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Ambiente

Scie chimiche per il clima: la grande stampa torna a parlare di Geoingegneria solare

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Il New York Times, cioè il più grande e prestigioso quotidiano del pianeta, torna a parlare di scie chimiche – solo che non le chiama così, come sa il lettore, l’establishment, che non nasconde più il tema dietro la ridarola contro i «complottisti», preferisce chiamarla «geoingegneria».

 

Renovatio 21 aveva preso nota, tre anni fa, dell’incredibile editoriale vergato proprio per le colonne del grande giornale neoeboraceno, dal principale propugnatore di intervento climatico basato su particelle aerosolizzate, il professor David Keith, che dopo una vita ad Harvard dall’aprile 2023 lavora al dipartimento di Scienze Geofisiche dell’Università di Chicago. Quando l’articolo uscì, il nome di Keith già circolava, in quanto coinvolto nel famoso esperimento, da praticarsi in Isvezia e con il soldo del Bill Gates, per oscurare il sole.

 

Oltre alle dettagliose proposte sulle «due milioni di tonnellate di zolfo all’anno iniettate nella stratosfera da una flotta di un centinaio di velivoli ad alta quota», nell’ampio spazio concesso a questo dottor Stranamore della scia chimica non mancavano affermazioni fortine, come quella secondo cui era utilitaristicamente tollerabile il calcolo delle morti che sarebbero conseguite all’irrorazione massiva dei cieli.

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«Le morti per inquinamento atmosferico dovute allo zolfo aggiunto nell’aria sarebbero più che compensate dalla diminuzione del numero di morti per caldo estremo, che sarebbe da 10 a 100 volte maggiore» computava il professore. «Fingere che il cambiamento climatico possa essere risolto con la sola riduzione delle emissioni è una fantasia pericolosa».

 

Ora il giornalone di Nuova York spinge nuovamente la figura del Keith, certo ammettendo che vi è qualche «controversia» e perfino qualche «paura» per quello che vuole fare.

 

Del resto, conosciamo bene la narrazione che il sistema deve portare avanti – cioè il terrorismo climatico estremo. Qualcuno può pensare che Ultima Generazione e Stop Oil siano frange estremiste: evidentemente, non vede che lo status quo diffonde il medesimo scenario – e che i medesimi fini.

 

«Le temperature globali hanno raggiunto livelli record per 13 mesi di fila, scatenando condizioni meteorologiche violente, ondate di calore mortali e innalzando i livelli del mare» scrive il pezzo del NYT di pochi giorni fa. «Gli scienziati prevedono che il calore continuerà a salire per decenni. Il motore principale del riscaldamento, la combustione di combustibili fossili, continua più o meno inarrestabile».

 

«In questo contesto, sta crescendo l’interesse verso gli sforzi volti a modificare intenzionalmente il clima della Terra, un campo noto come geoingegneria». Ecco introdotti alla parola magica.

 

Tale «geoingegneria», è subito specificato, interessa per qualche ragione le grandi aziende, che quindi sono ecologicamente attive in un disegno che dimostra la loro grande bontà.

 

«Le grandi aziende stanno già gestendo enormi strutture per aspirare l’anidride carbonica che sta riscaldando l’atmosfera e seppellirla sottoterra. Alcuni scienziati stanno eseguendo esperimenti progettati per illuminare le nuvole, un altro modo per far rimbalzare parte della radiazione solare nello spazio. Altri stanno lavorando a sforzi per far sì che gli oceani e le piante assorbano più anidride carbonica».

 

Tuttavia, si ammette, «tra tutte queste idee, è la geoingegneria solare stratosferica a suscitare la speranza e la paura più grandi».

 

«I sostenitori lo vedono come un modo relativamente economico e veloce per ridurre le temperature ben prima che il mondo abbia smesso di bruciare combustibili fossili. L’Università di Harvard ha un programma di geoingegneria solare che ha ricevuto sovvenzioni dal co-fondatore di Microsoft Bill Gates, dalla Alfred P. Sloan Foundation e dalla William and Flora Hewlett Foundation».

 

È il circoletto che conosciamo bene, a cui si aggiunge anche quello di Bruxelles, pagato direttamente dalle nostre tasche: «l’anno scorso l’Unione Europea ha chiesto un’analisi approfondita dei rischi della geoingegneria e ha affermato che i paesi dovrebbero discutere su come regolamentare un’eventuale distribuzione della tecnologia» scrive il NYT, ricordando la foglia di fico del discorso europeo delle «conseguenze indesiderate».

 

È il caso, a questo punto, di imbeccare il lettore con il boccone amaro: «poiché verrebbe utilizzata nella stratosfera e non limitata a un’area specifica, la geoingegneria solare potrebbe avere effetti sul mondo intero, forse sconvolgendo i sistemi naturali, come la creazione di pioggia in una regione arida mentre si secca la stagione dei monsoni altrove» spiega il giornale.

 

«Gli oppositori temono che ciò distoglierebbe l’attenzione dall’urgente lavoro di transizione dai combustibili fossili. Si oppongono al rilascio intenzionale di anidride solforosa, un inquinante che alla fine si sposterebbe dalla stratosfera al livello del suolo, dove può irritare la pelle, gli occhi, il naso e la gola e può causare problemi respiratori. E temono che una volta iniziato, un programma di geoingegneria solare sarebbe difficile da fermare».

 

Sono riportate le parole di David Suzuki, ambientalista canadese: «L’intera idea di spruzzare composti di zolfo per riflettere la luce solare è arrogante e semplicistica. Ci sono conseguenze indesiderate di tecnologie potenti come queste, e non abbiamo idea di quali saranno».

 

Raymond Pierrehumbert, fisico dell’atmosfera oxoniano, ritiene la geoingegneria solare una «grave minaccia per la civiltà umana»: «non è solo una cattiva idea in termini di qualcosa che non sarebbe mai sicuro da usare. “Ma anche fare ricerche su di essa non è solo uno spreco di denaro, ma attivamente pericoloso».

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Mandato giù il boccone amaro (che è, più o meno, «solo» la distruzione del pianeta e la fine della civiltà) ecco che la palla viene passata al professor Keith, il quale, è spiegato, «in una serie di interviste (…) ha ribattuto che i rischi posti dalla geoingegneria solare sono ben noti, non così gravi come dipinto dai critici e minimizzati dai potenziali benefici».

 

Perché «se la tecnica rallentasse il riscaldamento del pianeta anche solo di un grado Celsius, o 1,8 gradi Fahrenheit, nel prossimo secolo, ha affermato il dott. Keith, potrebbe aiutare a prevenire milioni di decessi correlati al caldo ogni decennio». Come esattamente muoiano queste persone di caldo non è spiegato, ma immaginiamo ci sia una statistica od una ricerca di scienza infallibile.

 

Non solo verrebbe salvato l’ambiente, ma anche dato un tocco artistico al creato: anche il tramonto diverrebbe diverso, più bello.

 

«Un pianeta trasformato dalla geoingegneria solare non sarebbe notevolmente più debole durante il giorno, secondo i suoi calcoli. Ma potrebbe produrre un diverso tipo di crepuscolo, uno con una tonalità arancione». Immaginiamo il senso di magia che si prova quando si diventa pittori di tramonti, ma non nel senso tipo Tiepolo, non sulla tela, ma sulla realtà.

 

Sì, lo scienziato immagina di ricolorare il cielo sotto cui esistete. Eppure, mica si trova davanti giornalisti che scartabellano la letteratura sui deliri di onnipotenza, anzi. «Magro e atletico a 60 anni, con occhi azzurri come i ghiacciai, il dott. Keith ha trascorso la sua vita fuori dal laboratorio arrampicandosi, facendo kayak in mare e sciando nell’Artico». Insomma, un figo. Ma con un cuore grande quasi quanto il cervellone: «è profondamente turbato dai mille modi in cui il cambiamento climatico sta sconvolgendo il mondo naturale».

 

Siamo messi a parte della biografia del personaggio, figlio di papà biologo della fauna selvatica che partecipò al primo incontro globale per affrontare le minacce alla natura, la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano del 1972 a Stoccolma, e bambino dislessico sino alla quarta elementare, poi adolescente amante del campeggio, rocciatore e ricercatore universitario dei trichechi dell’Artico canadese.

 

«Abbassando le temperature globali, la geoingegneria solare potrebbe contribuire a riportare il pianeta al suo stato preindustriale, ricreando le condizioni esistenti prima che enormi quantità di anidride carbonica venissero immesse nell’atmosfera e iniziassero a cuocere la Terra» dice il Frankenstein dei cieli. «Se domani si tenesse un referendum mondiale per decidere se dare inizio alla geoingegneria solare, ha affermato che voterebbe a favore». Sappiamo anche, nell’eventualità, quale pieno di voti farebbe in Italia nel campo largo PD più M5S.

 

«Ci sono sicuramente dei rischi e ci sono sicuramente delle incertezze», ha detto. «Ma ci sono davvero molte prove che i rischi sono quantitativamente piccoli rispetto ai benefici e le incertezze non sono poi così grandi».

 

In seguito è descritto l’esperimento di geoingegneria solare del Keith noto come Scopex. Ancora professore harvardiano, aveva l’intenzione di rilasciare qualche chilo di polvere minerale a un’altitudine di circa 20 chilometri e monitorare il comportamento della polvere mentre fluttuava nel cielo. Un test era stato pianificato nel 2018, qualcuno dice sopra i cieli dell’Arizona. Quando i dettagli del progetto divennero materia pubblica, un gruppo di indigeni si oppose e pubblicando un manifesto contro la geoingegneria.

 

Nel 2021, sempre la vecchia Università di Keith, cioè Harvard, contattò la società spaziale svedese per lanciare un pallone che avrebbe trasportato l’attrezzatura per il test. Ma prima che avesse luogo, gruppi locali, tra cui gli indigeni lapponi, fecero partire la protesta. Il Consiglio Saami Council, un’organizzazione che rappresenta i popoli indigeni della Scandinavia, dichiarò di considerare la geoingegneria solare «l’esatto opposto del rispetto con cui noi, in quanto popoli indigeni, siamo abituati a trattare la natura». Nella bagarre si mise dentro anche Greta Thunberg.

 

Il NYT registra, senza commentare in alcun modo, l’attuale pensiero di Keith su queste vicende: «una lezione che ho imparato da questa vicenda è che se lo facessimo di nuovo, non saremmo più aperti allo stesso modo». Cioè: la prossima volta sarà fatto in segreto. Il giornale non ha nulla da eccepire rispetto a questa pazzesca affermazione.

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Più avanti, il pezzo specifica che «una volta che la geoingegneria solare ha iniziato a raffreddare il pianeta, interrompere bruscamente lo sforzo potrebbe causare un improvviso aumento delle temperature, un fenomeno noto come “termination shock“».

 

Si tratta della condizione in cui il pianeta potrebbe sperimentare «un aumento di temperatura potenzialmente massiccio in un mondo impreparato nel giro di cinque o dieci anni, colpendo il clima della Terra con qualcosa che probabilmente non vedeva dai tempi dell’impatto che ha ucciso i dinosauri», spiega lo scettico professor Pierrehumbert.

 

In pratica, ci stanno dicendo: se inizieremo, si andrà fino in fondo. Perché fermarsi nel mezzo, magari perché vediamo che gli effetti sono indesiderati e devastanti, sarebbe – dice la scienza infallibile – peggio. Dov’è che avete già sentito questa storia? Ah, già… la campagna di vaccinazione globale, non è andata esattamente così? Ricordate i discorsi sulle dosi multiple? Ricordate l’idea che bisogna vaccinare tutti, altrimenti nessuno, nemmeno i già sierati, sarebbe stato per qualche ragione al sicuro? Ricordate le definizioni di immunità di gregge cambiate nottetempo sul sito dell’OMS?

 

Certo, il NYT ha la premura poi di tirare fuori qualcosa che su Renovatio 21, discutiamo da tempo: ossia dell’uso della geoingegneria come arma: «ci sono timori circa attori non autorizzati che utilizzano la geoingegneria solare e preoccupazioni che la tecnologia possa essere trasformata in un’arma. Per non parlare del fatto che l’anidride solforosa può danneggiare la salute umana».

 

Ma niente, paura, arriva l’atletico oscuratore del sole a rassicurare tutti che «queste paure sono esagerate. E anche se ci sarebbe un po’ di inquinamento atmosferico aggiuntivo, sostiene che il rischio è trascurabile rispetto ai benefici».

 

Rilancia: «c’è molta incertezza sulle risposte climatiche. Ma è piuttosto difficile immaginare che se si fa una quantità limitata di geo solare bilanciata emisfericamente non si riducano le temperature ovunque». Bisogna, insomma, sottomettere alla geoingegneria l’intero globo terracqueo.

 

Il Keith, il cui profilo è già di per sé inquietante (e il pezzone del NYT non risparmia i problemi caratteriali sorti con altri colleghi), è una figura di una certa persistenza. Dopo il dottorato al MIT, nel 1992 aveva già pubblicato un articolo accademico, «A Serious Look at Geoengineering» («un serio sguardo alla geoingegneria»), che già sollevava le domande che avrebbero plasmato la sua carriera.

 

La conoscenza con Bill Gates è arrivata nel 2006, quando i due furono presentati da una comune conoscenza. Il miliardario di Microsoft «voleva saperne di più sulle tecnologie che avrebbero potuto aiutare a combattere il riscaldamento globale. I due uomini hanno discusso di clima e tecnologia in una serie di incontri nei successivi 10 anni».

 

Non si sono limitati alle chiacchiere. nel 2009, il Keith ha fondato la Carbon Engineering, un’azienda che sviluppò un processo per estrarre l’anidride carbonica dall’atmosfera. Tra gli investitori c’erano l’inevitabile Gates, la multinazionale petrolifera Chevron e N. Murray Edwards, che ha guadagnato miliardi pompando petrolio dalle sabbie bituminose canadesi.

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L’anno scorso Carbon Engineering è stata acquisita da Occidental Petroleum, un importante produttore di petrolio e gas con sede in Texas, per 1,1 miliardi di dollari. La Occidental Petroleum, detta anche Oxy, per chi non lo sapesse è la grande compagnia petrolifera fondata da Armand Hammer, stranissima figura di contatto tra il grande capitalismo americano e i vertici dell’URSS. L’azienda ha avuto scandali importanti, come l’incendio alla piattaforma Piper Alpha al largo della Scozia. Le accuse furono mitigate dall’intervento dell’attuale re britannico Carlo, che allora era principe, assieme alla moglie di quel tempo, Lady Diana Spencer, che erano amici prezzolati dell’Hammer. La dinastia degli Hammer, che godeva di questa incredibile capacità di unire Nuova York e Mosca, ha avuto molte vicissitudini: l’ultima, finita su tutti i giornali, sono le accuse all’ultimo rampollo, il divo hollywoodiano Armie, di avere gusti sessuali estremi con fantasie di «cannibalismo».

 

Ad ogni modo, la vendita alla Occidental ha fruttato al dottor Keith, che possedeva circa il 4%, una somma di circa 72 milioni di dollari tutti per lui. Occidental sta ora costruendo una serie di enormi impianti di cattura del carbonio. Ha in programma di vendere crediti di carbonio a grandi aziende come Amazon e AT&T che vogliono compensare le loro emissioni.

 

Ora, ricco, bello e intelligente, il nostro si rilassa. Anche se non troppo.

 

«Per festeggiare il suo 60° compleanno a ottobre, il dottor Keith è andato a fare un’escursione nelle Montagne Rocciose canadesi e si è imbattuto in un ghiacciaio che si era ridotto drasticamente negli ultimi anni» continua l’agiografia del NYT. «È stato un promemoria visivo del fatto che il riscaldamento globale sta sconvolgendo il mondo naturale e ha confermato la sua convinzione centrale e controversa: gli esseri umani hanno già alterato il pianeta, riscaldando il clima con i gas serra».

 

«Per riparare il clima e riportarlo a uno stato più incontaminato, potremmo dover adottare misure ancora più drastiche e progettare la stratosfera».

 

Per chi è religioso, parole simili hanno un’eco inconfondibile. C’è una caduta, e questa caduta è tale che l’intero cosmo è da respingere, riprogrammare.

 

Sì, il colore gnostico di tutta questa storia della geoingegneria è impossibile da non vedere.

 

Stiamo parlando di gente che, davvero, vuole rifare il creato, ritinteggiare il cielo, ricombinando la chimica dell’atmosfera, combattendo la luce solare stessa – il tutto salvando l’umanità, o forse solo «il pianeta», qualsiasi cosa voglia dire.

 

Quando guardate il cielo e vi vedete qualcosa di strano, pensatelo pure: dietro c’è un messianismo gnostico finanziato dall’oligarcato della Necrocultura mondiale.

 

Roberto Dal Bosco

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Ambiente

Il cardinale Turkson rimprovera i vescovi e i sacerdoti che continuano a «negare il cambiamento climatico»

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Il cardinale Peter Turkson, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ha lamentato in un’intervista pubblicata questa settimana che ci sono ancora diversi vescovi e sacerdoti cattolici che «negano il cambiamento climatico» nonostante i presunti progressi compiuti dalla storica enciclica di papa Francesco Laudato Si’ che chiedeva «giustizia climatica ed ecologica».   In un’intervista rilasciata al quotidiano austriaco Der Sonntag, pubblicata il 2 settembre dopo la conferenza della Pontificia Accademia delle Scienze «Dalla crisi climatica alla resilienza climatica in Europa a livello locale e regionale» tenutasi a Vienna, il Turkson ha elogiato l’impegno della Chiesa nella lotta al «cambiamento climatico» nel decennio successivo alla pubblicazione della Laudato Si’. Tuttavia il porporato africano ha anche criticato in modo particolare il clero che continua a negare il «cambiamento climatico» o a liquidarlo come irrilevante per la fede.   «Conosco vescovi e sacerdoti che negano il cambiamento climatico e considerano la questione irrilevante. Ma conosco anche molti giovani che nutrono una forte passione per la protezione del clima», ha affermato il cardinale. «Quindi c’è sia ignoranza che impegno».   «Ma la Chiesa ha creato uno strumento credibile con la Laudato Si’. E molti di noi che la rappresentiamo lo facciamo con grande convinzione», ha esclamato il Turksone.

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Dalla sua pubblicazione nel 2015, la Laudato Si’ è diventata il testo di riferimento per numerose iniziative vaticane e papali incentrate sulla cosiddetta agenda «verde». In essa, il defunto pontefice argentino parlava di un «vero approccio ecologico» che ascolta «sia il grido della terra sia il grido dei poveri», scrive LifeSite.   Il documento ha dato origine al Movimento Laudato Si’, che mira a «trasformare l’enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco in azione per la giustizia climatica ed ecologica», poiché il disinvestimento di massa dai «combustibili fossili» è ispirato dagli scritti ambientalisti del pontefice.   Più avanti nell’intervista, il cardinale Turkson ha sottolineato che è una contraddizione per i cattolici ignorare le preoccupazioni ambientali.   «Chi crede in Dio crede nel Creatore. E chi adora Dio come Creatore non può allo stesso tempo ignorare o distruggere la sua creazione», ha affermato il religioso ghanese. «Questo sarebbe in contraddizione con la propria fede. In secondo luogo, nel Salmo 19 si legge: ‘I cieli narrano la gloria di Dio’. La creazione stessa è quindi una lode a Dio».   «Un cristiano che non rispetta o addirittura non sfrutta il creato non vive in armonia con la sua fede», ha tuonato il già presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace (2009-2016), prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale (2016-2021), cancelliere della Pontificia accademia delle scienze (2022-2025), cancelliere della Pontificia accademia delle scienze sociali (2022-2025).   Sebbene Turkson abbia ragione nel dire che i fedeli hanno il compito di essere custodi dell’ambiente, non sono obbligati a credere nel «cambiamento climatico», né la questione ambientale è la più urgente per i cattolici, come sembra indicare il cardinale.   Il cardinale di Cape Coast è diventato famoso per la sua promozione dell’ambientalismo e del controllo demografico. Nel 2015, il cardinale ghanese ha dovuto giustificarsi dopo una controversa intervista alla BBC in cui affermava che Papa Francesco aveva chiesto «un certo controllo delle nascite» per affrontare la mancanza di cibo e altre preoccupazioni ambientali, dando così credito alla teoria secondo cui il pianeta sarebbe sovrappopolato.   Il Turkson è stato anche il principale collegamento del Vaticano con il World Economic Forum di Davos. Il cardinale ha pronunciato discorsi in diversi summit annuali del WEF durante il pontificato di papa Francesco e ha ospitato la «tavola rotonda» del WEF del Vaticano nel 2020.   Nel 2021, Turkson ha anche sostenuto l’idea che l’allora presidente pro-aborto Joe Biden dovesse continuare a ricevere la Santa Comunione. Il cardinale ghanese ha affermato che il democratico «cattolico» dissidente e promotore dell’aborto non si trova in «stato di peccato» e che «l’Eucaristia non dovrebbe in alcun modo diventare un’arma».   Come riportato da Renovatio 21, in risposta alle critiche del Turkson, i vescovi del suo Paese, il Ghana, difesero con fermezza le leggi anti-sodomia implementate dai parlamentari ghanesi.   La tematica ambientale di Bergoglio toccò livelli di parossismo imbarazzanti, come quando prese a citare nell’esortazione apostolica Laudate Deum (2023) la teorica gender eco-ciberfemminista Donna Haraway, nota per la sua teoria dello Chtulucene, ossia il superamento del cosiddetto antropocene, cioè l’avvio di un’era in cui l’essere umano non è più centrale. Come noto, Chtulhu è una divinità terrifica dal volto polipesco che nella fantasia letteraria dello scrittore H.P.Lovecraft tornerà sulla Terra per sterminare gli umani o renderli suoi schiavi.

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«Cosa succede quando il genere umano, dopo aver irrimediabilmente alterato gli equilibri del pianeta Terra, smette di essere il centro del mondo? E nel pieno della crisi ecologica, che relazioni è possibile recuperare non solo tra individui umani, ma tra tutte le specie che il pianeta lo abitano?» si chiede il libro Cthulucene. La risposta, dice la Haraway, è attuare in questo pianeta infetto un pensiero «tentacolare», un cambio di paradigma dove, come spiegato sopra, invece di generare figli si creano «parentele» con «decisioni intime e personali per creare vite fiorenti e generose senza mettere al mondo bambini».   Non vi sono segni che Leone voglia invertire la tendenza antiumana dell’ambientalismo vaticano.   Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa papa Prevost ha tenuto una nuova «messa per la cura del creato» nella quale ha avvertito che il «mondo sta bruciando» a causa del «riscaldamento globale». Significativa anche la location di tale nuova «messa», che si è svolta nei giardini papali adibiti al centro «Borgo Laudato Si’» a Castel Gandolfo, un luogo nato dall’enciclica ecomaoista bergogliana.

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La Marina britannica sversa acque radioattive in un lago scozzese

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Un’indagine ha scoperto che la Marina britannica ha più volte riversato acqua radioattiva dalle testate nucleari immagazzinate in un lago scozzese.

 

Secondo i documenti della Scottish Environment Protection Agency (SEPA) pubblicati dal quotidiano The Ferret («Il furetto»), piattaforma di giornalismo investigativo, l’acqua radioattiva proveniente dal deposito di armi di Coulport nel Regno Unito è fuoriuscita nel Loch Long, nella Scozia occidentale, in diverse occasioni dopo la rottura di vecchie tubature.

 

Il Deposito degli Armamenti della Royal Naval immagazzina le testate nucleari per i sottomarini classe Trident della Royal Navy britannica. La SEPA ha affermato che fino a metà delle sue 1.500 condutture idriche avevano superato la durata di vita prevista al momento delle perdite. Ha attribuito la causa delle inondazioni, che hanno rilasciato bassi livelli di trizio, una sostanza radioattiva utilizzata nelle testate, nel lago, frequentato da nuotatori, subacquei, canoisti e pescatori, a «carenze di manutenzione».

 

Piccole quantità di trizio sono generalmente innocue, ma un’esposizione elevata o prolungata può aumentare il rischio di cancro.

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I documenti rivelano che le tubature sono scoppiate nel 2010 e due volte nel 2019. Nell’agosto 2019, un’area di lavorazione delle testate nucleari è stata allagata; l’acqua contaminata è poi fluita attraverso uno scarico a cielo aperto nel lago. La SEPA ha affermato che i livelli di trizio erano molto bassi e non rappresentavano una minaccia per la salute pubblica.

 

Nel 2020, il ministero della Difesa del Regno Unito ha accettato di adottare misure per prevenire ulteriori rotture. Tuttavia, la SEPA ha successivamente constatato che i progressi in materia erano lenti e che persistevano problemi nella gestione delle risorse. Nel 2021 si sono verificate altre due rotture di tubature, una delle quali in un’altra area che conteneva sostanze radioattive, il che ha portato a un’altra ispezione SEPA nel 2022.

 

I documenti sono stati resi pubblici dopo una battaglia durata sei anni in base alle leggi scozzesi sulla libertà di informazione, ha scritto il quotidiano. Il Commissario scozzese per l’informazione David Hamilton ha stabilito a giugno che la maggior parte dei file deve essere resa pubblica, respingendo le affermazioni dei militari secondo cui la segretezza era necessaria per garantire la sicurezza nazionale, affermando che il rischio principale era per la «reputazione», non per la sicurezza.

 

Sebbene la SEPA abbia affermato che i livelli di radioattività in questi incidenti erano molto bassi e non mettevano in pericolo la salute umana, ha riscontrato «carenze nella manutenzione e nella gestione delle risorse che hanno portato al fallimento dell’accoppiamento, il che ha portato indirettamente alla produzione di rifiuti radioattivi non necessari».

 

A maggio, The Ferret ha riferito che dal 2023 si sono verificati 12 incidenti nucleari presso la base sottomarina della Royal Navy di Faslane, che potrebbero aver rilasciato sostanze radioattive.

 

La Marina Britannica è stata oggetto negli anni di scandali e storie bizzarre, di cui abbiamo dato su queste pagine esempi vari.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Royal Navy ha licenziato un decorato capitano di sottomarino che un tempo incontrò la famiglia reale, presumibilmente per aver inviato un video pornologico a un giovane sottoposto – non è chiaro se uomo o donna – con cui aveva una relazione definita «inappropriata».

 

Come riportato da Renovatio 21, a febbraio era emerso che navi britanniche avevano trascorso diversi giorni sulle tracce di un presunto sottomarino stealth russo prima di concludere che la sospetta traccia sonar potesse in realtà appartenere a una balena che emanava peti subacquei.

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La Santa Sede costruirà una centrale solare

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La Sala Stampa della Santa Sede ha annunciato il 31 luglio 2025 la firma di un accordo tra il Vaticano e la Repubblica Italiana per consentire l’installazione di un impianto fotovoltaico a Santa Maria di Galeria, a nord di Roma. Questo progetto è destinato a fornire energia rinnovabile alla Città del Vaticano, in conformità con l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.   Il principio di questa centrale elettrica si basa sull’installazione di pannelli solari nelle aziende agricole. L’obiettivo è garantire il completo approvvigionamento energetico dello Stato della Città del Vaticano, ma anche simboleggiare la consapevolezza della salvaguardia del Creato.   L’accordo riguarda un impianto agrovoltaico a Santa Maria di Galeria. Si tratta di un’area extraterritoriale dell’Agro Romano, il cui status risale agli accordi del 1951 con il Governo italiano, e dove dal 1957 ha sede la struttura di Radio Vaticana oggi utilizzata per le trasmissioni in onde corte.   Nel maggio 2024, sulla base del motu proprio Fratello Sole, Papa Francesco ha deciso di costruire su questo terreno un impianto solare. Si tratterebbe di un «impianto agrivoltaico», ovvero un campo di pannelli solari sotto il quale viene mantenuta l’attività agricola. Un progetto che mira a fornire energia elettrica non solo alla stazione radio, ma anche all’intera Città del Vaticano.    

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Papa Leone XIV visitò il sito il 19 giugno per visitare il Centro di Trasmissione e il sito di 424 ettari attualmente utilizzato per l’agricoltura.   Il 19 giugno, Papa Leone XIV ha visitato l’enclave vaticana di Santa Maria di Galeria, a nord della capitale, che beneficia dell’extraterritorialità. Questo appezzamento di terreno di 424 ettari è attualmente utilizzato per l’agricoltura ed è anche occupato dal centro di trasmissione della Radio Vaticana.   Poiché il sito di Santa Maria di Galeria si trova a 18 km dal Vaticano, il progetto prevede la collaborazione con il Governo italiano per consentire la trasmissione e la distribuzione dell’energia elettrica prodotta dall’impianto. A tal fine, è stato firmato un accordo tra l’Arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati, e l’Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Francesco Di Nitto.   Nel giugno dello scorso anno, l’APSA (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) e il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano hanno ricevuto un mandato speciale per realizzare un impianto fotovoltaico nell’area di Santa Maria di Galeria di proprietà della Santa Sede.   La stessa APSA, nel suo bilancio 2024 recentemente pubblicato, in cui vengono delineati i progetti avviati e proseguiti dall’anno scorso e le idee e le proposte per il futuro, menziona l’iniziativa come un mezzo «per realizzare esempi di transizione energetica attraverso il sostegno alle energie rinnovabili».   L’arcivescovo Gallagher ha espresso la sua gratitudine per il sostegno che l’iniziativa ha ricevuto dalle autorità italiane, un sostegno che «offre un’ulteriore prova dello spirito di reciproca cooperazione che ha sempre contraddistinto le nostre relazioni bilaterali fin dalla firma dei Patti Lateranensi».   Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine della Segreteria di Stato della Santa Sede via Twitter
 
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