Economia
Sostanziale contrazione della produzione industriale tedesca

La Commissione europea ha chiesto di ridurre del 15% il consumo di gas questo inverno. La Germania, tuttavia, ha già tagliato l’intera quota, consumando il 14,3% in meno di gas tra gennaio e maggio rispetto all’anno precedente, secondo l’Associazione tedesca delle industrie dell’energia e dell’acqua (BDEW).
Secondo la BDEW, il calo del consumo di gas è stato particolarmente forte a maggio: con 44,5 miliardi di kWh, era «più di un terzo in meno rispetto a maggio 2021».
Tuttavia, nota EIRN, «se si includono le alte temperature di quest’anno, il consumo è ancora un decimo in meno rispetto allo stesso mese dell’anno scorso».
La realtà alla base di questi tagli è una riduzione della produzione: secondo i dati del sondaggio della Camera di commercio tedesca (DIHK) su 3.500 imprese, la produzione e l’occupazione vengono tagliate già dal 16% delle imprese, anche dal 32% delle filiali ad alta intensità energetica.
«Secondo l’indagine, un totale del 16% delle aziende industriali si sente obbligato a rispondere all’attuale situazione energetica ridimensionando la produzione o interrompendo almeno parzialmente le attività. Secondo le loro stesse informazioni, poco meno di un quarto di loro l’ha già fatto e un altro quarto è in procinto di farlo» ha riferito la DIHK il 25 luglio.
«Circa la metà di queste società afferma che stanno ancora pianificando di intraprendere le misure corrispondenti».
Per quanto riguarda le industrie ad alta intensità energetica, «poco meno di un quarto di esse, ovvero un totale dell’8% di tutte le aziende ad alta intensità energetica, ha già implementato misure corrispondenti. Un altro 10% delle aziende ad alta intensità energetica sta riducendo la propria forza lavoro, secondo le proprie dichiarazioni, e un ulteriore 14% sta pianificando tali passaggi».
«Queste sono cifre allarmanti», ha affermato il presidente del DIHK Peter Adrian. «Mostrano quanto i prezzi dell’energia costantemente elevati gravano sulla nostra posizione. Molte aziende non hanno altra scelta che chiudere o trasferire la produzione».
Mentre socialdemocratici e verdi puntano a tagli apparentemente «inevitabili», il loro partner di coalizione di governo, il Partito Liberal-democratico, propone di estendere l’uso dell’energia nucleare oltre l’uscita definitiva prevista alla fine del 2022, fino alla primavera del 2024.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana si erano sentiti gli ammonimenti di colossi industriali come ThyssenKrupp che parlavano di chiusura totale degli stabilimenti qualora fosse venuto a mancare il gas russo.
Una stima del crollo del PIL fornita il mese scorso dall’Associazione Industriali della Baviera (VBW) prevedeva che senza gas russo (da cui la Germania dipende per oltre il 40%) avrebbe fatto evaporare il 12,7% del prodotto interno lordo tedesco.
A marzo si era speso pubblicamente il capo del grande gruppo industriale Bosch opponendosi frontalmente all’embargo sul gas russo.
Parimenti, anche il vertice di Volkswagen aveva domandato apertamente il governo la fine della guerra e i negoziati di pace per il bene dell’industria tedesca.
Come riportato da Renovatio 21, il Land Baviera, tramite il suo ministro dell’economia, aveva comunicato già nei primi giorni della guerra in Est Europa che la cancellazione delle importazioni di gas russo potrebbe cagionare la distruzione di 220 mila posti di lavoro almeno.
La Germania, che ha già sfiorato il blackout del gas prima della guerra e ha sperimentato a fine marzo una carenza energetica tale da paralizzare metà del suo traffico ferroviario, conosce i rischi della situazione: il Paese si prepara ad attivare «luoghi di riscaldamento» dove chi non avrà più i termosifoni in funzione in casa (a causa dell’incapacità degli «sfollati energetici» di pagare la bolletta, o dell’assenza totale di gas), potrà cercare di non morire di freddo.
Il vicecancelliere Habeck, quello che ripete che in autunno ci saranno rivolte della popolazione, ha tuttavia dichiarato che potrebbe essere che, in caso di razionamento duro, la priorità della distribuzione del gas potrebbe andare alle aziende invece che alle famiglie.
Economia
Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.
La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.
Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».
Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.
Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.
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Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.
Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.
A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.
Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.
Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.
A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.
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Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
Trump porge il ramoscello d’ulivo a Musk. Cui Tesla prepara un possibile pagamento da un trilione

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Economia
La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.
In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».
«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.
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Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.
L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.
Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.
I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0
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