Connettiti con Renovato 21

Arte

Serial Killer, ossessione, genomica. Renovatio 21 recensisce «I’ll be gone in the Dark»

Pubblicato

il

Renovatio 21 pubblica questo articolo apparso su Mondoserie.

 

Il male esiste ed è una persona. Chi non è religioso, si può trovare – nonostante le fesserie di Nietzsche fatte studiare alla scuola dell’obbligo – a concordare con quanto detto se si trova pensare davvero al concetto di serial killer.

 

Gli assassini seriali, gli stupratori seriali, sono creature criptozoologiche – rare al punto da pensare che non esistano, che non può essere vero vi siano al mondo esseri così. 

 

Come lo Yeti, il mostro di Lochness, il tilacino, il calamaro gigante, il Kongamato la criptozoologia del serial killer genera studio e ossessione – soprattutto ossessione – senza fondo. L’idea di avvicinarsi sempre di più al mostro, per conoscerlo, per comprenderlo, o addirittura per acciuffarlo (anche dopo decenni…) consuma molte più menti di quanto immaginiamo. Ci sono intere sottoculture dedite ai mostri umani delle cronache degli ultimi decenni. Ci sono vite intere – e mica solo di poliziotti ed investigatori, ma di scrittori, avvocati, dipendenti di uffici pubblici, casalinghe, operai – gettate nella fornace dell’ossessione: chi ha compiuto quegli omicidi irrisolti? Dov’è ora? Riusciremo mai a capire perché lo facesse? Riusciremo mai a prenderlo e a fargliela pagare?

 

I’ll Be Gone in the Dark, sette episodi usciti la scorsa estate per il canale americano HBO, è esattamente un documentario su quanto stiamo dicendo: una vita, bonaria e brillante, divorata dalla tarantola della caccia al killer. 

 

Non è la storia del mostro – il Golden State Killer, che ha commesso almeno 13 omicidi, 50 stupri e 120 furti con scasso in tutta la California tra il 1973 e il 1986 – ma dell’incredibile donna che gli diede la caccia, e lo vinse: sia pure dopo la morte di lei.

 

 

Una ragazza contro l’antico mostro

Michelle McNamara, classe 1970, era una bella ragazza irish dell’Illinois. Viveva ad Hollywood, dove scriveva per TV e cinema. Qui aveva incontrato suo marito, il celeberrimo stand-up comedian Patton Osvalt: lo avete visto in moltissimi film, per esempio in Young Adult di Jason Reitman, coprotagonista di Charlize Theron.

 

Patton e Michelle avevano una figlia, e una bella vita famigliare. Michelle nel 2006 apre un sito, TrueCrimeDiary. Sotto l’ombrello di «True Crime Fiction» si intendono tutti gli scritti riguardanti omicidi e misteri realmente avvenuti, e spesso senza soluzione alcuna. 

 

La sua fama (e il traffico sul suo sito) esplosero quando si comprese la profondità del lavoro che stava svolgendo sul East Area Rapist («lo stupratore dell’area orienale), un violentatore seriale della zona di Sacramento degli anni Settanta. Michelle lo identificò con un altro mostro seriale, l’Original Night Stalker, e con il Visalia Ransacker: altri mostri comparsi in California nel periodo, ma che la McNamara riteneva essere la stessa persona.

 

Non era la prima a pensarlo, tuttavia fu la prima a poterlo dire – quarant’anni dopo! – ad alta voce: merito della serie è far vedere, grazie ad interviste opportune, come anche negli USA la macchina burocratica possa inceppare le piste giuste, persino in emergenze come quella di un tizio che entra in casa per stuprare ed uccidere.

 

Ossessione e trionfi postumi

La McNamara studiò il caso per anni. I suoi diari, letti estensivamente durante gli episodi, danno conto di quanto un lavoro del genere porti via alla vita di una madre; parlare di violenze indicibili con un sopravvissuto, e poco dopo organizzare la festa di compleanno di tua figlia…

 

Mise in contatto ogni tassello. Parlò con chiunque: sopravvissuti, famigliari, poliziotti, assistenti sociali, altri scrittori interessati al caso. Visitò i luoghi del delitto infinite volte. Ad un certo punto riuscì a farsi dare scatoloni di fascicoli, vecchi di decenni, sui casi: riempivano un’auto famigliare e l’intera stanza di una casa.

 

Il suo lavoro divenne un articolone per il Los Angeles Magazine nel 2013, con un seguito nel 2014. Il successo fu clamoroso. Alcuni investigatori, ancora in qualche modo attivi nel tentare di risolvere i casi, notarono la sua serietà e profondità, e cominciarono a fidarsi di lei, condividendo il materiale. Soprattutto, una grande casa editrice di Nuova York, HarperCollins, notò i pezzi e offrì un contratto per un libro. Lei accettò, conscia di quanto, sotto il peso del mistero e del perfezionismo, questo le avrebbe complicato – e infine distrutto – la vita.

 

Nacque così I’ll Be Gone in the Dark: One Woman’s Obsessive Search for the Golden State Killer, tradotto in Italia da Newton Compton con il titolo Dieci brutali delitti. Il libro divenne un New York Times Bestseller – il degno risultato dello sforzo sovrumano della McNamara, che doveva conciliare l’essere madre e moglie con l’essere cacciatrice di serial killer. Tuttavia, questo meritato successo è amaro, perché postumo. Come la vittoria più grande: la cattura del mostro – il trionfo che Michelle non ha potuto vedere, mancando di pochi mesi.

 

La McNamara è morta nel sonno il 21 aprile 2016. Secondo l’autopsia , la sua morte è stata dovuta agli effetti di più farmaci, tra cui Adderall (stimolante manfetaminico per stare svegli e mantenere l’attenzione), alprazolam (cioè lo Xanax, un benzodiazepinico per gli attacchi d’ansia) e l’immancabile fentanyl, la super-eroina che sta distruggendo gli USA, e che ha ucciso Prince (fanno pensare le immagini di Michelle e il marito che vanno ad un concerto di Prince, forse uno degli ultimi, per festeggiare un compleanno. Un’overdose accidentale, ma una conferma della devastazione che farmaci e droghe stanno portando nella società americana. 

 

Michelle ha lasciato un marito eccezionale (il cui affetto traspira da ogni poro del film) e una bambina piccola. Tuttavia, il suo lavoro rispetto al Golden State Killer cominciava ad essere maturo. E conscio di come la tecnologia stesse cambiando i paradigmi investigativi, aprendo incredibili autostrade nella soluzione dei cold case.

 

Genomica antikiller

All’orizzonte, si affacciava intanto una nuova possibilità investigativa, che di cui Michelle si interessò subito. Tutti gli americani stavano uploadando in rete il proprio DNA grazie a servizi come 23andMe ed altre aziende di analisi genomica di consumo. Gli dai un tampone della tua saliva, loro ti danno una serie di informazioni sulla tua salute (informazioni non sempre esatte) ma soprattutto ti dicono quali parenti hai in giro per il Paese: trovi sicuramente qualcuno con i tuoi geni che ha a sua volta usufruito del servizio… et voilà, ecco quello che hanno definito «un nuovo social network», la possibilità di incontrare persone in giro per il mondo con i quali, legittimamente o meno, condividiamo tratti familiari.

 

L’idea investigativa era quella di prendere del materiale genetico del Golden State Killer (dietro di sé ne ha lasciato tanto…), uploadarlo nei siti di genomica di consumo, e da lì riuscire a trovare un parente cui poi sottomettere un profilo: un probabile agente delle forze dell’ordine, nato attorno agli anni quaranta, altezza medio-bassa, piccolo pene, ha vissuto nelle aree interessate dai crimini…

 

L’idea, a quanto sembra, era stata presa sul serio da una genetista che lavorava con un agente in confidenza con Michelle, Barbara Rai-Venter. La Venter è l’ex moglie del pioniere della biologia sintetica Craig Venter, pioniere dello studio del genoma umano e «autore» di esseri viventi (al momento, solo batteri) interamente artificiali dotati di un genoma interamente sintetico.

 

La ricerca genetica (non diversa, con tutti i dubbi possibili, da quella che portò in Italia all’arresto di Bossetti nel caso Yara Gambirasio) diede un risultato preciso. La polizia frugò nella spazzatura del sospettato, per trovare DNA da matchare con quello dell’assassino stupratore di quaranta anni prima. Beccato.

 

Giustizia finale

Grazie a questi immensi sacrifici, sia pure con ritardo intollerabile, giustizia è stata fatta.

 

Si chiama Joseph DeAngelo. La sua storia personale, per quanto inescusabile, aggiunge una imprevista nota di amarezza finale: assistette alla stupro della sorella ancora bambina da parte di soldati americani di stanza in Germania.

 

(Sorvoliamo qui sugli abissi bioetici che si sono aperto con questo caso: è giusto, è etico, è legale che usino i miei dati genetici per arrestare un mio parente? Pur capendo di essere in era pandemica, dove lo stato di diritto è uno scherzo nostalgico, qualcuno è ancora in grado di ragionare sulla privacy?)

 

La ricchezza del materiale personale offerto alla documentarista Liz Garbus dal marito di Michelle, che si apre enormemente nelle interviste agli autori, rendono questa serie un unicum, quasi un pezzo di new journalism, dove una storia oggettiva, e di rilevanza storica e nazionale se non mondiale si fonde con il vissuto intimo di chi fa l’inchiesta.

 

Cave Tarantulam

Un film sull’ossessione della ricerca, più che sul mostro, o sul suo caso. In comparazione, bisognerebbe riguardarsi Zodiac, film di David Fincher dove il morso della tarantola – l’ossessione invincibile per trovare la verità dietro agli omicidi – colpisce il vignettista del giornale locale, finito nel labirinto del mistero di un altro mostro californiano mai catturato.

 

E non crediate di essere immuni: non vaccino per la tarantola seriale. In Italia ne abbiamo una quantità: ognuno di voi ha un amico ossessionato dal Mostro di Firenze.

 

La storia dell’assassino dei noviluni fiorentini viene fuori a tutti i livelli di conversazione: barzellette («perché invitano sempre il Mostro di Firenze alla feste?»), video YouTube (il Vanni che esclama toscanamente «Viv’idduce» durante il processo, non prima di aver augurato un cancro ad un ex compagno di merende), infiniti programmi di inchiesta sulla TV pubblica e privata…

 

E se pensate che si tratti solo di un fenomeno zonale, vi sbagliate: dovete ricordare Thomas Harris, l’inventore di Hannibal Lecter, che presenzia a quello stesso processo (cosa avrà capito?) per poi ispirarsi in quell’Hannibal (sequel del Silenzio degli Agnelli) trasposto al cinema da Ridley Scott.

 

E, ancora, sul mostro, articoli su articoli: l’ultima che abbiamo sentita dice, portando pure qualche strana prova, che Zodiac e il Mostro sarebbero la stessa persona…

 

Ecco perché bisogna stare attenti: l’ossessione consuma, l’ossessione uccide. L’ossessione è killer.

 

Poesia e profezia

Ad ogni modo, riteniamo che siano di poesia altissima, e di valore umano e civile, le ultime righe del libro della McNamara, da cui la serie ha tratto e ampliato tutto.

 

Michelle non sa ancora chi sia il Golden State Killer, il vertice della sua ossessione. Non sa ancora, e non lo saprà mai, che la sua cattura è imminente. Ma la sua lucidità è totale e profetica.

 

Un giorno, presto, sentirai un’auto accostare al tuo marciapiede, un motore che si spegne. Sentirai dei passi sul vialetto di casa. Come hanno fatto per Edward Wayne Edwards, ventinove anni dopo aver ucciso Timothy Hack e Kelly Drew, a Sullivan, nel Wisconsin. Come hanno fatto con Kenneth Lee Hicks, trent’anni dopo aver ucciso Lori Billingsley, ad Aloha, nell’Oregon.

 

Il campanello suonerà .

 

Nessun cancello laterale verrà lasciato aperto. Hai passato molto tempo dal saltare una staccionata. Farai uno dei tuoi respiri iperbolici. Stringerai identi. Avanzerai timidamente verso il campanello insistente.

 

Ecco come finirà per te.

 

«Rimarrai in silenzio per sempre, e io me ne andrò nell’oscurità», hai minacciato una volta una vittima.

 

Apri la porta. Mostraci il tuo volto.

 

Cammina verso la luce.

 

 

 

 

 

 

Articolo previamente apparso su Mondoserie.it

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

 

 

 

Continua a leggere

Arte

L’Ungheria celebra un millennio di cristianesimo con una croce gigante fatta di droni nel cielo

Pubblicato

il

Da

L’Ungheria ha celebrato la sua eredità cristiana nel giorno di Santo Stefano con fuochi d’artificio e una croce gigante formata nel cielo dai droni. Lo riporta LifeSite.

 

Il 20 agosto, l’Ungheria ha celebrato la sua festa nazionale, la festa di Santo Stefano I, il primo re d’Ungheria. Durante i festeggiamenti, droni luminosi hanno formato una croce gigante sopra il Danubio, vicino al palazzo del Parlamento.

 

Il ministro degli Affari Esteri e del Commercio Peter Szijjarto ha condiviso un’immagine della croce galleggiante con la didascalia «Altri mille anni», in riferimento al fatto che l’Ungheria è una nazione cristiana da un millennio.

 

Lo spettacolo prevedeva anche fuochi d’artificio, una banda musicale e una processione con le reliquie di Santo Stefano.

 

Sostieni Renovatio 21

«Nel giorno di Santo Stefano celebriamo il nostro millenario Stato cristiano ungherese, fondamento della nostra nazione, pilastro dell’Europa cristiana», ha scritto il premier Vittorio Orban su X. «Orgogliosi di portare avanti questa eredità di fede, forza e indipendenza».

 


Durante il suo primo mandato da primo ministro (1998-2002), l’Orban ha avuto un ruolo chiave nello spostamento della corona di Santo Stefano da un museo al centro del palazzo del Parlamento, un atto simbolico che ha sottolineato l’importanza del patrimonio cristiano dell’Ungheria.

 

«Oggi, 20 agosto, festa di Santo Stefano: celebrazioni in tutto il mondo, ovunque si trovino gli ungheresi», ha affermato l’ambasciatore ungherese presso la Santa Sede, Sua Altezza Imperiale arciduca Edoardo d’Asburgo-Lorena.

 


«Celebriamo oltre 1.000 anni di nazione cristiana» ha scritto SAR.

 

Le immagini dello spettacolo a Budapest sono impressionanti, monumentali in un senso epico e moderno al contempo.

 

 

 

 

 

L’Ungheria ha organizzato uno spettacolo di luci simile il giorno di Santo Stefano degli anni passati, quando i droni hanno pure formato una gigantesca croce fluttuante e una gigantesca corona.

 

 

 

Durante il regime sovietico, la festa di Santo Stefano fu soppressa. Il regime comunista scelse deliberatamente il 20 agosto 1949 come giorno per ratificare la nuova costituzione stalinista, in un apparente tentativo di sostituire la festa e promuovere il comunismo ateo. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1989, i 40 anni di occupazione comunista dell’Ungheria terminarono e la festa di Santo Stefano divenne la nuova festa nazionale ungherese.

 

Re Santo Stefano I fu un fervente cattolico e il primo re cristiano d’Ungheria. Papa Silvestro II lo incoronò nell’anno 1000. Morì il giorno dell’Assunzione del 1038 e, sul letto di morte, dedicò il paese a Maria. Lui e suo figlio Emerico furono canonizzati da Papa San Gregorio VII nel 1083.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine da Twitter

 

 

Continua a leggere

Arte

«Il gender ha ampiamente pieno possesso dell’opera lirica»

Pubblicato

il

Da

«Il gender ha ampiamente pieno possesso dell’opera lirica» è quanto scrive Pierluigi Panza su Il Fatto d’arte in un articolo che parla della tendenza in auge nei teatri e nei festival musicali, anche prestigiosi. «Del resto, l’opera è un suo territorio naturale poiché da sempre popolato di castrati, ruoli en-travesti, donne travestite da uomini e viceversa».   Nel Novecento, per convenzione, i ruoli originariamente destinati ai castrati sono stati interpretati da donne con voci da mezzosoprano o contralto en-travesti, spiega il critico. Di conseguenza, le voci tradizionalmente presenti sui palcoscenici mondiali sono state quelle di soprano, mezzosoprano e contralto per le donne, e di basso, baritono e tenore per gli uomini.   Negli ultimi anni, però, si è affermata la voce del controtenore tra gli uomini, inizialmente utilizzata principalmente per ricoprire i ruoli scritti per i castrati. Quello che sembrava un capriccio più che una necessità si è rapidamente trasformato in una tendenza diffusa, con un impatto sorprendente e inaspettato.   «Lo vediamo attualmente nel Festival di Salisburgo, dove in giorni successivi sono state messe in scena Drei Schwestern (le Tre sorelle da Anton Cehov) di Eötvös, Giulio Cesare in Egitto di Haendel e Hotel Metamorphosis, un pastiche su musiche di Vivaldi» racconta il Panza. Nella riformulazione di Tre sorelle, il compositore ha fatto la scelta di affidare tutte le parti femminili a «voci maschili, scelta legata al teatro kabuki che è privo di connotazioni maschili o femminili».

Sostieni Renovatio 21

«Una proposta del genere non può che piacere negli odierni tempi fluidi; così le tre sorelle sono state messe in scena con tre bei marcantoni» scrive il critico che avverte che anche il ruolo del soprano è ora insidiato dal genderimo: «la rivoluzione gender non si è fermata al trionfo diffusionale dei controtenori – quasi ricercate star come lo furono i castrati –, ma ha esteso ai maschi la voce da soprano».   «Così avviene nel Giulio Cesare in Egitto sempre in scena al Festival di Salisburgo. Qui il ruolo del romano Sesto è scritto da Haendel per un soprano o per un contralto castrato, cioè per una donna o per un castrato. A interpretarlo a Salisburgo è Federico Fiorio, un soprano veronese. E via con il resto dei ruoli: Giulio Cesare, Christophe Dumax, è un controtenore; Tolomeo, Yuriy Mynenko, un controtenore e Nireno, Jake Ingbar, pure lui un controtenore».   «È la moda del gender, bellezza!» conclude il critico d’arte.   Eravamo rimasti all’idea, diffusa dai giornali e dalle psicologhe invitate nelle scuole elementari cattoliche, che la teoria del gender non esiste. E invece, il gender è all’opera.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
 
Continua a leggere

Arte

Gli Oasis contro le «lesbiche atee di sinistra»

Pubblicato

il

Da

Il chitarrista e cantante degli Oasis, Noel Gallagher, durante il concerto del 30 luglio allo stadio di Wimbledon, tra due canzoni ha fatto una domanda particolare al suo pubblico di migliaia di persone

 

«Ci sono lesbiche atee di sinistra?» ha domandato il musicista mancuniano con la chitarra a tracolla. «Potete alzare la mano, per favore?».

 

«Nemmeno una» prosegue il Gallagher, infilandoci dentro la classica parolaccia anglofona con la «f». «Che razza di cultura siamo diventati, eh? Che disgrazia».

 

«La prossima canzona è per le lesbiche atee» dice il Noele. Il pubblico ride, lui parte con una canzone, Where Did It All Go Wrong? (2000).

 

 

Sostieni Renovatio 21

Il Gallagher stava prendendo in giro una comica progressista che sosteneva che gli Oasis fossero la ragione per cui nessuno si presentava ai suoi spettacoli.

 

Kate Smurthwaite si descrive come una «comica, scrittrice, attivista». Il pubblico britannico la ricorda per svariate clip sulla guerra culturale risalenti a quasi un decennio fa, in cui difendeva il femminismo, il politicamente corretto e altro ancora, spesso venendo presa in giro. Un sito di stand up comedy la descrive nella sua pagina di biografia come «una comica e attivista di sinistra, femminista, atea e poliamorosa».

 

La scorsa settimana la Smurthwaite si è cimentata nella parte di stand-up comedy della sua carriera al Fringe Festival di Edimburgo e sfortunatamente il suo spettacolo ha coinciso con un concerto degli Oasis durante la tappa del tour di ritorno della band in Scozia.

 

Mercoledì scorso, la comica lesbica ha pubblicato un video da un locale in cui si vedeva una sala vuota 25 minuti dopo l’inizio previsto del suo spettacolo.

 

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Kate Smurthwaite (@kate_smurthwaite)

Iscriviti al canale Telegram

«Questo è l’effetto Oasis», ha affermato. «Grandi gruppi di persone con magliette degli Oasis non sono interessati al mio spettacolo né a quello di nessun altro».

 

In un video successivo in cui si vedono folti peli protudere imperiosamente dalle sue ascelle, la Smurthwaite si è lamentata del fatto che il concerto degli Oasis non avrebbe dovuto essere programmato contemporaneamente al festival d’arte e che i notiziari hanno «distorto la storia» che circondava le sue affermazioni.

 

 

Ha ampliato la sua lamentela iniziale sul fatto che gli Oasis dovrebbero essere più rispettosi nei confronti degli altri artisti, aggiungendo che la storia era stata «trasformata in qualcosa del tipo: “un’orrenda comica femminista non riesce ad avere un pubblico per il suo spettacolo perché è sveglia, non è divertente, nessuno è interessato, non è brava come gli Oasis, è amareggiata e furiosa”».

 

La Smurthwaita ha affermato che la copertura mediatica stava oscurando questioni più importanti che affliggono la Gran Bretagna, come il «cambiamento climatico» e le «orribili politiche razziste sull’immigrazione».

 

Nel 2021, a ridosso delle elezioni, il Gallagherro si era scagliato contro il Partito Laburista, reo di essere talmente impresentabile da farsi battere dal Partito Conservatore di Boris Johnson.

 

«Boris Johnson è il simbolo di quanto disgraziato sia il Labour Party, perché se quel fottuto uomo e questo Conservative Party hanno vinto di misura contro il Labour Party allora ho paura di cosa dovremmo dire del partito laburista: una fottuta disgrazia» aveva dichiarato il chitarrista intervistato in un podcasto.

 

«Hanno tradito la classe operaia, hanno tradito la cazzo di gente qualunque e hanno permesso a questa fottuta disgrazia di governare il Paese» ha chiosato l’artista mancuniano. «Il Partito Laburista moderno sono stronzi della classe media che odiano la classe operaia, cazzo, la odiano; è tutto qui e questi cazzo di Tories sono tipo: “Noi li patrociniamo allora”. Quando si sono presi tutti i voti a Nord Boris probabilmente è tornato a Londra e ha detto “Bene, che vadano a fanculo”».

Aiuta Renovatio 21

In passato Renovatio 21 non è stata tenere con gli Oasis, riportando della tragedia che nel dicembre 2021 costrinse 60 persone, bloccate da una tempesta di neve, ad ascoltare per tre giorni cover del gruppo: un evento dove, fortunatamente, non si ebbero vittime.

 

«Non è noto quante volte sia stata ripetuta la cover di Wonderwall, e quali altre perle insopportabili dei litigiosi fratelli mancuniani siano state inferte alla popolazione bloccata nella locanda» scriveva questo sito. «Al momento Renovatio 21 non è in grado di affermare se si sia trattato di un nuovo studio di un progetto MK Ultra segretamente rilanciato, una nuova ricerca dei limiti di sopportazione della mente umana posta sotto immenso stress e tortura. Gli Oasis come arma psicologica tuttavia potrebbero funzionare assai».

 

«Si ritiene che agli Oasis sia inoltre possibile imputare un altro immane danno all’umanità, che è la diffusione – in ispecie in Italia – del nome Liam» aggiungevamo non senza allarme ed amarezza.

 

Tuttavia, visti i recenti sviluppi, ci chiediamo: che sia il caso di ricredersi?

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine screenshot da YouTube

Continua a leggere

Più popolari