Geopolitica
Stati Uniti e Giappone stanno accumulando missili nelle isole meridionali contro la Cina
Il quotidiano in lingua inglese del Partito Comunista Cinese Global Times ha pubblicato quella che ha definito un’esclusiva sulla situazione della geopolitica militare nel Mar della Cina.
Riportando informazioni da una fonte «informata sulla questione», il Global Times asserisce che le forze di autodifesa giapponesi e le forze armate USA hanno cospirato diverse volte dal 2021 per assistere Washington nel dispiegamento di missili balistici a raggio intermedio sulle isole sud-occidentali del Giappone.
Il fine sarebbe quello di ottenere una «deterrenza integrata» contro la Cina rafforzando la costruzione della «prima catena di isole».
Gli esperti militari ritengono che questa trama di Giappone e Stati Uniti non favorisca la pace e la stabilità nella regione Asia-Pacifico e rifletta la sinistra intenzione del Giappone di unirsi agli Stati Uniti per affrontare congiuntamente la Cina, sostiene il Global Times.
Sebbene l’amministrazione Kishida non abbia ancora preso una decisione pubblica definitiva sul dispiegamento statunitense di missili a medio raggio nel Paese, le forze di autodifesa giapponesi hanno sostanzialmente intensificato i preparativi preliminari per tale dispiegamento data la flessibilità del medio raggio terrestre equipaggiamento missilistico, secondo la fonte.
Va ricordato che l’ex premier recentemente assassinato Shinzo Abe, assai influente nel partito di governo, era inviso a Pechino perché totalmente forsennatamente a favore della militarizzazione anticinese, anche nucleare, sul territorio nipponico.
Il comandante indo-pacifico degli Stati Uniti, l’ammiraglio John Aquilino, ha ispezionato i preparativi per le basi militari nelle isole sud-occidentali del Giappone nel novembre 2021 accompagnato da Koji Yamazaki, capo di stato maggiore congiunto delle forze di autodifesa giapponesi.
Song Zhongping, un esperto militare cinese, ha detto al Global Times che i missili porteranno inevitabilmente a una corsa agli armamenti, che non favorisce la pace e la stabilità nella regione dell’Asia-Pacifico.
Nel frattempo, il South China Morning Post riferisce che l’aeronautica militare dell’Esercito Popolare di Liberazione (EPL) ha intensificato l’uso di aerei da combattimento nelle sortite vicino a Taiwan.
Il quotidiano di Hong Kong cita il ministero della Difesa di Taiwan che riferisce che l’EPL ha condotto 555 sortite nei primi sei mesi dell’anno, di cui 398 riguardavano aerei da combattimento, rispetto alle 187 dello stesso periodo dell’anno scorso.
Questi aerei da guerra includevano caccia, bombardieri ed elicotteri d’attacco.
Le continue incursioni cinesi nello spazio aereo taiwanese sono talmente note nell’area che un editorialista di Pechino in un articolo ha scritto «abituatevi».
Secondo un sondaggio di inizio anno, il 77% dei giapponesi teme l’invasione cinese di Formosa.
Secondo alcuni, la guerra Ucraina avrebbe ritardato l’invasione di Taiwan. Secondo altri, la Cina tenterà di conquistare Taipei entro il 2027, se non entro il 2025. Vi sono tuttavia voci nella Difesa USA che non considerano Pechino in grado di invadere l’isola «ribelle», né di averne la vera intenzione.
Il presidente Xi, tuttavia, ha dichiarato solennemente in una massiva cerimonia pubblica la priorità della riunificazione con Taiwan.
Tutte le pedine sono sulla scacchiera per la possibile guerra nucleare del Pacifico.
Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.
Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.
«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.
Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.
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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.
All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.
La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.
Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.
Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.
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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
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Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.
Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.
Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)
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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.
Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».
«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».
Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».
Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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