Economia
Pechino, multa record di 2,3 miliardi ad Alibaba: altro colpo a Jack Ma
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews
Il gigante cinese del commercio online è accusato di aver violato le regole anti-monopolio. Autorità antitrust: la compagnia danneggia la concorrenza e i consumatori. Il miliardario è da tempo nel mirino di Xi Jinping. Il regime vuole limitare l’influenza dei grandi gruppi.
Il gigante cinese Alibaba dovrà pagare una multa da 18,2 miliardi di yuan (2,3 miliardi di euro) per aver abusato della propria posizione dominante nel settore del commercio online
Il gigante cinese Alibaba dovrà pagare una multa da 18,2 miliardi di yuan (2,3 miliardi di euro) per aver abusato della propria posizione dominante nel settore del commercio online. Lo ha annunciato stamane l’Amministrazione statale per la regolazione dei mercati a conclusione di un’indagine avviata in dicembre.
La multinazionale fondata dal miliardario Jack Ma è accusata di richiedere ai venditori al dettaglio che vogliono usare le sue piattaforme web di non rivolgersi a compagnie concorrenti. Secondo le autorità cinesi, tale comportamento danneggia la competizione e viola gli interessi dei consumatori.
Secondo la televisione statale CCTV, il 15 marzo il presidente cinese Xi Jinping ha ordinato alle autorità competenti di controllare l’attività dei colossi di internet, mettendo fine ai monopoli nel settore e promuovendo una «giusta concorrenza». Lo scorso dicembre il governo ha dichiarato che il varo di una politica anti-trust sarà una delle priorità economiche per il 2021.
Il miliardario è da tempo nel mirino di Xi Jinping
Alibaba ha rilasciato un comunicato in cui dichiara di «accettare» la punizione. La multa è la più alta mai inflitta a un’azienda che opera in Cina: nel 2015 il produttore di microchip Qualcomm ha dovuto sborsare 840 milioni di euro. Il 12 marzo le autorità avevano già multato 12 grandi compagnie hi-tech, tra cui Tencent, Baidu, Didi Chuxing e SoftBank, per aver violato le regole anti-monopolio. Dopo l’annuncio, il titolo Tencent ha perso in borsa 52 miliardi di euro.
La creatura fondata da Jack Ma è da tempo nel mirino del regime. In novembre il governo ha bloccato l’ingresso in borsa di Ant Group, il braccio finanziario di Alibaba. La quotazione, la più alta della storia (33,7 miliardi di euro), è stata fermata perché l’attività di Ant non era in linea con le nuove regole governative sulla concessione di micro-finanziamenti attraverso piattaforme web.
Un mese dopo le autorità hanno multato Alibaba e Tencent per non aver reso noto in anticipo operazioni con cui hanno acquisito concorrenti più piccoli.
Alla leadership non erano piaciute le parole pronunciate da Ma il 24 ottobre, quando in un discorso pubblico egli ha attaccato il sistema finanziario e bancario del Paese
Diversi osservatori fanno notare che alla leadership non erano piaciute le parole pronunciate da Ma il 24 ottobre, quando in un discorso pubblico egli ha attaccato il sistema finanziario e bancario del Paese.
Da quel momento in poi il tycoon cinese ha mantenuto un basso profilo, limitando le uscite pubbliche. Il 12 marzo si è dimesso poi Simon Hu, amministratore delegato di Ant. Egli voleva trasformare Alipay, l’asset principale della compagnia, in un grande «centro commerciale online», capace di fornire prestiti, servizi turistici e assicurare consegne a domicilio.
Come Jack Ma, ora Hu si dedicherà alla «beneficenza»: l’approdo per chi diventa scomodo agli occhi di Xi.
Allo scopo di favorire l’innovazione tecnologica, per anni le autorità cinesi hanno dato mano libera ai colossi hi-tech, ora sarà difficile disciplinare il settore
Analisti fanno presente che il mercato tecnologico in Cina è in effetti poco regolamentato: realtà come Alibaba possono dunque abusare della loro posizione dominante. Allo scopo di favorire l’innovazione tecnologica, per anni le autorità cinesi hanno dato mano libera ai colossi hi-tech, ora sarà difficile disciplinare il settore.
Per molti esperti, l’obiettivo primario di Xi è però quello di limitare l’influenza dei grandi gruppi, che rappresentano una potenziale minaccia al potere del Partito comunista cinese.
Secondo quanto riportato dal Financial Times, la decisione del governo di bloccare le nuove iscrizioni all’accademia di élite creata da Jack Ma a Hangzhou (Zhejiang), sua città natale, è un indizio in tal senso.
L’obiettivo primario di Xi è però quello di limitare l’influenza dei grandi gruppi, che rappresentano una potenziale minaccia al potere del Partito comunista cinese.
La colpa dell’università Hupan – scrive il quotidiano britannico – sarebbe quella di allevare una generazione di imprenditori allineata al pensiero di Ma e non a quello del Partito.
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Immagine di World Economic Forum via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
Netflix avrebbe raggiunto un accordo per acquisire Warner Bros., inclusi i suoi studi cinematografici e televisivi, HBO e HBO Max, attraverso una transazione mista in contanti e azioni che valuta Warner Bros. Discovery a un valore aziendale di 82,7 miliardi di dollari (valore azionario di 72 miliardi di dollari), pari a 27,75 dollari per azione.
L’intesa dovrebbe essere finalizzata nel terzo trimestre del 2026, dopo lo scorporo programmato da parte di WBD della sua divisione Global Networks in una società quotata autonoma («Discovery Global»). Questa operazione giunge a pochi mesi dalla proposta avanzata da Paramount-Skydance per rilevare WBD.
L’accordo tra Netflix e WBD fonderà la piattaforma di streaming con un catalogo secolare e con franchise iconici come i supereroi della DC Comics, Harry Potter, Game of Thrones, I Soprano e The Big Bang Theory.
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In una nota ufficiale, Netflix ha dichiarato che l’operazione espanderà la sua library di contenuti, potenzierà le capacità produttive e favorirà una crescita sostenibile nel lungo periodo: «fornendo agli utenti una gamma più vasta di serie e film di alto livello, Netflix si attende di conquistare e trattenere un maggior numero di abbonati, incrementare l’engagement e generare entrate e profitti operativi aggiuntivi. L’azienda prevede inoltre di conseguire risparmi sui costi per almeno 2-3 miliardi di dollari annui entro il terzo anno e che la fusione avrà un effetto positivo sull’utile per azione GAAP già a partire dal secondo anno».
Secondo i termini dell’accordo, ogni azione WBD sarà convertita in 23,25 dollari in contanti più 4,50 dollari in azioni Netflix. I board di entrambe le società hanno approvato l’operazione all’unanimità.
La chiusura è attesa tra 12 e 18 mesi, subordinata all’esame regolatorio e all’ok degli azionisti di WBD. All’inizio dell’anno, Netflix ha superato le controfferte, tra cui quelle di Paramount-Skydance e Comcast.
Bloomberg ha rilevato che Hollywood non accoglie con entusiasmo questo nuovo connubio tra Netflix e WBD.
Warner Bros. Discovery ha avviato negoziati esclusivi per cedere i suoi studi cinematografici e televisivi insieme a HBO Max a Netflix, stando a fonti interne alla major – un’indicazione che il colosso dello streaming ha avuto la meglio su Paramount-Skydance e Comcast. Un’intesa del genere ridisegnerebbe il settore dell’intrattenimento e rappresenterebbe un turning point strategico per Netflix, già leader per capitalizzazione a Hollywood. Paramount ha bollato il processo di cessione come «contaminato», mentre l’attrice Jane Fonda, due volte premio Oscar, ha descritto il suo potenziale effetto sull’industria con un aggettivo più severo: «catastrofico».
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Nata come servizio di noleggio DVD via posta, Netflix ha prima annientato la catena Blockbuster e ora sta replicando il colpo con Hollywood, snobbando in larga misura le uscite cinematografiche in sala. L’accordo catapulterebbe Netflix al rango di superpotenza negli studi hollywoodiani. Tuttavia, il tutto resta appeso all’approvazione dei regolatori, con il repubblicano californiano Darrell Issa che ha già espresso opposizione a qualsivoglia acquisizione di Warner Bros. da parte di Netflix.
L’industria cinematografica è minacciata dall’avvento dell’IA, che potrebbe presto consentire a chiunque di produrre contenuti di livello cinematografico in un click, disintegrando un’intera filiera di lavoratori che vanno dagli attori ai cineoperatori, agli addetti al casting, agli elettricisti, registi, etc.
Si spiega così la corsa di Netflix verso le IP, cioè le proprietà intellettuali: avere un personaggio conosciuto e diffuso come, ad esempio Harry Potter, anche nell’era del cinema generato dall’AI potrebbe avere un valore strategico ed economico.
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Immagine di Fourbyfourblazer via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
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Economia
La BCE respinge il ladrocinio dei fondi russi congelati proposto dalla Von der Leyen
La Banca Centrale Europea ha declinato di avallare il progetto della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen per un finanziamento di 140 miliardi di euro a beneficio dell’Ucraina, da assicurare mediante i patrimoni russi immobilizzati. Lo riporta il Financial Times, attingendo a fonti informate sui negoziati.
Il quotidiano britannico ha precisato che la BCE ha ritenuto l’iniziativa della Commissione – che fa leva sugli attivi sovrani russi custoditi presso Euroclear, la società depositaria belga – estranea al proprio ambito di competenza.
Bruxelles ha impiegato mesi a sondare l’utilizzo delle riserve congelate della banca centrale russa per strutturare un «mutuo di indennizzo» da 140 miliardi di euro (equivalenti a 160 miliardi di dollari) in appoggio a Kiev. Il Belgio ha più volte espresso allarmi su potenziali controversie giudiziarie e pericoli finanziari in caso di attuazione del meccanismo.
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In base alla bozza elaborata dalla Commissione, i governi degli Stati membri dell’UE offrirebbero garanzie pubbliche per distribuire il peso del rimborso del prestito ucraino.
Tuttavia, i rappresentanti della Commissione hanno segnalato che i Paesi UE potrebbero non riuscire a reperire celermente risorse in scenari di urgenza, con il pericolo di generare turbolenze sui mercati finanziari.
A quanto risulta, i funzionari UE hanno sollecitato alla BCE se potesse intervenire come prestatore estremo per Euroclear Bank, la branca creditizia dell’ente belga, al fine di scongiurare una carenza di liquidità. Gli esponenti della BCE hanno replicato alla Commissione che tale opzione è impraticabile, ha proseguito il Financial Times, basandosi su interlocutori vicini alle consultazioni.
«Un’ipotesi di tal genere non è oggetto di esame, in quanto verosimilmente contravverrebbe alla normativa dei trattati UE che esclude il finanziamento monetario», ha chiarito la BCE.
Bruxelles starebbe ora esplorando vie alternative per assicurare una provvista temporanea a supporto del mutuo da 140 miliardi di euro.
«Assicurare la liquidità indispensabile per eventuali obblighi di restituzione dei beni alla banca centrale russa costituisce un elemento cruciale di un eventuale mutuo di indennizzo», ha dichiarato FT, citando un portavoce della Commissione.
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La direttrice di Euroclear, Valerie Urbain, ha ammonito la settimana scorsa che l’iniziativa verrebbe percepita a livello mondiale come una «espropriazione delle riserve della banca centrale, che erode il principio di legalità». Mosca ha reiteratamente definito qualsiasi ricorso ai suoi attivi sovrani come un «saccheggio» e ha minacciato ritorsioni.
L’urgenza del piano si inserisce in un frangente in cui l’UE, alle prese con vincoli di bilancio, deve reperire risorse per Kiev nei prossimi due anni, aggravata dalla congiuntura di liquidità critica ucraina, con gli sforzi per attingere ai fondi russi che si acuiscono mentre Washington avanza una nuova proposta per dirimere il conflitto. Gli analisti prevedono che l’Ucraina affronterà un disavanzo di bilancio annuo di circa 53 miliardi di dollari nel quadriennio 2025-2028, al netto degli stanziamenti militari extra.
L’indebitamento pubblico e garantito dal governo del Paese ha raggiunto picchi storici, oltrepassando i 191 miliardi di dollari a settembre, ha comunicato il Ministero delle Finanze. Il mese scorso, il Fondo Monetario Internazionale ha aggiornato al rialzo le stime sul debito ucraino, proiettandolo al 108,6% del PIL.
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Immagine di © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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