Guerra cibernetica
Stanno colpendo gli aeroporti del mondo con attacchi hacker?
Prima che fosse rivelata la mano americana nella distruzione del Nord Stream 2, vi avevamo detto che in gioco c’erano le grande infrastrutture internazionali – le vostre, quelle che usate quotidianamente per lavorare, per vivere.
Renovatio 21 vi aveva annunciato, in un articolo che poteva sembrare un po’ eccessivo, che dovevate prepararvi a perdere internet. Avrete visto che poche settimane fa l’internet italiano è andato in tilt, con le immancabili accuse agli hacker russi (#hastatoputin).
Ora vogliamo brevemente annunciarvi quale potrebbe essere la prossima infrastruttura che potrebbe venire meno: il trasporto aereo.
La settimana scorsa, riporta la testata pubblica Deutsche Welle, «diversi aeroporti tedeschi hanno avuto i loro siti web interrotti». Sono arrivati quindi gli «esperti che indagano su un possibile attacco online».
Tra gli aeroporti colpiti ci sono stati quello di Düsseldorf, Norimberga, Erfurt-Weimar e Dortmund. I siti web non erano raggiungibili o segnalavano messaggi di errore.
«I problemi arrivano il giorno dopo che un grave guasto informatico alla compagnia di bandiera tedesca Lufthansa ha lasciato migliaia di passeggeri bloccati all’aeroporto di Francoforte».
«C’è motivo di sospettare che potrebbe essere un attacco di hacker», ha detto una portavoce dell’aeroporto di Dortmund.
L’aeroporto di Norimberga, ha affermato che il suo sito ha ricevuto così tante richieste che è crollato. Il sito di Der Spiegel ha riferito che i problemi potrebbero essere stati causati da un attacco DDos , in cui gli hacker dirigono il traffico Internet pesante verso server mirati in uno sforzo relativamente semplice per mandarli offline.
In concomitanza con tutto questo, l’aeroporto di Francoforte – il secondo più grande aeroporto del mondo – aveva subito un altro incidente: «cavi in un cantiere edile hanno causato un guasto al sistema informatico, con oltre 200 voli cancellati», scrive DW.
Le accuse degli #hastatoputin sono partite immantinente: si tratterebbe, dicono, del gruppo di hacker filo-russi noto come Killnet, i quali avevano pure messo in circolazione il mese scorso una lista di obiettivi, tra cui i siti degli aeroporti tedeschi.
Tuttavia, noi che abbiamo preso qualche appunto, vorremmo allargare un attimo il quadro, e, assieme al lettore, unire qualche i puntini.
Il 1° gennaio 2023 l’intero sistema informatico del trasporto aereo delle filippine si è fermato: il che significa che nessun volo era più permesso nel Paese, con migliaia di voti asiatici che hanno dovuto cambiare destinazione in volo – un imprevisto costoso e pericoloso che le compagnie aeree, e i passeggeri, vorrebbero sempre evitare. Un vero disastro. Le autorità dell’aviazione di Manila dissero che andava tutto bene, nessun problema.
Poi accade che dieci giorni dopo, l’11 gennaio, a tutti gli aerei della nazione più aviotrasportata della Terra – gli Stati Uniti d’America – viene impedito il decollo. Solo agli aerei in volo è consentito di arrivare a destinazione. L’ente federale per l’aviazione, la FFA, dice che il sistema informatico ha avuto un problema. Niente di grave, stanno riparando: però ogni volo del Paese (che in un giorno mediamente manda in cielo almeno 25.000 aerei trasportando 2,3 milioni di persone) è cancellato. Paralisi aerea del Paese. Vi è solo un precedente ad una cosa così: l’11 settembre 2001.
Nel caos più totale emerge Pete Buttigieg, lo strano omosessuale con figli surrogati, ex McKinsey e servizi segreti della Marina USA, figlio del traduttore americano di Gramsci, che ora è ministro dei Trasporti: va tutto bene, si tratta di un errore umano, magari è stato un sub-appaltatore del sistema informatico, che ha preso a ditate una tastiera sbagliando un codice, e bum.
Il fatto è che la stessa cosa, 24 ore dopo, accade in Canada. Il sistema NOTAM, che controlla il traffico aereo canadese, va giù. Le autorità dicono che, a differenza del precedente americano (di nemmeno 24 ore prima!) qui non ci sono stati ritardi. Anzi un tweet della società che gestisce il NOTAM ci tiene a rimarcare: «al momento, non riteniamo che sia correlato all’interruzione della FAA verificatasi oggi». Un po’ come le persone che muoiono nei parcheggi degli hub vaccinali dopo la punturina; nessuna correlazione…
Sono solo curiose coincidenze. Alla faccia del detto per cui tre indizi fanno una prova (quattro, con gli aeroporti tedeschi), siamo tenuti a credere che non stia succedendo nulla.
Non tutti però se la sono bevuta così. Qualcuno ha pensato che sotto potrebbe esserci un gruppo di hacker (di Stato o meno) che ha lanciato un attacco ransomware: avete presente, bloccano i computer a meno che non pagate un riscatto, come era successo all’intero sistema informatico della Sanità del Lazio durante il roll out della campagna vaccinale.
Chi ha visto il film Blackhat, pellicola minore di Michael Mann che mostra qualche retroscena realistico del mondo degli hacker di alto livello, riconoscerà il pattern: nella trama, si scopre che un attacco ad una turbina di una centrale atomica cinese è in realtà solo un test per attacchi a tutte queste turbine distribuite in altri luoghi del globo, così da creare, o minacciare, disastri sui quali si ha pronta la speculazione borsistica.
Che l’attacco ai computer dell’aviazione di Manila fosse il test per un ricatto da lanciare dieci giorni dopo allo Stato più ricco del mondo (e poche ore dopo al suo fratellino con la foglia d’acero)?
Se è così, uno dice, dovrebbero essere visibili altri segni: per esempio, un aumento del prezzo del Bitcoin. I ciberguastatori dei ransomware, infatti, si fanno solitamente pagare in Bitcoin. Ci sono in ogni Paese enormi esempi di enti pubblici e privati che hanno pagato quello che era richiesto, e basta. Quando c’è un’immensa richiesta di quantità Bitcoin, il suo prezzo sale.
Ed è stato proprio così. Il prezzo del Bitcoin è salito da 17 mila dollari e rotti agli oltre 22 dei giorni successivi.
Il grafico mostra come è evidente che il trend di crescita è iniziato proprio a ridosso dell’11 gennaio, il giorno in cui l’America ha cancellato tutti i suoi voli aerei.
Sorpresi?
Se leggete Renovatio 21, non dovreste esserlo affatto.
Avete sentito Klaus Schwab parlare di grandi cyber-attacchi, i rischi sistemici a cui è sottoposto il nostro pianeta da riformare interamente, da resettare. «Tutti noi sappiamo, ma dedichiamo un’attenzione non sufficiente, al pauroso scenario di un grande attacco cibernetico che porterebbe al completo stop alle forniture energetiche, ai trasporti, ai servizi ospedalieri, alla società nel suo insieme. La crisi del COVID-19 sarebbe vista come un piccolo disturbo rispetto ad un grande cyber attack» dice lo Schwab in un video di poco tempo fa.
Avrete sentito parlare anche di esercitazione in questo senso: così come ci sono state almeno 20 esercitazioni per la pandemia dagli anni 2000 che dettagliavano con esattezza quello che poi avrebbero fatto col COVID, ecco che abbiamo avuto esercitazioni anche per il grande crash informatico, come la famosa Cyber-Poligon.
Ma anche se non fatte caso a tutto questo, se non siete di quelli che vengono qui per unire con noi i puntini, dovreste averlo realizzato: è in corso una guerra contro le infrastrutture mondiali, perché è in corso una guerra contro di voi, contro l’umanità intera.
Gli aerei, come il gas e internet, sono cose che vi potrebbero togliere, perché i padroni del mondo non abbisognano più del vostro lavoro, e nemmeno dei vostri soldi: ne hanno a scazzafottere, se li stampano, oramai anche solo elettronicamente, con le CBDC. Essi vogliono, molto semplicemente, togliervi la libertà – cioè schiavizzarvi.
Vi stanno proponendo le «città da 15 minuti», dicendovi che tutto quello che vi serve vi verrà dato in un raggio limitato. Ve la presentano come una grande conquista – chiaro, innanzitutto per l’ambiente, per la sostenibilità, per il pianeta, per la Pachamama – in realtà è niente più che l’annuncio della vostra prigionia. State certi che non si tratta di niente di nuovo: secondo alcuni osservatori, la vecchia Agenda 21 dell’ONU implicava cose simili, la costruzione di abitazioni solo sopra negozi, l’abbandono delle case in periferia, l’esaltazione fascista della bicicletta come strumento supremo di trasporto (ottimo per i single, meno se tieni famiglia, ma quello è il punto), la dismissione delle strade di campagna, il ritorno delle bestie feroci fuori dei nuclei urbani…
Non parliamo di utopie lontane nel tempo: pensate a NEOM, la città per miliardari e robot che il principe Saudita Mohammed bin Salman, accusato dello squartamento del giornalista Khashoggi e «amico» di un ex premier italiano che lo chiama «sua altezza», vuole costruire nel deserto. Una città che, ad occhio e croce, non è nemmeno pensata per voi…
A cosa vi servono, quindi, gli aerei, e il loro inquinamento totale?
A cosa vi serve il gas, quando alimenta solo industrie che fanno male alla Terra?
A cosa vi serve il riscaldamento in casa, quando esso arricchisce la Russia nemica della democrazia?
A cosa vi serve internet, quando essa non è controllata e filtrata orwellianamente dal wrongthink, dai «pensieri sbagliati»?
Ve lo abbiamo detto, ve lo ripetiamo. Preparatevi a perdere tutto – perché è a questo che puntano.
E non pensiate di comprare la vostra libertà con il Bitcoin.
La storia insegna che la libertà si paga con ben altra moneta: con il sacrificio, con il nostro sangue.
Roberto Dal Bosco
Guerra cibernetica
Paesi NATO valutano la guerra cibernetica contro Mosca
Stati europei dell’Alleanza Atlantica stanno esaminando l’opportunità di lanciare azioni cibernetiche offensive coordinate contro Mosca, come indicato da due alti esponenti governativi dell’UE e tre addetti diplomatici. Lo riporta Politico.
La testata ha precisato che le cancellerie d’Occidente stanno ponderando soluzioni cibernetiche e di altra natura come replica ai supposti «assalti ibridi» perpetrati dal Cremlino.
La titolare della diplomazia lettone Baiba Braze ha confidato a Politico che la NATO è chiamata a «mostrarsi più incisiva nell’offensiva cibernetica» e a sincronizzare con maggiore efficacia i propri apparati di Intelligence. «Non sono le dichiarazioni a trasmettere un monito, bensì le azioni concrete», ha puntualizzato.
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Sul finire del 2024, l’Alleanza Atlantica aveva annunciato l’avvio di un innovativo polo unificato per la difesa cibernetica all’interno della propria sede belga, previsto in funzione entro il 2028. S
I partner della NATO avevano in precedenza attribuito alla Russia l’infiltrazione di server istituzionali, l’interferenza sui segnali GPS di velivoli e l’intrusione di droni nei loro cieli territoriali. Il governo russo ha rigettato le imputazioni come belliciste, qualificando invece le restrizioni e gli apporti occidentali a Kiev come «aggressione ibrida».
A giudizio di RED Security, nel corso di quest’anno gli strike informatici contro la Federazione Russa sono cresciuti del 46%. Tra gli episodi di spicco, a luglio ha avuto luogo la violazione del database dell’Aeroflot, l’aviolinea nazionale russa, attribuita da due collettivi pro-ucraini.
Come riportato da Renovatio 21, nelle ore successive all’attacco contro la compagnia aerea di bandiera russa, il Roskomnadzor ha bloccato lo strumento di misurazione delle prestazioni di Internet Speedtest, gestito dalla società statunitense Ookla, citando minacce all’infrastruttura digitale nazionale.
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Guerra cibernetica
Internet down in tutto il mondo a causa del crash del sistema di Cloudfare
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Guerra cibernetica
Orban: gli ucraini sono dietro il furto dei dati personali dei cittadini dell’UE
Dietro il furto e la fuga di dati personali di 200.000 ungheresi ci sono individui ucraini e un partito di opposizione ungherese, ha dichiarato il premier magiaro Vittorio Orban, definendo la situazione un «grave rischio per la sicurezza nazionale» che richiede un’immediata indagine statale.
Le accuse, formulate in una dichiarazione video di lunedì, seguono le notizie diffuse dai media ungheresi secondo cui un database con i nomi, gli indirizzi e i recapiti degli utenti che avevano scaricato l’app di organizzazione Vilag del partito Tisza è stato brevemente pubblicato online alla fine della scorsa settimana.
Il partito pro-UE e il suo leader Peter Magyar rappresentano la principale opposizione al governo Orban, che accusa l’UE di interferire nella politica interna del Paese.
«Un grave scandalo ha scosso la vita pubblica ungherese. I dati personali di 200.000 nostri connazionali sono stati pubblicati online senza il loro consenso», ha dichiarato Orban. «In base alle informazioni attuali, questi dati sono stati raccolti dal partito Tisza».
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Il primo ministro di Budapesto ha affermato che un’analisi del database ha dimostrato che «anche individui ucraini erano coinvolti nella gestione dei dati» e ha ordinato ai funzionari della sicurezza nazionale di condurre l’indagine.
Sia il partito Tisza che il suo leader hanno negato qualsiasi coinvolgimento ucraino nello sviluppo dell’app. Magyar ha affermato domenica – senza fornire prove – che l’app del partito era stata presa di mira da «hacker internazionali… che sono ovviamente supportati dai servizi segreti russi».
Tuttavia, un articolo del quotidiano ungherese Magyar Nemzet ha ipotizzato che i dati trapelati provenissero dalla piattaforma Vilag, osservando che le prime voci corrispondevano ad account di sviluppatori e tester, alcuni con identificativi dello stato ucraino.
Orban, un critico convinto del sostegno militare occidentale all’Ucraina, ha ripetutamente affermato che l’UE e Kiev stanno cospirando per influenzare la politica ungherese e portare al potere il partito Tisza, sostenuto da Bruxelles, nelle elezioni del 2026.
Affermazioni simili sono state riprese all’inizio di quest’anno dal Servizio di Intelligence estero russo (SVR), secondo cui la Commissione Europea stava «studiando scenari di cambio di regime» in Ungheria.
Bruxelles intende portare Magyar al potere nelle elezioni parlamentari del 2026, «se non prima», ha affermato l’SVR, aggiungendo che Bruxelles starebbe impiegando significative «risorse amministrative, mediatiche e di lobbying», mentre i servizi segreti ucraini farebbero il «lavoro sporco».
Come riportato da Renovatio 21, il ministro magiaro Szijjarto ha dichiarato che l’Unione Europea sta tentando di rovesciare i governi di Ungheria, Slovacchia e Serbia perché danno priorità agli interessi nazionali rispetto all’allineamento con Bruxelles.
A inizio ottobre Orban ha ribadio apertis verbis che i leader dell’UE sembrano intenzionati a trascinare il blocco in un conflitto con la Russia.
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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso Orban ha avviato una petizione contro il cosiddetto «piano di guerra» dell’UE, avvertendo che il sostegno continuo all’Ucraina sta spingendo il blocco verso un confronto diretto con la Russia.
Il primo ministro ad agosto aveva accusato il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj di aver minacciato gli ungheresi aggiungendo che l’Ucraina non può entrare nell’Unione Europea con la forza attraverso estorsioni, attentati e intimidazioni. In estate gli attacchi ucraini all’oleodotto Druzhba («Amicizia») di questo mese hanno ripetutamente interrotto i flussi verso Ungheria e Slovacchia, suscitando rabbia in entrambi i Paesi dell’UE.
Durante un’intervista a Tucker Carlson nell’agosto 2023, il premier ungherese Vittorio Orban aveva dichiarato significativamente che Ungheria e Serbia erano pronte ad entrare in guerra contro chiunque facesse saltare il loro gasdotto.
Come riportato da Renovatio 21, nelle scorse settimane è stata data alle fiamme nella zona di confine una chiesa cattolica ungherese, sui cui muri è stato scritto in ucraino «coltello agli ungheresi».
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