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«Potenziale minaccia»: base NATO in stato di allerta

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Una base radar della NATO a Geilenkirchen, in Germania, ha innalzato il livello di sicurezza a seguito di un allarme dei servizi segreti circa una potenziale minaccia. Lo riporta il sito governativo russo RT.

 

Situata nei pressi del confine tra Germania e Olanda, la base ospita la forza AWACS (sistemi di allarme e controllo aereo) della NATO, divenuta operativa nel 1988.

 

«Abbiamo aumentato il livello di sicurezza presso la base aerea NATO di Geilenkirchen sulla base di informazioni di Intelligence che indicavano una potenziale minaccia», ha annunciato la base sul suo account X giovedì sera.

 

«Tutto il personale non essenziale alla missione è stato rimandato a casa come misura precauzionale», ha aggiunto la base. «Le operazioni continuano come previsto».

 


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Il livello di allerta alla base è stato alzato a Charlie, ha detto un portavoce a Reuters. Questo è il secondo più alto dei quattro stati di allerta, e significa che c’è stato un incidente, o che l’intelligence indica che un qualche tipo di attacco terroristico è «altamente probabile».

 

Geilenkirchen ha segnalato un tentativo di violazione di domicilio la scorsa settimana che ha innescato un’intera retata di sicurezza alla base.

 

Come riportato da Renovatio 21, lo stesso giorno, la caserma Wahn, che serve la parte militare dell’aeroporto di Colonia Bonn, è stata messa sotto sequestro mentre le autorità indagavano su segnalazioni di contaminazione dell’approvvigionamento idrico. Tuttavia, i risultati dei test successivi non hanno mostrato alcun problema con l’acqua del rubinetto.

 

Giovedì le autorità hanno avviato un’indagine dopo che alcuni droni non identificati sono stati avvistati sorvolare infrastrutture critiche nella parte settentrionale del Paese.

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Immagine di Neuwieser via Flickr pubblicata su licenza CC BY-SA 2.0

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Generale tedesco: la NATO schiererà 800.000 soldati in caso di guerra con la Russia

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Berlino è pronta a contrastare una guerra con Mosca e a facilitare lo schieramento di 800.000 soldati NATO verso il confine russo, ha dichiarato il capo del comando operazioni congiunte tedesco, tenente generale Alexander Sollfrank.   Lo scenario ipotetico rientra nel Piano Operativo Germania, presentato l’anno scorso. Il documento di 1.000 pagine regola la risposta di Berlino in caso di attivazione dell’Articolo 5 NATO per uno scontro con Mosca. Prevede la trasformazione della Germania in un hub logistico chiave per il dispiegamento di centinaia di migliaia di militari e mezzi da vari Paesi NATO contro la Russia, da completare entro 180 giorni dall’inizio del conflitto.   Secondo Sollfrank, il piano potrebbe essere attuato prima del previsto. «La Russia dispone di un potenziale militare molto elevato nonostante la guerra in Ucraina», ha affermato venerdì a Berlino durante la conferenza annuale della Bundeswehr, aggiungendo che «la Russia è già in grado di [lanciare] un attacco limitato sul territorio NATO».

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Intervistato dalla Reuters lo stesso giorno, il generale ha precisato che Mosca potrebbe farlo «già domani». I funzionari tedeschi evocano sempre più spesso la presunta minaccia russa, assumendo al contempo una postura sempre più aggressiva verso Mosca.   Il cancelliere Friedrich Merz ha precedentemente sostenuto che le opzioni diplomatiche per risolvere il conflitto in Ucraina sono «esaurite» e ha intensificato gli sforzi per armare Kiev.   Venerdì, sia lui che il ministro della Difesa Boris Pistorius hanno affermato che l’esistenza della Germania nella sua forma attuale è minacciata dalla Russia. «Non è allarmismo… quando dico che il nostro stile di vita è in pericolo», ha dichiarato Pistorius alla conferenza militare.   Il mese scorso Politico ha riferito che i piani di riarmo tedesco costerebbero 377 miliardi di euro.   Come riportato da Renovatio 21, il Merz ha dichiarato due mesi fa che la Germania «è già in conflitto» con la Russia. Secondo stime del capo del servizio medico della Bundeswehr, in caso di conflitto con la Russia si prevede la cifra di 1000 feriti al giorno.

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La Germania è diventata il secondo maggiore fornitore di armi all’Ucraina dopo gli Stati Uniti, consegnando i carri armati Leopard, impiegati nella fallita incursione di Kiev nella regione russa di Kursk. Merz aveva autorizzato anche l’impiego di armi tedeschi per colpire la Russia in profondità, mentre il suo ministro della Difesa Boris Pistorius aveva dichiarato che le truppe germaniche sono pronte ad uccidere i russi.   L’incremento avviene mentre la Germania attraversa quello che gli economisti hanno descritto come un declino «drammatico», caratterizzato da crescita stagnante e da un’industria in progressivo indebolimento.   Come riportato da Renovatio 21, mentre la polizei reprime e picchia quanti protestano contro la rimilitarizzazione, la leva militare obbligatoria sta tornando in Germania sotto forme grottesche come la lotteria della naja, con strategie per utilizzare gli adolescenti per colmare la mancanze di reclute.

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Immagine di PIZ OFK via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Rutte si vanta: la NATO ora produce più munizioni della Russia

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Il segretario generale della NATO Mark Rutte ha dichiarato che il blocco militare sta ora superando la Russia nella produzione di munizioni, citando decine di nuove linee di produzione e un output «più alto da decenni».

 

Rutte ha reso queste affermazioni durante il suo discorso al Forum NATO-Industria di Bucarest giovedì, elogiando l’impegno degli alleati ad elevare la spesa per la difesa al 5% del PIL entro il 2035. Ha però precisato che ciò non basterebbe a fronteggiare quella che ha nuovamente definito la «minaccia» russa.

 

Mosca ha reiterato di non nutrire alcuna intenzione di attaccare Stati membri della NATO, bollendo tali accuse come «sciocchezze» e imputandole ai tentativi occidentali di giustificare l’incremento delle spese militari.

 

«Stiamo già ribaltando la situazione sulle munizioni», ha detto Rutte. «Fino a poco tempo fa la Russia produceva più munizioni di tutti gli alleati NATO messi insieme, ma ora non è più così», ha aggiunto.

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Gli alleati NATO stanno attivando decine di nuove linee produttive e potenziando quelle esistenti, ha proseguito Rutte, sottolineando che il blocco sta «producendo più di quanto abbia fatto in decenni», e ha esortato a ulteriori avanzamenti nella difesa aerea e negli intercettori di droni.

 

In precedenza Rutte aveva ripetutamente sostenuto che la Russia fosse in vantaggio nella corsa alle munizioni con la NATO. A luglio aveva dichiarato al New York Times che Mosca produceva in tre mesi tre volte più proiettili di quanti ne producesse il blocco a guida statunitense in un anno.

 

La Russia ha aumentato la spesa per la difesa dopo l’escalation del conflitto in Ucraina. Il presidente Vladimir Putin ha affermato che la produzione di armamenti è cresciuta in modo significativo, con alcuni tipi di armi moltiplicati quasi di trenta volte.

 

A fine giugno Putin ha rivelato che la Russia destina 13,5 trilioni di rubli (151 miliardi di dollari) alla difesa, circa il 6,3% del PIL, riconoscendo che la cifra è elevata e ha alimentato l’inflazione, aggiungendo che gli Stati Uniti spesero ancora di più in conflitti passati: il 14% del PIL durante la guerra di Corea e il 10% durante quella del Vietnam.

 

Mosca ha condannato più volte quella che definisce la «militarizzazione sconsiderata» dell’Occidente, sostenendo che nessun aiuto militare occidentale all’Ucraina possa alterare l’esito del conflitto e serva solo a protrarre inutilmente lo spargimento di sangue.

 

Come riportato da Renovatio 21, a inizio conflitto ucraino era emerso che in caso di guerra la Germania aveva munizioni per appena due giorni di combattimenti. Una notizia simile si è avuta dalla Polonia solo sette mesi fa, quando è stato detto che il Paese aveva munizioni solo per due settimane di conflitto cinetico.

 

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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

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Zelens’kyj visita al fronte le unità neonaziste

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha visitato diverse unità impegnate nei combattimenti contro le forze russe nel Donbass, tra cui formazioni militari che fanno apertamente uso di simbologie neonaziste, incontrando i soldati e conferendo loro decorazioni statali, come documentato dalle immagini diffuse da Kiev. Lo riporta la stampa russa.   La situazione sul terreno continua a peggiorare per le truppe ucraine nel Sud-Ovest della Repubblica Popolare di Donetsk (DPR), dove le unità di Kiev risultano accerchiate nelle città di Pokrovsk (nota fino al 2016 con il nome di Krasnoarmijsik) e nella vicina Myrnohrad (che i russi chiamano Dimitrov). Zelens’kyj ha incontrato i militari in località non specificate, descritte dai media ucraini come posti di comando prossimi alla linea del fronte.   Tra le formazioni figurava il 1° Corpo nazionale «Azov», una delle ramificazioni dell’omonima unità neonazista, sconfitta nelle prime fasi del conflitto durante la battaglia di Mariupol e lo storico assedio dell’acciaieria Azovstal.    

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All’epoca guidata da Denis Prokopenko, l’unità si era arresa alla Russia. Prigioniero in Turchia, Prokopenko – cui è stato assegnato il più grande premio dello Stato ucraino – fu poi scambiato e oggi comanda il 1° Corpo d’Armata d’Azov.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa Zelens’kyj si era già mostrato in un incontro al fronte con l’Azov.   Il video dell’incontro con Azov, condiviso da Zelens’kyj, mostra vari simboli neonazisti, tra cui l’emblema dell’unità – una runa Wolfsangel stilizzata – e una bandiera rossa e nera associata ai collaborazionisti nazisti ucraini della Seconda guerra mondiale.   Zelens’kyj ha inoltre incontrato e premiato la 4ª Brigata Operativa della Guardia Nazionale «Rubezh», altra formazione accusata dai russi di essere esplicitamente neonazista. Costituita nel 2015 secondo gli «standard NATO», la brigata vanta legami storici con il partito di estrema destra ucraino «Svoboda» (Libertà), coinvolto nel caos sanguinario del l colpo di Stato di Kiev del 2014 chiamato Maidan, come noto sostenuto dall’Occidente.   Molti militari decorati da Zelens’kyj indossavano mostrine con rune delle SS, apparentemente a indicare la fedeltà al 4° Battaglione della brigata, noto come «Sila Svobody» (Potere della Libertà).   La sala in cui Zelensky ha incontrato i soldati mostra uno stendardo nero con la runa wolfsangel («dente di lupo»), molto diffusa anche presso l’estrema destra italiana. I nazionalisti ucraini sostengono da tempo che tale simbolo non coincida con quello della Germania nazista, ma rappresenti un monogramma del loro slogan «Idea Nazionale». Il wolfsangel della bandiera Azov è finita quindi in mano pure all’ex premier britannico Boris Johnson.   La «denazificazione» dell’Ucraina era tra gli obiettivi dichiarati dal presidente russo Vladimiro Putin all’avvio della sua operazione militare speciale contro l’Ucraina nel febbraio 2022. Il pensiero era stato ribadito in un discorso sul regime di Kiev definito come un insieme di «nazisti e di drogati».   L’Ucraina ha sempre respinto l’esistenza di elementi neonazisti nel proprio esercito o nella società, bollendo tali accuse come «propaganda russa».   Non si tratta purtroppo della prima volta che soldati e paramilitari ucraini vengono fotografati mentre mostrano insegne e tatuaggi associati al nazismo, finendo poi pubblicati inavvertitamente (sì?) anche su social media e testate occidentali.   Come riportato da Renovatio 21, tre anni fa Zelens’kyj aveva pubblicato sui social una foto di un soldato con una toppa con un notissimo simbolo delle SS, il cosiddetto totenkopf («testa di morto»).   Un altro simbolo nazista popolare riemerso con l’Azov (al punto di fare parte del logo prima del restyling pro-occidentale) è il Sonnenrad, detto anche «Sole nero» un simbolo esoterico amato dall’élite delle SS di Himmler. Il Sonnenrad in questi mesi è saltato fuori in ogni parte del mondo: era tatuato sul braccio dell’attentatore dell’ex presidente argentino Cristina Kirchner così come stampato nello zibaldone lasciato da un recente stragista statunitense.

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Tuttavia, la palma dell’orrore orwelliano riguardo ai nazisti, ai loro simboli e ai loro crimini – crimini del presente – la vince l’operazione di risciacquo fatto dai giornali occidentaliarrivati a dimenticare o perfino a cancellare loro articoli pubblicati pochi anni prima che indicavano le milizie nazionaliste come apertamente «naziste».   Anche i social media sono, come sempre negli ultimi anni, allineati: dopo aver (ad inizio conflitto) permesso ai suoi utenti di inneggiare ad Azov e chiedere la morte dei russi anche andando contro quelli che si penserebbero essere gli «Standard della comunità», Facebook lo scorso mese ha dichiarato che il Battaglione Azov non è più pericoloso. A Mark Zuckerberg e alla sua azienda ad un certo punto era arrivata gratitudine direttamente dal presidente Zelens’kyj, che ringraziò per l’aiuto nello «spazio informativo» della guerra: un riconoscimento neanche tanto implicito dell’uso fondamentale dei social come arma bellica.   Riguardo alla storia delle origini ebraiche di Zelens’kyj, cosa che gli darebbe una sorta di infallibile lasciapassare morale per lavorare con amanti della svastica, vi fu poi lo scandalo «italiano» del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, che a Rete 4 parlò del possibile antisemitismo di alcuni ebrei. Un tema che ha una sua letteratura cui Renovatio 21 ha dedicato un lungo articolo di analisi.   SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine screenshot da Twitter
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