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Soldati indiani uccisi in un’imboscata vicino al confine con il Pakistan
Almeno quattro persone, tra cui due soldati e due civili, sono state uccise dopo che i militanti hanno sparato proiettili contro un veicolo dell’esercito indiano nella regione del Jammu e Kashmir al confine con il Pakistan. Altri tre soldati hanno riportato ferite, hanno riferito i media indiani venerdì.
Il People’s Anti-Fascist Front (PAFF), ritenuto una propaggine del gruppo militante pakistano Jaish-E-Mohammed, ha rivendicato la responsabilità dell’attacco, avvenuto nei pressi della località turistica di Gulmarg, secondo quanto riportato.
In particolare, il gruppo ha orchestrato un attentato suicida nella regione di Pulwama in Kashmir nel 2019, in cui hanno perso la vita 40 militari indiani e hanno ulteriormente indebolito i legami tra i due vicini dell’Asia meridionale.
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«È stata avviata una massiccia operazione di ricerca contro i militanti responsabili dell’attacco», ha detto a Reuters un funzionario dell’esercito, il cui nome non è stato reso noto. Il funzionario ha affermato che sono stati inviati ulteriori rinforzi nella zona. L’esercito indiano ha schierato droni ed elicotteri per scandagliare la zona in cui è avvenuto l’attacco, secondo quanto riportato.
L’incidente avviene in un contesto di peggioramento della situazione della sicurezza nella regione, che ha recentemente tenuto le sue prime elezioni locali in dieci anni. Domenica, i militanti hanno ucciso a colpi d’arma da fuoco almeno sette persone e ne hanno ferite altre cinque mentre lavoravano a un progetto di tunnel vicino a un’altra città turistica, Sonamarg.
Omar Abdullah, il neoeletto primo ministro del territorio dell’Unione, ha descritto la recente ondata di attacchi nella regione come «una questione di seria preoccupazione» in un post su X.
Very unfortunate news about the attack on the army vehicles in the Boota Pathri area of North Kashmir which has resulted in some casualties & injuries. This recent spate of attacks in Kashmir is a matter of serious concern. I condemn this attack is the strongest possible terms &…
— Omar Abdullah (@OmarAbdullah) October 24, 2024
Gli ultimi attacchi arrivano anche dopo la recente visita del ministro degli Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar in Pakistan, la prima di qualsiasi ministro degli Esteri del paese in nove anni, per partecipare a un summit della Shanghai Cooperation Organization (SCO). Prima della sua visita, Jaishankar ha condannato Islamabad per la sua «politica di terrorismo transfrontaliero», affermando che «non avrà mai successo».
Il Kashmir è stato un punto di contesa tra India e Pakistan per decenni, con entrambi i paesi che lo rivendicano come proprio. Nuova Delhi ha ripetutamente accusato Islamabad di sostenere il terrorismo transfrontaliero e la militanza nell’area a maggioranza musulmana, mentre Islamabad ha accusato l’India di violare i diritti umanitari dei residenti della regione.
I legami tra India e Pakistan sono gelidi dal 2019, in seguito all’attacco di Pulwama in Kashmir che ha ucciso 40 soldati indiani. In risposta, Nuova Delhi ha condotto un «attacco chirurgico» contro il gruppo terroristico a Balakot in Pakistan. Più avanti nel 2019, Islamabad ha declassato le sue relazioni con Nuova Delhi dopo che il governo federale guidato dal Primo Ministro Narendra Modi ha revocato i privilegi costituzionali speciali per la regione.
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Pakistan e India sono potenze atomiche. La questione del Kashmir mai è stata risolta e si presenta, secondo alcuni osservatori, come possibile innesco di scontro termonucleare. A inizio anno i due Paesi erano finiti in una querelle riguardo ad un missile supersonico lanciato dalle forze di Islamabad.
L’India durante il 2024 è entratata nel piccolo gruppo di Paesi in grado di lanciare missili MIRV, ossia testate nucleari multiple consegnate con un unico missile balistico intercontinentale.
Come riportato da Renovatio 21, un soldato indiano era stato rapito ed assassinato due settimane fa al confine col Pakistan.
Due mesi Nuova Delhi aveva dichiarato di aver sventato un tentativo di infiltrazione di terroristi in Kashmir. Il ministro della Difesa indiano Rajnath Sing ha dichiarato lo scorso mese che il Pakistan costituisce una «fabbrica del terrorismo».
Come riportato da Renovatio 21, India e Cina, altro Paese con cui ci sono stati scontri fra soldati al confine, avrebbero raggiunto un accordo negli ultimi giorni.
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Immagine di Flowcomm via Flickr pubblicata su licenza Creative Common Attribution 2.0 Generic
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Trump risponde al nuovo «missile invincibile russo»: «non stiamo scherzando»
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Bannon: necessario uno Stato cristiano di Gerusalemme
Secondo Steve Bannon, ex consigliere del presidente statunitense Donald Trump e conduttore di podcast, per porre fine al conflitto a Gaza e promuovere la pace nella regione è necessaria una «soluzione a tre Stati», che includa uno «Stato cristiano». Non è chiaro, tuttavia, se egli intenda l’esistenza di uno Stato cristiano parallelamente allo Stato Ebraico ed un futuro Stato musulmano palestinese.
Nel suo podcast War Room dello venerdì, Bannon ha sostenuto che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non è riuscito a realizzare la sua visione di un «Grande Israele», un’idea ispirata a una terra biblica che si estende dal Nilo all’Eufrate. Il rifiuto da parte della classe dirigente israeliana di uno Stato palestinese e l’espansione continua degli insediamenti in Cisgiordania sono leggibili come prove di un perseguimento concreto di tale obiettivo.
«Il progetto di Netanyahu per un Grande Israele gli si è ritorto contro… Ha danneggiato Israele. Per questo serve una soluzione a tre stati, e uno di questi deve essere lo stato cristiano di Gerusalemme», ha dichiarato Bannon. «Abbiamo bisogno di uno stato cristiano in Terra Santa. È necessario per garantire che tra 20, 25, 30 anni la situazione sia più o meno stabilizzata».
Steve Bannon says Türkiye is back in the game, “Erdogan’s going to be the security force in Gaza.”
“We’ve unwound in two months what took 100 years to end. The Ottomans are back.
This Greater Israel project blew up in Netanyahu’s face.
The Ottomans played the long game.” pic.twitter.com/K1Qxa4UDiQ
— Clash Report (@clashreport) October 25, 2025
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All’inizio di ottobre, Steve Bannon aveva espresso opinioni non dissimili, dichiarando che la pace a Gaza «non può funzionare» limitandosi a coinvolgere solo «musulmani ed ebrei». Non ha fornito dettagli su come uno stato cristiano potrebbe essere istituito né ha spiegato perché ciò porterebbe stabilità alla regione.
L’ex advisor del presidente Trump durante il primo mandato ha sostenuto che né Israele – definito un «protettorato» e «stato vassallo» degli Stati Uniti – né Hamas, da lui descritto come un «attore minore», determineranno il futuro a lungo termine di Gaza. Secondo Bannon, il Qatar finanzierà la ricostruzione di Gaza, mentre la Turchia assumerà il ruolo di «forza di sicurezza».
L’ex consigliere ha poi affermato che, sebbene il piano di pace di Trump non abbia esplicitamente riconosciuto la sovranità palestinese, il quadro suggerisce ciò che ha chiamato un «proto-Stato palestinese», insinuando che Washington potrebbe, in futuro, riconoscerne la sovranità.
Non è chiaro, tuttavia, se Bannon stia parlando della creazione uno Stato cristiano parallelamente allo Stato Ebraico ed un futuro Stato musulmano palestinese – l’idea politica di Hamas, più che dell’ANP cisgiordana.
Riteniamo l’idea di tre Stati paralleli totalmente errata, ma anche quella di due Stati: come specificato in tanti interventi, Renovatio 21 crede nella soluzione ad uno Stato solamente: lo Stato Cristiano, l’unico a non essere permesso, mentre abbiamo nell’aereo la frizione tra teocrazie, con lo Stato Ebraico e vari Stati Islamici (compreso lo Stato Islamico ISIS, che ad un certo punto pure confinava con lo Stato degli Ebrei).
È evidente che solo uno Stato Cristiano può portare la pace in Terra Santa, così come già dimostrato, secoli fa, con il Regno di Gerusalemme.
No alla soluzione a più Stati. Sì allo Stato Crociato.
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Immagine di Djampa via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International, 3.0 Unported, 2.5 Generic, 2.0 Generic e 1.0 Generic
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La Croazia ripristina la leva militare
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