Geopolitica
San Marino, obbligo vaccinale anche per gli insegnanti
Il governo della Repubblica di San Marino dichiara di essere pronta all’imposizione del vaccino per tutti lavoratori a contatto con gruppi di persone. Lo riporta la testata locale Altarimini.
Nella lista si possono contare i sanitari e i parasanitari, le forze di polizia, i docenti e coloro che lavorano nella pubblica amministrazione dello Stato indipendente.
Nella lista si possono contare i sanitari e i parasanitari, le forze di polizia, i docenti e coloro che lavorano nella pubblica amministrazione dello Stato indipendente
L’annuncio proviene dal Segretario di Stato Teodoro Lonfernini, che sostiene di essere «orgoglioso della risposta dei cittadini alla campagna di vaccinazione».
La partecipazione del popolo del Titano alla campagna di immunizzazione «dimostra l’alta sensibilità verso un impegno morale e sociale e la consapevolezza che uscire da questa crisi pandemica significa salvare vite e far sopravvivere la nostra economia».
Secondo quanto specificato, i non vaccinati non saranno spostati di mansione, almeno «fino a quando rappresenterà un veicolo di infezione» scrive il sito riminese.
Il Segretario di Stato Teodoro Lonfernini è «orgoglioso della risposta dei cittadini alla campagna di vaccinazione»
«Mi rendo conto – afferma Lonfernini – che possa sembrare una provocazione, ma sono convinto che vaccinarsi sia lo strumento per uscire da un pesante periodo di buio, far ripartire completamente la macchina economica e, di conseguenza, salvaguardare anche i posti di lavoro oltre alle vite umane».
La vaccinazione potrebbe interessare anche gli italiani: è possibile sottoporsi alla siringa mRNA anche per i non-sanmarinesi, a patto che prima vengano immunizzati i cittadini del Titano.
È possibile sottoporsi alla siringa mRNA anche per i non-sanmarinesi, a patto che prima vengano immunizzati i cittadini del Titano
Esiste poi un accordo bilaterale con la Repubblica italiana che prevede il coinvolgimento delle regioni di maggior da cui in massima parte arrivano i frontalieri, «nel pieno rispetto di quel concetto solidaristico territoriale di cui San Marino e la sua gente sono sempre stati grandi protagonisti e fautori».
Arte
Quattro Stati UE boicotteranno l’Eurovision 2026 a causa della partecipazione di Israele
Spagna, Irlanda, Slovenia e Paesi Bassi hanno annunciato il boicottaggio del prossimo Eurovision Song Contest in seguito alla conferma della partecipazione di Israele. All’inizio del 2025 diverse emittenti avevano chiesto all’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU), organizzatrice dell’evento, di escludere Israele accusandolo di brogli nel voto e per il conflitto in corso a Gaza.
L’ultima tregua, mediata dagli Stati Uniti, avrebbe dovuto porre fine ai combattimenti e permettere l’arrivo di aiuti umanitari nell’enclave, ma da quando è entrata in vigore gli attacchi israeliani hanno causato 366 morti, secondo il ministero della Salute di Gaza.
Il tutto si inserisce in un anno di escalation iniziato con l’offensiva israeliana lanciata in risposta all’attacco di Hamas dell’ottobre 2023, che provocò 1.200 morti e il rapimento di 250 ostaggi. Da allora, secondo le autorità sanitarie locali, l’operazione militare israeliana ha ucciso oltre 70.000 palestinesi.
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Le decisioni di ritiro sono arrivate giovedì, subito dopo l’approvazione da parte dell’EBU di nuove regole di voto più rigide, varate in risposta alle accuse di diverse emittenti europee secondo cui l’edizione 2025 era stata manipolata a favore del concorrente israeliano.
Poche ore più tardi l’emittente olandese AVROTROS ha comunicato l’addio al concorso: «La violazione di valori universali come l’umanità, la libertà di stampa e l’interferenza politica registrata nella precedente edizione dell’Eurovision Song Contest ha oltrepassato un limite per noi».
L’emittente irlandese RTÉ ha giustificato la propria scelta con «la terribile perdita di vite umane a Gaza», la crisi umanitaria in corso e la repressione della libertà di stampa da parte di Israele, annunciando anche che non trasmetterà l’evento.
Anche la televisione pubblica slovena RTVSLO ha confermato il ritiro: «Non possiamo condividere il palco con il rappresentante di un Paese che ha causato il genocidio dei palestinesi a Gaza», ha dichiarato la direttrice Ksenija Horvat.
Successivamente è arrivata la decisione della spagnola RTVE, che insieme ad altre sette emittenti aveva chiesto un voto segreto sull’ammissione di Israele. Respinta la proposta dall’EBU, RTVE ha commentato: «Questa decisione accresce la nostra sfiducia nell’organizzazione del concorso e conferma la pressione politica che lo circonda».
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Per far fronte alle polemiche, gli organizzatori dell’Eurovision hanno introdotto nuove misure anti-interferenza: limiti al televoto del pubblico, regole più severe sulla promozione dei brani, rafforzamento della sicurezza e ripristino delle giurie nazionali già nelle semifinali.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa arrivò in finale all’Eurovisione una sedicente «strega» non binaria che dichiarò di aver come scopo il «far aderire tutti alla stregoneria».
Vi furono polemiche quattro anni fa quando la Romania accusò che l’organizzazione ha cambiato il voto per far vincere l’Ucraina.
Due anni fa un’altra vincitrice ucraina dell’Eurovision fu inserita nella lista dei ricercati di Mosca.
Come riportato da Renovatio 21, la Russia ha lanciato un’«alternativa morale» all’Eurovision, che secondo il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov sarà «senza perversioni».
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Immagine di David Jones via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Putin: la Russia libererà tutto il Donbass
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Geopolitica
Putin e Witkoff concludono i colloqui di pace «costruttivi e sostanziali»
I negoziati tra Russia e Stati Uniti sul conflitto in Ucraina si sono conclusi al Cremlino, dopo quasi cinque ore di colloqui tra il presidente russo Vladimir Putin e l’inviato statunitense Steve Witkoff.
Le discussioni si sono concentrate sugli elementi chiave di un quadro di pace sostenuto dagli Stati Uniti, che inizialmente ruotava attorno a una bozza di 28 punti trapelata ai media il mese scorso, lasciando i sostenitori dell’Europa occidentale di Volodymyr Zelens’kyj colti di sorpresa e messi da parte.
Secondo l’assistente presidenziale russo Yuri Ushakov, durante i colloqui al Cremlino la delegazione statunitense ha presentato altri quattro documenti riguardanti l’accordo di pace.
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Sono state discusse le questioni chiave relative al territorio, su cui Zelens’kyj ha messo in guardia nei suoi commenti ai media, le garanzie di sicurezza, le aspirazioni della NATO e le restrizioni all’esercito ucraino, tutte ampiamente segnalate da Mosca come fattori di rottura degli accordi, con Ushakov che ha risposto a una domanda sull’argomento facendo riferimento al “vasto potenziale” di cooperazione tra Russia e Stati Uniti.
Dall’inizio dell’ultima iniziativa di pace statunitense, la corruzione della cerchia ristretta di Zelens’kyj è stata smascherata, mentre le sue forze armate hanno subito ingenti perdite territoriali in prima linea. Il presunto documento di pace iniziale è stato anche oggetto di diversi cicli di colloqui e di molta diplomazia tramite megafono.
Prima dei colloqui di martedì a Mosca, Witkoff ha incontrato una delegazione ucraina – escluso l’ex collaboratore di Zelens’kyj, Andrey Yermak, che è stato licenziato – in Florida per quattro ore, un’esperienza che i funzionari hanno descritto come produttiva, ma che fonti dei media hanno definito «non facile», riferendosi ampiamente alla questione territoriale.
Sebbene Zelens’kyj abbia ufficialmente escluso qualsiasi concessione a Mosca, si prevedeva che i colloqui nella capitale russa si sarebbero concentrati sulle questioni territoriali, esacerbate dai molteplici insuccessi di Kiev in prima linea, tra le richieste massimaliste dell’UE e la diplomazia in corso degli Stati Uniti.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
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