrambi che tendevano ad avere una corteccia più grande e con più pieghe.

 

Tali caratteristiche cerebrali sono solitamente associate alla curiosità, all’intelligenza e all’«apertura all’esperienza», che ricerche precedenti hanno collegato alla sperimentazione di droghe.

 

«La spinta all’automedicazione è così forte; è davvero impressionante», ha detto alla testata scientifica americana Patricia Conrod, la professoressa di psichiatria all’Università di Montreal che ha condotto ricerche simili. «C’è davvero questo disagio nel loro mondo interiore».

 

È un duro colpo per la teoria della gateway drug, che non tiene conto degli anni di esperienza di vita o dei fattori socioeconomici che contribuiscono alla probabilità che un adolescente provi la droga o che poi diventi dipendente.

 

Sebbene sia vero che chi inizia a fare uso di droghe in giovane età ha maggiori probabilità di diventarne dipendente, ricerche più ampie hanno dimostrato che la teoria della porta d’accesso serve a semplificare le complesse cause del consumo di droghe, spesso per ragioni politiche.

 

«Mantenere vivo questo mito non solo spreca risorse, ma danneggia anche numerosi individui, soprattutto membri di gruppi minoritari, che vengono criminalizzati», ha affermato l’epidemiologa Eve Waltermaurer.

 

È fondamentale che lo studio prenda in considerazione solo l’uso precoce di droghe, e non la dipendenza a lungo termine. Resta da vedere se le stesse caratteristiche del cervello di grandi dimensioni si applichino a coloro che sviluppano una dipendenza a lungo termine. Tuttavia, studi come questo vengono già utilizzati per elaborare efficaci programmi di prevenzione della droga.

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