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Geopolitica

Specialista di disinformazione ci informa che adesso Putin se ne andrà. Eccerto

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La rivista americana The Atlantic lo scorso 11 settembre ha pubblicato un editoriale di Anne Applebaum,  personaggio Premio Pulitzer considerabile vicina ai necon.

 

La Applebaum, americana di famiglia ebraica naturalizzata polacca si ritiene una esperta di «information warfare», guerra dell’informazione, e di disinformazione, ed è intervenuta negli anni scorsi per attaccare la presunta propaganda russa su Facebook e dare sostegno alla campagna 2016 di Hillary Clinton.

 

Nel suo editoriale, la Applebaum chiede che nessun Paese ora parli o tratti con il presidente russo Vladimir Putin o i suoi rappresentanti, perché presto sarà il presidente russo sarà defenestrato, assicura.

 

L’intellettuale, autrice di saggi sulla storia del comunismo, non vede alcun pericolo nella mutevole situazione bellica, ma solo una «vittoria» sulla Russia di Putin.

 

Il fulcro della trionfalistica tirata della Applebauma è l’idea che «quando le élite russe si rendono finalmente conto che il progetto imperiale di Putin non è stato solo un fallimento per Putin personalmente, ma anche un disastro morale, politico ed economico per l’intero paese, comprese loro stesse, allora la sua pretesa di essere il legittimo sovrano della Russia svanisce».

 

«Quando scrivo che americani ed europei devono prepararsi per una vittoria ucraina, questo è ciò che intendo dire: dobbiamo aspettarci che una vittoria ucraina, e certamente una vittoria nell’interpretazione ucraina del termine, porti anche alla fine del regime di Putin».

 

In breve, Kiev vincerà sul campo di battaglia e Putin, non è chiaro in che modo, sarà detronizzato. Non si capisce davvero a chi stia parlando: forse al pubblico televisivo, alla massa vaccina, che si beve la propaganda NATO e nient’altro? Difficile dirlo, perché anche quelli, oramai, nutrono più di qualche dubbio, nonostante il gasamento gialloblu per la presa di Izyum, a cui potrebbe seguire una risposta russa che il regime kievita potrebbe non essere in grado di sopportare.

 

Eccerto. L’Ucraina stravince e Putin viene licenziato – diciamo così. Sono cose davvero belle da leggersi, specie considerando le coordinate della fonte.

 

«The Atlantic chiama la Applebaum semplicemente “una corrispondente” e Wikipedia dice che è “una giornalista americana”, ma Applebaum ha trascorso la maggior parte del suo tempo nel Regno Unito o in Polonia da quando ha lasciato Yale nel 1986» scrive EIRN.

 

La scrittrice ha gestito presso la nota London School of Economics un programma denominato «Arena che servirebbe a combattere la disinformazione nel 21° secolo – uno sforzo che Albione persegue anche con i suoi servizi segreti informatici del GCHQ con quello che è stato chiamato «Information Front».

 

Insomma, una vera esperta di fake news, quindi una pioniera di quel ministero della Verità orwelliano che stava istituendo Biden, e che è tuttavia già implementato dai social e dai fact checker.

 

Durante la sua carriera, la statunitense-polacca si è dedicata, alla questione delle «autocrazie», le quali, per mezzo di un loro fascino altamente seduttivo, minaccerebbero le democrazie..

 

Ecco che quindi la Applebauma tira la stoccata finale, non a Putin ma alla Russia intera: defenestrato Vladimir, non vi sarebbe una persona affidabile che ne prenderebbe il posto.

 

«Non solo non abbiamo idea di chi potrebbe o potrebbe sostituire Putin; non abbiamo idea di chi potrebbe o potrebbe scegliere quella persona. In Unione Sovietica c’era un Politburo, un gruppo di persone che poteva teoricamente prendere una decisione del genere, e molto occasionalmente lo faceva. Al contrario, in Russia non esiste un meccanismo di transizione. Non c’è nessun delfino».

 

Non è chiaro se la scrittrice russofoba vorrebbe una linea di successione stile Elisabetta IICarlo III, un grande meccanismo politico democratico che si sta mostrando al mondo ora in tutto in uno splendore tale che pure le guardie attorno al feretro della sovrana perdono i sensi.

 

Non è chiaro nemmeno se la Applebauma stia considerando altro: è come se dicesse, in fondo, che non basta eliminare il vertice della Russia, la sua politica.

 

E quindi, ci chiediamo, cosa bisogna fare? Eliminare tutta la Russia nella sua interezza? Mette i brividi, ma i mezzi tecnici per farlo ci sono, almeno dal periodo (di cui abbiamo immane nostalgia) chiamato Guerra Fredda…

 

Non è che questo sia il solito sogno mostruosamente proibito di revanscismo che può far di notte qualche polacco estremista o di qualche famiglia ebraica scappata un secolo e passa fa dalle terre dello Zar?

 

Non sappiamo, ma il pensiero inquieta molto: se al Cremlino non vogliono Putin, e nemmeno un suo sostituto, cosa vogliono?

 

 

 

 

Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0), immagine modificata.

 

 

 

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Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.

 

Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.

 

«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.

 

Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.

 

All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.

 

La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.

 

Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.

 

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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Geopolitica

Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.   Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.   Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».   Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».   «Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.   Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.   Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».   «La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.   Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.   Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.

 

Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.

 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.

 

Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.

 

Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».

 

«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».

 

Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».

 

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.

 

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