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Geopolitica

Pedopornografia, per il lockdown aumento del 264% nelle Filippine

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Il numero di casi di sfruttamento sessuale online dei bambini nelle Filippine è aumentato drammaticamente di oltre il 250% a causa del lockdown imposto per il Coronavirus. Lo rivela Lifesitenews.

 

«I dati del Dipartimento di giustizia informatica del crimine informatico (…) hanno rivelato che il totale dei casi registrati dal 1 ° marzo al 24 maggio ha raggiunto 279.166, il 264% in più rispetto ai casi registrati nello stesso periodo del 2019 a 76.561», riferisce PTV News. Nel 2020, «132.192 sono stati registrati a marzo, 53.882 in aprile e 93.092 a maggio».

 

Il numero di casi di sfruttamento sessuale online dei bambini nelle Filippine è aumentato drammaticamente di oltre il 250% a causa del lockdown

Come sottolineato dal giornale locale Manila Bulletin, «la maggior parte dei casi include possesso, fabbricazione e distribuzione di pornografia infantile; seduzione online di minori per atti sessuali; traffico sessuale di minori; turismo sessuale che coinvolge bambini; molestie sessuali su minori extra-familiari; materiale osceno non richiesto inviato a un bambino; e parole fuorvianti o immagini digitali su Internet».

 

Secondo il Dipartimento di Giustizia filippino, l’enorme aumento è attribuibile al fatto che durante la Quarantena  l’uso di Internet aumenta perché le persone restano a casa.

 

Il Dipartimento ha altresì osservato che «non esiste una legge nelle Filippine che definisca e penalizzi direttamente» lo sfruttamento sessuale online dei bambini.

 

Secondo il Dipartimento di Giustizia filippino, l’enorme aumento è attribuibile al fatto che durante la Quarantena  l’uso di Internet aumenta perché le persone restano a casa

Le Filippine sono la più grande fonte conosciuta al mondo di sfruttamento sessuale online dei bambini.

 

«Un nuovo studio pubblicato dall’International Justice Mission con sede a Washington giovedì ha affermato che i casi filippini di sfruttamento sessuale dei minori online sono aumentati drasticamente negli ultimi anni con i genitori che accosentano a trasformare i loro figli in vittime», ha scritto ABC News.

 

NPR ha osservato che anche negli Stati Uniti un numero maggiore di minori è stato abusato durante  il lockdown.

 

Anche negli Stati Uniti un numero maggiore di minori è stato abusato durante  il lockdown

«Entro la fine di marzo, con gran parte del paese in stato di blocco, c’è stato un aumento del 22% delle chiamate mensili [presso la hotline nazionale per assalti sessuali] da persone di età inferiore ai 18 anni, e la metà di tutti i contatti in arrivo provenivano da minori».

 

«Come risultato dell’esame delle informazioni ottenute da quelle sessioni, era chiaro che l’abuso stava aumentando sia in frequenza che in gravità», ha detto a NPR Camille Cooper, vicepresidente Rape, Abuse and Incest National Network.

 

Anche se lo sfruttamento sessuale è in aumento nel paese asiatico, il presidente filippino Rodrigo Duterte ha dichiarato all’inizio di questa settimana che non ci sarà scuola fino a quando non sarà stato trovato un vaccino contro il coronavirus.

«Quindi molti bambini che stavano arrivando alla hotline si sentivano piuttosto vulnerabili e traumatizzati. Ed è stato un risultato diretto di COVID-19, perché sono stati messi in quarantena con il loro aggressore. L’aggressore ora li stava abusando quotidianamente».

 

Anche se lo sfruttamento sessuale è in aumento nel paese asiatico, il presidente filippino Rodrigo Duterte ha dichiarato all’inizio di questa settimana che non ci sarà scuola fino a quando non sarà stato trovato un vaccino contro il coronavirus.

 

Senza un vaccino, mandare i bambini a scuola chiamarebbe al disastro, ha detto il controverso Presidente.

 

«Per me, il vaccino viene prima», ha aggiunto. «Non consentirò l’apertura di lezioni in cui gli studenti saranno vicini gli uni agli altri», continua Duterte. «A meno che non sia certo che siano davvero sicuri, è inutile parlare di apertura delle lezioni».

 

Il presidente filippino Rodrigo Duterte ha dichiarato all’inizio di questa settimana che non ci sarà scuola fino a quando non sarà stato trovato un vaccino contro il coronavirus

È da notare che Duterte si fece notare qualche anno fa quando reagì con forza al fallimento delle vaccinazioni contro la Dengue (il caso Degavaxia) nel suo Paese, arrivando a chiedere 3 miliardi di indennizzo alla farmaceutica coinvolta, la Sanofi. Renovatio 21 ne ha scritto oramai 3 anni fa.

 

Sempre sulle colonne di Renovatio 21, di recente si è ripassata la pluridecennale storia fallimentare del vaccino Dengvaxia, che tuttavia – come si può leggere in un ulteriore articolo – ora viene misteriosamente approvato dalla FDA, l’ente regolatore USA.

 

 

 

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Geopolitica

Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»

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Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.

 

Secondo la stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.

 

Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».

 

Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».

 

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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.

 

I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.

 

La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.

 

Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.

 

Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.

 

Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.

 

La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.

 

Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.

 

Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.

 

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Immagine screenshot da Twitter; modificata

 

 

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Droga

Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela

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Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.   Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.   Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».

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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.   Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.     Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.   Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».   Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.   Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.   Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.

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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.   La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.   Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.   Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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Geopolitica

Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco

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Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.

 

Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.

 

Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.

 

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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.

 

Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.

 

Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.

 

Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.

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