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Rapporto «Verità e giustizia»: abusi sistematici contro i Tamil dopo la guerra civile in Sri Lanka

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il documento diffuso dall’International Truth and Justice Project riporta le testimonianze di 123 vittime di detenzioni, abusi e torture. Durante il conflitto concluso nel 2009 – dalle 80 alle 100 mila le persone morte – sono accusate di violenze sia i separatisti sia i governativi. Ma la persecuzione dei Tamil da parte delle forze di sicurezza è continuata impunita anche una volta finita la guerra.

 

È stato diffuso ieri il rapporto «Disappearance, Torture And Sexual Violence Of Tamils 2015-2022» dell’International Truth and Justice Project (ITJP), con sede a Londra: documenta presunti abusi nello Sri Lanka, riportando le testimonianze di 123 Tamil che hanno dichiarato di essere stati picchiati, bruciati, soffocati e aggrediti sessualmente dalle autorità dello Sri Lanka tra il 2015 e il 2022.

 

L’ITJP ha dichiarato nel documento che le forze di sicurezza dello Sri Lanka hanno rapito uomini e donne della minoranza etnica Tamil e li hanno torturati anche molto tempo dopo la fine della sanguinosa guerra civile nel Paese.

 

Il conflitto – durato 26 anni e concluso nel 2009 – ha visto contrapposti gli insorti separatisti tamil e le forze governative. Le organizzazioni per i diritti umani accusano entrambe le parti di aver commesso abusi in questo periodo in cui sono morte dalle 80 mila alle 100 mila persone, secondo le stime delle Nazioni Unite.

 

Il nuovo rapporto analizza le dichiarazioni di 109 uomini e 14 donne di età compresa tra i 20 e i 39 anni, prelevati e trattenuti dalle forze di sicurezza. Le detenzioni sono durate da un giorno a un anno e mezzo. La metà delle detenzioni del 2022 – 11 su 24 – è avvenuta dopo l’arrivo al potere dell’attuale presidente Ranil Wickremesinghe, con la deposizione di Gotabaia Rajapaksa nel luglio 2022.

 

Le vittime tamil ora vivono tutte fuori dallo Sri Lanka. Il rapporto dice che sono stati interrogati sui loro legami con le LTTE (Tigri per la liberazione della patria Tamil), sulla partecipazione a proteste e commemorazioni e sul coinvolgimento in partiti politici tamil.

 

«Le forze di sicurezza dello Sri Lanka agiscono come se i giovani tamil che esercitano pacificamente i loro diritti politici rappresentassero una minaccia per la sicurezza nazionale», si legge nel rapporto. Molti degli stessi metodi di sparizione e tortura condotti dalle forze di sicurezza contro i combattenti delle LTTE che si erano arresi e contro la popolazione civile Tamil negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra, rimangono comuni fino ad oggi.

 

In 130 delle 139 detenzioni, gli interrogatori hanno comportato la tortura. Le vittime sono state picchiate duramente, asfissiate con un sacchetto di politene, bruciate con sigarette o altri materiali riscaldati, immerse in acqua e sospese a delle corde. Anche l’abuso sessuale è stato perpetrato di frequente, sono 91 i casi registrati.

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Inoltre, in 55 delle 139 detenzioni, i detenuti sono stati costretti a firmare una confessione dopo la tortura in una dichiarazione in lingua sinhala, che non potevano capire. Alcuni detenuti sono fuggiti, mentre altri sono stati rilasciati. Tuttavia, in 129 casi, sono stati bendati e restituiti alle loro famiglie dopo il pagamento di una somma di denaro.

 

«Le detenzioni arbitrarie e illegali tra il 2009 e il 2015 erano sistemiche e strutturalmente radicate», continua il rapporto. Il preoccupante intensificarsi di queste pratiche «è improbabile che si fermi, a meno che la comunità internazionale non eserciti maggiori pressioni sullo Sri Lanka affinché si occupi della riforma del settore della sicurezza e sradichi i funzionari responsabili», ha dichiarato Yasmin Sooka, direttore esecutivo dell’ITJP.

 

Nel rapporto, a pagina 33, viene citata anche una dichiarazione di Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, che nel marzo di quest’anno ha affermato: «resto profondamente preoccupato per le testimonianze ricorrenti e credibili ricevute dal mio ufficio di rapimenti, detenzioni illegali e torture, incluse violenze sessuali, da parte della polizia e delle forze di sicurezza dello Sri Lanka, alcune delle quali sarebbero avvenute nel 2023, principalmente nel nord e nell’est del Paese».

 

Il rapporto include una serie di raccomandazioni, che dovrebbero essere attuate per porre fine alla cultura dell’impunità attualmente praticata dalla polizia e dalle forze di sicurezza: rimuovere dall’incarico l’attuale Ispettore Generale di Polizia (IGP), che è stato riconosciuto da un tribunale dello Sri Lanka come coinvolto in torture.

 

E, ugualmente, sollevare dalle funzioni i membri dell’organo di controllo, la Commissione nazionale di polizia, che sarebbero complici delle sparizioni avvenute ai tempi del JVP (Fronte di Liberazione Popolare).

 

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Immagine di un_owen via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

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