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Geopolitica

Scienziati di Pechino: i nostri vaccini anti-COVID hanno scarsa efficacia

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews

 

 

Per aumentare il tasso di protezione, gli scienziati ipotizzano la somministrazione di vaccini diversi in uno stesso paziente. Iniziata una campagna mediatica di Stato per coprire il fallimento. La Cina è il primo esportatore di vaccini anti-coronavirus. I rischi per l’Europa.

 

È raro che un alto funzionario di Pechino esca allo scoperto mettendo in luce un fallimento del regime: soprattutto sul tema della pandemia da coronavirus, che secondo il presidente Xi Jinping è stata affrontata con successo

I vaccini cinesi contro il COVID-19 hanno scarsa efficacia. Lo ha dichiarato il 10 aprile Gao Fu, direttore dell’Ufficio cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie. È raro che un alto funzionario di Pechino esca allo scoperto mettendo in luce un fallimento del regime: soprattutto sul tema della pandemia da coronavirus, che secondo il presidente Xi Jinping è stata affrontata con successo.

 

Per aumentare l’efficacia, Gao ha ipotizzato la somministrazione di vaccini diversi in uno stesso paziente, di accrescere il numero di dosi iniettate da due a tre e di modificare l’intervallo tra una dose e l’altra.

 

Finora la Cina ha sviluppato quattro vaccini. Sono tutti «inattivati», dunque ottenuti da microorganismi uccisi. Studi brasiliani sostengono che il cinese Sinovac sia efficace nel 50,4% dei casi; test turchi hanno registrato un tasso di successo del 91,25%; quelli indonesiani del 65,3%. Vaccini prodotti in occidente come Moderna, Pfzer-BioNTech e AstraZeneca hanno un’efficacia superiore al 90%. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), un vaccino deve avere un’efficacia superiore al 50% per poter essere distribuito.

Finora la Cina ha sviluppato quattro vaccini. Sono tutti «inattivati», dunque ottenuti da microorganismi uccisi

 

Dopo il clamore provocato dal suo intervento a Chengdu (Sichuan), Gao ha cercato di correggere il tiro. In un’intervista al governativo (e nazionalista) Global Times, lo scienziato cinese ha detto che le sue parole sono state male interpretate e che «i livelli di protezione dei vaccini sviluppati finora in tutto il mondo sono a volte alti e altre bassi».

 

La stampa cinese ha ignorato in larga parte i commenti originali di Gao. Le sue affermazioni hanno attirato le critiche di alcuni utenti del social media Weibo, i quali lo hanno invitato a «tacere».

 

Molti esperti stranieri hanno criticato il processo con cui la Cina ha approvato i vaccini di propria produzione, ritenuto poco trasparente rispetto a quelli adottati in Occidente. Forte preoccupazione è stata espressa soprattutto per l’avvio della campagna di vaccinazione prima di completare i test, compresi quelli di fase 3 su larga scala.

 

Le dichiarazioni di Gao rappresentano un problema per tutti quei Paesi (60 secondo Pechino) che hanno ricevuto gratis o hanno acquistato i vaccini cinesi

Le dichiarazioni di Gao rappresentano un problema per tutti quei Paesi (60 secondo Pechino) che hanno ricevuto gratis o hanno acquistato i vaccini cinesi.

 

La Cina è il Paese che esporta più dosi di questi farmaci, malgrado essi non abbiano ottenuto ancora il riconoscimento di validità ed efficacia dall’Oms. Per questo motivo essi non possono essere inclusi in Covax, il programma mondiale per vaccinare i Paesi in via di sviluppo.

 

La scarsa efficacia dei vaccini Sinopharm, Sinovac Biotech e CanSino Biologics rischia anche di mettere a rischio la campagna di immunizzazione nell’Unione europea. Andando contro le indicazioni delle autorità UE, l’Ungheria del nazionalista Viktor Orbán ha acquistato e inoculato dosi dei medicinali cinesi contro il coronavirus.

 

 

 

 

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Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Economia

I mercati argentini salgono dopo la vittoria elettorale di Milei, che ringrazia il presidente Trump

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Il presidente argentino Javier Milei ha conquistato una vittoria schiacciante alle elezioni di medio termine del suo Paese, considerate un importante banco di prova per il sostegno alle sue riforme radicali di «terapia d’urto» e alla sua politica economica «a motosega».

 

Il partito di Milei, La Libertad Avanza, ha ottenuto il 40,8% dei voti a livello nazionale per la camera bassa del Congresso e ha prevalso in sei delle otto province che hanno eletto un terzo del Senato.

 

L’opposizione di sinistra, rappresentata dai peronisti, ha raccolto il 31,7% dei voti. Sebbene Milei non abbia conquistato la maggioranza assoluta in Congresso, questo risultato complicherà notevolmente gli sforzi dei suoi oppositori per ostacolare il suo programma.

 

Milei ha implementato un ambizioso piano libertario, caratterizzato da tagli significativi a normative, spesa pubblica, politiche statali e dipartimenti governativi, con l’obiettivo di risollevare l’Argentina da decenni di stagnazione economica.

 

Il suo approccio ha ricevuto il sostegno del presidente statunitense Donald Trump, che ha offerto supporto finanziario per garantire l’avanzamento delle riforme, soprattutto dopo il recente crollo drammatico del peso argentino.

 

Durante un incontro alla Casa Bianca con Milei la settimana scorsa, Trump ha promesso un pacchetto di aiuti da 20 miliardi di dollari, con la possibilità di raddoppiarlo in caso di successo alle elezioni di medio termine.

 

«Se non vince, siamo fuori», ha dichiarato Trump. «Se perde, non saremo generosi con l’Argentina».

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All’inizio di questo mese, il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent ha stipulato uno swap valutario da 20 miliardi di dollari con la banca centrale argentina per stabilizzare il mercato obbligazionario del Paese in vista delle elezioni. Bessent ha chiarito che il pacchetto di aiuti non va considerato un «salvataggio», ma piuttosto una «Dottrina Monroe economica», richiamando la politica del XIX secolo volta ad affermare la supremazia degli Stati Uniti nell’emisfero occidentale.

 

Il segretario del Tesoro USA ha sottolineato che il successo dell’Argentina è nell’interesse degli Stati Uniti, non solo per stabilizzare il Paese, ma anche per renderlo un «faro» per altre nazioni della regione. «Non vogliamo un altro Stato fallito o sotto l’influenza cinese in America Latina», ha affermato Bessent.

 

Le obbligazioni, la valuta e le azioni argentine hanno registrato un’impennata lunedì mattina, dopo che il partito del presidente Javier Milei ha ottenuto una decisiva vittoria alle elezioni di medio termine. Il risultato è fondamentale per preservare il radicale rilancio economico di Milei in un Paese devastato da decenni di mala gestione socialista che ha distrutto la nazione.

 

Le riforme del libero mercato e l’aggressivo programma di austerità di Milei hanno già iniziato a raffreddare l’inflazione e a stabilizzare le condizioni finanziarie, segnalando agli investitori che il percorso di ristrutturazione resta intatto.

 

Milei ha poi ringraziato Trump su X:

 

 

«Grazie, Presidente Trump, per la fiducia accordata al popolo argentino. Lei è un grande amico della Repubblica Argentina. Le nostre nazioni non avrebbero mai dovuto smettere di essere alleate. I nostri popoli vogliono vivere in libertà. Contate su di me per lottare per la civiltà occidentale, che è riuscita a far uscire dalla povertà oltre il 90% della popolazione mondiale».

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Geopolitica

Sudan, le Forze di Supporto Rapido rivendicano la cattura del quartier generale dell’esercito

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Le Forze di Supporto Rapido (RSF), milizia paramilitare sudanese, hanno annunciato di aver assunto il controllo del quartier generale dell’esercito nella città di Al-Fashir, devastata dal conflitto.   La capitale del Darfur settentrionale è sotto assedio da parte delle milizie da oltre un anno, con le Nazioni Unite che denunciano attacchi sistematici contro i civili, inclusi l’uccisione e la mutilazione di oltre 1.000 bambini.   Domenica, un portavoce delle RSF ha dichiarato in un comunicato che il gruppo ha conquistato completamente il comando della Sesta Divisione di Fanteria delle Forze Armate Sudanesi (SAF) dopo «battaglie eroiche caratterizzate da operazioni mirate e assedi strategici».

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«La liberazione… segna una svolta cruciale nelle battaglie condotte dalle nostre valorose forze. Traccia le basi per un nuovo Stato a cui tutti i sudanesi contribuiranno», ha affermato il rappresentante delle RSF.   Si ritiene che il quartier generale della Sesta Divisione di fanteria fosse l’ultima roccaforte dell’esercito nel Darfur, dove i combattimenti tra SAF e RSF infuriano da oltre due anni.   Da quando ha assediato Al-Fashir nell’aprile 2024, le RSF sono state accusate di attacchi indiscriminati contro i civili, con droni e artiglieria. Secondo le Nazioni Unite, circa 260.000 civili, di cui 130.000 bambini, sono intrappolati in condizioni disperate, isolati dagli aiuti umanitari nella città.   Secondo organizzazioni per i diritti umani, all’inizio di questo mese almeno 20 persone sono state uccise in attacchi contro una moschea e l’ospedale saudita, l’ultima struttura medica operativa di Al-Fashir, dopo l’uccisione di circa 100 civili a settembre.   Domenica, Tom Fletcher, coordinatore degli aiuti d’emergenza delle Nazioni Unite, si è detto «profondamente allarmato» dalla situazione ad Al-Fashir, chiedendo un cessate il fuoco immediato in tutto il Sudan. Il Fletcher sottolineato che i combattenti continuano ad avanzare in città, bloccando le vie di fuga e lasciando i civili intrappolati, affamati e terrorizzati.   Il conflitto tra l’esercito e le RSF, scoppiato a Khartoum nell’aprile 2023, ha generato quella che l’ONU considera una delle peggiori crisi umanitarie al mondo.   L’esercito non ha ancora commentato la presunta perdita del quartier generale di Al-Fashir, ma il suo comandante, Abdel Fattah Al-Burhan, ha discusso con l’ambasciatore turco Fatih Yildiz di questioni come gli sforzi per revocare l’assedio alla capitale della regione, secondo una nota ufficiale.   Come riportato da Renovatio 21, il comandante delle Forze di supporto rapido (RSF) paramilitari sudanesi, Mohamed Hamdan Dagalo, ha prestato giuramento come capo di un governo rivale del Sudan.   Come riportato da Renovatio 21, la RSF aveva annunciato un «governo di pace e unità» parallelo ancora lo scorso febbraio.   Le stragi nel Paese non si contano. Due mesi fa si era consumato un orribile massacro a seguito di un attacco aereo ad un mercato. Settimane fa c’era stato un attacco ad un ospedale.   Come riportato da Renovatio 21, a fine 2024 le fazioni rivali sudanesi avevano interrotto i negoziati.   Il conflitto ha casato già 15 mila morti e 33 mila feriti. Le Nazioni Unite hanno descritto la situazione umanitaria in Sudan come una delle crisi più gravi al mondo. Mesi fa la direttrice esecutiva del Programma Alimentare Mondiale (WFP), Cindy McCain, aveva avvertito che la guerra di 11 mesi «rischia di innescare la più grande crisi alimentare del mondo».

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Gli USA sono stati accusati l’estate scorsa di aver sabotato gli sforzi dell’Egitto per portare la pace in Sudan.   Le tensioni in Sudan hanno portato perfino all’attacco all’ambasciata saudita a Karthoum, mentre l’OMS ha parlato di «enorme rischio biologico» riguardo ad un attacco ad un biolaboratorio sudanese.   Come riportato da Renovatio 21, il generale Abdel Fattah al-Burhan, leader de facto e capo dell’esercito della nazione africana dilaniata dalla guerra, due mesi fa è stato oggetto di un tentato assassinio via drone.   Il Paese è stato svuotato dei suoi seminaristi.   La Russia nel frattempo fa ha annunziato l’apertura di una base navale in Sudan.  

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Geopolitica

Lavrov: falchi europei minano i negoziati tra Russia e Stati Uniti

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L’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump sta affrontando pressioni «incredibili» da parte dei «falchi» in Europa e in Ucraina, determinati a far fallire i negoziati con la Russia, ha dichiarato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.

 

Queste affermazioni sono state rilasciate durante un’intervista al canale YouTube ungherese Ultrahang, trasmessa domenica.

 

La Russia non intende influenzare né «interferire» nelle «decisioni interne» della leadership statunitense, che sta subendo crescenti pressioni nel contesto degli sforzi di riavvicinamento con Mosca avviati sotto Trump, ha precisato Lavrov.

 

«Non vogliamo creare difficoltà agli Stati Uniti, che sono sottoposti a una pressione enorme e straordinaria da parte dei “falchi” europei», di Volodymyr Zelens’kyj dell’Ucraina e «di altri che si oppongono a qualsiasi cooperazione tra Stati Uniti e Russia su qualsiasi questione», ha detto Lavrov.

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«Ci sono molte persone poco ragionevoli che cercano di influenzare i politici di Washington, utilizzando ogni mezzo per ostacolare un processo che avrebbe potuto già raggiungere i suoi obiettivi».

 

Coloro che tentano di sabotare i negoziati tra Washington e Mosca stanno «cercando di distogliere il presidente Trump dalla linea che ha ripetutamente sostenuto in passato», ha aggiunto Lavrov. Il presidente degli Stati Uniti ha più volte dichiarato che il conflitto in Ucraina deve essere risolto in modo definitivo, una posizione ribadita chiaramente durante l’incontro con il suo omologo russo, Vladimir Putin, in Alaska, ha sottolineato il ministro.

 

«Tutti concordano che il modo migliore per porre fine alla terribile guerra tra Russia e Ucraina sia raggiungere un accordo di pace definitivo, che metta fine al conflitto, e non un semplice cessate il fuoco. Questo è essenziale», ha affermato.

 

I recenti cambiamenti nella retorica statunitense, «quando ora si parla di “nient’altro che un cessate il fuoco, un cessate il fuoco immediato, lasciando poi che la storia giudichi”, rappresentano un cambiamento molto radicale», ha osservato Lavrov.

 

«Questo indica anche che gli europei non stanno fermi, non mangiano e cercano di forzare la mano a questa amministrazione».

 

Mosca ha dichiarato di perseguire una soluzione duratura al conflitto ucraino, piuttosto che una pausa temporanea. Tuttavia, Kiev e i suoi alleati occidentali hanno ripetutamente richiesto un cessate il fuoco immediato, che Mosca considera un’opportunità per l’Ucraina di riorganizzare le sue forze armate e riarmarsi.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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