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Terrorismo

Quali sono i gruppi terroristici che ora controllano la Siria?

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Dopo oltre 50 anni al potere, il regime di Assad è caduto e l’ex presidente siriano Bashar al-Assad è fuggito a Mosca. La domanda che si pongono tutti è quindi chi comanda davvero ora in Siria. Sappiamo che i gruppi previamente definiti «terroristi» sono al potere, tuttavia non si tratta di un blocco monolitico, ma di diverse formazioni con gradazioni diverse di jihadismo, talvolta pure dissimulate.

 

Secondo il giornale statunitense Epoch Times, ci sarebbero almeno cinque gruppi diversi che controllano diverse parti della Siria.

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Hayat Tahrir al-Sham

Il principale gruppo terroristico, che ha preso il controllo di Aleppo, Hama e Homs in un’offensiva lampo iniziata il 27 novembre e culminata con il crollo del regime di Assad il 7 dicembre, è Hayat Tahrir al-Sham (HTS), che in arabo significa Organizzazione per la liberazione del Levante. HTS è nata come come Fronte al-Nusra, un’entità affiliata direttamente di al-Qaeda, il gruppo terroristico islamista fondato dal defunto Osama bin Laden.

 

HTS è stato designato come organizzazione terroristica straniera dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti nel 2018. Il suo leader, Ahmed al-Sharaa, che usa il nome di battaglia Abu Mohammed al-Jolani (o Golani), è oggetto di una taglia di 10 milioni di dollari da parte degli Stati Uniti.

 

Nella sua prima intervista televisiva nel 2014, al-Jolani dichiarò alla rete televisiva qatariota Al Jazeera che il suo obiettivo era quello di vedere la Siria governata dalla legge islamica e che non c’era spazio per le minoranze alawite, sciite, druse o cristiane.

 

Il gruppo ha commesso violazioni dei diritti umani «tra cui tortura, sparizioni forzate, stupri e altre violenze sessuali e omicidi in detenzione», che le Nazioni Unite hanno documentato fino al 2020, secondo la Commissione USA per la libertà religiosa internazionale.

 

«Dopo aver preso il controllo delle prigioni governative e averne create altre, HTS ha fatto ricorso alla detenzione per motivi settari e ai relativi rapimenti e richieste di riscatto contro membri di gruppi minoritari», ha affermato la Commissione.

 

Ora si dice che negli ultimi dieci anni al-Jolani avrebbe cambiato radicalmente idea. Nel 2021 ha dichiarato a un giornalista statunitense della rete PBS che HTS non rappresenta una minaccia per l’Occidente.

 

«Sì, abbiamo criticato le politiche occidentali», aveva detto al-Jolani, indossando una giacca e i capelli tirati indietro. «Ma scatenare una guerra contro gli Stati Uniti o l’Europa dalla Siria… non è vero (…) Non abbiamo detto che volevamo combattere».

 

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Negli ultimi otto anni, HTS è rimasta sulla difensiva, asserragliata nella provincia di Idlib, nell’estremo Nord-Ovest della Siria.

 

Ma mentre la Russia si allontanava sempre di più dalla Siria a causa della guerra in Ucraina, HTS ha visto l’opportunità di mettere alla prova la determinazione delle truppe del regime di Assad.

 

Il 27 novembre ha lanciato un attacco a sorpresa su Aleppo e si accorse subito che le truppe di Assad si stavano ritirando, combattendo senza il supporto aereo russo e, hanno detto i media, mostrando meno brutalità rispetto a quella mostrata in precedenza. Al-Jolani vide l’opportunità di dirigersi verso sud, prendendo le città di Hama, Homs e poi Damasco.

Durante l’offensiva, al-Jolani e l’HTS hanno attentamente pianificato la propaganda sui social media per dipingere il gruppo come un’organizzazione nazionalista siriana. Prima della caduta di Damasco, al-Jolani aveva dichiarato alla CNN: «la Siria merita un sistema di governo istituzionale, non uno in cui un singolo sovrano prende decisioni arbitrarie. Non giudicare dalle parole, ma dai fatti».

 

La Commissione USA per la libertà religiosa internazionale ha affermato in una scheda informativa del 2022 che «nonostante la campagna concertata di pubbliche relazioni di HTS per riabilitare la sua immagine, la sua governance autoritaria e ideologicamente guidata, così come le sue relazioni in continua evoluzione con altri attori statali e non statali che competono per il controllo in alcune parti della Siria, mettono a rischio continuo la popolazione religiosamente diversificata della Siria nord-occidentale».

 

Esercito nazionale siriano

L’Esercito Nazionale Siriano (SNA), a differenza dell’Esercito arabo siriano di Assad (SAA), è stato formato da soldati che avevano disertato dall’esercito di Assad nel 2011.

 

L’SNA, originariamente noto come Free Syrian Army («Esercito Siriano Libero»), sostenuto dall’esercito turco, era stato inviato per respingere sia il gruppo terroristico ISIS sia le forze curde dal confine con la Turchia.

 

 

L’SNA controlla ora una vasta fascia di territorio nel nord della Siria, parallela al confine con la Turchia. Quando il 27 novembre l’HTS diede inizio all’offensiva contro il regime di Assad, anche l’SNA si unì a loro e prese parte ai combattimenti ad Aleppo.

 

Quando l’HTS si è diretto a sud verso Hama e Damasco, l’SNA si è diretto verso est, sottraendo territorio al regime di Assad ma scontrandosi poi con le forze guidate dai curdi nei pressi di Manbij.

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Forze democratiche siriane

La Siria, come i vicini Turchia e Iran, ospita una consistente minoranza curda e, quando è scoppiata la guerra civile siriana nel 2011, le Forze Democratiche Siriane (SDF) si si sono organizzate nelle Unità di protezione popolare (YPG), che presero il controllo di vaste zone della Siria nordorientale nel 2012, mentre il regime di Assad ritirava le truppe per combattere i nemici altrove.

 

La Turchia considerava l’YPG inscindibile dal Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), un gruppo terroristico che ha combattuto per uno stato curdo indipendente nel Sud-Est della Turchia.

 

 

A ottobre, i terroristi del PKK hanno ucciso cinque persone durante un attacco a una fabbrica aerospaziale turca ad Ankara, in Turchia. Ma in Siria, lo YPG è stato uno dei pochi eserciti in grado di resistere all’ISIS e, dopo il 2014, ha ricevuto il sostegno degli Stati Uniti.

 

Successivamente, le YPG costituirono la spina dorsale delle Forze Democratiche Siriane (SDF), un’alleanza di milizie curde e arabe.

 

Le SDF ora controllano gran parte della Siria, a est del fiume Eufrate, compresa l’ex capitale dell’ISIS, Raqqa, nota collettivamente come Amministrazione autonoma della Siria settentrionale e orientale.

 

Il 6 dicembre, le SDF hanno catturato Deir el-Zor, un’altra importante città nella Siria orientale. L’8 e il 9 dicembre, le forze delle SDF si sono scontrate con il rivale SNA per il controllo della città di Manbij.

 

Secondo voci non confermate l’SNA avrebbe cacciato le SDF da Manbij.

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Sala operativa del Sud

Nelle ultime due settimane, un nuovo gruppo ribelle è comparso nell’estremo sud della Siria, prendendo il controllo della città di Daraa, luogo d’origine della rivolta contro il regime di Assad nell’aprile 2011.

 

 

È nota come Southern Operations Room (in inglese «Sala operativa del Sud») e comprende combattenti della minoranza drusa, che vive anche nel Libano meridionale e sulle alture del Golan in Israele.

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ISIS

Esistono ancora resti del gruppo jihadista estremista ISIS, a volte indicato come Daesh, nella Siria orientale, ma sembra essere ben lontano dalla minaccia che rappresentava tra il 2014 e il 2018.

 

Il 2 dicembre, il portavoce del Pentagono, il maggiore generale Pat Ryder, ha detto ai giornalisti che le forze statunitensi dispiegate in Siria erano «unicamente concentrate sulla sconfitta duratura dell’ISIS e (…) rimangono essenziali per garantire che l’ISIS non possa mai più risorgere in Siria».

 

Attualmente circa 900 soldati statunitensi sono dispiegati in Siria, dove controllano i giacimenti petroliferi situati nei pressi della riva orientale del fiume Eufrate.

 

L’ISIS ha acquisito importanza nel 2013 e ha rapidamente conquistato territori nella Siria orientale e nell’Iraq settentrionale, governandoli insieme come un autoproclamato califfato.

 

Daesh ha dimostrato una brutalità sorprendente, arrivando persino a decapitare ostaggi occidentali e soldati catturati, ma alla fine fu sconfitto militarmente da una coalizione di forze statunitensi, irachene, siriane e curde.

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Terrorismo

Assassinato Charlie Kirk. L’America piomba nella violenza politica

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  Charlie Kirk, prominente sostenitore del presidente Donald Trump e direttore esecutivo di Turning Point USA, è deceduto dopo essere stato ferito da un colpo di arma da fuoco durante un discorso alla Utah Valley University, secondo quanto annunciato dal presidente degli Stati Uniti.   L’attivista e influencer di 31 anni è stato raggiunto da un proiettile al collo mentre rispondeva alle domande di un pubblico riunito nel cortile dell’università. Secondo un portavoce dell’università, il colpo sarebbe stato sparato da un edificio situato a circa 200 metri dal luogo in cui Kirk si trovava, dopo che aveva parlato per circa 20 minuti, scrive il New York Times.   Diversi video dell’agghiacciante omicidio politico sono circolati in rete. Molti, che mostravano fiotti di sangue uscire dal collo del ragazzo, sono ora spariti da X.   «Il grande, e persino leggendario, Charlie Kirk è morto. Nessuno ha capito o posseduto il cuore dei giovani negli Stati Uniti d’America meglio di Charlie. Era amato e ammirato da TUTTI, soprattutto da me, e ora non è più con noi», ha scritto Trump sulla sua piattaforma Truth Social, porgendo le condoglianze alla moglie di Kirk, Erika, e alla famiglia.   Riconosciuto per il suo ruolo chiave nella recente vittoria presidenziale di Donald Trump, Kirk ha galvanizzato i giovani elettori, soprattutto maschi, attraverso un’intensa attività di mobilitazione nei campus universitari, dibattiti virali sui social media e un instancabile impegno di sensibilizzazione. Durante il primo mandato di Trump, ha instaurato un rapporto stretto con l’ex presidente e la sua famiglia, diventando una figura di spicco nel definire la politica giovanile conservatrice negli Stati Uniti.   Sposato e padre di due figli piccoli, Kirk era considerato un esponente del christian nationalism che promuoveva valori tradizionali contro le istanze progressiste, mentre i detrattori della sinistra lo vedevano come una figura divisiva nelle guerre culturali americane.   Di fatto, il Kirk è stato ucciso mentre rispondeva una domanda sulla correlazione tra transessualismo e stragi massive. Video mostrano che anche all’evento all’università dello Utah vi erano oppositori che sventolavano la bandiera omotransessualista.  

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Kirk si trovava nello stand della sua iniziativa Prove me wrong, un banchetto da cui sfida al dibattito gli studenti di sinistra per poi creare video da mandare sui social. Il chiosco era transennato ed apparentemente molto presidiato da guardie del corpo.   Kirk aveva sostenuto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump prima delle elezioni del 2016 e del voto del 2024.   Il governatore dello Utah Spencer Cox ha dichiarato ai media: «Voglio essere molto chiaro, questo è un assassinio politico». «Voglio ricordarvi che qui nello stato dello Utah abbiamo ancora la pena di morte».   Un portavoce dell’università ha dichiarato che «un singolo colpo è stato sparato dalla cima di un edificio vicino, a circa 200 metri dal luogo dell’evento», circa 20 minuti dopo l’inizio dell’evento. «La polizia sta ancora indagando. Il campus rimarrà chiuso per il resto della giornata».   «Kirk ha iniziato la sua ascesa alla ribalta quando nel 2012 ha co-fondato Turning Point USA, un’organizzazione che si descrive come un «movimento studentesco nazionale dedicato a identificare, organizzare e responsabilizzare i giovani affinché promuovano i principi del libero mercato e del governo limitato».   All’ora in cui scriviamo la polizia brancola nel buio. L’FBI ha smentito le dichiarazioni precedenti che indicavano l’arresto di un sospettato in relazione all’omicidio dell’attivista conservatore Charlie Kirk, comunicando mercoledì sera che la persona, inizialmente definita «soggetto di interesse», è stata rilasciata dopo un interrogatorio.   «Il soggetto in custodia è stato rilasciato dopo un interrogatorio da parte delle forze dell’ordine. La nostra indagine prosegue e continueremo a diffondere informazioni nell’interesse della trasparenza», ha scritto il direttore del Bureau Kash Patel in un tweet.  

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Mercoledì mattina, il Patel aveva annunciato che un «soggetto» era in custodia, scatenando la diffusa notizia che l’uomo armato era stato catturato. Anche il governatore dello Utah, Spencer Cox, ha affermato che «non ci sono informazioni che ci portino a credere che ci sia una seconda persona coinvolta», sebbene il commissario per la sicurezza pubblica dello Utah, Beau Mason, abbia insistito sul fatto che l’indagine rimanesse aperta.   Le dichiarazioni contrastanti hanno alimentato la confusione circa il fatto che le forze dell’ordine stiano ancora inseguendo un sospettato attivo. Le autorità non hanno ancora fornito una descrizione o l’identità dell’uomo armato.   Il presidente Donald Trump ha dichiarato l’intenzione di perseguire non solo l’assassino dell’attivista conservatore Charlie Kirk, ma anche coloro che, a suo avviso, finanziano e fomentano la violenza politica della «sinistra radicale» negli Stati Uniti.   In un video pubblicato mercoledì sera su Truth Social, Trump ha definito Kirk, 31 anni, un «patriota» e un «martire della verità e della libertà», lodandolo per aver ispirato i giovani americani attraverso dibattiti nei campus universitari di tutto il Paese.   «Charlie era il meglio dell’America, e il mostro che lo ha attaccato stava attaccando tutto il nostro Paese», ha detto Trump. «Un assassino ha cercato di metterlo a tacere con un proiettile, ma ha fallito, perché insieme faremo in modo che la sua voce, il suo messaggio e la sua eredità vivano per innumerevoli generazioni a venire».  

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Il presidente ha collegato l’omicidio di Kirk a quelli che ha definito anni di demonizzazione dei conservatori da parte della sinistra, avvertendo che «la violenza e l’omicidio sono la tragica conseguenza della demonizzazione di coloro con cui non si è d’accordo, giorno dopo giorno, anno dopo anno».   «Per anni, la sinistra radicale ha paragonato meravigliosi americani come Charlie ai nazisti e ai peggiori assassini di massa e criminali del mondo. Questo tipo di retorica è direttamente responsabile del terrorismo a cui assistiamo oggi nel nostro Paese. E deve finire subito», ha dichiarato Trump.   Trump ha quindi  promesso di usare tutto il peso della sua amministrazione per indagare non solo sui colpevoli, ma anche «sulle organizzazioni che li finanziano e li sostengono, così come su coloro che perseguono i nostri giudici, le forze dell’ordine e chiunque altro porti ordine nel nostro Paese».   Trump ha citato altri incidenti attribuiti all’estremismo di sinistra, tra cui il tentato omicidio nei suoi confronti avvenuto nel 2024 a Butler, in Pennsylvania, la sparatoria del leader della maggioranza alla Camera Steve Scalise nel 2017, gli attacchi agli agenti dell’ICE e il recente omicidio di un dirigente sanitario a New York.   «Questo è un momento buio per l’America», ha detto Trump, esortando all’unità attorno «ai valori americani per i quali Charlie Kirk visse e morì: i valori della libertà di parola, della cittadinanza, dello stato di diritto, della devozione patriottica e dell’amore per Dio».   Di fatto, gli Stati Uniti sembrano piombati in una stagione di violenza politica.   I commenti in rete sono polarizzati, tra utenti di sinistra che gioiscono oscenamente (magari sghignazzando sul fatto che Kirk si batteva per la libera circolazione della armi prevista dal 2° Emendamento della Costituzione USA) e chi accusa i progressisti di essere divenuti sostenitori di una vera e propria politica di odio e morte.   Elon Musk ha accusato la sinistra radicale di alimentare un clima che incoraggia la violenza contro i conservatori, definendola il «partito dell’omicidio». «La sinistra è il partito dell’omicidio», ha scritto Musk in un post su X, riecheggiando le affermazioni più ampie degli alleati repubblicani che sostengono che la retorica democratica e le narrazioni dei media hanno da tempo alimentato l’ostilità verso le figure conservatrici. Elon aveva detto le stesse cose ancora un’anno fa.   Musk ha anche condiviso un altro post in cui affermava che «i media mainstream di sinistra, così come personaggi come Gavin Newsom che sostengono che Trump intenda diventare un dittatore, hanno creato un clima di isteria contro le figure di destra che potrebbe radicalizzare un numero qualsiasi di persone instabili spingendole a impegnarsi nella violenza politica».   La crescente «cultura dell’assassinio» tra gli americani di sinistra è stata evidenziata in un sondaggio di aprile del Network Contagion Research Institute (NCRI), che ha rilevato che il 48% degli intervistati «di centro-sinistra» ha affermato che sarebbe «in qualche modo giustificato» assassinare il presidente Trump. Circa il 55% ha affermato lo stesso di Musk. All’inizio di quest’anno, attivisti radicali hanno preso di mira i proprietari di Tesla, accusando il miliardario di favorire il «fascismo» e chiedendo il boicottaggio delle sue aziende.   A questo punto, molti hanno cominciato a fare nomi di una possibile «purga» in arrivo. Il noto commentatore politico Mike Cernovich ha scritto che la punizione andrebbe assegnata «non solo alla “sinistra”, ma anche chi la finanzia. Come Soros, Bill Gates e Reid Hoffman. Un baby boomer impostore radicalizzato dall’agitprop non è certo il responsabile di oggi per chi è intelligente».

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Trump aveva proposto settimane fa di usare la legge RICO, utilizzata per debellare le mafie, contro i finanziatori della sinistra radicale come Soros e suo figlio. Nelle stesse ore la Fondazione Gates aveva tagliato i ponti con Arabella, una ONG considerata vicina alla sinistra rivoltosa. Bill Gates è quindi apparso a fianco di Trump ad una cena alla Casa Bianca con i grandi della tecnologia.   Reid Hoffman è il fondatore di Linkedin, già nella cosiddetta «Paypal Mafia», cioè il gruppo di ragazzi divenuti milionari vendendo PayPal ad eBay – quindi di fatto un tempo socio e collaboratore di Peter Thiel e dello stesso Musk.   Hoffman, che ha avuto estensivi rapporti con Jeffrey Epstein, ha finanziato cause contro Trump.   È presto per commentare sui possibili mandanti. Sarà possibile capire quale macchinazione vi è dietro solo quando verrà preso davvero il primo sospettato, che potrebbe essere il vero attentatore o un Lee Harvey Oswald qualsiasi. In America, vi è una parola precisa per il capro espiatorio poco intelligente di queste situazioni, «patsy».   Chi sarà il patsy? Potrebbe, certamente, essere come si aspettano tutti un’attivista di sinistra – epperò con un bel tiro: colpo dritto alla gola da almeno 100 iarde, cioè 90 metri. Se la sua colorazione sarà fortemente pro-pal, sapremo cosa potrebbe esserci sotto.   Al contempo, potrebbe saltare fuori che l’assassino viene invece da destra,  magari è un groyper, il modo in cui si chiamano i seguaci del giovane attivista Nick Fuentes. Il Fuentes, che si dichiara razzista (ma vi sono parecchie personalità tra i neri che lo seguono e lo sostengono) era avversario di Kirk, definito come un gatekeeper che preveniva i conservatori dal realizzare l’influsso degli ebrei sulla società americana e sulla geopolitica mondiale. In diverse occasioni Fuentes ha canzonato Kirk, il quale ha sempre rifiutato un dibattito con il giovane antisemita, nonostante la crescente popolarità di quest’ultimo.   Se uscisse che l’assassino è un groyper, un incel, partirebbe una purga a destra di vaste dimensioni.   Kirk era un profondo sostenitore di Israele, al punto che con la sua organizzazione Turning Point USA vi mandava studenti per i classici tour dati ai cristiani evangelici americani allo scopo di sedimentare il  loro filosionismo.   Tuttavia all’indomani della strage del rave del 7 ottobre 2023 si chiese come fosse possibile che i terroristi di Hamas fossero penetrati oltre un confine che lui stesso aveva visto varie volte presidiato da militari di leva israeliani 18enni ogni dieci metri. Varie voci si levarono quindi contro Kirk accusandolo di antisemitismo. Il ragazzo quindi tornò all’ovile, al punto da sostenere Israele ancora oggi.   Kirk aveva inoltre recepito l’ordine da parte di Trump di non parlare più del caso Esptein. Anche quello, secondo più di qualcuno, sarebbe legato allo Stato di Israele.

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Terrorismo

Hamas afferma che la sua leadership è sopravvissuta all’attacco israeliano al Qatar

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Il gruppo militante palestinese Hamas ha affermato che l’attacco israeliano al suo complesso nella capitale del Qatar Doha avvenuto martedì è stato in gran parte infruttuoso e che i suoi membri più importanti sono sopravvissuti.

 

Tuttavia, l’attacco ha ucciso il figlio di Khalil al-Hayya, capo dell’ufficio politico del gruppo, e un suo collaboratore di alto rango, secondo Suhail al-Hindi, un membro di spicco di Hamas. Tre guardie del corpo del leader del gruppo risultano ancora disperse dopo gli attacchi, ha dichiarato ad Al Jazeera.

 

«Il sangue dei leader del movimento è come il sangue di qualsiasi bambino palestinese», ha affermato al-Hindi.

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L’«atroce» attacco israeliano è stato un «tentativo di uccidere coloro che stavano discutendo di porre fine alla guerra a Gaza», ha aggiunto, corroborando precedenti resoconti secondo cui la leadership del gruppo era stata colpita mentre si riuniva per discutere le ultime proposte degli Stati Uniti sulla risoluzione del conflitto con Israele.

 

Secondo quanto riportato dai media israeliani, nell’attacco sono stati coinvolti circa 15 aerei, che hanno sparato più di dieci proiettili ad alta precisione contro il complesso di Hamas. Israele ha insistito sul fatto che l’attacco è stato un’azione unilaterale e che nessun’altra parte è stata coinvolta nell’attacco «ai vertici dell’organizzazione terroristica di Hamas». Il Qatar ha parlato invece di «terrorismo di Stato» da parte israeliana.

 

Diversi resoconti dei media israeliani, tuttavia, hanno suggerito che lo Stato Giudaico avesse informato Washington dell’imminente azione prima dell’attacco. Inoltre, il canale israeliano Channel 12 ha riferito, citando un funzionario anonimo, che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva dato il via libera all’attacco.

 

La Casa Bianca ha descritto l’attacco israeliano come un incidente «sfortunato», con la portavoce Karoline Leavitt che ha affermato che l’attacco al cuore del Qatar, uno «stretto alleato» degli Stati Uniti, «non promuove gli obiettivi di Israele o dell’America».

 

Il Qatar, che è stato definito un «importante alleato non NATO» degli Stati Uniti, ha condannato il «vile attacco israeliano», descrivendo il luogo interessato dall’attacco come «edifici residenziali che ospitano diversi membri dell’ufficio politico del movimento Hamas». Il Ministero degli Esteri del Paese ha negato di essere stato a conoscenza dell’attacco in precedenza, affermando di non aver ricevuto alcuna notifica né da Israele né dagli Stati Uniti.

 

Più tardi, nel corso della giornata, il ministero degli Interni del Qatar ha dichiarato che almeno un agente di sicurezza è stato ucciso e altri sono rimasti feriti mentre intervenivano sul luogo dell’attacco.

 

Il Qatar aveva avviato rapporti commerciali non ufficiali con Israele nel 1996, diventando il secondo paese della penisola arabica a farlo dopo l’Oman, in concomitanza con il trattato di pace tra Israele e Giordania. Questi rapporti commerciali sono proseguiti fino al 2009, quando il Qatar ha sospeso i legami economici con Israele a seguito dell’operazione Piombo Fuso.

 

A seguito del conflitto tra Israele e Gaza del 2008-2009, il Qatar AVEVA organizzato una riunione d’emergenza con stati arabi e Iran per affrontare la crisi. Hamas, che controllava Gaza, rappresentava i palestinesi, a differenza dell’Autorità Nazionale Palestinese guidata da Fatah in Cisgiordania, indebolendo il presidente Mahmoud Abbas. I leader di Hamas, Khaled Meshaal, il presidente siriano Bashar al-Assad e quello iraniano Ahmadinejad avevano allora chiesto agli Stati arabi di interrompere ogni rapporto con Israele.

 

Nel 2013, secondo un giornale libanese, il Qatar avrebbe agevolato un’operazione israeliana per trasferire 60 ebrei yemeniti in Israele, permettendo loro di transitare da Doha. Il 30 aprile 2013, il primo ministro qatariota, sceicco Hamad bin Jassim al-Thani, ha proposto che gli accordi di pace con i palestinesi potessero includere scambi territoriali invece di rispettare i confini del 1967, un’idea accolta positivamente dal ministro della giustizia israeliano Tzipi Livni, che l’ha definita una mossa strategica per favorire compromessi e rafforzare il sostegno pubblico alla pace.

 

Tuttavia, dopo l’Operazione Margine Protettivo (cioè il conflitto a Gaza nel 2014), Israele ha criticato il Qatar per il suo supporto diplomatico e finanziario ad Hamas, accusandolo di sponsorizzare il terrorismo. Il ministro degli esteri Avigdor Lieberman aveva chiesto l’espulsione dei giornalisti di Al Jazeera, di proprietà qatariota.

 

Nel 2015, l’ambasciatore del Qatar a Gaza ha cercato l’approvazione di Israele per importare materiali da costruzione a Gaza, dopo il rifiuto dell’Egitto di aprire il valico di Rafah, suscitando le critiche dell’Autorità Nazionale Palestinese e di Fatah, che temevano un’usurpazione del ruolo di mediatori da parte del Qatar.

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Nel giugno 2015, il Qatar aveva ospitato colloqui a Doha tra Israele e Hamas per discutere un possibile cessate il fuoco di cinque anni. Durante la crisi diplomatica del Qatar del 2017, Israele ha sostenuto il blocco guidato dall’Arabia Saudita contro il Qatar e ha espulso Al Jazeera da Israele. Durante la guerra di Gaza del 2023, il Qatar ha mediato tra Hamas e Israele, ottenendo un cessate il fuoco e uno scambio di oltre 100 ostaggi israeliani con 240 prigionieri palestinesi

 

Nell’aprile 2024, Essa Al-Nassr, generale qatariota e membro dell’Assemblea consultiva, ha dichiarato che non ci sarebbe stata pace con Israele, accusandolo di tradimenti e omicidi, definendo gli attacchi del 7 ottobre 2023 un «preludio» alla distruzione di Israele.

 

Le frizioni tra Israele e Qatar sono pienamente visibile con il continuo assassinio di giornalista di Al Jazeera negli ultimi mesi.

 

Voci in rete, prive di verifica possibile, sostengono che il vertice di Hamas sarebbe stato salvato grazie ad una soffiata proveniente dal MIT, il servizio segreto turco.

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Terrorismo

I ribelli congolesi usano minorenni

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Le autorità del Paese hanno affermato che i ribelli dell’M23 che operano nella Repubblica Democratica del Congo stanno commettendo gravi violazioni dei diritti umani, tra cui il rapimento e il reclutamento forzato di giovani anche minorenni.   Intervenendo martedì in una conferenza stampa a Kinshasa, il vice primo ministro e ministro degli Interni e della Sicurezza del Paese, Jacquemain Shabani, ha denunciato abusi quotidiani contro i civili nelle province del Nord e del Sud Kivu, nella parte orientale del Congo, colpite dal conflitto, ha riferito l’agenzia di stampa Anadolu.   «Bisogna sottolineare che continuano i rapimenti e i sequestri di giovani, per reclutarli forzatamente in movimenti armati», ha aggiunto.

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Secondo il maggiore Nestor Mavudisa, portavoce della terza zona di difesa dell’esercito congolese, i ribelli «hanno arrestato e trattenuto diversi giovani, tra cui alcuni minorenni, che a volte usano come inseguitori, ma anche come scudi umani».   Le accuse giungono poche settimane dopo la firma, a Doha, di una dichiarazione tra rappresentanti del governo e ribelli, che delinea una tempistica per la pace. Le parti hanno concordato di avviare i negoziati l’8 agosto e di finalizzare un accordo di pace entro il 18 agosto.   Tuttavia, la scadenza è trascorsa senza che si registrassero progressi, con entrambe le parti che si accusavano a vicenda di violazioni. Il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majed al-Ansari, ha dichiarato la scorsa settimana che funzionari congolesi e rappresentanti del gruppo armato avevano ripreso i negoziati a Doha.   Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni una coalizione di gruppi armati nella Repubblica Democratica del Congo (RDCongo) ha accusato il governo di aver violato gli accordi volti a porre fine al brutale conflitto.   A giugno, la Repubblica Democratica del Congo ha firmato un accordo mediato dagli Stati Uniti con il Ruanda, che Kinshasa accusa di aver armato i ribelli, un’accusa negata da Kigali. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che il patto, che include le richieste di un meccanismo di sicurezza congiunto, conferisce a Washington diritti sulle risorse minerarie locali.   Attori regionali e internazionali hanno spinto per un cessate il fuoco nella Repubblica Democratica del Congo da quando i ribelli dell’M23 hanno intensificato la loro offensiva all’inizio di quest’anno nell’est del Paese, ricco di risorse minerarie. I militanti hanno conquistato importanti centri minerari, tra cui Goma e Bukavu, uccidendo migliaia di persone.   Come riportato da Renovatio 21, negli ultimi mesi si sono verificati scontri armati nell’Est del Paese, guidati dai militanti del gruppo M23, uno delle decine di gruppi ribelli che combattono il governo per il controllo dei territori e delle risorse minerarie, secondo molti sostenuto dal Ruanda. Dall’inizio di quest’anno, almeno 8.500 persone, tra cui bambini e peacekeeper, sono state uccise nell’escalation dei combattimenti tra i ribelli e le forze congolesi.   Nella turbolenza terroristica, allarmi erano stati lanciati riguardo ad epidemie di malattie misteriose che avevano ucciso diecine di congolesi.

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Come riportato da Renovatio 21, il CICR aveva lanciato un allarme secondo cui gli scontri in corso nella città di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo orientale, potrebbero causare la fuga di campioni di Ebola e di altri agenti patogeni da un laboratorio.   Quattro mesi fa il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) affermava di star facilitando l’evacuazione di diverse centinaia di soldati e poliziotti disarmati della RDCongo dal territorio controllato da M23.   Come riportato da Renovatio 21, oltre 40 cristiani sono stati massacrati in un attacco terroristico contro una chiesa in Congo lo scorso mese perpetrato dalle Forze Democratiche Alleate (ADF) affiliate all’ISIS. I vescovi congolesi hanno condannato l’assenza di risposta alla strage.

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