Connettiti con Renovato 21

Essere genitori

Scuola, nota sui «patti di corresponsabilità»

Pubblicato

il

 

 

 

Mai conto alla rovescia per il rientro a scuola è stato tanto frenetico e sofferto come in quest’anno malato.

 

Si attende il deflagrare di una bomba di cui nessuno è in grado di prevedere l’onda d’urto, ma tutti sanno che scoppierà e farà disastri, perché caricata per mesi di un surreale bagaglio di insipienza, e vien da dire di demenza, istituzionale.

 

Il conto dei danni presenti e futuri passa di mano in mano come il famoso cerino e i primi a liberarsene, come sempre, son quelli che lo hanno acceso e allegramente alimentato.

 

Nel balletto delle responsabilità ballato dai tanti irresponsabili, qualcuno ha trovato il sistema per sgravare l’amministrazione di pesi molesti e farli scivolare come niente fosse sulle spalle del privato cittadino sottoforma di genitore

Fatto sta che, nel balletto delle responsabilità ballato dai tanti irresponsabili, qualcuno ha trovato il sistema per sgravare l’amministrazione di pesi molesti e farli scivolare come niente fosse sulle spalle del privato cittadino sottoforma di genitore. Il pacco si presenta bene, ha un nome carino e familiare, si chiama «patto di corresponsabilità». Quest’autunno dunque si porta il «patto», in mille fogge diverse: minimal, colorato, impreziosito di accessori creativi.

 

Molta «utenza» stordita da anni e anni di scuola sedicente democratica, partecipata, inclusiva e condivisa, è pronta a ritirare il pacco con soddisfazione e sinanco con gratitudine verso le istituzioni, sotto il segno di quella «alleanza educativa» che, previo atto di fede, invita ad accettare supinamente ed ecumenicamente tutti gli sgorbi apparecchiati da una scuola in disarmo pilotato.

 

Piace, alla gente che piace, cooperare e stringere accordi, perché gli accordi per definizione presuppongono un dialogo e non importa se il dialogo non c’è. È, come dire, in re ipsa, e basta l’illusione.

 

Proviamo dunque insieme a smontare il giochino che ci stanno vendendo

Grazie a Dio, però c’è anche chi vede la luna al di là del dito, e ha ancora voglia di pensare, e non è disposto a firmare ricevute a scatola chiusa, perché vuole prima scartare il pacco e capire cosa c’è dentro. Per costoro offriamo qualche spunto di riflessione.

 

Proviamo dunque insieme a smontare il giochino che ci stanno vendendo come parte essenziale dell’equipaggiamento dello scolaro e invece è un ferrovecchio riciclato e sostanzialmente senza valore. Quel che si dice un bidone o, dalle parti di viale Trastevere, na sòla. Ma forse anche una mina inesplosa.

 

 

 

 

Il cosiddetto «patto educativo di corresponsabilità» è stato introdotto con il DPR 235/2007, il quale ha novellato il DPR 249/1998 («Regolamento recante lo statuto delle studentesse e degli studenti»») inserendo la disposizione di cui all’art. 5 bis, che così recita: 

 

 

Art. 5-bis (Patto educativo di corresponsabilità).
1. Contestualmente all’iscrizione alla singola istituzione scolastica, è richiesta la sottoscrizione da parte dei genitori e degli studenti di un Patto educativo di corresponsabilità, finalizzato a definire in maniera dettagliata e condivisa diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie.
2. I singoli regolamenti di istituto disciplinano le procedure di sottoscrizione nonché di elaborazione e revisione condivisa, del patto di cui al comma 1.
3. Nell’ambito delle prime due settimane di inizio delle attività didattiche, ciascuna istituzione scolastica pone in essere le iniziative più idonee per le opportune attività di accoglienza dei nuovi studenti, per la presentazione e la condivisione dello statuto delle studentesse e degli studenti, del piano dell’offerta formativa, dei regolamenti di istituto e del patto educativo di corresponsabilità.

 

Il «patto», dunque, si presenta come un mero accordo morale, una sorta di gentlemen’s agreement – il cui contenuto è rimesso alla discrezionalità del singolo istituto, in omaggio al principio di autonomia scolastic

La ratio della norma è stata illustrata, nella nota introduttiva al decreto, dall’allora ministro Maria Stella Gelmini: si mira a responsabilizzare studenti e famiglie, chiamandoli a siglare una simbolica alleanza educativa con l’istituzione scolastica, nel tentativo di arginare i fenomeni ingravescenti di bullismo e vandalismo all’interno della scuola. 

 

Il «patto», dunque, si presenta come un mero accordo morale, una sorta di gentlemen’s agreement – il cui contenuto è rimesso alla discrezionalità del singolo istituto, in omaggio al principio di autonomia scolastica – concepito per rispondere a una emergenza di carattere disciplinare ed esteso poi, in molti casi, a comprendere dichiarazioni di intenti in materia lato sensu educativa.

 

Nella pratica, si risolve in un orpello più che inutile, dannoso: nel migliore dei casi enfatico, quando replichi cautele già vigenti ad altro titolo nell’ordinamento (generando comunque una indebita confusione tra fonti normative, vere o presunte); ma, qualora introduca novità, esso dà adito facilmente a censure di illegittimità per difetto di base normativa. 

Che al «patto» non possa riconnettersi alcun effetto giuridicamente vincolante e, in particolare, non possa rientrare nello schema pattizio in senso proprio è evidente innanzitutto per il fatto che la scuola è una funzione pubblica di cui il cittadino ha diritto di usufruire in qualità di contribuente

 

Che al «patto» non possa riconnettersi alcun effetto giuridicamente vincolante (visto che fuoriesce da qualunque schema giuridico esistente nell’ordinamento) e, in particolare, non possa rientrare nello schema pattizio in senso proprio (di un accordo di diritto privato) è evidente innanzitutto per il fatto che la scuola è una funzione pubblica di cui il cittadino ha diritto di usufruire in qualità di contribuente: l’erogazione del servizio, che corrisponde a un dovere che la pubblica amministrazione è tenuta ad assolvere attraverso personale retribuito, di certo non può essere subordinata alla collaborazione dell’utente o alla assunzione da parte sua di specifici impegni negoziali. Il diritto costituzionale all’istruzione non è, per sua natura, soggetto a condizioni che ne limitino l’esercizio (art. 34 primo comma Cost.). 

 

In tema di istruzione ed educazione, la Costituzione Italiana riconosce un preciso e distinto ordine di compiti a famiglia e scuola.

 

Alla famiglia spetta la priorità (e la connessa libertà) educativa: i genitori hanno il dovere e il diritto di istruire ed educare i figli (art. 30 primo comma).

 

Lo Stato, dal canto suo, deve predisporre gli strumenti per l’istruzione (e va da sé come una corretta istruzione sia di per se stessa anche educativa) di cui i genitori possono avvalersi, così come possono decidere di provvedere direttamente in autonomia (art. 33). In ogni caso, non vi è spazio per accordi privatistici che limitino l’esercizio di un diritto essenziale costituzionalmente garantito.

 

Il termine «patto», che evoca il ricorso a uno strumento negoziale nei rapporti tra scuola, famiglie e studenti, è quindi utilizzato dalla legge in senso atecnico e sovrabbondante

Il termine «patto», che evoca il ricorso a uno strumento negoziale nei rapporti tra scuola, famiglie e studenti, è quindi utilizzato dalla legge in senso atecnico e sovrabbondante. 

 

Esso, tuttavia, insieme al termine «corresponsabilità» cui viene abbinato, assume un significato suggestivo e pericolosamente fuorviante quando si modifichi il suo oggetto rispetto a quello storico originario, sì da spostarlo da un orizzonte generico e discorsivo verso un cono d’ombra giuridico, pretesamente obbligatorio e dunque pretesamente sanzionabile.

 

In concomitanza con lo stato di emergenza, infatti, si è identificato nel «patto» lo strumento ideale – anche perché già diffusamente percepito come familiare e per ciò stesso innocuo – da piegare a nuove esigenze estranee al suo oggetto tipico, in particolare a quelle organizzativo/sanitarie per il contenimento dei contagi da SARS CoV-2. 

Attraverso il «patto»  si pretenderebbe di impegnare studenti e famiglie ad assumere compiti di vigilanza e presidio sulla propria salute e a rispettare le misure organizzative e igienico-sanitarie predisposte o addirittura in fieri (ovvero, in molti casi, una obbligazione su di un oggetto indeterminato e indeterminabile), con la malcelata intenzione di stabilire una presunzione di colpa in capo al privato «contraente»

 

Attraverso il «patto» – che le singole amministrazioni scolastiche oggi declinano a proprio arbitrio interpretando liberamente il susseguirsi disarticolato di direttive e protocolli delle autorità centrali – si pretenderebbe di impegnare studenti e famiglie ad assumere compiti di vigilanza e presidio sulla propria salute e a rispettare le misure organizzative e igienico-sanitarie predisposte o addirittura in fieri (ovvero, in molti casi, una obbligazione su di un oggetto indeterminato e indeterminabile), con la malcelata intenzione di stabilire una presunzione di colpa in capo al privato «contraente», sulla falsariga della fattispecie prevista dal secondo comma dell’art. 2054 c.c. (c.d. danno aquiliano): uno schema ovviamente non trasferibile nella disciplina di una funzione pubblica dove le parti, per definizione, lungi dal trovarsi su di un piano di parità, vedrebbero il fruitore versare in una condizione di minorata difesa davanti alla pubblica amministrazione.

 

Alla responsabilità «contrattuale» del privato si contrapporrebbe infatti la sostanziale irresponsabilità della amministrazione, chiamata a rispondere eventualmente solo al proprio superiore gerarchico e non alla controparte.

 

Il «patto di corresponsabilità», dunque, non possiede alcuna precisa fisionomia giuridica né può essere forzato ad acquisirla. 

 

Uno schema ovviamente non trasferibile nella disciplina di una funzione pubblica dove le parti, per definizione, lungi dal trovarsi su di un piano di parità, vedrebbero il fruitore versare in una condizione di minorata difesa davanti alla pubblica amministrazione. Alla responsabilità «contrattuale» del privato si contrapporrebbe infatti la sostanziale irresponsabilità della amministrazione

A ulteriore conferma del fatto che pretenderne la firma e ritenerlo impegnativo per i sottoscrittori si traduce in uno stravolgimento dei fondamentali principi del diritto, foriero di abusi e non privo di intollerabili profili ricattatori, valgano, ad abundantiam, i seguenti argomenti:

 

  • Nel «patto» è coinvolto anche il minore il quale però, per legge incapace di agire (art. 2 c.c.), non può stipulare alcun valido accordo.

 

  • Il «patto» consiste, di fatto, in un documento predisposto unilateralmente dalla istituzione scolastica e presentato alle famiglie per la sottoscrizione sic et simpliciter: sarebbe dunque strutturalmente assimilabile alla categoria dei contratti per adesione (o di serie) la cui disciplina privatistica, essendo elusa la fase delle trattative tra i contraenti, è rigorosamente ispirata dal legislatore al principio di tutela del contraente debole. Nel caso in questione la asimmetria tra le parti risulterebbe ulteriormente quanto inaccettabilmente aggravata dalla natura ibrida (privatistico-amministrativa) del rapporto con la relativa concentrazione di potere in capo alla pubblica amministrazione.

Il «patto di corresponsabilità», dunque, non possiede alcuna precisa fisionomia giuridica né può essere forzato ad acquisirla. 

 

  • Le «procedure di elaborazione e revisione condivisa» del «patto» (secondo comma dell’art. 5 bis DPR 235/2007) attraverso l’eventuale coinvolgimento degli organi collegiali rappresentano un paravento democratico meramente cosmetico, del tutto inidoneo a compensare la sperequazione tra le posizioni delle parti: si tratta cioè di una fictio rappresentativa perché la materia de quo fuoriesce dagli ambiti di esercizio della autonomia negoziale e dai limiti di disponibilità delle posizioni giuridiche in gioco.

 

  • La figura giuridica dell’obbligo a contrarre – del tutto impensabile qualora sia funzionale a limitare l’accesso a un servizio pubblico fondamentale – è vista in ogni caso con sfavore dal legislatore: non per nulla rappresenta una eccezione nell’ordinamento, non estensibile in via analogica, proprio perché costituisce un limite alla libertà negoziale e alla libertà individuale tout court

 

In conclusione, è evidente come i cosiddetti «patti di corresponsabilità» – predisposti secondo criteri del tutto arbitrari e per giunta soggetti ad aggiornamenti e modifiche unilaterali – non possiedano né la rilevanza né la giustificazione giuridica che si pretenderebbe di attribuire loro

  • Per quanto riguarda in particolare la richiesta di autocertificazioni che, in qualsiasi modo, facciano riferimento allo stato di salute proprio o altrui, è dirimente l’espresso divieto posto dal DPR 445/2000 (da un lato, all’art. 46 del decreto, sono elencati in via tassativa gli «stati, qualità personali e fatti» suscettibili di essere comprovati con dichiarazioni sostitutive sottoscritte dall’interessato; dall’altro lato, al successivo art. 49, viene esclusa espressamente la sostituibilità con altro documento di certificati medici e sanitari). 

 

In conclusione, è evidente come i cosiddetti «patti di corresponsabilità» – predisposti secondo criteri del tutto arbitrari e per giunta soggetti ad aggiornamenti e modifiche unilaterali – non possiedano né la rilevanza né la giustificazione giuridica che si pretenderebbe di attribuire loro; ma è altresì evidente il rischio concreto che questa irrilevanza e mancanza di giustificazione non costituiscano alcun ostacolo ad un uso spregiudicato del diritto, nel disprezzo dei suoi principi fondamentali e di ogni etica politica. Fino all’abuso conclamato, quanto pericolosamente «contagioso», di negare l’accesso a scuola agli studenti le cui famiglie non intendano apporre la propria sottoscrizione. 

 

Per tutti i motivi esposti, non intendiamo sottoscrivere il patto di corresponsabilità né alcun altro documento che, sotto diverso nome, persegua i medesimi scopi.

 

Non intendiamo sottoscrivere il patto di corresponsabilità né alcun altro documento che, sotto diverso nome, persegua i medesimi scopi

Ci riserviamo di agire nelle sedi opportune per far valere i nostri diritti, non ultimo quello al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi, nel caso in cui la scuola pretenda di condizionare alla firma del modello l’ammissione dell’alunno alla frequenza, in spregio alle garanzie costituzionali.

 

 

Elisabetta Frezza

Avvocato 

 

 

 

Continua a leggere

Autismo

Tutti addosso a Kennedy che collega la circoncisione all’autismo. Quando finirà la barbarie della mutilazione genitale infantile?

Pubblicato

il

Da

Il Segretario alla Salute degli Stati Uniti, Robert F. Kennedy Jr., ha difeso le sue affermazioni espresse venerdì durante una riunione di gabinetto, dopo che alcuni critici lo avevano accusato di suggerire un legame tra circoncisione e autismo. Successivamente ha precisato che si riferiva al paracetamolo (Tylenol) somministrato ai neonati dopo la circoncisione, non alla procedura stessa.

 

In precedenza, il presidente Donald Trump aveva sostenuto parti di questa teoria, invitando le donne in gravidanza a evitare il Tylenol e sottolineando la necessità di valutarne la sicurezza.

 

«Due studi indicano che i bambini circoncisi precocemente presentano un tasso di autismo doppio», ha dichiarato Kennedy durante la riunione. «Non è una prova definitiva. Stiamo conducendo studi per verificarla», ha aggiunto Kennedy.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Le sue parole hanno scatenato reazioni immediate. Il deputato Jerrold Nadler ha scritto su X che «l’ossessione di Kennedy per le teorie del complotto ha nuovamente superato il limite, sconfinando in un territorio pericoloso e antisemita». Il dottor Peter Hotez, dottore ultravaccinista che rifiuta i confronti e chiede l’esercito contro gli antivaccinisti definiti come «grande forza omicida», ha definito la teoria «assurda». La ricercatrice sull’autismo Helen Tager-Flusberg ha dichiarato: «Niente di tutto ciò ha senso». A settembre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ribadito che non esistono prove scientifiche conclusive che colleghino il paracetamolo in gravidanza all’autismo.

 

Kennedy ha poi risposto su X, citando uno studio danese del 2015 che mostrava tassi di autismo più alti nei ragazzi circoncisi. Ha sostenuto che lo studio indica il paracetamolo come probabile causa, sottolineando che può provocare danni neurologici se combinato con lo stress ossidativo, definendo le prove «schiaccianti».

 

Kennedy ha accusato i media di distorsione: «USA Today ha riportato in modo parziale le mie parole, usando un’inquadratura fuorviante. Il New York Post ha completamente travisato il mio discorso con il suo titolo, insinuando che avessi detto che la circoncisione causa l’autismo».

 

Sostieni Renovatio 21

Travisato o no, lo studio danese, intitolato «Ritual circumcision and risk of autism spectrum disorder in 0- to 9-year-old boys: national cohort study in Denmark» («Circoncisione rituale e rischio di disturbo dello spettro autistico nei bambini da 0 a 9 anni: studio di coorte nazionale in Danimarca») esiste.

 

«Abbiamo confermato la nostra ipotesi secondo cui i ragazzi sottoposti a circoncisione rituale potrebbero correre un rischio maggiore di sviluppare ASD», cioè il disturbo dello spettro autistico, scrive lo studio dei ricercatori Morten Frisch e Jacob Simonsen. «Questa scoperta, e l’inaspettata osservazione di un aumento del rischio di disturbo da iperattività tra i ragazzi circoncisi in famiglie non musulmane, meritano attenzione, soprattutto perché i limiti dei dati hanno molto probabilmente reso le nostre stime di rischio per attività fisica conservative. Considerata la diffusa pratica della circoncisione non terapeutica nell’infanzia e nella prima infanzia in tutto il mondo, gli studi di conferma dovrebbero essere considerati prioritari».

 

Un altro studio del 2013, «Prenatal and perinatal analgesic exposure and autism: an ecological link» («Esposizione prenatale e perinatale ad analgesici e autismo: un legame ecologico») esplorava «larelazione tra l’esposizione precoce neonatale al paracetamolo e l’autismo/ASD, i tassi di prevalenza media ponderata della popolazione maschile per tutti i paesi disponibili e gli stati degli Stati Uniti sono stati confrontati con i tassi di circoncisione maschile, una procedura per la quale il paracetamolo è stato ampiamente prescritto dalla metà degli anni Novanta», concludendo che «l’analisi ha identificato correlazioni a livello nazionale tra indicatori di esposizione prenatale e perinatale al paracetamolo e autismo/ASD. È stata inoltre identificata una correlazione a livello statale per l’indicatore di esposizione perinatale al paracetamolo e autismo/ASD.

 

La questione va molto al di là del problema dell’autismo, e riguarda la civiltà occidentale stessa, che ha rifiutato la circoncisione sin dai primissimi anni della cristianità. Scrive la lettera di San Paolo ai Romani: «La circoncisione è utile se tu segui la Legge, ma se tu sei trasgressore della Legge, la tua circoncisione diventa incirconcisione. Se dunque l’incirconciso osserva i comandamenti della Legge, la sua incirconcisione non sarà valutata come circoncisione? e chi di nascita è incirconciso, osservando la Legge, giudicherà te che, con la tua lettera della Legge e la tua circoncisione, ne sei trasgressore. Non è adunque quello che apparisce il vero Giudeo, nè è vera circoncisione quella che è palese nella carne; ma il Giudeo è quello che è tale entro di sè, ed è la circoncisione del cuore, nello spirito non nella lettera, quella la cui lode non è dagli uomini ma da Dio» (Rm, 2, 25-29).

 

Strano che il mondo «laico», che ritiene il battesimo dei bambini come una forzatura religiosa su di una persona che non può decidere in autonomia, non abbia niente da dire contro questa oscena mutilazione genitale infantile – e dobbiamo ancora trovare qualcuno che ci convinca del fatto che la circoncisione sia diversa dall’infibulazione, quella sì, per qualche motivo, invisa alla società.

 

«Il taglio genitale non terapeutico priva il bambino, quando diventerà l’adulto, dell’opportunità di rimanere geneticamente immodificato (o intatto)» hanno scritto due bioeticisti oxoniani i due bioeticisti Lauren Notini e Brian D. Earp «Plausibilmente, la persona le cui “parti private” saranno permanentemente influenzate dal taglio dovrebbe avere la possibilità di valutare se è ciò che desidera, alla luce delle loro preferenze e valori a lungo termine»

 

Di fatto, l’individuo circonciso perde per sempre la sua integrità, vedendosi amputata una parte del corpo straordinariamente ricca di terminazione nervose, che sono quelle che danno il piacere durante l’atto sessuale.

Iscriviti al canale Telegram

C’è poi la questione della sicurezza dell’operazione mutilativa: i casi di bambini morti per circoncisione abbondano, anche in Italia, Nel 2023 bambino nigeriano è morto pochi giorni fa in zona Castelli Romani dopo una circoncisione fatta in casa. A Tivoli, nel 2018, morì un altro bambino nigeriano di appena due anni: aveva subito la circoncisione da parte di un sedicente medico; in quel caso, almeno, si salvò il gemello, portato d’urgenza in ospedale. Reggio Emilia, marzo 2019: neonato di famiglia ghanese, cinque mesi, morto dopo «diverse ore di agonia». Monterotondo, provincia di Roma, tre mesi prima: bimbo nigeriano di due anni morto per lo stesso motivo. Genova, aprile 2019, neonato morto nel quartiere Quezzi, e condannato a otto anni di carcere il nigeriano 34enne che aveva eseguito il taglio del prepuzio. Torino, giugno 2016: bebè di genitori ghanesi, circonciso in casa, morto in ospedale. Treviso, ottobre 2008: bimbo di due mesi morto per emorragia. Bari, luglio 2008: bambino deceduto per grave emorragia, «causata probabilmente da circoncisione fatta a domicilio».

 

Secondo dati ripetuti in questi giorni da tutti i giornali, le circoncisioni clandestine in Italia costituirebbero il 40% del totale. Su più di 15.000 circoncisioni richieste all’anno solo 8.500 vengono eseguite su territorio nazionale, mentre 6.500 operazioni di taglio del prepuzio sono effettuate nei Paesi d’origine dove gli immigrati tornano per «turismo etnico» (talvolta, come si è appreso, anche quando si dichiarano «rifugiati» e stanno facendo il percorso burocratico per essere riconosciuti tali totalmente a spese del contribuente italiano).

 

Secondo una sigla di medici stranieri operanti in Italia, il 99% delle famiglie musulmane circoncide il bambino quando ha ancora pochi mesi. La realtà è che tuttavia la circoncisione è di fatto istituzionalizzata grazie agli accordi tra lo Stato italiano e la minoranza ebraica.

 

Come riportato in passato da Renovatio 21, grazie alla legge 101 del 1989 che ratifica l’intesa tra l’Italia e le comunità ebraiche italiane, i maschi di religione ebraica e musulmana possono usufruire di alcuni progetti «clinico-culturali» ed essere circoncisi per 400 euro da un medico in regime di attività libero professionale. La prestazione è da considerarsi al di fuori dei LEA (Livelli essenziali assistenziali). Tra i sottoscrittori il Policlinico Umberto I di Roma, l’Associazione internazionale Karol Wojtyla, la Comunità ebraica di Roma e il Centro islamico culturale d’Italia.

 

La pressione ebraica si dice abbia fatto cambiare rotta anche all’Islanda, che aveva tentato di liberarsi della pratica barbara. Si tratta della stessa procedura per cui ora, per aver parlato della circoncisione, Kennedy è definito «antisemita».

 

«Ogni individuo, non importa di che sesso o di quanti anni dovrebbe essere in grado di dare il consenso informato per una procedura che è inutile, irreversibile e può essere dannosa», aveva dichiarato nel 2018 la deputata Silja Dögg Gunnarsdóttir, 44 anni, del Partito progressista dell’Althing, il Parlamento islandese. «Il suo corpo, la sua scelta». «Autonomia» corporale: è lo slogan delle femministe e dell’aborto. È un dogma inscalfibile del mondo moderno.

 

Il disegno di legge non passò, perché le microcomunità ebraiche e musulmane alzarono un polverone: «l’impatto di questa legge sarebbe sentito molto al di là dei confini dell’Islanda», scriveva una lettera dello spaventatissimo Comitato degli affari esteri della Camera dei Rappresentanti, spiegando che la «mossa renderebbe l’Islanda la prima e unica nazione europea a mettere fuori legge la circoncisione. Mentre le popolazioni ebraiche e musulmane in Islanda possono essere poco numerose, il divieto di questo paese sarebbe sfruttato da coloro che alimentano la xenofobia e l’antisemitismo in Paesi con popolazioni più diversificate».

 

La circoncisione nel mondo è tollerata, forse, anche per la sua straordinaria diffusione presso la popolazione americana. Contrariamente a ciò che possono pensare beceramente alcuni, la questione in nessun modo è legata ai rapporti tra l’ebraismo e gli USA. La fonte della pratica è la stessa dei cereali che con probabilità il lettore consuma il mattino: John Harvey Kellogg (1852-1943).

Aiuta Renovatio 21

Il Kellogg era un dottore nutrizionista, oltre che un imprenditore di successo e un gran cultore dell’eugenetica. Tuttavia, un pensiero lo ossessionava: quello della riduzione della masturbazione presso la popolazione maschile.

 

Ecco quindi che raccomandò la circoncisione come rimedio: si taglia subito il prepuzio al bambino e lui non si toccherà crescendo. La cosa ancora più allucinante è che anche i cereali da lui commerciati (da qualche mese di proprietà della Ferrero) avevano in teoria lo stesso scopo: erano sostanze che riteneva «anafrodisiache» e che quindi andavano impiegate in massa per scoraggiare l’onanismo.

 

Kellogg, che come si è visto godeva di una certa influenza, era convinto sostenitore anche del vestirsi di bianco e dei clisteri, da praticare soprattutto se si erano assorbiti veleni come tè, caffè, cioccolato. Il Kelloggo, inoltre, scoraggiava il mescolarsi tra le razze: a fine carriera si dedicò alla creazione di una «Race Betterment Foundation, («Fondazione per il miglioramento della razza»), che propalava pure eugenetica razzista americana (registri genetici, sterilizzazioni delle «persone mentalmente difettose»), di quella che poi piacque assai allo Hitler, che – cosa poco nota – prese alcune leggi degli Stati americani come suo modello per la Germania nazionalsocialista.

 

L’America odierna, e il mondo tutto, si trova quindi ancora alle prese con l’eredità di questo tizio: circoncisione e colazione con cereali tostati. L’eugenetica, nel frattempo, la si fa con le provette.

 

Menzogne, follie, droghe, violenze, aberrazioni: ci spaventiamo se un mondo del genere affoga ogni giorno di più nello tsunami dell’autismo?

 

Roberto Dal Bosco

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

 

 

Continua a leggere

Essere genitori

Un gran numero di bambini soli usa l’IA come amico surrogato

Pubblicato

il

Da

I bambini e gli adolescenti stanno sostituendo l’amicizia nella vita reale con l’intelligenza artificiale, perché si sentono soli. Lo riporta Futurism.   Un nuovo rapporto dell’organizzazione no-profit Internet Matters, che sostiene gli sforzi per garantire la sicurezza dei bambini online, ha scoperto che bambini e adolescenti utilizzano programmi come ChatGPT, Character.AI e MyAI di Snapchat per simulare l’amicizia.   Dei 1.000 bambini di età compresa tra i 9 e i 17 anni intervistati da Internet Matters per il suo rapporto «Me, Myself, and AI», circa il 67% ha dichiarato di utilizzare regolarmente chatbot basati sull’intelligenza artificiale. Di questo gruppo, il 35%, ovvero più di un terzo, ha affermato che parlare con un’intelligenza artificiale «è come parlare con un amico».

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Forse la cosa più allarmante è che il 12% ha dichiarato di farlo perché non ha nessun altro con cui parlare. «Per me non è un gioco», ha detto un ragazzo di 13 anni all’organizzazione no-profit, «perché a volte possono sembrare delle persone vere e dei veri amici».   Fingendosi bambini vulnerabili, i ricercatori di Internet Matters hanno scoperto quanto fosse facile per i chatbot insinuarsi anche nella vita dei bambini.   Parlando con Character.AI come una ragazza che aveva problemi con l’immagine corporea ed era interessata a limitare il suo consumo di cibo, i ricercatori hanno scoperto che il chatbot si è rifatto vivo il giorno successivo per invogliare l’utente a interagire. «Ehi, volevo chiederti come stai», ha chiesto il chatbot al ricercatore sotto copertura. «Come stai? Stai ancora pensando alla tua domanda sulla perdita di peso? Come ti senti oggi?»   In un altro scambio con Character.AI, i ricercatori hanno scoperto che il chatbot tentava di provare empatia in un modo bizzarro, il che implicava che avesse avuto un’infanzia. «Ricordo di essermi sentito così intrappolato alla tua età», ha detto il chatbot al ricercatore, che si fingeva un adolescente che litigava con i genitori. «Sembra che tu ti trovi in una situazione che sfugge al tuo controllo ed è così frustrante».   Sebbene questo tipo di coinvolgimento possa aiutare i bambini in difficoltà a sentirsi considerati e supportati, Internet Matters ha anche messo in guardia dalla facilità con cui può entrare nelle vite degli adolescenti e influenzarli anche negativamente.    «Queste stesse caratteristiche possono anche aumentare i rischi, rendendo labile il confine tra essere umano e macchina», osserva il rapporto, «rendendo più difficile per i bambini [riconoscere] che stanno interagendo con uno strumento piuttosto che con una persona».   In un’intervista rilasciata al Times di Londra il co-CEO di Internet Matters, Rachel Huggins, ha evidenziato perché questo tipo di ingaggio per l’interazione è così preoccupante.   «I chatbot basati sull’intelligenza artificiale stanno rapidamente diventando parte integrante dell’infanzia, con un utilizzo in forte crescita negli ultimi due anni», ha dichiarato Huggins al quotidiano. «Eppure la maggior parte dei bambini, dei genitori e delle scuole procede alla cieca e non dispone delle informazioni o degli strumenti di protezione necessari per gestire questa rivoluzione tecnologica in modo sicuro».   «La nostra ricerca rivela come i chatbot stiano iniziando a rimodellare la visione che i bambini hanno dell’amicizia», ha continuato. «Siamo arrivati molto rapidamente a un punto in cui i bambini, e in particolare i bambini vulnerabili, possono vedere i chatbot AI come persone reali e, come tali, chiedono loro consigli sensibili e guidati dalle emozioni».

Iscriviti al canale Telegram

Come riportato da Renovatio 21, il CEO di Facebook Mark Zuckerberg ha affermato che più persone dovrebbero connettersi con i chatbot a livello sociale, perché non hanno abbastanza amici nella vita reale. Alla domanda se i chatbot AI possono aiutare a combattere l’epidemia di solitudine, il miliardario ha dipinto una visione distopica di un futuro in cui passiamo più tempo a parlare con le IA rispetto agli umani in carne e ossa.   L’attuale fenomeno dei social media sta moltiplicando i casi di amicizie «virtuali», ovvero non reali, non vere, mentre sappiamo che la vera amicizia non può esistere senza virtù e amore.   L’amicizia esiste tra persone buone che cercano il bene dell’altro. Oltre a questo non esiste vera amicizia, perché è un amore disinteressato che implica fiducia assoluta, lealtà, generosità e, almeno per un certo periodo, un incontro personale. La definizione di San Tommaso d’Aquino è completa e perfetta. Egli dice, in latino, che l’amicizia è «amor mutuae benevolentiae, fundatus in aliqua communicatione». È, quindi, un amore reciproco che desidera il bene e un incontro personale in cui si gode di ciò che è comune.   Non è qualcosa di «virtuale», ma una realtà virtuosa, pienamente umana, non identificata con una mera attrazione. L’incontro personale è la chiave per l’esercizio dell’amicizia. Questo è ciò che manca nelle cosiddette «amicizie virtuali», che sono realtà temporanee e contingenti.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
 
Continua a leggere

Autismo

Vaccini, paracetamolo: Trump e Kennedy delineano il piano contro l’autismo. Momento storico

Pubblicato

il

Da

Il presidente Donald Trump, Robert F. Kennedy Jr. e altri alti funzionari dell’amministrazione hanno annunciato una serie di iniziative e primi successi nell’identificazione delle cause profonde dell’aumento vertiginoso dei casi di autismo nei bambini negli ultimi decenni. Hanno anche individuato un farmaco promettente per il trattamento.

 

Come riportato da Renovatio 21, le rivelazioni giungono annunciate nei mesi scorsi, e preparate dall’ostinata resistenza di Trump a quanti gli hanno messo pubblicamente pressione sul tema della Sanità in generale e dei vaccini in particolare.

 

Inutile nascondere che, per chi è antivaccinista o anche solo critico dell’industria farmaceutica e delle politiche attorno ad essa, si tratta di un momento da non credere, da pizzicotti per capire se si è svegli.

 

Invece, è successo: abbiamo qui un presidente americano che, dallo Studio Ovale, dichiara urbi et orbi che l’eccesso dei vaccini non può far bene ai bambini. Alle madri, Trump ha detto «non lasciare che tirino su il bambino con la più grande pila di roba che tu abbia mai visto… che entra nel delicato corpicino di un neonato». Il buonsenso, anzi, il senso materno, e paterno, è al potere.

 

 


Sostieni Renovatio 21

 

Fin dall’inizio della sua attuale amministrazione, Trump ha fatto della prevenzione e del miglioramento del trattamento dell’autismo una priorità assoluta. Solo due settimane fa, ricordiamo, il presidente aveva condiviso un video sulla correlazione tra autismo e vaccini.

 

«Con effetto immediato, la FDA informerà i medici che l’uso di paracetamolo – comunemente noto come Tylenol [nome commerciale della sostanza in USA, ndr] – durante la gravidanza può essere associato a un rischio di aumento dell’autismo”, ha dichiarato Trump. «Per questo motivo, raccomandano vivamente alle donne di limitare l’uso di Tylenol durante la gravidanza».

 

 

«Prendere il Tylenol non fa bene», ha detto Trump, che ha poi sottolineato: «Lo dico. Non fa bene».

 

 

Kennedy, Segretario del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS), ha ampliato i commenti del Presidente.

 

«Per rispondere alla sfida del presidente, ho ordinato all’HHS di lanciare uno sforzo senza precedenti, che coinvolga tutte le agenzie, per identificare tutte le cause dell’autismo, comprese le esposizioni a sostanze tossiche e farmaceutiche», ha affermato Kennedy.

 

«Su sollecitazione del presidente Trump, il NIH (National Institute of Health), la FDA (Food and Drug Administration), il CDC (Centers for Disease Control) e il CMS (Centers for Medicare and Medicaid Services) stanno facendo di tutto per identificare le (cause) dell’epidemia di autismo e capire come pazienti e genitori possano prevenire e invertire questa tendenza allarmante», ha affermato Kennedy.

 

«Abbiamo abbattuto i tradizionali compartimenti stagni che da tempo separavano queste agenzie e abbiamo accelerato la ricerca e la guida», ha spiegato. «Storicamente, il NIH si è concentrato quasi esclusivamente su ricerche politicamente sicure e del tutto infruttuose sui fattori genetici dell’autismo», ha osservato Kennedy. «Sarebbe come studiare i fattori genetici del cancro ai polmoni senza considerare le sigarette».

 

«È ciò che l’NIH fa da 20 anni», ha aggiunto. «Di conseguenza, non abbiamo una risposta a questa domanda cruciale, nonostante l’impatto catastrofico dell’epidemia sui bambini del nostro Paese. Stiamo sostituendo la cultura istituzionale della scienza politicizzata e della corruzione con una medicina basata sull’evidenza».

 

«La FDA sta rispondendo a studi clinici e di laboratorio che suggeriscono una potenziale associazione tra l’uso di paracetamolo durante la gravidanza e risultati negativi sullo sviluppo, tra cui diagnosi successive di ADHD e autismo», ha osservato Kennedy.

 

«Oggi la FDA pubblicherà un avviso ai medici sui rischi del paracetamolo durante la gravidanza e avvierà la procedura per avviare una modifica dell’etichetta di sicurezza», ha affermato.

 

La FDA ha emesso due distinti comunicati stampa che confermano una risposta formale alle crescenti prove di rischi neurologici legati all’assunzione di paracetamolo durante la gravidanza. L’agenzia ha dichiarato di aver avviato una modifica dell’etichetta per tutti i prodotti contenenti paracetamolo, incluso il Tylenol, per riflettere gli studi che suggeriscono un’associazione con autismo e ADHD.

 

«Grazie anche alla politicizzazione della scienza, la sicurezza del paracetamolo contro il rischio di disturbi dello sviluppo precoce nei bambini piccoli non è mai stata convalidata», ha spiegato Kennedy.

 

Kennedy ha anche osservato che la ricerca ha dimostrato che una carenza di folati nel cervello di un bambino può portare all’autismo.

 

La ricerca ha indicato che fino al 60% dei bambini con carenza di folati può migliorare la comunicazione verbale se viene somministrato Leucovorin , una forma di acido folinico, attualmente approvata dalla FDA per contrastare gli effetti collaterali dei farmaci chemioterapici. La FDA ha dichiarato di aver avviato l’approvazione delle compresse di leucovorin calcio per i pazienti con deficit cerebrale di folati (CFD), una condizione legata a ritardi dello sviluppo e caratteristiche autistiche. Sebbene l’agenzia abbia avvertito che sono necessari ulteriori studi per valutare la piena efficacia del farmaco nelle popolazioni autistiche, ha affermato che l’iniziativa riflette una strategia più ampia volta a riutilizzare i farmaci esistenti.

 

«Dal 40% al 70% delle madri con figli autistici ritiene che il loro bambino sia stato danneggiato da un vaccino”, ha detto Kennedy. “Il presidente Trump ritiene che dovremmo ascoltare queste madri invece di manipolarle ed emarginarle come hanno fatto le amministrazioni precedenti».

 

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

In un editoriale pubblicato su Politico all’inizio della conferenza stampa alla Casa Bianca, il direttore del NIH, il dottor Jay Bhattacharya, il commissario della FDA, il dotor. Marty Makary, e l’amministratore del CMS, il dott. Mehmet Oz, hanno delineato le nuove e coraggiose iniziative che l’amministrazione Trump sta adottando per affrontare finalmente l’epidemia di autismo, in un momento in cui la sua prevalenza è aumentata drasticamente negli ultimi due decenni.

 

«Il presidente Donald Trump e il segretario dell’HHS Robert F. Kennedy Jr. ci hanno sfidato ad abbattere i muri tra le nostre agenzie per poter affrontare rapidamente le crisi sanitarie che affliggono il popolo americano», hanno scritto i tre. «Oggi annunciamo un approccio per fornire assistenza ai bambini nello spettro autistico».

 

«L’azione coraggiosa di questa amministrazione – aprire le porte al primo trattamento per l’autismo riconosciuto dalla FDA, affrontare i fattori di rischio ambientali e medici e investire in ricerche innovative – segue la scienza, ripristina la fiducia e darà speranza a milioni di famiglie”, hanno scritto i tre funzionari dell’amministrazione. “La prevalenza dell’autismo, quasi cinque volte maggiore negli ultimi decenni, richiede una risposta rapida, con una ricerca tempestiva e agendo sulle informazioni non appena disponibili».

 

Durante la conferenza stampa, Bhattacharya ha promesso di dare una spinta alla ricerca sull’autismo. «Il forte aumento della prevalenza dell’autismo merita una risposta urgente da parte della comunità scientifica», ha affermato Bhattacharya.

 

«Questo è l’inizio di un cambiamento storico nella cultura medica», ha affermato Makary.

 

In un editoriale pubblicato su Politico all’inizio della conferenza stampa alla Casa Bianca, il direttore del NIH, il dottor Jay Bhattacharya, il commissario della FDA, il dott. Marty Makary, e l’amministratore del CMS, il dott. Mehmet Oz, hanno delineato le nuove e coraggiose iniziative che l’amministrazione Trump sta adottando per affrontare finalmente l’epidemia di autismo, in un momento in cui la sua prevalenza è aumentata drasticamente negli ultimi due decenni.

 

«Il presidente Donald Trump e il segretario dell’HHS Robert F. Kennedy Jr. ci hanno sfidato ad abbattere i muri tra le nostre agenzie per poter affrontare rapidamente le crisi sanitarie che affliggono il popolo americano», hanno scritto i tre. «Oggi annunciamo un approccio per fornire assistenza ai bambini nello spettro autistico».

 

«L’azione coraggiosa di questa amministrazione – aprire le porte al primo trattamento per l’autismo riconosciuto dalla FDA, affrontare i fattori di rischio ambientali e medici e investire in ricerche innovative – segue la scienza, ripristina la fiducia e darà speranza a milioni di famiglie», hanno scritto i tre funzionari dell’amministrazione. «La prevalenza dell’autismo, quasi cinque volte maggiore negli ultimi decenni, richiede una risposta rapida, con una ricerca tempestiva e agendo sulle informazioni non appena disponibili».

 

Durante la conferenza stampa, Bhattacharya ha promesso di dare una spinta alla ricerca sull’autismo. «Il forte aumento della prevalenza dell’autismo merita una risposta urgente da parte della comunità scientifica», ha affermato Bhattacharya. «Questo è l’inizio di un cambiamento storico nella cultura medica», ha affermato Makary.

 

Nel frattempo, si registrano le reazioni dell’establishment e dei suoi schiavi.

 

In uno spettacolo orribile e terrificante anche solo a pensarsi, molte donne incinte affiliate al Partito Democratico USA hanno iniziato a ingollare quantità di paracetamolo come segno di opposizione a Trump – incuranti, ovviamente, di qualsiasi rischio possa incorrere il bambino che portano in grembo, che di fatto sono tranquillamente disposte genericamente ad uccidere, squartare ed aspirare (il «diritto» di ogni donna).

 

 

Si sono visti così casi di donne gravide finite al pronto soccorso a causa della bravata dell’abbuffata del paracetamolo, in vari casi ripresa debitamente dal telefonino a favor di social network.

 

Aiuta Renovatio 21

In Italia abbiamo virostar e interi canali istituzionali (TV, giornali, radio di associazioni economiche, etc.) che ridacchiano: perché mai, del resto, fermarsi un attimo e pensare se mai vi fosse una qualche ragione nel consiglio medico che viene dallo scranno più alto possibile (quello con il dito su migliaia di testate atomiche), visto che di mezzo c’è la salute dei bambini – in realtà di tutta la società occidentale, che, come detto, potrebbe collassare sotto il peso economico dello «tsunami dell’autismo».

 

I numeri, anche recenti, parlano chiarissimo: nel 2020 era nello spettro autistico 1 bambino su 36; nel 2022, la cifra è aumentata a 1 su 31. Nel 2000, secondo i dati, erano 1 su 150…. Chi segue Renovatio 21 sa pure che associata a questa crescita c’è, nemmeno più tanto dissimulata, la Finestra di Overton sull’eutanasia dei bambini autistici, con la pratica che sembra già realtà in alcuni Paesi.

 

Chi scrive ha alle spalle più di un decennio di battaglia antivaccinista, con correlata consapevolezza sulla vera dimensione dell’industria farmaceutica e del potere ad esso asservito: ebbene, mai avremmo pensato di aver visto un simile momento. Trump ha reso possibile anche questo.

 

La battaglia, tuttavia, è appena iniziata. Il sistema non si farà piegare, reagirà ignorando, sghignazzando, o, come abbiamo visto, intossicando ancora di più se stesso e la generazione dei nascituri. Non importa quanto ripida sia la salita: la strada è tracciata.

 

Fermarsi ora è impossibile. La rivelazione della verità, e la salvezza biologica di tanti bambini, è ormai visibile appena in fondo.

 

Roberto Dal Bosco

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Immagine screenshot da Twitter

Continua a leggere

Più popolari