Geopolitica
Tensione nel Balcani alle stelle: la polizia kosovara albanese occupa una diga, strappa la bandiera serba, minaccia con le armi
La polizia kosovara albanese pesantemente armata e dotata di veicoli blindati ha preso d’assalto domenica una diga sul lago Gazivode, nel nord del Kosovo, abbattendo e strappando una bandiera serba e prendendo a calci una guardia di sicurezza e un lavoratore che misurava il livello dell’acqua fuori dai locali sotto la minaccia delle armi. Lo riporta il sito governativo russo Sputnik.
La diga, costruita nel 1979, è il più grande serbatoio di acqua dolce della regione e genera fino a 35 MW di elettricità attraverso le due turbine idroelettriche della centrale situata alla sua base.
Sempre domenica, i residenti della vicina città di Zubin Potok si sono radunati davanti al villaggio municipale locale per protestare contro la dimostrazione di forza da parte della polizia albanese kosovara e il maltrattamento della popolazione locale.
Il dispiegamento della polizia albanese kosovara avviene in un contesto di deterioramento della situazione della sicurezza in Kosovo negli ultimi giorni, innescato dall’arresto di un ufficiale di polizia di etnia serba con l’accusa di «terrorismo» dopo che lui e molti dei suoi colleghi hanno lasciato le forze di polizia del Kosovo per protestare contro le leggi discriminatorie emanate da Pristina.
L’arresto ha spinto i serbi locali a erigere barricate nelle zone settentrionali della regione per impedire che l’ufficiale fosse portato a Pristina.
???????????????? Le sirene suonano nel nord dell'auto proclamata Repubblica non riconosciuta del #Kosovo
Il quotidiano "Vechernye Novosti" ha riferito che i serbi stanno costruendo barricate
I #serbi nel nord del Kosovo e Metohija hanno iniziato a costruire barricate dopo l'arresto pic.twitter.com/3kqLpsEHcT— maelmale (@maelmale) December 11, 2022
Oltre 350 membri delle forze speciali di polizia pesantemente armate del governo di Pristina sono stati dispiegati questa settimana nel nord del Kosovo in risposta alle proteste, occupando la città di Kosovska Mitrovica e spingendo Belgrado a prendere in considerazione il ritorno di un contingente di 1.000 uomini della sicurezza alla regione per garantire l’ordine e difendersi dai pogrom anti-serbi.
I serbi considerano il dispiegamento delle unità di polizia kosovare albanesi una violazione dell’Accordo di Bruxelles del 2013, che delineava i diritti dei serbi che vivono in Kosovo.
L’Unione Europea e la NATO si sono già schierate dalla parte di Pristina nel conflitto, con il capo degli affari esteri dell’UE Josep Borrell che ha chiesto ai serbi kosovari di abbattere immediatamente le loro barricate e l’alleanza occidentale che ha minacciato di intervenire utilizzando i peacekeeper della Forza del Kosovo a guida NATO – la nota KFOR – se la situazione sfugge di mano.
Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha convocato un consiglio di sicurezza nazionale per domenica sera per discutere la situazione in Kosovo tra le minacce del primo ministro separatista Albin Kurti di attaccare i serbi che presidiano le barricate usando «tutti i mezzi disponibili».
Il ministro degli Interni del Kosovo Shelal Svecla ha avvertito domenica scorsa che la polizia aveva le capacità necessarie per «intraprendere azioni appropriate» «al momento opportuno se le barricate non vengono rimosse».
Sempre domenica, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha accusato l’Unione Europea di «plasmare» lo scenario di crisi in atto in Kosovo «da anni».
Questa settimana, l’ambasciatore russo in Serbia Alexander Botsan-Kharchenko ha accusato Pristina di «aumentare metodicamente la sua presenza di polizia nel nord del Kosovo», creando una situazione «pericolosa» in cui la popolazione serba locale è intimidita ed espulsa dalla regione.
Negli scorsi minuti, in rete è affiorato un video non verificato che mostrerebbe forze militari serbe dirigere verso il confine con il Kosovo.
Unconfirmed reports of the deployment of special forces units of the Serbian Army to the border with Kosovo. #Kosovo #Serbia #BreakingNews #worldnews
pic.twitter.com/U5XxAODVZ8— NEWS ALL TIME (@NEWS_ALL_TIME) December 11, 2022
Come scrive Sputnik, il Kosovo ha un’importanza speciale per i serbi, con la battaglia del Kosovo del 1389 tra il principe serbo Lazar e un esercito ottomano invasore che ha svolto un ruolo importante nella formazione dell’identità nazionale della Serbia.
La crisi moderna in Kosovo è iniziata alla fine degli anni ’90, dopo che i militanti albanesi che si autodefinivano «Esercito di liberazione del Kosovo» hanno iniziato una campagna di guerriglia contro la polizia e le truppe serbe.
La NATO è intervenuta nella primavera del 1999, bombardando lo stato di Jugoslavia per 78 giorni consecutivi e dispiegando truppe nella regione dopo il ritiro delle forze serbe. Secondo il ministro degli Esteri russo Lavrov, la sequela di «incidente inscenati» per colpevolizzare la Serbia di Milosevic sono il copione che stiamo attualmente vedendo nella propaganda propalata dal regime di Kiev e dai suoi pupari occidentali.
Orrori e aberrazioni commesse dalla classe dirigente albanese-kosovara, come il traffico degli organi, fu prontamente spazzata sotto il tappeto, come avviene oggi con i crimini dei reggimenti neonazisti o con i biolaboratori made in USA presenti in Ucraina.
Nel 2008, con il sostegno occidentale, il Kosovo ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza. Sei mesi fa il cancelliere tedesco Scholz ha intimato al presidente serbo Vucic di riconoscere il Kosovo o di dimenticare l’adesione della Serbia alla UE.
Come riportato da Renovatio 21, da settimana la situazione in Kosovo sta precipitando, a fronte di continue provocazioni del governo albanese di Pristina, che aveva per esempio imposto una politica sulle targhe che aveva irritato la popolazione serba.
Il Kosovo, come l’Ucraina, è storicamente definibile come una creazione dell’establishment profondo americano che si esprimeva tramite la presidenza Clinton. Una nuova guerra in Kosovo significherebbe l’ennesimo rischio di distruzione dell’Europa per difendere il mondo plasmato dai Clinton e dal loro sistema.
Prima del suo discorso alla plenaria dell’ONU, il presidente serbo Vucic ha parlato di un imminente «grande conflitto mondiale» che starebbe per scoppiare.
C’è la possibilità che la miccia, oggi come più di cento anni fa, sia accesa ancora una volta nei Balcani.
Immagine screenshot da Twitter
Geopolitica
Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino
La Russia porterà a compimento tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale in Ucraina, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin.
Tra gli scopi principali enunciati da Putin nel 2022 vi sono la protezione degli abitanti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk dall’aggressione delle forze di Kiev, nonché la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina.
«Naturalmente porteremo a termine questa operazione fino alla sua logica conclusione, fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale», ha affermato Putin in videocollegamento durante la riunione del Consiglio presidenziale per i diritti umani di martedì.
Il presidente russo quindi ricordato che il conflitto è scoppiato quando l’esercito ucraino è stato inviato nel Donbass, regione storicamente russa che nel 2014 aveva respinto il colpo di Stato di Maidan sostenuto dall’Occidente. Questo, secondo il presidente, ha reso inevitabile l’intervento delle forze armate russe per porre fine alle ostilità.
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«Si tratta delle persone. Persone che non hanno accettato il colpo di Stato in Ucraina nel 2014 e contro le quali è stata scatenata una guerra: con artiglieria, armi pesanti, carri armati e aviazione. È lì che è iniziata la guerra. Noi stiamo cercando di mettervi fine e siamo costretti a farlo con le armi in pugno».
Putin ha ribadito che per otto anni la Russia ha cercato di risolvere la crisi per via diplomatica e «ha firmato gli accordi di Minsk nella speranza di una soluzione pacifica». Tuttavia, ha aggiunto la settimana scorsa in un’intervista a India Today, «i leader occidentali hanno poi ammesso apertamente di non aver mai avuto intenzione di rispettarli», avendoli sottoscritti unicamente per guadagnare tempo e permettere all’Ucraina di riarmarsi.
Mosca ha accolto positivamente il nuovo slancio diplomatico impresso dal presidente statunitense Donald Trump, che ha proposto il suo piano di pace in 28 punti come base per un’intesa.
Lunedì Trump ha pubblicamente invitato Volodymyr Zelens’kyj ad accettare le proposte di pace, lasciando intendere che il leader ucraino non abbia nemmeno preso in esame l’ultima offerta americana.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina
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Geopolitica
Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025
I leader europei e i media dell’establishment sono in preda al panico dopo la diffusione, sul portale ufficiale della Casa Bianca, della «Strategia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America 2025» (NSS).
A terrorizzare Bruxelles e dintorni è l’impegno esplicito del governo USA a privilegiare «Coltivare la resistenza all’attuale traiettoria dell’Europa all’interno delle nazioni europee», descritta in termini aspri ma realistici. Il report si scaglia in particolare contro l’approccio dell’UE alla Russia.
L’NSS ammonisce che il Vecchio Continente rischia la «cancellazione della civiltà» se non invertirà la rotta imposta dall’Unione Europea e da altre entità sovranazionali. La «mancanza di fiducia in se stessa» del Continente emerge con evidenza nelle interazioni con Mosca. Gli alleati europei detengono un netto primato in termini di hard power rispetto alla Russia in quasi tutti i campi, salvo l’arsenale nucleare.
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Dopo l’invasione russa in Ucraina, i rapporti europei con Mosca sono drasticamente deteriorati e numerosi europei vedono nella Federazione Russa una minaccia esistenziale. Gestire le relazioni transatlantiche con la Russia esigerà un impegno diplomatico massiccio da Washington, sia per reinstaurare un equilibrio strategico in Eurasia sia per scongiurare frizioni tra Mosca e gli Stati europei.
«È un interesse fondamentale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina, al fine di stabilizzare le economie europee, prevenire un’escalation o un’espansione indesiderata della guerra e ristabilire la stabilità strategica con la Russia, nonché per consentire la ricostruzione post-ostilità dell’Ucraina, consentendole di sopravvivere come Stato vitale».
Il conflitto ucraino ha paradossalmente accresciuto la vulnerabilità esterna dell’Europa, specie della Germania. Oggi, le multinazionali chimiche tedesche stanno erigendo in Cina alcuni dei più imponenti complessi di raffinazione globale, sfruttando gas russo che non possono più procurarsi sul suolo patrio.
L’esecutivo Trump si scontra con i burocrati europei che coltivano illusioni irrealistiche sul prosieguo della guerra, appollaiati su coalizioni parlamentari fragili, molte delle quali calpestano i pilastri della democrazia per imbavagliare i dissidenti. Una vasta maggioranza di europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle scelte politiche, in gran parte ostacolate dal sabotaggio dei meccanismi democratici perpetrato da quegli stessi governi. Per quanto allarmati siano i continentali, l’establishment britannico lo è ancor di più.
Ruth Deyermond, docente al dipartimento di Studi della Guerra del King’s College London e specialista in dinamiche USA-Russia, ha commentato su X che il testo segna «l’enorme cambiamento nella politica statunitense nei confronti della Russia, visibile nella nuova Strategia per la Sicurezza Nazionale – il più grande cambiamento dal crollo dell’URSS». Mosca appare citata appena dieci volte nel corposo documento, nota Deyermond, e prevalentemente per evidenziare le fragilità europee.
In un passaggio esemplare, il report afferma che «questa mancanza di fiducia in se stessa è più evidente nelle relazioni dell’Europa con la Russia». «L’assenza della Russia dalla Strategia di Sicurezza Nazionale 2025 appare davvero strana, sia perché la Russia è ovviamente uno degli stati che hanno l’impatto più significativo sulla stabilità globale al momento, sia perché l’amministrazione è così chiaramente interessata alla Russia (…) Non è solo la mancanza di riferimenti alla Russia a essere sorprendente, è il fatto che la Russia non venga mai menzionata come avversario o minaccia» scrive l’accademica.«La mancanza di discussione sulla Russia, nonostante la sua importanza per la sicurezza e l’ordine internazionale e la sua… importanza per l’amministrazione Trump, fa sembrare che stiano semplicemente aspettando di poter parlare in modo più positivo delle relazioni in futuro».
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La parte dedicata al dossier ucraino – che allude al fatto che «l’amministrazione Trump si trova in contrasto con i politici europei che nutrono aspettative irrealistiche per la guerra» – pare quasi redatta dal Cremlino. L’incipit della Deyermond è lapidario: «Se qualcuno in Europa si aggrappa ancora all’idea che l’amministrazione Trump non sia inamovibile filo-russa e ostile alle istituzioni e ai valori occidentali, dovrebbe leggere la Strategia per la Sicurezza Nazionale del 2025 e ripensarci».
Il NSS dedica scarsa attenzione alla NATO, se non per insistere sulla cessazione della sua espansione indefinita, ma stando ad un articolo Reuters del 5 dicembre, Washington intende che l’Europa rilevi entro il 2027 la gran parte delle competenze di difesa convenzionale dell’Alleanza, dall’intelligence ai missili. Questa scadenza «irrealistica» è stata illustrata questa settimana a diplomatici europei a Washington dal team del Pentagono incaricato della politica atlantica, secondo cinque fonti «a conoscenza della discussione».
Nel corso dell’incontro, i vertici del Dipartimento della Difesa avrebbero espresso insoddisfazione per i passi avanti europei nel potenziare le proprie dotazioni difensive dopo l’«invasione estesa» russa in Ucraina del 2022. Gli esponenti USA hanno avvisato i loro omologhi che, in caso di mancato rispetto del termine del 2027, gli Stati Uniti potrebbero sospendere la propria adesione a certi meccanismi di coordinamento difensivo NATO, hanno riferito le fonti. Le capacità convenzionali comprendono asset non nucleari, da truppe ad armamenti, e i funzionari non hanno chiarito come misurare i progressi europei nell’assunzione della quota preponderante del carico, precisa Reuters.
Non è dato sapere se il limite temporale del 2027 rifletta la linea ufficiale dell’amministrazione Trump o meri orientamenti di singoli addetti del Pentagono. Diversi rappresentanti europei hanno replicato che un tale orizzonte non è fattibile, a prescindere dai criteri di valutazione di Washington, dal momento che il Vecchio Continente necessita di risorse finanziarie aggiuntive e di una volontà politica più marcata per rimpiazzare alcune dotazioni americane nel breve periodo.
Tra le difficoltà, i partner NATO affrontano slittamenti nella fabbricazione degli equipaggiamenti che intendono acquisire. Sebbene i funzionari USA abbiano sollecitato l’Europa a procacciarsi più hardware di produzione statunitense, taluni dei sistemi difensivi e armi made in USA più cruciali imporrebbero anni per la consegna, anche se commissionati oggi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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