Geopolitica
Superlega, supersì. Contro il Deep State del calcio

Premessa: Renovatio 21 sostiene il mondo Ultras, il quale – come abbiamo ripetuto varie volte – si è dimostrato in questi ultimi anni, dal supporto ad Alfie Evans fino ad episodi locali che abbiamo testimoniato direttamente, una vera oasi di umanità rimasta al mondo moderno.
Premessa 2: Renovatio 21 detesta gli Agnelli, i quali – come abbiamo accennato varie volte – amici dei Rockefeller e di Kissinger, si sono dimostrati fedeli importatori della Cultura della Morte in Italia (cfr. il caso degli aborti di Seveso e Susanna Agnelli in tandem con Emma Bonino). Andrea Agnelli anche epidermicamente non ci sta simpatico, tuttavia invitiamo il lettore a realizzare che la piovra agnellica è molto più grande e tentacolare: mentre il quarantacinquenne presidente della Juve veniva picchiato dai giornali di mezzo mondo e dalla UEFA, Evelina Christillin, signora molto vicina alla Real Casa dai tempi dell’Avvocato, veniva rieletta componente femminile del Consiglio FIFA.
Premessa: Renovatio 21 sostiene il mondo Ultras, il quale – come abbiamo ripetuto varie volte – si è dimostrato in questi ultimi anni, dal supporto ad Alfie Evans fino ad episodi locali che abbiamo testimoniato direttamente, una vera oasi di umanità rimasta al mondo moderno
Ciò detto, spendiamo due parole sull’isteria del momento, quella su cui addirittura si aprono i telegiornali, con buona pace dei morti di COVID, pardon, dei contagiati, dei lavoratori autonomi allo stremo, della situazione generale di collasso nazionale: la Superlega. Quella specie di NBA che vogliono farsi i grandi club europei, quelli che si somigliano per fatturato e potere calcistico. Ma più che all’NBA, bisogna pensare all’Eurolega del Basket, che è esattamente il modello che vogliono implementare Juve, Real Madrid e compagni, copiandone persino il nome.
Il giornale più letto del Paese, La Gazzetta dello Sport, ha pubblicato titoli a nove colonne «SuperLega, Super no!» un giorno e il giorno dopo un bel «fermatevi», che suonava come una di quelle invocazioni dei Papi davanti a conflitti bellici sul nascere.
Siccome la Gazzetta è del gruppo RCS, non bastava: oggi sul Corriere, in prima pagina, c’è un intervista al patron del Torino, che casualmente è il padrone del Corriere e della Gazzetta, Urbano Cairo – e la fotina con un bel volto sorridente dell’editore intervistato non manca. All’interno del giornale eccoti la paginata intera, e non nella sezione «Sport», ma quella chiamata «Primo Piano», a pagina dodici. La foto qui è a mezza figura, con il presidente-editore-intervistato antisuperleghista che incede sul campo del Torino fiero e potente: «Un attentato alla salute del calcio italiano. Pensano ai loro interessi».
Già, gli interessi: nessun conflitto di interessi se il primo quotidiano nazionale intervista il suo editore. «Hanno costruito un’operazione ai danni di tutta la serie A – dice il presidente Cairo, che tutti ricordiamo per quel controverso video di sprono ai suoi venditori di pubblicità in pieno lockdown – Marotta, AD dell’Inter, si deve dimettere dalla FIGC». La mano è più leggera con il presidente del Milan: «stimo Scaroni», il noto ex AD di ENI e Enel «lasci il consiglio di Lega». Non siamo in grado di capire quanta la pubblicità le multinazionali guidate un tempo dallo stimato Scaroni finisca sui giornali RCS, ma non è questo il punto.
La loro idea è quella di fare un’altra Champions – o, più concretamente, di produrre la disruption della UEFA, la disintermediazione tra le squadre (e, ad un certo punto, tutti i tifosi) e l’istituzione politica al comando
Nonostante la il supporto popolare – con il nome della banca JP Morgan speso immediatamente per creare una trama da dare in pasto ai sovranisti pallonari – la reazione scomposta è stata tutta dalla parte dell’establishment e dei suoi coboldi istituzionali. Che hanno lanciato, quelle sì, minacce immediate ai club: vi escludiamo dal campionato nazionale. Qualcosa che mai i club superleghisti avevano immaginato, perché la loro idea è quella di fare un’altra Champions – o, più concretamente, di produrre la disruption della UEFA, la disintermediazione tra le squadre (e, ad un certo punto, tutti i tifosi) e l’istituzione politica al comando.
La vacca sacra è tutta lì: la regina è nuda. Se l’Europa si accorge che può fare a meno della UEFA, il mondo capisce che può fare a meno della FIFA? E magari l’Italia della FIGC?
La portata è simbolica, ma non solo. È l’avvio di una autonomia dei club (quelli che generano i profitti, quelli per cui i tifosi vivono) rispetto al potere centrale. È una secessione: si chiama appunto Super Lega, anche se la Lega secessionista era quella vetero-bossiana di vent’anni fa. Squadre del Sud in effetti non ce ne sono, e i napoletani sono incazzatissimi…
Alcuni giornalisti favorevoli alla scissione parlano di interessi economici, diritti, etc. Solo in parte questo è vero: al momento, più che per danaro (la UEFA avrebbe già messo sul piatto 7 miliardi, cioè il doppio del budget offerto da JP Morgan, così, di colpo) si combatte il principio che si possa fare a meno del Deep State del Pallone. La Superlega è di per sé un evento trumpiano. È la minaccia di una rivolta dei soggetti all’autorità centrale.
La vacca sacra è tutta lì: la regina è nuda. Se l’Europa si accorge che può fare a meno della UEFA, il mondo capisce che può fare a meno della FIFA? E magari l’Italia della FIGC?
Vi è, e chi se non Renovatio 21 può sottolinearvelo, qualcosa di più: la UEFA, la FIFA, non gestiscono solo un business di miliardo. Esse hanno un potere politico, anzi geopolitico, piuttosto evidente. Se le masse mondiali amano alla follia il calcio, chi controlla il calcio ha qualche manopola sulle masse mondiali, e può rispondere a stimoli che vengono da Stati nazioni o organismi transnazionali.
Ricordiamo, anche se non lo fa nessuno, gli strani mondiali Giappone-Corea del 2002: la piccola Corea arrivò perfino in semifinale, dopo non una, ma due partite, i quarti con la Spagna e gli ottavi con l’Italia, arbitrate in modo scandaloso. Memento Byron Moreno, l’arbitro che distrusse l’Italia, poi arrestato nel 2010 all’aeroporto JFK di Nuova York con 6 chili di cocaina. Condannato per traffico internazionale di droga, Moreno fu liberato dopo neanche due anni. In Ecuador, tuttavia, trovò un’indagine per evasione fiscale.
È l’avvio di una autonomia dei club (quelli che generano i profitti, quelli per cui i tifosi vivono) rispetto al potere centrale. È una secessione: si chiama appunto Super Lega
La Corea era una squadretta asiatica che però rappresentava la nazione ospitante in pieno boom di Samsung, LG, Hyunday etc. Il popolo coreano fu galvanizzato, si riversava in piazza in massa ad ogni vittoria, e immaginiamo solo questo quanto abbia compattato il consenso del turbolento governo di Seoul, che all’epoca si stava proponendo come vero player mondiale non solo nella manifattura in lizza per soppiantare il Giappone, con chiarissimo eco di propaganda anche verso la Nord Corea (schema già visto: quanto ha fatto, nel percorso di riunificazione tedesca, il mondiale di Italia ’90 vinto dalla Germania unita). È in quegli anni che la Corea arrivò a superare l’Italia nel PIL.
Questo è solo un esempio che buttiamo là, ma ci sono fenomeni più contingenti. Il lettore lo sa che il prossimo mondiale si giocherà in un paesino dove non c’è il calcio e nemmeno c’è la gente, ma solo tantissimi idrocarburi e tantissimi soldi?
Il lettore sa che oltre 6500 lavoratori migranti sono morti per i mondiali di calcio 2022? La cifra è stata pure confermata dai sultani locali. La squadra norvegese Tromsø IL ha chiesto in una dichiarazione il boicottaggio della Coppa del Mondo 2022, in relazione alle notizie di «schiavitù moderna» e alla «quantità allarmante di morti». Il club ha esortato la Federcalcio norvegese a sostenere un tale boicottaggio.
La Superlega è di per sé un evento trumpiano. È la minaccia di una rivolta dei soggetti all’autorità centrale.
Le accuse di corruzione della FIFA da parte del Qatar vanno indietro di quasi dieci anni. Il culmine fu, nel 2019, l’arresto di Michel Platini.
E poi, il terrorismo: in reazione alla crisi diplomatica con l’Arabia Saudita del 2017 riguardo al sostegno al terrorismo da parte del governo del Qatar (una leva che hanno usato i sauditi: il bue che dice cornuto all’altro bue), il presidente della Federcalcio tedesca, Reinhard Grindel, ha dichiarato nel giugno 2017 che «le federazioni calcistiche del mondo dovrebbero concludere che i tornei importanti non possono essere tenuti in paesi che sostengono attivamente il terrorismo», e che la Federcalcio tedesca avrebbe parlato con la UEFA e il governo tedesco per valutare se boicottare il torneo in Qatar nel 2022.
Tanto per capire che il calcio non è fatto solo di sciarpate e diritti TV, di Diletta Leotta e calciomercato. Il calcio è potere. Vi sorprendete che l’establishment continentale e mondiale, il Deep State pallonaro, sia andato in panico.
Tocca dire che ci manca Diego Armando Maradona: «piuttosto che appartenere alla famiglia FIFA preferisco essere orfano». Vogliamo essere figli della UEFA?
Tocca dire che ci manca Diego Armando Maradona: «piuttosto che appartenere alla famiglia FIFA preferisco essere orfano».
E quanti, anche fra noi, vorrebbero il coraggio e l’impudenza del pibe de oro, per dire «piuttosto che appartenere alla famiglia UEFA preferisco essere orfano»?
Roberto Dal Bosco
Immagine di NomadSoul1 con licenza Envato Elements codice T8PCDMF3B4
Geopolitica
Attacco israeliano in Qatar. La condanna di Trump

Israele ha condotto un «attacco di precisione» contro «i vertici di Hamas», hanno annunciato martedì le Forze di difesa israeliane (IDF), poco dopo che numerose esplosioni hanno scosso il quartier generale del gruppo militante palestinese a Doha, in Qatar.
Da parte delle forze dello Stato Ebraico, si tratta di una violazione territoriale inedita, perché – a differenza di casi analoghi in Libano e Iran – condotta in uno Stato «alleato» di Washington e dell’Occidente, cui fornisce capitale e gas. L’attacco pare essere stato diretto ai negoziatori di Hamas, i quali avevano ricevuto dal presidente americano Trump un invito al tavolo della pace poco prima.
L’esercito israeliano ha dichiarato di aver condotto l’operazione in coordinamento con l’agenzia di sicurezza Shin Bet (ISA). Le IDF non hanno indicato il luogo esatto preso di mira dall’attacco.
«L’IDF e l’ISA hanno condotto un attacco mirato contro i vertici dell’organizzazione terroristica Hamas», ha dichiarato l’IDF in una nota. «Prima dell’attacco, sono state adottate misure per mitigare i danni ai civili, tra cui l’uso di munizioni di precisione e di intelligence aggiuntiva».
L’annuncio è arrivato dopo che almeno dieci esplosioni avrebbero scosso il quartier generale di Hamas a Doha. I filmati che circolano online mostrano che l’edificio è stato gravemente danneggiato. Secondo diversi resoconti dei media che citano fonti di Hamas, l’attacco ha preso di mira il team negoziale del gruppo, che stava discutendo l’ultima proposta statunitense sulla cessazione delle ostilità con Israele.
Il Qatar ha condannato il «vile attacco israeliano», descrivendo il luogo interessato dall’attacco come «edifici residenziali che ospitano diversi membri dell’ufficio politico del movimento Hamas».
#Qatar / #Palestine / #Israel 🇶🇦🇵🇸🇮🇱: Israeli Air Forces carried out air strikes to assassinate Senior officials of #HAMAS in the city of #Doha.
Reportedly HAMAS negotiation team was targeted with Air-To-Surface Missiles while discussing the ceasefire in the capital of Qatar. pic.twitter.com/WdWuqY6rXq
— War Noir (@war_noir) September 9, 2025
🚨🇮🇱🇶🇦🇵🇸 BREAKING: ISRAEL just AIRSTRIKED Hamas’s negotiation team in DOHA, QATAR pic.twitter.com/cTdA5fT4gP
— Jackson Hinkle 🇺🇸 (@jacksonhinklle) September 9, 2025
BREAKING:
Israeli fighter jets struck Qatar’s capital, Doha.
An Israeli airstrike in Doha killed Hamas leader in Gaza, Khalil al-Hayya, and three senior members of the group’s leadership, Al Arabiya reports, citing sources.
Al Hadath states those in the targeted building… pic.twitter.com/03rwdUbvZ5
— Visegrád 24 (@visegrad24) September 9, 2025
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L’attacco israeliano a Doha è stato un «momento cruciale» per l’intera regione, ha affermato il primo ministro del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, condannando l’attacco come «terrorismo di Stato».
L’attacco a sorpresa non sarà «ignorato» e il Qatar «si riserva il diritto di rispondere a questo attacco palese», ha dichiarato il primo ministro in una conferenza stampa. «Oggi abbiamo raggiunto un punto di svolta affinché l’intera regione dia una risposta a una condotta così barbara».
NEW: Qatar reserves the right to retaliate for the Israeli attack against Doha, Qatari PM says
“We’ve reached a decisive moment; There should be retaliation from the whole region”
— Ragıp Soylu (@ragipsoylu) September 9, 2025
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Al-Thani ha attaccato duramente il suo omologo israeliano, Benjamin Netanyahu, accusandolo di compromettere la stabilità regionale in nome di «deliri narcisistici» e interessi personali. Il Qatar continuerà il suo impegno di mediazione per risolvere le persistenti ostilità con Hamas, ha affermato.
Il primo ministro quatarino ha ammesso che lo spazio per la diplomazia è ormai diventato molto ristretto e che l’attacco ha probabilmente fatto deragliare il ciclo di negoziati dedicato all’ultima proposta avanzata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
«Per quanto riguarda i colloqui in corso, non credo che ci sia nulla di valido dopo aver assistito a un attacco del genere», ha affermato.
L’attacco israeliano è avvenuto due giorni dopo che il presidente degli Stati Uniti aveva lanciato un altro «ultimo avvertimento» ad Hamas, sostenendo che Israele aveva già accettato termini non specificati di un accordo da lui proposto e chiedendo al gruppo di rilasciare gli ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza. Poco dopo, anche il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha dato al gruppo un “ultimo avvertimento”, minacciando Hamas di annientamento e intimando ai militanti di deporre le armi. In seguito alle minacce, Hamas aveva dichiarato di essere pronta a «sedersi immediatamente al tavolo delle trattative» dopo aver ascoltato quelle che ha descritto come «alcune idee da parte americana volte a raggiungere un accordo di cessate il fuoco».
Tuttavia nelle ultime ore è emersa la condanna del presidente statunitense contro l’attacco israeliano. In una dichiarazione pubblicata martedì su Truth Social, Trump ha criticato l’attacco aereo di Israele contro un complesso di Hamas a Doha, sottolineando che la decisione di portare a termine l’operazione all’interno del Qatar è stata presa unilateralmente dal primo ministro Benjamin Netanyahu e non da Washington.
( @realDonaldTrump – Truth Social Post )
( Donald J. Trump – Sep 09, 2025, 4:20 PM ET )This morning, the Trump Administration was notified by the United States Military that Israel was attacking Hamas which, very unfortunately, was located in a section of Doha, the Capital of… pic.twitter.com/axQSlL46gW
— Fan Donald J. Trump 🇺🇸 TRUTH POSTS (@TruthTrumpPosts) September 9, 2025
Nel suo post Trump ha affermato che il bombardamento israeliano all’interno di «una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti» non ha «favorito gli obiettivi di Israele o dell’America».
«Considero il Qatar un forte alleato e amico degli Stati Uniti e mi dispiace molto per il luogo dell’attacco», ha scritto, sottolineando che l’attacco è stato «una decisione presa dal primo ministro Netanyahu, non una decisione presa da me».
Trump ha affermato che, non appena informato dell’operazione, ha incaricato l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff di avvertire i funzionari del Qatar, ma ha osservato che l’allerta è arrivata «troppo tardi per fermare l’attacco». Il presidente ha affermato che eliminare Hamas era un «obiettivo degno», ma ha espresso la speranza che «questo sfortunato incidente possa servire come un’opportunità per la PACE».
Da allora Trump ha parlato con Netanyahu, che gli ha detto di voler fare la pace, e con i leader del Qatar, che ha ringraziato per il loro sostegno e ha assicurato che «una cosa del genere non accadrà più sul loro territorio».
La Casa Bianca ha definito l’attacco un incidente «sfortunato». Trump ha dichiarato di aver incaricato il Segretario di Stato Marco Rubio di finalizzare un accordo di cooperazione per la difesa con il Qatar, designato come «importante alleato non NATO».
“The president views Qatar as a strong ally and friend of the United States and feels very badly about the location of this attack.”
White House press sec. Karoline Leavitt read a statement after Israel’s strike on Hamas leadership in Doha. https://t.co/X3EkiIHoZ7 pic.twitter.com/OdDyR4QcgF
— ABC News (@ABC) September 9, 2025
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Nell’operazione circa 15 aerei da guerra israeliani hanno sparato almeno dieci munizioni durante l’operazione di martedì, uccidendo diversi membri di Hamas, tra cui il figlio dell’alto funzionario Khalil al-Hayya. Hamas ha affermato che i suoi vertici sono sopravvissuti all’attacco, descritto come un tentativo di assassinare i negoziatori impegnati a raggiungere un possibile accordo.
L’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha insistito sul fatto che l’attacco ad Hamas in Qatar è stato un’azione unilaterale e che nessun altro paese è stato coinvolto nell’operazione.
«L’azione odierna contro i principali capi terroristi di Hamas è stata un’operazione israeliana del tutto indipendente. Israele l’ha avviata, Israele l’ha condotta e Israele si assume la piena responsabilità», si legge in una nota.
Il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha condannato l’attacco israeliano definendolo una «flagrante violazione della sovranità e dell’integrità territoriale del Qatar». «Tutte le parti devono impegnarsi per raggiungere un cessate il fuoco permanente, non per distruggerlo», ha detto ai giornalisti.
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Geopolitica
Lavrov: la Russia non ha voglia di vendetta

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Geopolitica
Museo dell’Olocausto ritira post perché leggibile come filo-Gaza

Un museo dell’Olocausto di Los Angeles ha cancellato un post sui social media contenente uno slogan da tempo associato all’Olocausto, dopo che alcune persone hanno affermato che alludeva alla guerra di Gaza.
Il messaggio, condiviso con i 24.000 follower su Instagram dell’Holocaust Museum di Los Angeles nel fine settimana, mostrava un’immagine di mani e avambracci di diverse tonalità di pelle – tra cui una con un tatuaggio dell’Olocausto – uniti in un cerchio. La didascalia recitava: «Mai più non può significare solo mai più per gli ebrei».
Speechless. No words for this. pic.twitter.com/pc3GRui6G4
— Ryan Grim (@ryangrim) September 6, 2025
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Sebbene inizialmente alcuni abbiano elogiato il post come un riconoscimento delle sofferenze dei palestinesi, esso ha subito suscitato reazioni negative da parte dei gruppi ebraici, spingendone alla sua rimozione.
In seguito il museo ha affermato che il post faceva parte di una campagna pianificata in precedenza «intesa a promuovere l’inclusività e la comunità», non «una dichiarazione politica che riflette la situazione attuale in Medio Oriente».
Sebbene il post non menzionasse Gaza, alcuni commentatori filo-israeliani hanno esortato i donatori a tagliare i finanziamenti all’istituzione. La rimozione del post, a sua volta, ha portato voci filo-palestinesi ad accusare il museo di fare marcia indietro su un principio universale anti-genocidio.
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Il museo di Los Angeles, fondato nel 1961 dai sopravvissuti all’Olocausto, è attualmente chiuso per ristrutturazione fino a giugno 2026. Si è impegnato a «fare meglio» e a garantire che i post futuri siano «progettati in modo più attento».
Si tratta di un caso di fulminea rieducazione infraebraica non dissimile a quello capitato, alle nostre latitudini, allo storico universitario Ariel Toaff, figlio del notissimo rabbino romano Elio Toaff, il cui libro sul sacrificio rituale ebraico fu ritirato rapidamente dalle librerie per uscire in una versione «potata».
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Immagine di Lamoth via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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