Civiltà
Prepararsi. Confessioni e consigli
Volevo pubblicare qualcosa già a fine gennaio, non lo ho fatto perché – forse ora posso ammetterlo – mi vergognavo.
Ho cominciato a fare scorte, cioè a prepararmi per un periodo completamente fuori dall’ordinario, un mese e mezzo fa. Certo, non ho cominciato con lo stesso ritmo di tre-quattro settimane fa, quando ho fatto, svenandomi, i carichi finali.
Ho continuato, da gennaio a febbraio, a lavorare, a fare conferenze, eventi, incontri. Ho resistito all’idea di stivare subito la quantità che reputo giusta (diciamo, un mese di scorte) perché una parte di me ci pensava giorno e notte, ma chiunque intorno a me mi trascinava verso il contrario. Mi limitavo a prendere, ad ogni spesa, una dose omeopatica di cibo di preparazione.
Si stanno svegliando un po’ tutti. A quanti mi hanno dato retta nei primi giorni, ho risparmiato almeno la coda al supermercato. E forse anche (ma questo non lo sapremo mai) l’infezione del COVID-19
Poi, per fortuna, ho ascoltato solo me stesso, e ho completato la scorta. Almeno da quel punto di vista ora ho sistemato: e non è poco, in un mondo dove ad uscire di casa si rischia una denuncia, o un’infezione che può uccidere te o i tuoi cari.
Ho cominciato a scrivere del Coronavirus a gennaio, e lo ho preso sul serio perché all’epoca avevo preso sul serio H5N1 (qualcuno lo ricorda? io sì). Ma tutto fuori mi tirava da un’altra parte. I lavori vanno avanti, i bambini devono andare a scuola, le istituzioni fischiettano…
Puoi conoscere La Collina dei conigli, lo stupendo racconto con il coniglio che prevede la fine della sua conigliera ma viene preso per scemo, e quindi deve partire con pochi altri simili per salvarsi e continuare la società coniglia. Si tratta con evidenza della riedizione di miti ancestrali. Cassandra, Noè… ma anche questa storia – anche il mito – non ti aiutano a vincere il rumore di fondo del mondo moderno, la cui funzione precipua è, appunto, uccidere i miti.
Lo stigma sociale del resto è grande: sei un paranoico, sei uno strano. Diventerai, negli anni a venire, uno che citeremo nelle barzellette. Tu e le tue teorie: finché ce le racconti nei libri, a cena, alle conferenze, va bene. Ma dai, è cultura che hai, è intrattenimento che ci offri: non riguarda la nostra vita reale.
Ora però vedo che si stanno svegliando un po’ tutti. A quanti mi hanno dato retta nei primi giorni, ho risparmiato almeno la coda al supermercato. E forse anche (ma questo non lo sapremo mai) l’infezione del COVID-19.
Lo stigma dei prepper (come chiamano in america quelli convinti dell’imminenza dell’apocalisse e che accumulano cibo a lunga conservazione e armi – queste ultime non consentite in Italia) non è sparito del tutto. Il prepping era associato alle sette religiose, alle «milizie» della destra americana, cose così. Tuttavia negli ultimi anni esso è balzato su un’altra nicchia, sociopoliticamente opposta: i ricchi.
Il prepping è diventato un fenomeno massivo per le élite miliardarie americane
Il prepping è diventato un fenomeno massivo per le élite miliardarie americane. I paperoni hanno tutti un piano di fuga in caso di fine del mondo. Ci sono agenzie specializzate in un pacchetto completo, per cui ti prelevano in elicottero ovunque tu sia, e ti portano subito su una barca per lasciare la terraferma in preda al caos. Ci sono ex hangar sotterranei che ospitavano i missili balistici riconvertiti ora in apocalittici condomini di lusso.
Peter Thiel, un investitore filosofo che ammiro molto (quello che, dando i primi 500.000 dollari a Facebook ha fatto il più grande investimento che si ricordi), da un decennio si è perfino procurato la cittadinanza neozelandese. La terra dei Kiwi è talmente lontana che forse l’apocalisse si dimentica di arrivare fin lì, o arriva tardi: e se hai una casa isolata nel verde, con l’acqua e gli animali, sei in teoria a posto. In teoria.
Il fatto che l’oculata élite miliardaria (in ispecie quella che ha fatto i soldi con la tecnologia e la finanza) spenda i suoi danari su questa prospettiva la dice già di per sé lunghissima su tante cose: sui loro meriti, sulla totale mancanza di collante tra i vertici della società e chi vi sta sotto. L’élite ha capito il sistema e trova che sia fragile al punto da poter crollare da un momento all’altro.
L’élite ha capito il sistema e trova che sia fragile al punto da poter crollare da un momento all’altro
Ho letto qualche anno fa una testimonianza grottesca, spiazzante. Un signore esperto di temi di sopravvivenza, invitato a parlare ad un simposio di ricconi, raccontava di aver ricevuto una domanda precisa: quando anche il danaro perde il suo valore, come faccio a ottenere ubbidienza dai miei sottoposti (dal mio cameriere, dall’autista, dal bodyguard, dall’amante)? La risposta che i miliardari per lo più davano a se stessi si incentrava su collari in grado di dare delle scosse elettriche a comando, e chiedevano conferma all’esperto.
La questione della preparazione al collasso sociale, quindi, non riguarda più solo gli spostati – riguarda anche chi tiene in mano qualche filo (economico e quindi politico) della nostra vita.
Eh sì che si tratta di un istinto così radicato in me. Penso ai nonni, ai bisnonni, ai trisavoli – al granaio. A quell’accumulo nascosto che ti consente di superare l’inverno, come un animale letargico. E forse anche più di un inverno: magari riesci pure a sopravvivere ad un anno senza estate, come accadde nel 1816 – sì, lo abbiamo avuto, 203 anni prima di Greta Thunberg.
Ora rischiamo di passare chiusi in casa un anno senza estate, pur avendo, a differenza del 1816, l’estate. Per questo il granaio è ancora più importante. Perché ad impazzire non è la natura, o almeno non solo. Ad impazzire potrebbero essere gli uomini.
Confessioni
Poi ho visto che perfino Technology Review, la rivista di divulgazione del MIT di cui sono felice abbonato, ne ha parlato con franchezza.
Sono un lettore accanito di Antonio Regalado, il reporter scientifico delle questioni lifescience (le tecnologie legate alle scienze della vita), e da cui – per posizioni bioetiche – credo di essere lontano anni luce. Ho quindi visto con sorpresa quando ha pubblicato l’articolo «How to prepare for the coronavirus like a pro», «Come prepararsi al Coronavirus da professionista».
«Alcune delle persone più intelligenti che conosco si stanno preparando per una crisi»
Si scopre così che il prepping, con il fenomeno che gli americani chiamano trickle down (effetto a cascata) sta filtrando giù dall’élite verso anche la classe intellettuale. «Alcune delle persone più intelligenti che conosco si stanno preparando per una crisi, incluso me», dice.
Rispetto all’abituale ottimismo che il MIT squaderna al mondo a piene mani, il quadro che offre Regalado è piuttosto fosco. «Il modo in cui un prepper vede le cose, la nostra società è efficiente ma anche fragile».
«Il modo in cui un prepper vede le cose, la nostra società è efficiente ma anche fragile»
«Quanti giorni di cibo ha la tua città? Quante macchine di ventilazione extra ci sono nel tuo ospedale più vicino? Potrebbe essere meno di quanto pensi. Un mese fa, immagazzinare qualsiasi cosa a Boston sarebbe sembrato un po’ folle per qualcuno come me, lontano dal centro dell’epidemia di coronavirus che si diffonde in Cina. Quando ho iniziato ad accumulare tute protettive, guanti sterili e sacchi di patate, non ho fatto pubblicità. Sarei sembrato quello strano, paranoico».
Benvenuto nel club, Antonio.
I Centri statunitensi per il controllo delle malattie hanno avvertito che una «perturbazione significativa» della vita americana è inevitabile e il dipartimento sanitario delle Hawaii ha consigliato alle persone di avere due settimane di forniture di emergenza a casa. Il mercato azionario è in caduta libera. Anche il vice presidente dell’Iran è malato.
«Mentre parlavo con i miei contatti – molti di loro scienziati, fondatori di startup e investitori che seguivano da vicino le tendenze tecnologiche – ho sentito storie di persone che affittano chalet in luoghi remoti e altri che hanno liquidato interamente i loro portafogli azionari».
Uno dei casi più interessanti è quello di Jamie Heywood un imprenditore sanitario e cofondatore di PatientsLikeMe. Egli, dice Regalado, «mi ha detto che è sempre pronto a sopravvivere per un lungo periodo senza risorse esterne. Ora ha aggiunto alcuni nuovi materiali, come le maschere respiratorie. Ha a casa quella che è fondamentalmente un’unità di terapia intensiva a bassa tecnologia. Se qualcuno nella sua famiglia si ammala, vuole essere in grado di prendersi cura di loro, nel caso in cui gli ospedali siano sopraffatti».
Il signor Heywood, che si scopre aver lavorato al CDC (il controverso centro statale per le malattie infettive americano), aveva previsto quello che la sanità italiana (e la politica, e tutti noi, e per decenni) ha mancato di vedere: le terapie intensive sono il punto debole della società. Si è fatto una T.I. privata, in grado di curare i suoi cari senza passare per il disordine in cui possono cadere gli ospedali, o le liste della morte utilitaristica che decidono che tua madre muore perché è arrivato un paziente più giovane e sano.
«La mia ipotesi è che tutti i membri della mia famiglia avranno questo virus ad un certo punto, ma penso che io possa ritardarlo. Il valore del ritardo può essere sostanziale, per la società e per me».
«La società just-in-time basata su Amazon è profondamente efficiente, ma molto non resistente»
La polemica per i respiratori in libera vendita su Alibaba, esauriti o scambiati a prezzi folli, assume un’altra luce. Sappiamo chi può averli comprati: coloro che hanno intuito ancora tempo fa cosa stava succedendo.
«La società just-in-time basata su Amazon è profondamente efficiente, ma molto non resistente» afferma Heywood, preoccupato per quali significative interruzioni della catena di approvvigionamento possa significare per «una società con solo settimane di cibo sugli scaffali».
Poi parla del suo periodo presso il CDC: «la cosa con cui sono venuto via è una domanda sull’equilibrio tra efficienza, capitalismo, che porta la capacità di archiviazione il più vicino possibile allo zero e rende le reti di consegna il più sottili possibile. Funziona bene in un ambiente stabile. Ma che dire durante un’interruzione di tutto? Immagina che Amazon arrivi a Natale senza preparazione. Questa è una pandemia».
La filiera di approvvigionamento sulla quale viviamo non è affidabile. Non più
In due parole: anche quelli che lavoravano alle prospettive pandemiche nelle istituzioni, quelli intelligenti, quelli benestanti e non catastrofisti, quelli che in Italia voterebbero PD vi confessano spudoratamente: preparatevi. La filiera di approvvigionamento sulla quale viviamo non è affidabile. Non più.
Consigli
È oramai tardi, tuttavia ci permettiamo di darvi qualche consiglio, perché non lo è troppo: dall’Arizona e da Nuova York mi arrivano foto di amici che ritraggono scaffali vuoti, in Italia c’è ancora un po’ di disponibilità.
App per la spesa: se potete evitare di muovervi da casa, meglio
Amazon funziona ancora, così come – mi dicono – le app di alcune catene della GDO. Se potete evitare di muovervi da casa, meglio. Accertatevi che possano consegnarvi grosse quantità di merce. Grosse può significare: diversi carrelli.
Pensateci: anche se i supermercati non dovessero chiudere totalmente (come da prospettiva dell’hardcore prepper), potrebbe comunque divenire sempre più difficile, o sgradevole, andare a fare la spesa.
Procediamo con la lista, è semplice. Il cuore della scorta:
Un mese di cibo a lunga conservazione:
- Un mese di cibo a lunga conservazione: cibo in scatola, soprattutto, minestroni, legumi, etc. Nei supermercati italiani abbiamo i pacchi da 5kg di pasta, non costano molto di più di €5. Lo stesso dicasi per il riso, ci sono i pacchi da 5kg, ma ne possono esistere anche da 10kg e ne ho visto sacchi di juta da 20kg. Le conserve di pomodoro già 2 settimane fa cominciavano a scarseggiare, esistono le latte maxi da diversi chili: attenzione, però, una volta che le aprite, dovete consumarle. L’olio in casa non deve mancare. Se siete di quelli che panificano, con la farina ricordatevi il lievito e gli altri ingredienti. Frutta secca. Nocciole, arachidi: non vanno a male e sono calorimetricamente potentissime, in un momento difficile possono essere molto utili. Molti stanno mettendo carne in freezer, non è sbagliato, tuttavia nello scenario in cui manchi la luce (anche temporaneamente) sarebbe un carico perso: a molti fa schifo, ma la Simmenthal è una soluzione, e non è ancora troppo considerata dal consumatore italiano. Personalmente, da produttore domestico di Biltong (specialità sudafricana), ho essicato vari chili di carne. Lo stesso discorso consideratelo per i surgelati in generale. Latte Zymil, a lunghissima conservazione. Biscotti secchi a volontà, per i panificati, privilegiate. Se avete bambini, gli omogeneizzati non dimenticateveli, il latte in polvere di determinate marche già ad inizio della crisi cominciava temporaneamente a non esserci. Se nella vostra zona l’acqua pubblica non è un granché, procedete a prendere casse e casse di acqua minerale, facendo attenzione perché è economica ma voluminosa e difficile da portare fuori dal supermercato insieme al resto della scorta.
Medicine di cui avete la ricetta, antibiotici, aspirine
- Medicine di cui avete la ricetta, antibiotici, aspirine: le farmacie al momento sono aperte, ma se mai dovessero chiudere per un mese se avete qualche cosa di fondamentale per la vostra salute prescritto dal medico (insulina, etc.) dovete trovare il modo di fare scorta. Gli antibiotici, medicinale che non posso amare, possono essere utili in situazioni avverse in mancanza di supporto diretto. Se avete a cuore l’uso di integratori parafarmaceutici, prendetene multipli di quello che prendereste normalmente.
Carta per pulire
- Carta per pulire: la carta igienica, negli USA, è sparita subito. Anche gli altri tipi di carta da pulire (fazzoletti, panni, etc.) vanno accumulati ed usati in casa con parsimonia. Considerate che in caso di raffreddore, carta per l’igiene umana potrebbe essere usata in modo massivo. Chi ha bambini ricordi i pannolini (tanti). Le donne facciano un pensiero su quegli scaffali indicati pudicamente nei supermercati come «igiene periodica».
Disinfettante
- Disinfettante: la prima cosa che nell’ilarità collettiva è scomparsa è l’amuchina. Oltre all’alcol disinfettante, o all’aceto, qualcuno ha fatto scorte di vodka in funzione non inebriante ma antisettica. Anche qui, Worst Case Scenario. Non me la sento di riderne. Al massimo ne sorrideremo alla fine di tutto, quando la si potrà usare con un cocktail spettacolare, magari con l’azoto liquido (scrivo così ma non so se giocherò mai più con l’azoto liquido).
Carburante
- Carburante: se avete delle taniche, riempitele. Per il resto, fate il pieno il prima possibile, e il più spesso possibile.
Ci sono aggiunte a piacere alla lista. C’è chi ha aggiunto quantità di vitamina C (io ho con me polvere di acido ascorbico, più diversi barattoli di integratori di minerali e di vitamine varie comprati all’ingrosso). C’è chi necessita di rasoi. C’è chi aggiunge le trappole per topi: servono a proteggere la scorta in certi ambienti.
La spesa non è indifferente. Preparatevi a spendere centinaia di euro, forse un migliaio se la vostra famiglia è numerosa.
La spesa non è indifferente. Preparatevi a spendere centinaia di euro, forse un migliaio se la vostra famiglia è numerosa
Se volete comprare un elettrodomestico – i negozi di elettronica sono aperti – non posso che consigliare che una macchina per il sottovuoto, Oramai se ne trovano anche sui €50. Negli anni ne ho distribuite alle varie regioni della famiglia. Vi può aiutare a conservare il cibo, ed è utilissima per avanzi e frattaglie. Se la comprate, ricordatevi di comprare anche i sacchetti, della dimensione e della quantità giusta.
I supermercati nella pratica sono divenuti un luogo difficile. Già prima che si creassero le code – che capite bene che, almeno quelle, ho evitato – nei primi giorni di crisi era percepibile un certo nervosismo tra i clienti (una corsia è stretta e non assicura il metro di distanza richiesto), e la possibilità che esso degeneri è concreta. Parimenti, il metro di distanza non crea solo le code in entrata, crea code anche in uscita: la fila in cassa diviene più lunga, finisce tra gli scaffali, causando ancora più disordine.
I supermercati nella pratica sono divenuti un luogo difficile
Il consiglio che diamo quindi è trovare un supermercato che apre prestissimo (alle 8:00 o prima), come quelli che con una funzione tipo ingrosso servono anche le attività di ristorazione. A quell’ora c’è decisamente meno gente, soprattutto se ne scegliete uno raggiungibile solo con la macchina, fuori dall’area cittadina – certo, se esso non è quello pià prossimo andarci vi espone al rischio che ad un eventuale controllo vi chiedano «perché non è andato vicino a casa sua».
Portate con voi già i sacchetti da casa, ma non imbustate in cassa: dovete minimizzare il tempo di permanenza in un luogo dove l’infezione potrebbe avvenire, o dove comunque la tensione sale e qualcuno potrebbe uscire dal seminato.
Parcheggiate lontano dall’entrata
Parimenti, la quantità di cose che comprerete riempirà lo scivolo della cassa, quindi quello che dovete fare è mettere tutto subito nel carrello, sul cui gancio vanno appesi alcuni sacchetti (di quelli solidi, chiaro) che avrete portato da casa riempiti dei prodotti. Quello che non imbustate nei sacchetti appesi, lo imbusterete in macchina: parcheggiatela lontano dall’entrata, nelle file più remote dove in genere non c’è nessuno. Là, con il bagagliaio aperto, avrete tutto il tempo per insacchettare con calma e con raziocinio.
Pagate con la plastica
Cercate di pagare con la plastica.
Non è consentito fare la spesa in due, lo sapete. Questo è un problema perché un carrello non potrebbe bastarvi. Negli esercizi che lo hanno, prendete uno di quei carrelli bassi, tipo montacarichi. Soprattutto l’acqua minerale e la carta igienica portano via tantissimo spazio. In caso, prendete sia un carrello che quei carrellini tipo trolley, o le sporte. Sarete goffi a vedersi, ma non gliene frega niente a nessuno, e siete pure mascherati (e mi raccomando, guantati).
C’è un capitolo che manca: quello della difesa personale.
Il collasso sociale è possibile: prima gli ospedali, poi i supermercati, e solo dopo le prime irruzioni nelle abitazioni private
Chi mi segue sa come la penso: il collasso sociale è possibile, e con le rivolte simultanee nelle carceri e le bande che si picchiano in strada a Milano la parte più ferale ha fatto capire che sta odorando la debolezza dello Stato in questo momento. Dovrebbero collassare (predizione: prima a Napoli e al Sud, a Roma, forse a Milano) prima gli ospedali, quindi esserci disordini nei supermercati, e solo poi esserci le prime irruzioni nelle abitazioni private.
La casa è un tabù – se qualcuno ci sta dentro. Qualcuno che vi entra in casa lo fa a grande rischio: di beccarsi tanti anni di gabbio, ma anche di trovare qualcuno dentro che si difende. Questo non è detto che lo sappiano tutti, specialmente quando lo Stato che ti mette il gabbio arriva a perdere il controllo e i cittadini paiono degli animali in gabbia spaventati.
Nel caso, cercate la difesa senza nessuna esitazione. Difendete la vostra casa perché in questo momento dentro ci sono i vostri cari
Nella milionata di africani che abbiamo importato a nostre spese, sicuramente c’è qualcuno che una situazione di collasso dello Stato sa cos’è, perché magari proveniente da società in collasso permanente, dove le razzie dei villaggi non sono ricordi lontani.
Che ad ogni modo le prime bande ad agglutinarsi per il pillage siano africane, nordafricane o molisane (la regione meno positiva al C19 in Italia), pochissimo importa.
In Italia non abbiamo gli stupendi emendamenti della Costituzione americana, quindi nessuna arma in libera vendita. In Italia la giustizia poi ha dimostrato spesso di avere una sua idea della legittima difesa. Ciò detto, non posso fare che consigliare quello che sto dicendo a tutti coloro che me lo chiedono: nel caso succedesse, cercate la difesa senza nessuna esitazione. Difendete la vostra casa perché in questo momento dentro ci sono i vostri cari.
Non ho molto altro da aggiungere.
Fatelo subito prima che chiudano del tutto i supermercati
Posso dire che, anche per motivi fisici e spirituali, ma soprattutto per esperimento strategico funzionale al momento, in questi giorni sto digiunando. Sto riabituando il corpo, e lo spirito, alla privazione, perché quello che ci dipingono ora, anche nel post-C19, è un mondo in crash economico, nel quale chissà come sarà mangiare, uscire, viaggiare in aereo, far vacanza. Tutte cose che chissà se torneranno. Tutte cose di cui, da anni, ho imparato a fare a meno.
Il digiuno ha come effetto principale la lucidità. Ho scritto quindi queste righe al massimo della precisione fisiologica della mia mente. Sicuramente però qualcosa mi sarà sfuggito: capiterà anche a voi, e come me dovrete tornare al supermercato a comprare.
Fatelo subito prima che lo chiudano del tutto, però.
Roberto Dal Bosco
Civiltà
Gli Stati Uniti mettono in guardia l’Europa dalla «cancellazione della civiltà»
L’Europa rischia la «cancellazione della civiltà», in quanto i leader del continente promuovono la censura, soffocano le voci dissidenti e ignorano gli effetti dell’immigrazione incontrollata, avverte la nuova Strategia per la sicurezza nazionale diffusa dall’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump.
Il testo, dal tono aspro e innovativo, reso pubblico venerdì, rileva che, sebbene l’Unione Europea mostri chiari segnali di stagnazione economica, è il suo deterioramento culturale e politico a costituire una minaccia ben più grave.
La strategia denuncia le scelte migratorie dell’UE, la repressione dell’opposizione, i vincoli alla libertà di espressione, il crollo della natalità e la «perdita di identità nazionali e di autostima», ammonendo che il Vecchio Continente potrebbe risultare «irriconoscibile entro 20 anni o anche meno».
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Secondo il documento, numerosi governi europei stanno «intensificando i loro sforzi lungo la traiettoria attuale», mentre Washington auspica che l’Europa «rimanga europea» e si liberi dal «soffocamento regolatorio», un’allusione evidente alle tensioni transatlantiche sulle norme digitali dell’UE, accusate di penalizzare colossi tech americani come Microsoft, Google e Meta.
Tra le priorità degli Stati Uniti figura il «coltivare la resistenza alla traiettoria odierna dell’Europa all’interno delle nazioni europee», precisa il testo.
La strategia trumpiana esalta inoltre l’emergere dei «partiti patriottici europei» come fonte di «grande ottimismo», alludendo al boom di consensi per le formazioni euroscettiche di destra che invocano restrizioni ferree ai flussi migratori in tutto il blocco.
Il documento sentenzia che «l’era delle migrazioni di massa è conclusa». Sostiene che questi flussi massicci abbiano prosciugato le risorse, alimentato la criminalità e minato la coesione sociale, con l’obiettivo americano di un ordine globale in cui gli Stati sovrani «collaborino per bloccare anziché solo gestire» i movimenti migratori.
Tale posizione si inserisce nel contesto delle spinte di Trump affinché i partner europei della NATO incrementino le spese per la difesa. In passato, il presidente aveva ventilato di non tutelare i «paesi inadempienti» in caso di aggressioni, qualora non avessero accolto le sue istanze. Durante un summit europeo all’inizio dell’anno, l’alleanza ha approvato un piano per elevare la spesa complessiva in difesa fino al 5% del PIL, superando di gran lunga la soglia del 2% a lungo stabilita dalla NATO.
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Civiltà
Da Pico all’Intelligenza Artificiale. Noi modernissimi e la nostra «potenza» tecnica
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Civiltà
Chiediamo l’abolizione degli assessorati al traffico
Renovatio 21 propone una soluzione apparentemente drastica, ma invero assai realistica, ad uno dei problemi che affligge l’uomo moderno: il traffico.
Non si parla di una questione da niente, e ci rendiamo conto che essa pertiene propriamente alla catastrofe del mondo odierno, e proprio per questo serve una modifica radicale di carattere, soprattutto, istituzionale.
Lo aveva capito il genio di Marshall McLuhan: «La strada è la fase comica dell’era meccanica (…) Il traffico è l’aspetto comico della città» (Gli Strumenti del comunicare, 1964). Il culmine comico dell’era dell’industria: la civiltà costruisce strade ed automobili per muoversi in libertà e rapidità, e si ritrova imbottigliata per ore, innervosita, massacrata da miriadi di leggi, restrizioni, multe.
Il traffico è un fenomeno generatore di caos e dolore, di isterie e sprechi – il tutto subito sulla nostra pelle, ogni singolo giorno – al quale nessuno sembra trovare soluzione, soprattutto quanti sarebbero preposti a risolverlo. Costoro sembrano invece, consapevoli o no, impegnati nell’aggravarsi del dramma.
Davanti a noi abbiamo la degradazione continua, inarrestabile della mobilità urbana. È difficile trovare qualcuno che possa dire che il traffico è migliorato, o che una soluzione azzeccata adottata su una qualche strada non sia stata poi azzerata da una scelta successiva, calata, come tutte, dall’alto, sul cittadino schiavo inerme.
Crediamo che uno dei motivi di tale regressione diacronica ed ubiqua sua l’esistenza dei cosiddetti assessorati al traffico, che si chiamano in vari modi (uffici mobilità, dipartimento dei trasporti, direzione viabilità), ma che sono tutti costruiti attorno ad uno assunto semplice: spendere un determinato budget per cambiare le strade.
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Probabilmente la questione è davvero così semplice: nell’impossibilità di non spendere l’ammontare di danaro assegnato (grande tabù per qualsiasi ente pubblico: i soldi che risparmi non generano un premio, ma una diminuzione della cifra che arriva l’anno dopo) gli assessori e i loro scherani non possono che mettere mano ovunque, con decisioni a volte incomprensibili, a volte ideologiche, e quasi sempre dannosissime.
Ecco che, perché l’assessorato deve fare qualcosa, invertono un senso unico, cagionando il disorientamento totale del cittadino automunito, che d’un tratto si trova non solo multato, ma anche al centro di un pericolo per sé e per gli altri. Ricordiamo le tecniche dei missionari: cambiare la forma del villaggio è aprire la mente dell’indigeno all’altro, qui tuttavia non c’è il Vangelo a dover essere diffuso, ma il nulla di una decisione burocratica stupida e gratuita – gratuita per modo di dire, perché anche per un’inezia del genere vi è un costo non indifferente per il contribuente.
Ecco che, perché l’assessore deve finire sui giornali, l’area viene pedonalizzata: ZTL laddove prima potevi passare per portare i figli a scuola o fermarti nel negozietto (che ne patirà, ovvio, le conseguenze). Sempre considerando che le ZTL sono da vedersi come riserve indiane degli elettori dei partiti di sinistra, gli unici che possono permettersi di vivere in centro.
Ecco che, perché l’assessore deve far carriere nel partitello con le fisime ecologiche, laddove c’erano due corsie ce ne troviamo una sola, con una, perennemente vuota, riservata ad autobus che fuori dalle ore di scuola sono oramai solo utilizzati da immigrati che con grande probabilità non pagano il biglietto e in caso potrebbero pure picchiare il controllore (succede, lo sapete). Il risultato è, giocoforza, un imbottigliamento ancora più ferale, un’eterogenesi dei fini per politica ecofascista che è, in ultima analisi, solo una mossa di PR inutile quanto oscena.
Ecco la sparizione di parcheggi gratuiti – grande segno della fine della Civiltà – così da scoraggiare, come da comandamento di Aurelio Peccei, l’uso dell’auto che produce anidride carbonica, orrenda sostanza per qualche ragione alla base della chimica organica e quindi della vita stessa, soprattutto quella umana. Chi va all’Estero – non in Giappone, ma in un Paese limitrofo come l’Austria – sogna vedendo la quantità di parcheggi sotterranei creati attorno alle cittadine, senza tanti problemi per gli scavi al punto che, con recente politica, il rampollo Porsche si è fatto il suo tunnel che lo porta da casa al centro di Salisburgo in un batter d’occhio.
Il superamento del traffico attraverso la dimensione infera è stato compreso, con la solita mistura di genio e concretezza, da Elon Musk con la sua Boring Company: se vuoi migliorare la tragedia del traffico l’unico modo di farlo è andando verso il basso, anche se sembrerebbe che il prossimo misterioso modello di Tesla, la Roadster, potrebbe poter operare verso l’alto. Noi, tuttavia, non abbiamo Elone, abbiamo gli assessori al traffico.
E poi, i capolavori – sempre trainati da ideologia verde, interessi cinesi impliciti e tagli di nastro sul giornale – della «micromobilità», con i monopattini e le bici «free-floating» rovinate, abbandonate e utilizzate, in larghissima parte, dalle masse di eleganti africani, che magari con esse si spostano con più agilità per certe loro attività, come lo spaccio di droga: massì, vuoi non pagargli, oltre che vitto-alloggio-acqua-gas elettricità-internet-telefonino-avvocato-sanità-bei vestiti alla moda anche dei mezzi di trasporto con cui, appunto, possono evitare il traffico? Tipo: un inseguimento di una gazzella della Polizia nel traffico contro un criminale in monopattino, come finisce? L’eterogenesi dei fini qui non è nemmeno comica, è tragicomica, o tragica e basta.
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Potremmo continuare con la lista. Laddove c’era una rotonda che funzionava meglio di un semaforo (ogni tanto, qualcuna la devono azzeccare, ma non dura) ecco che te la cancellano e ci mettono cordoli, fiori, pianticelle, magari perfino un monumento orrendo o una fontana lercia.
Laddove c’era una strada larga, eccotela divorata da un nuovo mega-marciapiede che non usa nessuno, se non i ciclofascisti zeloti, i quali tuttavia divengono presto vittime della follia viabilitaria, con sensi unici e corsie di trenta centimentri anche per i velocipedi.
Laddove c’era una strada dritta che in 50-100 metri ti portava allo snodo, loro, per farti arrivare al medesimo punto, ti costruiscono una deviazione di mezzo chilometro che ti manda sotto un supermercato, un tribunale, una palestra, una pizzeria, appartamenti di lusso e uffici pubblici – insomma un bel progetto di complessone che qualcuno deve aver costruito e in qualche modo venduto, con tutti incuranti del fatto che se all’esame di urbanistica all’Università proponevi una cosa del genere venivi bocciato seduta stante.
Laddove devono costruire una tangenziale, magari con decenni di ritardo, ti rendi conto che si dimenticano di fare le uscite nei comuni che attraversa e ci fanno l’immissione con uno stop invece di una corsia di accelerazione, con il risultato che entri a 0 km/h in una strada dove da sinistra ti arriva uno che viaggia ufficialmente a 70-90 km/h, che poi divengono sempre 100-120 km/h se non, nel caso del tizio con l’Audi in leasing, cinque vaccini e chissà cos’altro in corpo, perfino di più.
E non parliamo dei casi di corruzione che saltano fuori in quegli uffici – dove ci sono appalti, ci sono mazzette, uno pensa. Ma non è nemmeno questo il punto: nel disastro, gli effetti della malizia possono essere indistinguibili da quelli dell’ebetudine conclamata dei soggetti e del sistema.
È difficile, davvero, trovare qualcosa di positivo in quello che fanno quanti sono politicamente preposti al miglioramento della mobilità – cioè dell’esistenza – dei cittadini. Il motivo, lo ripetiamo, è strutturale: gli assessorati sono macchine strutturate per modificare, cioè complicare, le cose. In pratica, sono l’essenza stessa della burocrazia, con effetti fisici però immediati e devastanti.
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La soluzione a tutto questo potrebbe essere davvero facile-facile: abolizione completa degli assessorati al traffico. Con essa, si perderebbe l’incentivo strutturale a cambiare sempre e comunque tutto, e a valutare con più responsabilità le innovazioni.
Immaginiamo che se la viabilità fosse fra le mansioni dirette del sindaco, cioè se la responsabilità fosse la sua, le decisioni sulla mobilità sarebbero più dosate e sensate, perché esposte al popolo con il quale il primo cittadino ha certo un rapporto più diretto, nonché mediato dal voto, passato e soprattutto futuro.
È una proposta che non sappiamo se sia già stata fatta. Certo si possono valutare cose anche più radicali: come la punizione per quanti complicano e distruggono la viabilità delle nostre città. Lo sappiamo, è la mancanza di castigo che crea aberrazioni ed orrori, con la devastazione di tanta parte d’Italia dovuta a questo principio di irresponsabilità della casta politico-burocratica.
La realtà è che, per ottenere qualcosa, il cittadino sincero-democratico automunito deve arrabbiarsi molto di più. Non basta ringhiare al bar, o imprecare dentro l’abitacolo, magari pure, a certe latitudini, suonando il clacsone. Non serve alimentare un sistema che, alla fine, continua a produrre assessori al traffico, e traffico.
No, serve davvero di più. Perché l’auto è davvero un mezzo di libertà, e aggiungiamo, di vita – l’auto è uno strumento della famiglia. Chi vuole togliervela – come quelli di Davos, le cui idee percolano poi giù giù fino al vostro assessorino – odia la vita, odia voi e i vostri figli.
Chiedere l’abolizione degli assessorati al traffico ci sembra il minimo che possiamo fare se vogliamo sul serio lottare per la Civiltà.
Roberto Dal Bosco
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