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Partito il Digital Service Act: l’Europa verso la censura totale. Renovatio 21 sparirà?

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Il 25 agosto è entrato ufficialmente in vigore in territorio dell’Unione Europea il Digital Service Act (DSA), l’eurolegge che di fatto dà alla alla Commissione Europea il potere di censurare i contenuti in rete in nome della lotta alla «disinformazione» e all’«incitamento all’odio» online.

 

A partire da venerdì scorso, le grandi piattaforme online che operano in Europa dovranno rispettare le regole stabilite nella DS, pena una multa immensa fino al 6% delle loro entrate globali annuali: una cifra da capogiro, considerando che i giganti informatici, pur con i magheggi fiscali che abbiamo visto negli anni, arrivano a fatturare in territorio UE miliardi.

 

Il commissario europeo per il mercato interno, Thierry Breton, ha addirittura minacciato di chiudere le piattaforme dei social media se non rispetteranno le regole in caso di disordini civili, come la recente volta etnica in Francia.

 

Ricorderete cosa era successo, in pieno spirito di anarco-tirannide, Macron, invece che lanciare una repressione che fermasse la devastazione di intere città, diede la colpa ai videogiochi prima e ai social media poi. Pare che, come soluzione al disastro, l’Eliseo pensasse che fosse si dovesse partire dall’impedire la diffusione delle immagini della barbarie della rivolta immigrata.

 

Questa è, a tutti gli effetti, una censura – o ancora meglio, una censura di guerra, dove, come avvenuto per gli americani in Iraq, si proibiscono certe immagini (i soldati morti, le loro bare, etc.). Quindi, a meno che non si sia in una guerra non dichiarata (contro una parte della popolazione, contro un’altra Nazione Europea…?), si tratta senza dubbio di un atto di totalitarismo vero e proprio, che ora è, in massima tranquillità, eurolegalizzato.

 

«Avremmo squadre che potrebbero intervenire immediatamente», ha detto Breton in un’intervista. «Se i responsabili non agissero immediatamente, potremmo non solo multarli ma anche vietare l’esercizio delle piattaforme nel nostro territorio». Breton già in passato aveva parlato della possibilità di vietare i social in caso di disordini civili. I lettori di Renovatio 21 ricorderanno che Breton aveva, dal primo giorno della nuova gestione di Twitter, attaccato Musk, dicendo che in Europa la piattaforma avrebbe dovuto sottoporsi ai voleri di Bruxelles.

 

Twitter è tra le realtà coinvolte in questa fase 1 del DSA, che si applica a siti con più di 45 milioni di utenti europei: Amazon, Facebook, Instagram, Google, YouTube, Wikipedia. Tutti gli altri saranno sottomessi al DSA dal 2024, e ciò vale pure per Paesi non-UE come Svizzera, Islanda e Norvegia.

 

Abbastanza significativamente, traducendo dall’inglese leggiamo che nel comma 36 del DSA si scrive che: «in un contesto transfrontaliero, gli effetti dell’ordinanza dovrebbero, in linea di principio, essere limitati al territorio dello Stato membro di emissione, a meno che l’illegittimità del contenuto derivi direttamente dal diritto dell’Unione o l’autorità di emissione ritenga che i diritti in gioco richiedano una portata territoriale più ampia, in conformità con il diritto dell’Unione e internazionale, tenendo conto degli interessi della cortesia internazionale».

 

Non bisogna sforzarsi troppo per capire in quale orizzonte attuale concreto tale incredibile elasticità d’azione – in pratica, censurare anche contenuti non-UE – salti fuori: la vicepresidente del dipartimento «Valori e trasparenza» della Commissione Europea, Vera Jourova, ha affermato che Bruxelles è particolarmente preoccupata per l’ingerenza russa nelle elezioni europee del 2024.

 

«Progressi rimangono troppo lenti su aspetti cruciali, soprattutto quando si tratta di gestire la propaganda di guerra pro-Cremlino o l’accesso indipendente ai dati. Il Codice dovrebbe anche iniziare ad affrontare nuove minacce come l’uso improprio dell’intelligenza artificiale generativa”.

 

«Mentre ci prepariamo per le elezioni europee del 2024, invito le piattaforme a intensificare gli sforzi nella lotta alla disinformazione e alla manipolazione dell’informazione russa, e questo in tutti gli Stati membri e in tutte le lingue, grandi o piccole che siano» continua la Jurova.

 

Ora, al lettore è chiaro cosa sta succedendo: se ora ti danno del filorusso per un discorso non allineato con la narrativa NATO-UE, ora potranno anche cancellare le tue parole online, procedere contro di te legalmente.

 

Al di fuori dell’atto repressivo, che si manifesterà probabilmente sulle vostre vite, da notare c’è il fatto che la volontà di controllare le prossime elezioni, attaccando i contenuti sgraditi, è praticamente dichiarato. Questa sarebbe, quindi, la democrazia che combatte contro la dittatura moscovita.

 

La questione russa tuttavia non è l’unica preoccupazione che dobbiamo avere: perché tutto l’impianto del DSA è un grande cavallo di Troia per distruggere, negli unici ambiti che contano (politica, geopolitica, sanità, forsanche religione) la libertà di parola per mezzo milioni di europei, una grande mossa di orwelizzazione del continente, e non solo quello.

 

È istituita, quindi, una verità di Stato, o meglio di Superstato: l’Europa avrà un «Comitato Europeo per i servizi digitali» che fungerà da Ministero della Verità stile 1984.

 

Il perno dell’azione censoria si basa, guarda chi si rivede, sul concetto di emergenza: secondo il DSA la capacità di intervenire da parte dell’europotere dovrà essere «rapida» in caso di «crisi». E cosa sia una «crisi», il documento non lo spiega: la vaghezza, insomma, aiuterà a colpire chiunque, in qualsiasi momento, in qualsiasi contesto.

 

Possiamo dire di essere fuori dalla «crisi» del COVID? A leggere i titoli dei giornali sulle nuove varianti, no.

 

Possiamo dire di essere fuori dalla «crisi» energetica? Calcolando che il gas russo non è ancora stato sostituito – perché è tecnicamente, al momento, insostituibile, no.

 

Possiamo dire di essere fuori dalla «crisi» economica? No, quella è perfino cantata dai bardi di Bruxelles.

 

Possiamo dire di essere fuori dalla «crisi» climatica? Giammai, quella, lo sappiamo bene, è eterna, alimentata ogni giorno da studi, proteste, misteriosi incendi.

 

Il contesto in cui viviamo, quindi, è stato definito «crisi permanente». E in una «perma-crisi» (come disse il caporione OMS europeo Hans Kluge) la censura europea, come da regolamento, può abbattersi dove e quando vuole, «rapidamente», come dice il testo.

 

L’aleatorietà più sfrenata, e programmatica, traspira anche dal resto del documento: non è detto quale sia l’informazione «affidabile», né quale sia il criterio per considerarla tale, così come non è chiaro quali competenze e doveri debba avere il censore che stabilisce se quello che dico è vero o falso.

 

Lo hanno chiamato eurobavaglio, ma è peggio – perché oltre ad impedirvi di parlare, vi impediranno di ascoltare cose considerate sbagliate, uccidendo la circolazione delle idee e creando una stagnazione cognitiva abitata, tecnicamente, proprio da schiavi. La democrazia occidentale si toglie la maschera, e si rivela per quello che è: un’oligarchia psicopoliziesca, una cleptocrazia schiavista, una dittatura dei corpi e delle anime.

 

Gli europarlamentari italiani del PD hanno, ovviamente, votato in massa. Forza Italia, compreso Antonio Tajani, pure. Ma potrebbe sorprendere che voti sono arrivati anche dai Cinque Stelle (il televisivo Giarrusso incluso) e, in bella quantità, da Fratelli d’Italia: secondo La Verità dello scorso 25 agosto, il pugliese Fitto, il «milanese» Fidanza e pure Vincenzo Sofo (noto anche come consorte di Marion Le Pen, eletto in Lega ma passato per qualche ragione in FDI) hanno votato il DSA. Solo la Lega Nord si è opposta.

 

Ora, quello che potrebbe succedere non solo lo abbiamo presente, ma lo abbiamo vissuto.

 

Come sa chi ci segue da un po’, nel 2021 Facebook cancellò la nostra pagina e disintegrò, cioè proprio eliminò, l’account personale collegato, e pure, en passant, innocue pagine associazionistiche collegate. Il traffico su Renovatio21.com crollò – perché è sui social che le persone stanno tutto il giorno, con centinaia di famelici scroll al giorno – com’era, con evidenza, l’intenzione ultima di chi poteva aver ordinato la censura.

 

Solo ora capiamo quanto pervasivi fossero gli ordini dell’amministrazione Biden e delle agenzie di Intelligence (e pure delle grandi farmaceutiche) che «ripulivano» la rete da messaggi indesiderati e dai loro autori; grazie a documenti delle Commissioni del Congresso USA abbiamo una qualche idea di come funzionasse la censura, con liste mandate direttamente ai social, se non post specifici da cancellare.

 

Non abbiamo ancora idea, perché nessun rappresentante eletto si vuole chiaramente intestare una battaglia del genere, di come funzionasse il sistema di censura in Italia: anche sul nostro territorio qualcuno faceva le liste? Chi le spingeva alle aziende? Domande a cui, a causa di una classe politica vigliacca che non protegge i suoi cittadini, non abbiamo risposta.

 

Con fatica, dopo nei mesi dopo il ban abbiamo fatto riemergere i numeri, praticamente unico caso di sito di spessore che fa totalmente a meno dei social, ma con una difficoltà incredibile. Portammo Facebook/Meta in tribunale, e il giudice emise l’ordinanza di ridarci pagine e account. Tuttavia, potete vedere voi stessi, se una volta un post sulla pagina Facebook di Renovatio 21 poteva fare centinaia di like e condivisioni (in alcuni casi migliaia e decine di migliaia), oggi riceviamo, se va bene, due like. Lo chiamano shadow ban, la «censura ombra»: non c’è modo di dimostrarla, né di far intervenire le autorità (in altri Paesi ci hanno provato, parrebbe).

 

Anche YouTube, come sapete, ha lanciato avvertimenti. Pubblichiamo poco, quindi difficile che arrivino strike censori, tuttavia eccoli qui: c’è stata la cancellazione dell’omelia di Pasqua di Monsignor Viganò (per qualche ragione, lasciata in altri noti canali di sedicente «controinformazione») e poi vari casi di strike retroattivi. Che vuol dire, ti cancellano video di anni fa, filmati che per anni andavano benissimo alla piattaforma, e che ora invece divengono occasione per minacciarti: fanne un altro così e ti buttiamo fuori.

 

Ancora oggi, la difficoltà che ha Renovatio 21 a raggiungere i suoi lettori è grande, è una corsa viziata da enormi ostacoli, che altri non hanno, e a un certo punto ci chiediamo anche perché. Tuttavia, siamo ancora qui, più forti e determinati che mai.

 

Esistere al di fuori dei social è, oggigiorno, difficile, al limite del possibile. Eppure noi è quello che stiamo tentando di fare.

 

Perché tutto lo spazio dei social è già manipolato, e lo sarà ancora di più – il DSA sta a significare esattamente questo. Nessuna credibilità potrà essere data ai social, non tanto per quello che la gente vi scriverà, ma per quello che non vi faranno leggere.

 

Stare sui social network oggi, quindi, è una scelta esiziale per la vostra libertà – è una scelta di schiavitù, in primis nei confronti della dopamanina (il neurotrasmettitore coinvolto nella dipendenza da internet) ma soprattutto riguardo al potere costituito, che vi sta dicendo in faccia che manipolerà quel che sentite nel programma di controllare il vostro pensiero.

 

Uscite da Facebook. Uscite da Instagram. Uscite anche da Telegram: proposte politiche per chiuderlo vi sono già state in Germania (dove è pure arrestato un utente perché «filorusso»), e non è detto che passino, o che la piattaforma – strana combo russo-emiratina, fondatori di San Pietroburgo ma server a Dubai – non si pieghi. Ricordiamo che è già successo, quando ad inizio pandemia, nel primissimo grande lockdown, giudici italiani, spinti dalle denunce dei quotidiani nazionali, chiesero a Telegram di cancellare i canali dove si distribuivano illegalmente i pdf dei giornali gratis, e con sorpresa di molti, il social, che non aveva mai risposto, obbedì.

 

Consideriamo anche il fatto che Telegram sta distruggendo, al pari degli altri social, la possibilità del lettore di approfondire, di cristallizzare pensiero ed opinione: non sono articoli, ma post brevissimi, fatti da influencer senza volto, che rendono dipendenti dalle continue update, e che in quantità di casi contengono fake news imbarazzanti, ignoranti e disperanti.

 

Il DSA, al momento, colpisce i grandi siti, le grandi app: state lontani, quantomeno quando siete alla ricerca di informazioni su ciò che accade.

 

Frequentate siti come Renovatio 21, che al momento rischiano meno, e che, come sapete, mai vi ha preso per i fondelli, mai vi ha ingannato, mai vi ha sfruttato per vendere pubblicità, mai vi ha detto menzogne.

 

Nella seconda fase del DSA, la censura orwelliana potrebbe tornare a colpirci. Ma non è che ci fermeranno: in caso, sposteremo i server, continueremo fuori da internet, magari perfino con la carta stampata, come una bella pubblicazione cartacea che arriva periodicamente nella buca delle lettere.

 

Decimateci pure il traffico sul sito: noi andiamo avanti comunque, con quei lettori che sanno chi siamo, cosa facciamo, e perché – cioè hanno in noi fiducia, un sentimento che mai il Moloch europeo potrà ottenere dai cittadini, e di qui il suo odio per quelli come noi.

 

Avanzeremo, qualunque cosa succeda, perché questo non è un sito come gli altri. E le persone coinvolte, collaboratori e lettori, hanno motivazioni fortemente logiche – per cui, oggi, fuori dal comune.

 

Non abbiamo niente da perdere, se non la libertà.

 

Non abbiamo altra opzione, che non sia la Verità. Che, come dice il Signore, è la Via, è la Vita – è Dio stesso.

 

Provino pure a censurare la Vita, a censurare Dio. Credono, davvero, di vincerla?

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

Geopolitica

Elon Musk chiede l’abolizione dell’UE «Quarto Reich»

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Il magnate Elon Musk ha invocato lo scioglimento dell’Unione Europea dopo che Bruxelles ha sanzionato la sua piattaforma social X con una multa.

 

Venerdì, la Commissione Europea ha comminato a X una penalità di 120 milioni di euro per «violazione degli obblighi di trasparenza» sanciti dal Digital Services Act (DSA) del 2022, che definisce i criteri per la responsabilità e la moderazione dei contenuti online. La decisione ha giudicato «ingannevole» il meccanismo della spunta blu su X, censurando inoltre la scarsa chiarezza nella gestione pubblicitaria e il diniego di accesso ai dati richiesti per gli studiosi.

 

In una raffica di messaggi diffusi sabato, Musk – che abitualmente denuncia l’iper-regolamentazione imposta da Bruxelles – ha asserito che «la burocrazia dell’UE sta lentamente soffocando l’Europa fino alla morte».

 

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«L’UE dovrebbe essere abolita e la sovranità restituita ai singoli Stati, affinché i governi possano rappresentare al meglio i loro cittadini», ha postato Musk, bollato il blocco come «un mostro burocratico».

 

L’imprenditore, a capo anche di Tesla e SpaceX, aveva già in passato etichettato l’UE come una «gigantesca cattedrale della burocrazia», sostenendo che l’eccesso di norme freni l’innovazione.

 

Il segretario di Stato statunitense Marco Rubio ha aspramente condannato la sanzione, qualificandola come «un attacco a tutte le piattaforme tech americane e al popolo americano da parte di governi stranieri». Il vicepresidente USA JD Vance ha rincarato la dose, accusando l’UE di aver preso di mira X perché «non si è prestata alla censura».

 

Anche l’ambasciatore americano presso l’UE Andrew Puzder ha stigmatizzato l’iniziativa, dichiarando che Washington «si oppone alla censura e contesterà le normative oppressive che colpiscono le imprese USA all’estero».

 

Henna Virkkunen, vicepresidente esecutiva della Commissione per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia, ha giustificato la multa affermando che «ingannare gli utenti con spunte blu fasulle, occultare dati nelle inserzioni e negare l’accesso ai ricercatori non è tollerabile online nell’UE».

 

Il ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski ha replicato all’uscita di Musk con ironia: «Vai su Marte. Lì non c’è censura sui saluti nazisti», alludendo alle polemiche su un presunto gesto estremo compiuto dall’imprenditore durante le celebrazioni per l’insediamento del presidente USA Donald Trump a gennaio 2025.

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Successivamente Musk ha equiparato l’Unione Europea a una reincarnazione della Germania nazista, dopo che il blocco ha irrogato una pesante sanzione alla sua piattaforma social X.

 

Nel fine settimana Elone ha scaricato una raffica di post incendiari contro Bruxelles, in reazione alla multa da circa 120 milioni di euro comminata a X per aver «violato i suoi obblighi di trasparenza» in base al DSA. La Commissione europea ha contestato la scarsa chiarezza nella gestione pubblicitaria della piattaforma e la natura fuorviante del suo sistema di «account verificato» contrassegnato dalla spunta blu.

 

Musk ha rilanciato un post recante la dicitura «Il Quarto Reich», illustrato da un’immagine in cui la bandiera UE si solleva scoprendo quella della Germania nazista. «Più o meno», ha commentato l’imprenditore. Il contenuto del post è stato censurato nei Paesi UE.

 

 

In precedenza, Musk aveva bollato l’UE come un «mostro burocratico», accusandone la dirigenza di «soffocare lentamente l’Europa fino alla morte». Il miliardario, che ha spesso denunciato l’iper-regolamentazione bruxellese, ha invocato lo smantellamento completo dell’Unione.

 

«L’UE dovrebbe essere abolita e la sovranità restituita ai singoli paesi, in modo che i governi possano rappresentare meglio i loro cittadini», ha scritto.

 

Anche l’ambasciatore statunitense presso l’UE Andrew Puzder ha condannato l’iniziativa europea, precisando che Washington «si oppone alla censura e contesterà le gravose normative che prendono di mira le aziende statunitensi all’estero».

 

Ciononostante, l’UE difende la decisione: la vicepresidente esecutiva della Commissione per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia, Henna Virkkunen, ha puntualizzato che la responsabilità ricade unicamente sulla piattaforma di Musk e che «ingannare gli utenti con segni di spunta blu, oscurare informazioni sulle pubblicità ed escludere i ricercatori non è consentito online nell’UE».

 

Come riportato da Renovatio 21 il tema delle euromulte contro Musk è risalente.

 

Brusselle aveva valutato l’ipotesi di multe contro X da quando l’ex commissario alla tecnologia UE, Thierry Breton, aveva accusato la piattaforma di non aver controllato adeguatamente i contenuti illegali e di aver violato il Digital Services Act (DSA) dell’UE del 2022. La decisione se penalizzare X spetta ora alla commissaria UE per la concorrenza, Margrethe Vestager.

 

Come noto al lettore di Renovatio 21, Elone per qualche ragione è assai inviso all’oligarchia europea e a tanta politica continentale, come hanno dimostrato i discorsi del presidente italiano Sergio Mattarella, che pareva attaccare proprio Musk e le sue ambizioni sui social e nello spazio.

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Immagine di Gage Skidmore via Flickr pubblicata su licenza CC BY-SA 4.0

 

 

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L’UE attacca le piattaforme che si rifiutano di censurare la libertà di parola: il fondatore di Telegram

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L’Unione Europea sta ingiustamente prendendo di mira le piattaforme social che tollerano discorsi dissidenti o critici, ha dichiarato Pavel Durov, fondatore di Telegram.   La sua affermazione è arrivata in risposta a un post del 2024 di Elon Musk, proprietario di X, che accusava la Commissione Europea di aver proposto alla piattaforma un patto segreto per eludere sanzioni in cambio della censura di certi contenuti. Il giorno precedente, l’UE aveva inflitto a X una multa da 120 milioni di euro (circa 140 milioni di dollari).   Durov ha spiegato che Bruxelles sta applicando alle società tech norme severe e impraticabili proprio per colpire quelle che rifiutano di praticare una moderazione occulta dei contenuti.   «L’UE impone regole impossibili per poter punire le aziende tecnologiche che si oppongono a una censura silenziosa della libertà di espressione», ha postato Durov sabato su X.   Il Pavel ha inoltre richiamato la sua detenzione in Francia dell’anno scorso, che ha descritto come motivata da ragioni politiche. Secondo lui, in quel frangente il capo dei servizi segreti francesi gli avrebbe chiesto di «bannare le voci conservatrici in Romania» in vista delle elezioni – un’ipotesi smentita dalle autorità transalpine. Durov ha aggiunto che gli agenti di Intelligence gli avrebbero offerto assistenza in cambio della rimozione discreta dei canali legati alle elezioni in Romania.

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Queste stesse accuse sono state ribadite nel suo intervento recente, in cui ha qualificato l’inchiesta come «un’indagine penale priva di fondamento», seguita da tentativi di pressione per limitare la libertà di parola in Romania e Moldavia.   Più tardi, sempre sabato, Durov ha aggiunto: «L’UE prende di mira esclusivamente le piattaforme che ospitano discorsi scomodi o dissenzienti (Telegram, X, TikTok…). Le piattaforme che, tramite algoritmi, mettono a tacere le persone rimangono sostanzialmente intatte, nonostante problemi ben più gravi di contenuti illegali».   L’anno scorso, Elon Musk aveva rivelato che la Commissione Europea aveva proposto a X «un accordo segreto illegale» per censurare i contenuti in modo discreto. «Se avessimo censurato silenziosamente i contenuti senza dirlo a nessuno, non ci avrebbero multato. Le altre piattaforme hanno accettato quell’accordo. X no», aveva scritto.   Venerdì, il portavoce della Commissione Europea Tom Rainier ha precisato che la sanzione a X ammontava a 120 milioni di euro per violazioni del Digital Services Act, sottolineando che non aveva legami con la censura e che si trattava della prima applicazione concreta della normativa. Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha aspramente criticato la decisione, definendola «un attacco a tutte le piattaforme tech americane e al popolo statunitense da parte di governi stranieri».   Tanto Durov quanto Musk hanno subito pressioni da parte dei regolatori UE in base al DSA, in vigore dal 2023. Questa legge obbliga le piattaforme a eliminare celermente i contenuti illegali, sebbene i detrattori sostengano che possa essere impiegata per reprimere opinioni legittime.

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L’UE multa X di Musk per 120 milioni di euro. Gli USA: «attacco al popolo americano»

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Gli Stati Uniti hanno accusato Bruxelles di aver «attaccato» gli americani dopo che l’Unione Europea ha inflitto alla piattaforma social X di Elon Musk una multa da 120 milioni di euro (circa 140 milioni di dollari) per violazione delle norme di moderazione dei contenuti previste dal Digital Services Act (DSA).

 

La Commissione europea ha reso nota la sanzione venerdì, precisando che si tratta della prima decisione formale di non conformità emessa in base al DSA.

 

La misura si inserisce in una più ampia offensiva regolatoria dell’UE contro i grandi colossi tecnologici statunitensi: in passato Bruxelles ha già comminato multe da diversi miliardi a Google per abuso di posizione dominante nella ricerca e nella pubblicità, ha sanzionato Apple in base al DSA e alle norme antitrust nazionali e ha penalizzato Meta per il modello pubblicitario «pay-or-consent». Queste azioni hanno ulteriormente inasprito le divergenze tra Washington e l’UE in materia di regolamentazione del digitale.

 

Secondo la Commissione, le violazioni commesse da X riguardano la progettazione ingannevole del sistema di spunta blu verificata, che «espone gli utenti a truffe», la mancanza di trasparenza nella libreria pubblicitaria e il rifiuto di fornire ai ricercatori l’accesso ai dati pubblici richiesto.

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Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha reagito duramente, scrivendo su X che la multa non rappresenta solo un attacco alla piattaforma, ma «un attacco a tutte le piattaforme tecnologiche americane e al popolo americano da parte di governi stranieri». «I giorni in cui gli americani venivano censurati online sono finiti», ha aggiunto.

 

Elon Musk ha rilanciato i commenti del commissario FCC Brendan Carr, secondo il quale l’UE prende di mira X semplicemente perché è un’azienda americana «di successo» e «l’Europa sta tassando gli americani per sovvenzionare un continente soffocato dalle sue stesse normative oppressive».

 

Anche il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance è intervenuto, sostenendo che l’UE sta punendo X «per non aver adottato misure di censura» e che gli europei dovrebbero «difendere la libertà di espressione invece di aggredire le aziende americane per questioni di poco conto».

 

L’amministrazione del presidente Donald Trump si oppone da anni alle leggi digitali europee, accusandole di essere «progettate per danneggiare la tecnologia americana» e minacciando dazi di ritorsione in risposta a tasse digitali e regolamenti sulle piattaforme.

 

Bruxelles ribatte che le proprie regole valgono allo stesso modo per tutte le imprese che operano nel mercato unico e riflettono semplicemente un approccio più severo su privacy, concorrenza e sicurezza online.

 

Le relazioni tra Washington e Bruxelles restano tese su numerosi fronti – commercio, sussidi industriali, standard ambientali e controlli tecnologici – con gli Stati Uniti che accusano l’UE di protezionismo e i leader europei che criticano le misure unilaterali americane in materia di dazi e tecnologia.

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Come riportato da Renovatio 21 il tema delle euromulte contro Musk è risalente.

 

Brusselle aveva valutato l’ipotesi di multe contro X da quando l’ex commissario alla tecnologia UE, Thierry Breton, aveva accusato la piattaforma di non aver controllato adeguatamente i contenuti illegali e di aver violato il Digital Services Act (DSA) dell’UE del 2022. La decisione se penalizzare X spetta ora alla commissaria UE per la concorrenza, Margrethe Vestager.

 

Come noto al lettore di Renovatio 21, Elone per qualche ragione è assai inviso all’oligarchia europea e a tanta politica continentale, come hanno dimostrato i discorsi del presidente italiano Sergio Mattarella, che pareva attaccare proprio Musk e le sue ambizioni sui social e nello spazio.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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