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Geopolitica

Putin denuncia l’uso da parte dell’Ucraina di droni turchi

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In una telefonata di venerdì, il presidente russo Vladimir Putin ha detto al suo omologo turco Tayyip Erdogan che l’Ucraina sta usando droni di fabbricazione turca contro i separatisti filo-russi nella regione del Donbass.

 

Il presidente della Federazione Russa ha avvertito il leader turco dell’attività «destabilizzante» dei continui trasferimenti di droni dalla Turchia all’Ucraina.

 

Putin ha inoltre denunciato l’utilizzo dei droni turchi come un comportamento «distruttivo» e «provocatorio» da parte delle autorità ucraine, citando in particolare che  i droni Bayraktar di fabbricazione turca sono sempre più presenti nel conflitto.

 

Putin ha inoltre denunciato l’utilizzo dei droni turchi come un comportamento «distruttivo» e «provocatorio»

Secondo quanto riferito, Putin è anche arrabbiato per il fatto che la fornitura di droni e armi dalla Turchia all’Ucraina è ancora attiva, secondo articoli apparsi anche sulla stampa americana.

 

Un portavoce di Erdogan ha successivamente confermato che la questione dei droni è stata sollevata nella telefonata tra i due, ma non ha fornito ulteriori dettagli.

 

Una dichiarazione successiva del ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, tuttavia, ha respinto l’idea che la Turchia possa essere ritenuta responsabile per il dispiegamento di droni di fabbricazione turca da parte dell’esercito ucraino.

 

Il Cremlino sarebbe offeso dal fatto che le recenti vendite di droni dalla Turchia sarebbero molto più ampie di quanto precedentemente divulgato.

Il Cremlino sarebbe offeso dal fatto che le recenti vendite di droni dalla Turchia sarebbero molto più ampie di quanto precedentemente divulgato

 

«La Turchia ha venduto all’Ucraina una quantità significativamente maggiore di droni armati rispetto a quanto precedentemente divulgato, con ulteriori accordi in cantiere» scrive Bloomberg.

 

Baykar, un produttore di armi con sede a Istanbul, ha venduto dozzine di droni in Ucraina dal 2019, insieme a stazioni di controllo e missili, secondo diversi funzionari e un dirigente di una società di difesa turca con stretti legami con il governo. Secondo fonti sentite da Bloomberg, sono in corso gli ordini per almeno altre due dozzine di droni.

 

«L’Ucraina ha usato il drone Bayraktar “per un colpo di precisone” contro un sistema di armi e da allora i soldati nemici hanno paura di svolgere il proprio dovere in tali sistemi poiché capiscono “come potrebbe finire”, ha detto venerdì il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov» scrive Reuters.

 

Lo schieramento di droni turchi è un fatto particolarmente grave in quanto segna il coinvolgimento sempre più diretto della Turchia, membro della NATO, nel conflitto. Fino ad ora, gli Stati Uniti e altri stati della NATO avevano fornito in segreto armi e addestramento alle forze di Kiev per proseguire la loro guerra nel bacino del Don.

 

Nell’ultimo anno, quando i rapporti hanno iniziato a emergere, Mosca ha iniziato a suggerire di poter interrompere tutte le relazioni e la cooperazione a livello militare con la Turchia. La Turchia, ad esempio, si affida alla Russia per il supporto tecnico per i sistemi di difesa antimissilistica S-400 forniti un paio di anni fa.

 

I droni sono una leva strategica militare internazionale non di poco conto per la Turchia, Paese sempre più in un vicolo cieco nell’ambito diplomatico ed economico

I droni sono una leva strategica militare internazionale non di poco conto per la Turchia, Paese sempre più in un vicolo cieco nell’ambito diplomatico ed economico.

 

Il politologo americano Francis Fukuyama ha notato come nella guerra tra fazioni in Libia i droni turchi abbiano avuto un peso rilevante, consentendo al governo tripolino sorretto dall’ONU (GNA) di respingere gli attacchi della LNA del generale Khalifa Haftar.

 

Gli interessi di Russia e Turchia potrebbero collidere anche in un altro fronte caldissimo, quello del Nagorno-Karabakh, lo scontro tra Armenia e Azerbaigian.

 

 

 

Immagine screenshot da Twitter

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Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.

 

Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.

 

«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.

 

Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.

 

All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.

 

La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.

 

Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.

 

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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.   Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.   Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».   Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».   «Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.   Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.   Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».   «La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.   Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.   Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».  

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Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.

 

Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.

 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.

 

Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.

 

Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».

 

«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».

 

Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».

 

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.

 

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