Alimentazione
Tagli all’agrochimica, proteste degli agricoltori: il caos alimentare globale continua
Nell’ultima settimana, ci sono stati annunci di forti tagli ai prodotti chimici per l’agricoltura da parte delle più grandi aziende del mondo, e anche più proteste degli agricoltori in Europa.
Il 26 luglio nei Paesi Bassi, gli agricoltori hanno bloccato le strade principali scaricando letame sul marciapiede e dando fuoco a balle di fieno. Il traffico è stato interrotto per ore e la pulizia in alcuni luoghi ha richiesto due giorni.
Dutch farmers are not joking. Blocks in progress with sand, waste, hay bales and manure on highways A1 in Bathmen, A12 in Bunnik, A30 in Ede, A35 in Hengelo and A50 in Apeldoorn. Actions in progress other areas of the Netherlands. Many farmers are heading to Den Haag. pic.twitter.com/l2LStawdq5
— RadioGenova (@RadioGenova) July 27, 2022
Dutch farmers’ protest continue day and night unabated. Tonight on the A50 motorway in Apeldoorn. Dutch farmers are not joking. pic.twitter.com/A6zCGYLsJe
— RadioGenova (@RadioGenova) July 27, 2022
Il loro obiettivo di protesta è il nuovo pacchetto approvato dal parlamento olandese a giugno, che chiede riduzioni di raccolti, bestiame e altre misure in nome della riduzione dei composti di azoto e carbonio nelle emissioni e nel deflusso.
I nuovi editti dell’Aia fissano le scadenze per il 2023 ed entro il 2030 ci sarà una riduzione del 30% del bestiame.
LA tedesca BASF, la più grande azienda chimica del mondo, ha annunciato il 26 luglio che ridurrà significativamente la produzione di prodotti a base di gas naturale come materia prima. Ciò include l’ammoniaca, che è importante per i fertilizzanti, nonché per la plastica e altri beni, in particolare il diesel detto DEF, un altro prodotto necessario alle Nazioni (il trasporto merci avviene per lo più con questo tipo di combustibile) colpito in modo totale dalle sanzioni antirusse.
Secondo l’analista William F. Engdahl, le sanzioni NATO provocheranno a breve un disastro mondiale del diesel dalle conseguenze drammatiche.
I funzionari di BASF hanno altresì avvertito specificamente che i prezzi dei fertilizzanti aumenteranno. Come riportato da Renovatio 21, la BASF aveva annunciato poche settimane fa che senza una fornitura sufficiente di gas naturale, i centri di produzione potrebbero essere costretti a rimanere inattivi o chiudere completamente e potrebbero anche subire danni tecnici.
Yara International, l’enorme azienda globale di prodotti chimici e fertilizzanti con sede in Norvegia, ha annunciato la scorsa settimana che la sua produzione in Europa è inferiore del 27% alla capacità a causa dell’aumento dei prezzi del gas.
Come riporta da Renovatio 21 già lo scorso anno, quello alle forniture globali di fertilizzanti sembra un attacco premeditato mesi e mesi prima della guerra ucraina.
La mancanza di fertilizzanti non può che portare al crollo della produzione agricola globale – quindi ad una crisi alimentare che sfocerà per molti Paesi in una vera e propria «carestia di massa»: è il ritorno della fame, anche per i Paesi sviluppati. Con contorno di conseguenze devastanti, come l’immigrazione massiva ipotizzata da Putin.
La Russia a marzo ha sospeso le esportazioni di fertilizzanti; come conseguenza molte nazioni sospendono le esportazioni alimentari, tra cui l’Ungheria, che riforniva all’Italia il 23% del grano duro.
La più grande cooperativa agricola USA ha avvertito che le sanzioni a Mosca causeranno pericolose mancanze di fertilizzanti.
Proteste per i fertilizzanti si sono viste a inizio anno in Perù.
In Canada vi è stato lo strano caso del deragliamento di un treno pieno di fertilizzanti.
Il bizzarro disastro ferroviario va ad aggiungersi alla stramba sequela di incendi e incidenti che stanno coinvolgendo le industrie di produzione alimentare americana.
Alimentazione
Un leader agricolo messicano assassinato in seguito allo sciopero nazionale
Bernardo Bravo Manríquez, presidente della principale associazione di agrumicoltori di Michoacán e membro del Fronte Nazionale per il Salvataggio della Campagna Messicana (FNRCM), il gruppo agricolo più attivo del Messico, è stato assassinato la mattina del 20 ottobre.
Bravo, alla guida degli Agrumicoltori della Valle di Apatzingán, aveva partecipato allo sciopero nazionale degli agricoltori del 14 ottobre, organizzato con successo dal FNRCM per sollecitare il governo a introdurre politiche a sostegno dell’agricoltura nazionale, minacciata da speculatori finanziari internazionali e dai loro cartelli.
Gli agrumicoltori avevano guadagnato l’attenzione nazionale gettando in strada circa due tonnellate di lime di alta qualità durante lo sciopero, permettendo alla gente di raccoglierli, per evidenziare che il prezzo pagato ai produttori per ogni chilo di lime è nettamente inferiore al costo di produzione.
Secondo Aristegui News, l’associazione di Bravo ha spiegato la partecipazione allo sciopero con la richiesta di istituire una banca per lo sviluppo agricolo con crediti agevolati e tassi bassi, per rilanciare le campagne. I coltivatori di lime hanno anche proposto concessioni idriche, protezione della filiera produttiva e prezzi equi.
Gli agricoltori hanno chiarito ai legislatori di non volere sussidi, ma misure per affrontare «le cause strutturali» della crisi che colpisce il settore, chiedendo «un solido quadro giuridico che ci protegga da speculazioni e abusi». L’articolo ha inoltre riportato che Bravo, come leader del settore, aveva denunciato estorsioni da parte di gruppi criminali organizzati e l’assenza di sicurezza per i coltivatori di lime.
A febbraio, Bravo aveva segnalato di aver ricevuto minacce, annunciando la chiusura degli uffici amministrativi della sua azienda. Nella dichiarazione rilasciata il giorno del suo assassinio, il FNRCM ha chiesto al governo di indagare sull’omicidio, ma ha anche criticato «l’indifferenza» del governo alle richieste di dialogo, che crea «condizioni di vulnerabilità per i produttori». La dichiarazione ha evidenziato l’esclusione, da parte del Segretario dell’Agricoltura Julio Berdegué, di due leader del FNRCM, Baltazar Valdez Armentía di Sinaloa e Yako Rodríguez di Chihuahua, da un incontro del 17 ottobre con i leader agricoli, nonostante l’approvazione del Ministero del Governo.
Il FNRCM ha avvertito che il governo dovrebbe collaborare con il movimento per «costruire un’alleanza con lo Stato per salvare le campagne e l’economia nazionale». Ha inoltre denunciato le pressioni del governo statunitense e delle sue entità, che cercano di «aggravare la polarizzazione sociale e l’ingovernabilità per giustificare interventi». In questo contesto, il governo non dovrebbe adottare «gesti divisivi e discriminatori contro i produttori nazionali», ha concluso il FNRCM.
È noto che i cartelli della droga abbiano anche interessi agricoli, soprattutto nel campo dell’avocado, frutto divenuto particolarmente popolare negli USA con le ultime generazioni per le sue proprietà nutritizie.
Alimentazione
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Alimentazione
Un terzo dei Paesi è afflitto da prezzi alimentari «anormalmente alti»: rischio di disordini sociali
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) lancia l’allarme: i prezzi dei prodotti alimentari restano eccezionalmente elevati in tutto il mondo, e in molti Paesi sono aumentati fino a cinque volte rispetto ai livelli medi del decennio scorso. Un’escalation che, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, rischia di alimentare nuovi disordini sociali, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo o politicamente instabili.
«Le condizioni attuali ricordano i periodi che hanno preceduto la Primavera Araba e la crisi alimentare del 2007-2008», si legge nel rapporto diffuso in questi giorni. E il messaggio è chiaro: le turbolenze globali, legate alla sicurezza alimentare, «sono tutt’altro che finite».
Un’analisi di BloombergNEF, basata sui dati FAO, evidenzia come il quadro sia il risultato di una combinazione di fattori: eventi meteorologici estremi, tensioni geopolitiche e politiche monetarie espansive. L’aumento dei prezzi di gasolio e benzina – spinti anche dai conflitti in corso e dalle restrizioni commerciali – ha fatto lievitare i costi di produzione e di trasporto dei beni agricoli.
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A questo si aggiunge il fattore monetario: l’eccessiva stampa di denaro da parte di molte economie avanzate ed emergenti durante e dopo la pandemia ha rappresentato, secondo gli analisti, il principale motore dell’inflazione globale.
Secondo la FAO, nel 2023 il 50% dei Paesi del Nord America e dell’Europa ha registrato prezzi alimentari «anormalmente elevati» rispetto alla media del periodo 2015-2019. L’organizzazione definisce «anormale» un livello di prezzo superiore di almeno una deviazione standard rispetto alla media storica per ciascuna merce e regione, spiega Bloomberg.
La tendenza, tuttavia, non riguarda solo l’Occidente: anche in Asia, Africa e America Latina l’impennata dei prezzi sta riducendo l’accesso ai beni di prima necessità, colpendo le fasce più vulnerabili della popolazione.
La FAO richiama nel suo rapporto due momenti emblematici della storia recente che mostrano il legame diretto tra caro-viveri e instabilità politica.
Un esempio è la cosiddetta «Primavera araba» (2010-2011): il forte aumento dei prezzi del grano e del pane, dovuto alla siccità e ai divieti di esportazione imposti dalla Russia, contribuì a scatenare proteste in Tunisia, Egitto, Libia e Siria. L’inflazione alimentare fu un fattore chiave, che si sommò al malcontento politico e sociale.
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Un ulteriore caso è quello della crisi alimentare del 2007-2008: in quel periodo, i picchi dei prezzi globali dei cereali provocarono rivolte in oltre 30 Paesi, tra cui Haiti, Bangladesh, Egitto e Mozambico, dove i beni di prima necessità divennero inaccessibili per ampie fasce della popolazione.
Gli analisti concordano sul fatto che quando «l’inflazione alimentare supera la crescita del reddito», si innesca una spirale pericolosa che può condurre a crisi sociali e politiche.
Con l’aumento dei costi dei beni di base e la perdita di potere d’acquisto, cresce la pressione sui governi, già provati da crisi energetiche, conflitti regionali e tensioni valutarie.
In breve, il mondo potrebbe trovarsi di fronte a «una nuova stagione di rivolte per il pane».
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