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Quel futuro papa forse complice di Hiroshima e Nagasaki

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Il 17 gennaio 1945 il rappresentante diplomatico del Sol Levante presso la Santa Sede Masahide Kanayama, si vide con il Segretario di Stato vaticano Giovanni Montini, che 18 anni dopo sarebbe divenuto Papa Paolo VI. L’incontro avviene sotto gli occhi di Pio Rossignani, segretario personale di Pio XII.

 

Kanayama lavorava sotto l’ambasciatore Ken Harada. Il suo compito, in sostanza, era di fare da canale nascosto per un appello diretto al Papa.

 

I Giapponesi volevano che il Pontefice fosse il mediatore tra loro  gli Alleati.

 

Ken Harada (1909 –1997), ambasciatore presso la Santa Sede dal 1942 al 1945)

«I pacifisti in Giappone hanno grande fede nella Santa Sede. Un tentativo della Santa sede di iniziare la mediazione incoraggerebbe di molto i nostri pacifisti, anche se non vi fossero risultati concreti nell’immediato» disse Kanayama.

 

Montini rispose: «è a noi chiaro che la distanza tra i punti di vista fra i due belligeranti è troppo ampia per permettere la mediazione Papale»

 

Montini, cioè, chiuse la porta.

Giovanni Battista Montini, (1897-1978), futuro Papa Paolo VI

Il Giappone, in Vaticano, offriva il ramoscello d’olivo. Montini chiuse la porta

A pochi mesi di distanza, ci furono Hiroshima e Nagasaki. Quest’ultima, lo ricordiamo, era la città pià cattolica del Giappone, quella dove i cattolici erano la maggioranza, l’unica regione in cui la Vera Religione si salvò dalle tremende persecuzioni dello Shogunato nel XVII secolo.

 

Non è più discutibile il fatto che il Montini fosse un asset (cioè una fonte, un confidente, financo un «agente» dell’OSS, l’organizzazione che poi si trasformò nella CIA.

 

Il futuro Paolo VI  parlava direttamente con colui che è considerato «padre» della CIA,  William Donovan. 

Donavan era peraltro cattolico. Nel denso film dedicato all’OSS e alla CIA, The Good Shepherd, la figura di Donavan è interpretata da Robert De Niro, qui anche eccellente regista. Egli si lamenta, in una scena, del fatto di essere l’unico cattolico nell’ente che lui stesso stava creando traendo dai figli della crema WASP per lo più affiliati alla lugubre confraternità universitaria Skull and Bones. Donovan era già stato ospite del Vaticano nel 1944 per essere insignito da Pio XII della Gran Croce dell’ordine di San Silvestro

 

James Jesus Angleton (1917-1987)

Montini aveva tuttavia ancora maggiori rapporti con con la «madre» della CIA James Jesus Angleton. Personaggio interessante, l’Angleton crebbe in Italia, dove il padre vendeva macchine da scrivere, e si laureò in poesia: nel dopoguerra corrispondeva con Ezra Pound che egli ammirava enormemente, mentre però lo teneva dietro le sbarre. Ad Angleton viene fatto risalire tanto della storia Repubblicana, tanto che meriterebbe un posto tra i padri fondatori dell’Italia democratica – certamente più di De Gasperi e dei Costituenti: c’è il sospetto che Angleton trattò con Lucky Luciano lo sbarco degli alleati in Sicilia (e quindi il ritorno della mafia), truccò il referendum che seppellì la Monarchia, fu fulcro delle manovre che crearono la DC. Infine, Angleton impazzì mentre per la CIA dirigeva il controspionaggio antisovietico, inghiottito da quello che egli stesso, memore della sua formazione poetica, chiamava «Il deserto degli specchi».

 

Ma è del deserto atomico di Hiroshima e Nagasaki che stiamo parlando.

Sembrerebbe proprio che anche in quel colloquio in cui il Giappone gli chiedeva aiuto Montini facesse il gioco angloamericano. 

 

 

Sembrerebbe proprio che anche in quel colloquio in cui il Giappone gli chiedeva aiuto Montini facesse il gioco angloamericano

Monsignor Montini alle spalle di Pio XII

È difficile non pensare che una risposta differente avrebbe potuto salvare decine di migliaia di esseri umani a Hiroshima e centinaia di migliaia di cattolici a Nagasaki.

 

La cosa va inquadrata secondo la mentalità del Montini e della Democrazia Cristiana che egli benedì facendola prosperare al punto che per colpirla dovettero colpire un amico personale del papa bresciano, Aldo Moro.

 

Montini, il papa del post-concilio, il papa della messa nuova plasmata dal massone Bugnini, il papa che incoraggiò quella Democrazia Cristiana che ha siglato quegli enormi compromessi con la Morte – compromessi che hanno costato al Paese circa 53 volte i morti di Hiroshima Nagasaki, preferì il male minore della continuazione della guerra, vedendone chissà quale vantaggio futuro: forse quello americano, che con la detonazione delle bombe spaventò la Russia impedendole di invadere l’Hokkaido. La Russia aveva dichiarato guerra al Giappone poche settimane prima, e un’invasione sovietica da Nord avrebbe reso il Giappone un Paese diviso dai blocchi come la Germania, o, più tardi, la Corea.

Ecco, insomma, il male minore atomico.

 

Hiroshima dopo la bomba

Ecco il male minore atomico

Davanti al diniego di Montini, i Giapponesi in Vaticano non si persero d’animo. Nel febbraio 1945, l’ambasciatore Ken Harada volle vedere l’inviato personale di Roosevelt presso Pio XII Myron Taylor, e gli passo un messaggio chiarissimo: «gli elementi giapponesi che desiderano la pace  non sono responsabili della guerra nel pacifico, e potrebbero essere in grado di far sentire la propria volontà se gli angloamericani offrissero termini accettabili».

Il Giappone, in Vaticano, offriva il ramoscello d’olivo.

 

 

Taylor promise di passare il messaggio, ma volle ricordare Pearl Harbor: come dire, abbiamo qualche ragione per invadervi.

Nagasaki, la cattedrale di Urakami distrutta dalla bomba atomica

I fedeli di Urakami quel giorno trovarono d’improvviso una morte mai vista prima. Disintegrati, disciolti, fusi nell’intimo della materia con ciò che era nelle circostanze

A leggere la storia dai documenti non pare proprio che il Giappone fosse graniticamente opposto all’idea di un armistizio; il mito dell’ultimo giapponese che continua a combattere nell’isola per anni è probabilmente un’operazione psicologica che giustificare le bombe atomiche. 

 

È eclatante il caso del telegramma al Papa mandato il 6 aprile 1945 dal delegato: «Il presente è il momento più favorevole per conquistare l’intransigenza dei militaristi estremisti nell’interesse di una pacifica soluzione della guerra» scrisse Toda, il quale era peraltro imparentato con nientemeno che l’imperatore Hirohito. Nel messaggio, si prometteva che al più presto possibile si sarebbero mandate alla Santa Sede delle condizioni da far vagliare agli angloamericani. Gli americani sapevano: messaggio fu intercettato dall’OSS e girato a Roosevelt l’11 aprile, un giorno dinanzi della sua improvvisa morte.

 

Il successore, il massone Truman, poche settimane dopo sganciò le bombe.

 

Si trattò dell’unico utilizzo su esseri umani dell’ordigno a fissione dell’atomo.

 

Ho pellegrinato per ambo le città martiri dell’atomo americano. Voglio confessare che Nagasaki, soprattutto, è una delle città che amo di più al mondo.

 

La storia del bombardamento atomico di Nagasaki è una storia cattolica sin dal suo epicentro: il bombardiere “Bockscar” pilotato dal maggiore Charles Sweeney, all’anagrafe un irish-catholic, prese come bersaglio la cattedrale della Immacolata Concezione, chiamata anche cattedrale di Urakami, il quartiere a Nord della città.

Paolo Takashi Nagai (1908-1951) e i suoi figli

 

Quando l’atomo colpì, era l’ora delle confessioni. Tanti erano là sotto in fila per liberarsi dei proprio peccati; una di essi era la moglie di un medico cattolico riconosciuto poi eroe internazionale, Paolo Takeshi Nagai.

 

Nagai – che diverrà noto per la sua testimonianza straziante del libro Le campane di Nagasaki – studiò la malattia da radiazione anche menomato e incapace di stare anche solo seduto, sdraiato perennemente, tra microscopi e carte, su della paglia stesa sul pavimento.

 

I fedeli di Urakami quel giorno trovarono d’improvviso una morte mai vista prima. Disintegrati, disciolti, fusi nell’intimo della materia con ciò che era nelle circostanze.

 

Nagasaki, il rosario sciolto dalla bomba atomica

La Fede violata nella sua intimità, e al contempo era la Fede che resiste anche alla potenza nucleare

Nel museo a fianco della Cattedrale di Urakami, ho guardato e rimirato per ore un cimelio in particolare. Un rosario «sciolto» dalla bomba.

 

Vi ho visto questo segno pazzesco, struggente: era la Fede violata nella sua intimità, e al contempo era la Fede che resiste anche alla potenza nucleare.

 

Quel rosario diceva, soprattutto, che qualcuno era morto stringendolo fra le mani.

 

Ricordo come accanto a me, davanti al rosario atomico, vi erano dei ragazzi americani, venuti come tanti connazionali a fare quello che il loro governo non riesce a fare da 73 anni: affacciarsi all’orrore e chiedere scusa. La prima a scoppiare a piangere fu la ragazza; il ragazzo seguì. Lacrime americane, lacrime umane.

 

Avevano compreso ciò che i vertici del loro Paese, e probabilmente anche Montini, non avevano compreso.

Il «male minore» è il Male. E il Male vuole lo sterminio infinito, e lo scioglimento dell’Unica Vera Fede

 

Vite sacrificate, a milioni, per il «male minore» di qualche uomo di potere.

 

Il «male minore» è il Male. E il Male vuole lo sterminio infinito, e lo scioglimento dell’Unica Vera Fede.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

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Papa Leone intervenga sull’Eucarestia a Brigitte Macron: parla un sacerdote francese

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Padre Guy Pagès,un sacerdote della diocesi di Parigi, n ha scritto una lettera aperta a Papa Leone XIV chiedendogli di imporre sanzioni a coloro che hanno permesso la profanazione della Santa Eucaristia quando la first lady francese ha ricevuto pubblicamente la Comunione durante una messa speciale celebrata dall’arcivescovo di Parigi, Laurent Ulrich, nella cattedrale di Notre Dame. Lo riporta LifeSite.

 

L’occasione è stata la riapertura ufficiale della cattedrale dopo il terribile incendio, scoppiato il lunedì della Settimana Santa del 2019, che avrebbe potuto distruggerla.

 

La lettera di Pagè è piena di angoscia per la sorte eterna di coloro che hanno reso possibile questo sacrilegio e, citando la valutazione di Benedetto XVI, avverte che si può fare un parallelo tra l’abuso sui minori all’interno della Chiesa e il disprezzo per il Corpo di Cristo.

 

Esattamente un anno fa, l’8 dicembre 2024, Brigitte Macron, sposata civilmente con il presidente francese Emmanuel Macron, ha raggiunto il marito a Notre Dame e salì è salita suo posto in prima fila per ricevere la Santa Comunione. Ha ricevuta l’Ostia dalle mani di monsignor Philippe Marsset, vescovo ausiliare di Parigi, alla presenza dell’arcivescovo di Parigi, Laurent Ulrich. Non una parola, né un sopracciglio alzato, di fronte a questo scandalo pubblico. Brigitte Macron, che ha divorziato dal suo primo marito, André-Louis Auzière, nel 2006, non risulta aver regolarizzato la sua situazione coniugale con un matrimonio religioso dopo la morte di Auzière nel dicembre 2019. Inoltre, è una sostenitrice pubblica dell’aborto, dell’eutanasia e delle rivendicazioni LGBT.

 

In quanto personaggio pubblico che vive un’unione matrimoniale irregolare – per quanto ne sa l’uomo della strada – e che dichiara apertamente il suo sostegno a cause incompatibili con la fede cattolica, Brigitte Macron non avrebbe dovuto avvicinarsi all’altare per ricevere la Santa Comunione, e la sua situazione e le sue posizioni pubbliche su queste questioni avrebbero dovuto in ogni caso indurre il ministro del sacramento a imporre un rifiuto chiaro, seppur discreto.

 

La messa è stata trasmessa da Le Jour du Seigneur, il programma cattolico della televisione pubblica francese. Al minuto 1 ora e 56, si vede chiaramente Brigitte Macron ricevere la Comunione, mentre il commentatore afferma: «ha tutto il diritto di farlo». Aggiunge che Emmanuel Macron non si è avvicinato per ricevere l’Ostia per «totale rispetto» della «laicità», la separazione tra Chiesa e Stato.

La premiérè dame riceve l’Eucarestia, ovviamente, in mano.


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Padre Guy Pagès ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna risposta da Roma che rispondesse alle sue preoccupazioni – né è stata rilasciata alcuna dichiarazione da parte di nessuno che facesse luce sullo stato civile di Brigitte o su posizioni personali che giustifichino un ipotetico riavvicinamento alla Chiesa cattolica, scrive LifeSite.

 

Padre Pagès ha chiarito di essere «respinto» dal modo in cui la Santa Eucaristia veniva trattata da coloro che detenevano autorità nella Chiesa e di aver sperato in una pubblica sconfessione. Ha atteso fino al 22 giugno prima di scrivere una prima lettera aperta al Dicastero per il Culto Divino, con copie per i Dicasteri per la Dottrina della Fede e per i Vescovi, nonché per la Conferenza Episcopale Francese. Lo ha fatto, ha dichiarato a LifeSiteNews, perché nessun altro si era espresso e si sentiva personalmente obbligato a reagire.

 

Ha aggiunto che la sanzione per i membri del clero che amministrano i sacramenti in contraddizione con le regole della Chiesa è la loro «sospensione».

 

Le sue prime parole alla gerarchia cattolica nella lettera di giugno erano per ricordare loro l’ articolo 183 della Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004) che recita: «In modo assolutamente particolare tutti, secondo le possibilità, facciano sì che il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia sia custodito da ogni forma di irriverenza e aberrazione e tutti gli abusi vengano completamente corretti. Questo è compito della massima importanza per tutti e per ciascuno, e tutti sono tenuti a compiere tale opera, senza alcun favoritismo».

 

Il sacerdote ha aggiunto che l’applicazione del canone 915 del Codice di Diritto Canonico («Non siano ammessi alla sacra comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto») avrebbe permesso di evitare lo scandalo indicando correttamente le condizioni per ricevere l’Eucaristia, soprattutto quando la presenza della coppia presidenziale era stata annunciata in anticipo.

 

Ora don Pagès scrisse una lettera a Papa Leone XIV, sottolineando che la sua prima lettera ai dicasteri era stata ignorata.

 

Sua Santità,

Il 22 giugno ho inviato una lettera alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, denunciando i sacrilegi commessi contro il Corpo di Cristo domenica 8 dicembre 2024, durante la celebrazione della riapertura della Cattedrale di Notre-Dame a Parigi, un evento ripreso dai media di tutto il mondo e a cui hanno partecipato numerose personalità pubbliche, tra cui capi di Stato, che vivono pubblicamente in violazione dei comandamenti di Dio e della Sua Chiesa, e a cui è stata comunque amministrata la Comunione eucaristica, in particolare alla persona che appare come la moglie del Presidente della Repubblica.

 

Tuttavia, poiché la loro presenza era stata annunciata, sarebbe stato facile indicare le condizioni richieste prima di dare loro la Comunione (CIC 915; Redemptionis Sacramentum 84 ). Il 10 ottobre, non avendo ancora ricevuto risposta dal Dicastero, ho inviato un’ulteriore lettera con richiesta di ricevuta, anch’essa rimasta finora senza risposta. Sento il dovere di portare questi fatti alla vostra attenzione.

 

La drammatica situazione in cui si trova la Chiesa a causa del suo rifiuto di applicare il diritto canonico in casi gravi di pedofilia avrebbe dovuto convincerci ad applicarlo con rigore in futuro. Benedetto XVI, del resto, ha collegato il modo in cui trattiamo il Corpo di Cristo al modo in cui trattiamo i bambini (Vatican News, 11 aprile 2019 ) … Sono convinto che non ci sarà primavera per la Chiesa finché non torneremo a ricevere la Comunione sulla lingua e in ginocchio , come Benedetto XVI ha insegnato con il suo esempio durante la sua visita a Parigi nel 2008.

 

Spero quindi che interveniate affinché le molteplici profanazioni dell’Eucaristia commesse in quel giorno siano punite. In caso contrario, la loro banalizzazione aumenterà e più sacerdoti e fedeli andranno all’Inferno ( Cfr. San Giovanni Crisostomo in Entretiens et méditations ecclésiastiques, Rusand, Parigi, 1826), perché è vero che chi riceve la Comunione indegnamente mangia la sua condanna (1 Cor 11,27), e ancor più il sacerdote che gliela dà (1 Rm 1,32). Il 12 marzo 1913, Gesù si lamentò con San Pio da Pietrelcina: «La mia casa è diventata per molti un luogo di divertimento. Così è anche per i miei sacerdoti . Sotto falsa apparenza mi tradiscono con comunioni sacrileghe».

 

Voglia gradire, Santissimo Padre, l’espressione dei miei deferenti saluti nel Signore.

 

Che San Tarcisio assista Vostra Santità nella sua missione divina!

 

Padre Guy Pagès

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Poligamia: il Vaticano non intende modificare il diritto canonico

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Il Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) ha ribadito che attualmente non esiste alcun piano per modificare il diritto canonico relativo alle unioni poligame, molto comuni nell’Africa subsahariana. Questa dichiarazione del Cardinale Victor Manuel Fernandez, Prefetto del DDF, arriva dopo una nota dottrinale sulla monogamia come fondamento del matrimonio cristiano.   I vescovi africani potrebbero essere delusi, poiché avevano chiesto una modifica del diritto canonico per scoraggiare ulteriormente la piaga della poligamia, profondamente radicata nelle tradizioni africane. Commentando la nota di Una Caro del 25 novembre 2025, il Cardinale Fernandez ha sottolineato che il nuovo testo non intendeva «condannare esplicitamente la poligamia», ma piuttosto «promuovere la monogamia come ideale evangelico», limitandone significativamente la portata.   Ciò è ancora più significativo se si considera che il Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede si è affrettato a sottolineare che l’iniziativa rispondeva principalmente alle ripetute richieste dei vescovi africani, espresse durante le visite ad limina e al Sinodo sulla sinodalità. In Africa, questi prelati affrontano importanti sfide pastorali in regioni in cui la poligamia colpisce fino al 24% dei cristiani in Burkina Faso, secondo i dati del Pew Research Center.   In una lunga nota a piè di pagina, Una Caro affronta le tradizioni africane a livello giuridico, dove la prima moglie svolge spesso un ruolo centrale nei riti funebri e nell’educazione dei figli di altre unioni. «Studi sulle culture africane mostrano che diverse tradizioni attribuiscono particolare importanza al primo matrimonio», si legge.

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Tuttavia, il cardinale Fernandez insiste sul fatto che questa menzione non implica, a suo avviso, una revisione del canone 1148, che consente a un uomo poligamo convertito al cattolicesimo di scegliere una delle sue mogli per convalidare un matrimonio cristiano, con preferenza per la prima.   I vescovi africani, riuniti nell’ambito del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (SECAM), avevano tuttavia criticato questa flessibilità canonica, in particolare in un documento dell’agosto 2025 intitolato «Le sfide pastorali della poligamia». In esso, denunciavano casi in cui gli uomini «mettono da parte» la loro prima moglie per sceglierne una più giovane, causando sia scandalo che ingiustizia all’interno delle loro comunità.   Il prefetto della DDF ha riconosciuto queste «situazioni violente» nei villaggi isolati, dove le donne abbandonate rischiano la miseria o la morte: «Dobbiamo trovare una soluzione prudente che porti gradualmente a unioni monogame», ha dichiarato al sito di informazione The Pillar, specificando al contempo che i vescovi africani devono impegnarsi in questa riflessione, senza modifiche immediate al diritto canonico. Questa posizione si inserisce in un contesto più ampio.   La poligamia è diffusa nell’Africa occidentale e centrale: in Ciad, il 21% dei cristiani vive in famiglie poligame, e in Mali il 14%. Durante il Sinodo sulla famiglia del 2014, mons. Ignatius Kaigama – ora arcivescovo di Abuja, in Nigeria – ha sottolineato che la poligamia spesso mira ad assicurare la prole, sollevando interrogativi pastorali per i convertiti. «Come possiamo aiutarli? Come possiamo condurli alla conversione?», si è chiesto.   Il documento del SECAM ha anche deplorato le pratiche falsamente pastorali di alcuni sacerdoti, come la tolleranza informale o lo status di «catecumenato permanente» per i poligami, sostenendo invece un annuncio «radicale» del Vangelo.   I vescovi africani non hanno quindi veramente prevalso e il controverso autore del documento Fiducia Supplicans (2023) sulla benedizione delle coppie irregolari si è, nella migliore delle ipotesi, impegnato ad aiutare i vescovi africani a trovare «soluzioni appropriate», senza però «isolare» i sacerdoti che esercitano il loro ministero in contesti in cui la poligamia è la norma.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News.

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Corredentrice e Mediatrice: cosa chiedevano i vescovi alla vigilia del Vaticano II

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Il numero di novembre 2025 del Courrier de Rome assume un significato particolare alla luce della Nota Mater populi fidelis del cardinale Fernández, che rifiuta i titoli di Corredentrice e Mediatrice di tutte le Grazie. Per cogliere la portata di questa rottura, i due studi storici di padre Jean-Michel Gleize costituiscono il cuore di questo numero e ne costituiscono l’interesse principale.

 

Questi articoli richiamano alla mente un fatto significativo, spesso dimenticato: alla vigilia del Concilio Vaticano II, l’episcopato cattolico chiese quasi all’unanimità una definizione di Corredenzione e Mediazione Universale. Le citazioni che l’autore estrae dagli Atti conciliari sono sorprendenti. Il vescovo di Malta, l’arcivescovo Galea, vedeva in questa definizione «un grandissimo aiuto» per riunire i cristiani separati, affermando che questa verità sarebbe stata accolta «come la voce della Madre Celeste che vuole riportare tutti i suoi figli all’unità».

 

I vescovi spagnoli, da parte loro, hanno affermato inequivocabilmente che Maria «merita di essere Mediatrice presso il Mediatore» e che, secondo San Pio X, è «la prima dei ministri a distribuire le grazie».

 

La Polonia, fedele alla sua tradizione mariana, ha espresso con forza il sentimento del popolo cristiano. Il vescovo Blecharczyk ha osservato che tutti – «ignoranti o dotti» – credono che Maria, suscitata da Dio, sia «la collaboratrice dell’opera della Redenzione” e “la Mediatrice di tutte le grazie che scaturiscono dalla Redenzione come dalla loro fonte».

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Quanto al vescovo Czerniak, egli ha affermato che questa dottrina è ormai così chiara, così profondamente radicata nella Tradizione e nell’insegnamento dei papi, che deve essere resa professione di fede: «La Beata Vergine Maria deve essere dichiarata Mediatrice di tutte le grazie […] perché la volontà di Dio l’ha creata come Mediatrice universale».

 

Questi testi dimostrano che la dottrina di Maria, Corredentrice e Mediatrice, non si basava sulle opinioni di teologi isolati, ma sulla voce unificata della Chiesa docente, che vedeva in questa definizione un bene spirituale importante per i fedeli e persino un mezzo per convertire i non cattolici. Le poche obiezioni registrate – solo due autentiche – non riguardavano mai la dottrina in sé, ma piuttosto considerazioni di opportunità pastorale.

 

Rivelando questa unanimità episcopale, padre Gleize dimostra che la Nota del Dicastero, riducendo la cooperazione di Maria a un mero esempio, «non riflette accuratamente la dottrina del Magistero della Chiesa».

 

Questo numero offre quindi uno spunto cruciale per comprendere l’attuale dibattito mariano: lungi dall’essere spunti devozionali, Corredenzione e Mediazione Universale sono al centro della fede cattolica trasmessa dai pastori. Leggere questo dossier significa riscoprire questa profonda armonia, oggi oscurata, tra la Tradizione viva della Chiesa e la verità sulla Madre di Dio.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine: Chiesa cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso (Grove City, Ohio) – Statua della Beata Vergine Maria

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