Spirito
Sull’intervista di Papa Francesco al Corriere della Sera

Renovatio 21 ripubblica questo articolo di FSSPX.news
Papa Francesco ha rilasciato al direttore del Corriere della Sera, il più noto quotidiano italiano, un’interessante intervista sulla questione russo-ucraina, che mette in luce il punto di vista della Santa Sede. L’intervento del Pontefice presenta un apparente equilibrio geopolitico, benché alcune affermazioni sembrino mancare di coerenza e di una visione più alta.
A differenza delle nazioni occidentali legate alla NATO e all’UE, la Santa Sede non ha abbracciato la politica della guerra a tutti i costi contro la Russia e dell’armamento dell’Ucraina. Una tale posizione equilibrata non può darsi per scontata, né espressa in termini così netti come quelli utilizzati dal Pontefice in questa occasione.
Una preoccupazione di equilibrio
In tono fintamente dubitativo, Francesco si chiede addirittura se «l’ira di Putin» non sia stata magari non «provocata» ma almeno «facilitata» dall’«abbaiare della NATO alle porte della Russia».
Una presentazione dei fatti che, pur condannando chiaramente l’invasione, non divide il mondo in «buoni e cattivi», e mette in risalto le responsabilità della politica americana. Pochi uomini di potere in occidente si sono espressi in termini così chiari.
Il Papa si esprime anche contro l’invio di armi all’Ucraina, giustamente temendo che serva solo a provocare un’escalation militare. Anche questa presa di posizione pone il Pontefice apparentemente al di fuori del concerto politicamente corretto, passato in brevissimo tempo all’esaltazione degli armamenti e dell’aumento delle spese militari.
Teniamo conto che per gli stessi politici esprimere dubbi sull’utilità dell’invio di armi all’Ucraina corrisponde a essere visti come complici della Russia.
Appare anche controcorrente l’intenzione dichiarata di non recarsi a Kiev ma a Mosca, per parlare con Putin piuttosto che con il presidente ucraino. Pur essendo probabilmente irrealizzabile, un tale proposito ha una notevole valenza politica, in un momento in cui la propaganda occidentale si preoccupa unicamente di delegittimare il governo russo, invece di considerarlo un interlocutore con cui trattare la fine delle ostilità.
Il colloquio con Cirillo
Molto interessante è anche la parte in cui il Papa racconta il suo colloquio con il vescovo scismatico russo Kirill, che qualche settimana fa aveva giustificato la guerra russa come una «crociata» contro l’Occidente pervertito.
Occorre prima di tutto ricordare che non ci si deve ritenere costretti a scegliere tra l’occidente corrotto e la presunta moralità russa, certificata da un gruppo di vescovi illegittimi che rifiutano Roma e il cattolicesimo.
Il Papa ovviamente non rimprovera a Kirill il suo scisma, stante la nuova ecclesiologia post-conciliare che considera la setta «ortodossa» come una «chiesa sorella», secondo la dottrina erronea di Lumen gentium e di Dominus Iesus.
È però interessante che racconti di aver ricordato a Kirill che un uomo di Chiesa non deve essere un «chierico di Stato», o addirittura il «chierichetto di Putin», ma che si deve ragionare sulla base del Vangelo e in modo indipendente.
Sarebbero parole degnissime del concetto di libertas Ecclesiae, da sempre fondamentale per i Pontefici romani e da sempre umiliato dal cesaropapismo bizantino e russo, se non venissero da un Pontefice modernista. Il modernismo infatti non piega solo la politica ecclesiale alle esigenze del potere dominante, ma la stessa dottrina ecclesiastica.
Dalla propaganda del mondo post-rivoluzionario la «chiesa conciliare» ha infatti ricavato le sue nuove dottrine sulla libertà religiosa, sull’ecumenismo, sulla collegialità; sulle politiche ecologiche, che hanno fatto uscir fuori il panteismo soggiacente alle dottrine moderniste; sulle politiche migratorie; sull’uguaglianza fra tutti i battezzati, che nega la differenza tra clero e laici; sulla morale matrimoniale infranta da Amoris laetitia; sull’illiceità della pena di morte; su mille altre questioni, e potenzialmente su tutte.
Come chierici di Stato hanno agito i vescovi di molti Paesi durante la pandemia, prevenendo e ossequiando tutti i desideri dei governi senza fiatare, anche dove avrebbero avuto ogni autonomia di gestione del problema.
Chierico (del Dipartimento) di Stato americano è Bartolomeo di Costantinopoli, grande amico del Papa, che con le sue mosse in Ucraina non ha certo facilitato la distensione tra i due paesi, e per il quale Francesco non ha parole di biasimo.
Papa Francesco fa quello che rimprovera a Cirillo
E infine, lo stesso Papa Francesco conclude la sua intervista con affermazioni da «chierico di Stato», sentendosi in dovere di elogiare personaggi della politica italiana che nulla hanno di cristiano. Il Presidente del Consiglio di Draghi, uomo dell’alta finanza internazionale messo dall’UE a capo del governo italiano, è definito dal Papa «persona diretta e semplice», con cui i rapporti sono ottimi; anche l’ex Presidente della Repubblica Napolitano, già membro del partito comunista e tuttora uomo di sinistra, così come l’attuale Presidente Mattarella, sono definiti degni di ammirazione.
Ma tutto questo potrebbe passare per (inopportuna) cortesia istituzionale, se non vi si aggiungesse l’elogio scandaloso di Emma Bonino, ex ministro italiano ed ex membro della Commissione europea, proveniente dal Partito radicale, principale promotrice in Italia della legge sull’aborto e di tutte le leggi più infami contro la morale naturale; nota alle cronache anche perché negli anni Settanta si vantava di aver procurato di propria mano numerosi aborti per «aiutare le donne».
Ripetendo affermazioni già da lui fatte qualche anno fa, il Pontefice (pur affermando, per una volta, di non condividerne le idee) dichiara la sua altissima ammirazione per una tale donna, specialmente in ragione della di lei «conoscenza dell’Africa». Quale esempio di libera parola nei confronti dei governanti può dare il Papa a Kirill?
Così, mentre conclude con l’annuncio di cercare di rinnovare la Chiesa italiana con nuovi vescovi che non abbiano una «mentalità preconciliare travestita da conciliare», e con un elogio del defunto cardinal Martini, il Papa lascia il suo lettore con un dubbio: come può l’apparente indipendenza di giudizio sulla guerra conciliarsi con un tale appiattimento di stampo modernista sulle esigenze del mondo interpretate dal concilio e dal post-concilio?
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Immagine di Nir Hason via Wikipedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)
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In Messico la Chiesa celebra 500 anni di evangelizzazione

Per celebrare il 500° anniversario della sua fondazione, la diocesi di Tlaxcala ha organizzato 500 Ore Sante dal 12 settembre al 3 ottobre 2025 nelle sue diverse parrocchie. Si tratta di un’occasione per rivisitare l’evangelizzazione di questo Paese centroamericano avvenuta mezzo millennio fa, un fatto trascurato dalla maggior parte dei media europei, salvo considerarlo un presunto misfatto della colonizzazione spagnola.
Dal 12 settembre al 3 ottobre 2025, le 93 parrocchie dei sette decanati che compongono la diocesi di Tlaxcala si sono alternate nel rendere grazie a Dio per l’arrivo dei missionari nella loro terra 500 anni fa e nel prepararsi spiritualmente alla celebrazione giubilare che culminerà con una messa solenne il 12 ottobre 2025.
La storia della diocesi di Tlaxcala è strettamente legata all’evangelizzazione del Messico. Fondata nel 1525, rappresenta uno dei primi bastioni del cattolicesimo nel Nuovo Mondo. Sebbene la sua sede sia stata successivamente trasferita a Puebla, Tlaxcala conserva una grande importanza storica, rafforzata dalla sua restaurazione ufficiale nel 1959, per decisione di Papa Giovanni XXIII.
Questa celebrazione mette in luce non solo il vigore della fede cattolica in questo Paese centroamericano, ma anche il suo ruolo nel plasmare l’identità culturale messicana. Circa l’83% della popolazione messicana si identifica ancora come cattolica, sebbene questa percentuale sia in leggero calo, soprattutto a causa dell’ascesa dei cosiddetti protestanti «evangelici», che hanno sapientemente colmato il vuoto creatosi nel catechismo, nella morale e nella liturgia a partire dal periodo post-conciliare.
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Queste 500 ore sante rappresentano anche un approccio che si inserisce nel contesto del rinnovamento eucaristico ispirato da iniziative come il National Eucharistic Revival nei vicini Stati Uniti, con l’obiettivo di rafforzare la devozione eucaristica di fronte al declino della fede nella presenza reale di Cristo.
L’evangelizzazione del Messico, iniziata con l’arrivo dei missionari spagnoli all’inizio del XVI secolo e che ha permesso l’ascesa di una regione minata da un paganesimo sanguinario, è oggi messa in discussione dall’ideologia decolonizzante, che denuncia un intervento brutale, segnato dalla distruzione delle culture indigene e dall’imposizione di nuove strutture sociali e religiose: una visione che ignora il carattere sanguinario del culto azteco.
Nel 2025, la celebrazione dei 500 anni di evangelizzazione si svolge in un contesto politico teso. I rapporti tra la Chiesa cattolica e il governo messicano sono stati segnati da attriti per molti anni, in particolare sotto l’amministrazione di Andrés Manuel López Obrador, noto come «AMLO» (2018-2024), che ha scelto pastori evangelici come suoi interlocutori, mantenendo una distanza dalla gerarchia cattolica.
Le prospettive non sono migliorate con l’arrivo della presidente Claudia Sheinbaum nel 2024: beneficiando di una schiacciante maggioranza al Congresso, la nuova donna forte del Paese può portare avanti le sue riforme progressiste senza timore di alcuna opposizione.
Inoltre, con l’avvicinarsi del 500° anniversario dell’evangelizzazione del Messico, Claudia Sheinbaum ha ripetutamente chiesto alla Chiesa e alla Spagna di scusarsi per le presunte «atrocità» della conquista spagnola, ricordando che Cortés fece giustiziare Cuauhtémoc, l’ultimo imperatore azteco, nel 1525. Una considerazione anacronistica per un pagano sanguinario.
Nonostante ciò, la Chiesa cattolica messicana continua a svolgere un ruolo attivo nella società: nel 2025, mentre il Messico è scosso da un’ondata di violenza, che include l’assassinio di alti funzionari, la Chiesa raddoppia i suoi sforzi per promuovere la pace, l’unità e la giustizia sociale. Resta da sperare che le 500 ore di adorazione eucaristica ispirino un rinnovamento morale in tutti – persone e pastori – nella terra di Nostra Signora di Guadalupe.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Il cardinale Sarah afferma che papa Leone è «consapevole della battaglia» sulle restrizioni alla messa in latino

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Messi in vendita gli effetti personali di Pio XII

Il 28 giugno 2025, presso la Galleria Moenius di Berna, saranno messi all’asta oggetti appartenuti a Papa Pio XII, il Venerabile Eugenio Pacelli (1890-1958). La vendita, ha annunciato la galleria svizzera, comprendeva autografi, libri, oggetti devozionali, abiti, scarpe e oggetti personali.
La maggior parte di questi oggetti fu tramandata da Suor Pascalina Lehnert (1894-1983). Suora tedesca delle Suore della Santa Croce, fu governante e assistente di Papa Pio XII, che servì anche quando questi fu Nunzio Apostolico in Baviera dalla fine del 1918.
Tra questi oggetti c’erano delle scarpe da cerimonia, probabilmente indossate raramente perché in ottime condizioni. Decorate con una raffinata bordatura in argento e oro lungo i bordi, le scarpe presentavano lo stemma dei Pacelli con la colomba bianca e il ramoscello d’ulivo ricamato sul collo del piede. Attorno allo stemma sono presenti la croce di San Giovanni e il cappello rosso cardinalizio con le sue tradizionali nappe.
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Se Pio XII fosse stato canonizzato, gli oggetti venduti a Berna sarebbero stati classificati come reliquie di seconda classe e quindi proibiti alla vendita. La Chiesa cattolica riconosce tre classi di reliquie. Le reliquie di prima classe sono i resti mortali terreni dei santi; sono sacre. Questi resti possono essere qualsiasi parte del corpo, comprese ossa, carne e persino capelli.
Una reliquia di seconda classe è un oggetto appartenuto o utilizzato da un santo durante la sua vita. Può includere abiti, gioielli, Bibbie o libri di preghiere e altri oggetti di uso quotidiano.
Una reliquia di terza classe è qualsiasi oggetto, nuovo o vecchio, che sia entrato in contatto con i resti di un santo o ne abbia toccato la tomba o il reliquiario. Queste sono anche chiamate reliquie di contatto.
Nella Chiesa cattolica, il commercio di reliquie di prima e seconda classe è proibito. Tuttavia, con l’autorizzazione della Sede Apostolica, possono essere trasferite, scambiate o donate. Le reliquie di terza classe possono essere vendute, ma il loro valore è molto limitato.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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