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Protesta

Papa Putzinger esiliato da Roma

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Arrivati a questo punto ci chiediamo se davvero sia corretto fare satira.

 

Lo shock per molti è stato immane quando ieri mattina si è appreso che l’iniziativa eclatante di valenza internazionale – una cosa per la quale, si diceva, non sarebbe più stato possibile ignorlo – promesso negli scorsi da Stefano «Ciccio» Puzzer era un banchetto in Piazza del Popolo con un tavolino da campeggio e qualche sedia pieghevole.

 

L’atto mondiale preparato dall’ex portavoce del sindacato portuale CLPT è una trovata alla Hyde Park, con la differenza che un Hyde Park a Roma non c’è e Hyde Park – l’angolo del parco londinese dove ognuno può dire la sua – è una cosa seria.

 

Forse alcuni sono rimasti delusi: forse si aspettavano una ripresa del satyagraha , la forma di «sciopero della fame» utilizzata un tempo dai radicali di Pannella, che come ricorderete arrivò a bere la sua stessa pipì («…frutto del mio corpo… lo bevo come in un rito laico per la vita nostra e di noi tutti») sulla TV nazionale. Ma, appunto, la pipì pannelliana era un fenomeno locale, difficilmente internazionalizzabile.

 

La cifra globale dell’atto di protesta del Puzzer è stata genialmente risolta con dei cartelli posti sulle sedie «dove aspetterò che venga a parlarci qualcuno».

 

Su una sedia da giardino bianca c’è scritto (in maiuscolo, ovviamente) «Russia». Di fianco invece un nome e cognome «Mario Draghi». Una sedia blu con scritto «USA», quindi una rossa con attaccato il cartello «Comunità Europea».

 

Quest’ultimo cartello ci colpisce particolarmente, perché non sentivamo questa espressione da decenni. Quella che oggi tutti chiamano Unione Europea, ebbe il suo embrione nella Comunità economica europea con il trattato del 1957 stipulato proprio a Roma. Ricordate la CEE? Si incontrava spesso questa sigla nei sussidiari delle medie tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta, specie se assolvevi la scuola dell’obbligo prima dei trattati di Maastricht e di Lisbona.

 

Un tuffo nel passato, una madeleine proustiana di cui ringraziamo l’uomo fluorescente, che a questo punto potrebbe iniziare a riferirsi all’euro come all’ECU (ricordate i bollettini finanziari con questa strana moneta astratta predecessore di quello che abbiano nel portafogli? Da ragazzini sognavamo un futuro da ricchi di ECU, invece oggi siamo poveri in euro…)

 

Tuttavia, c’è un particolare che riguardando il video ci colpisce assai. C’è anche il cartello «papa» – senza riferirsi a quale dei due, ma quello che si affaccia, come sanno i lettori di Renovatio 21, è un acerrimo nemico di vaccino e green pass.

 

Guardiamo bene. Il cartello con scritto «papa» è appeso sul tavolino da campeggio al cui lato dovrebbe sedersi proprio il triestino.

 

Ci sbagliamo? Forse che il portuale sta apparecchiando un incontro tra il pontefice e altri potenti della Terra e della CEE?

 

Non sembrerebbe, tanto che sul tavolo, in una strana versione di «cavaliere» (i cartellini portanomi posti davanti ai relatori alle conferenze) schiacciato orizzontalmente sulla superficie, c’è il cartello «Stefano Puzzer».

 

Si tratta quindi di una seria candidatura per il prossimo conclave, che è già di per sé combattutissimo? Avremo un papa Putzinger? Infilerà l’anello piscatorio dichiarando vocabor Ciccius?

 

Non lo sappiamo. Tuttavia, come prevedibile, il papa giuliano, già martire del porto per il cui martirio vuole le scuse da parte del ministero degli Interni, ha attirato subito coorti di piccoli fans dell’Urbe, tutti ammassati per selfie e sorrisoni, e giù raffiche di La gente come noi, che peraltro è il nome del gruppo per il cui franchising sta cercando volontari.

 

La piazza si riempie. Come era prevedibile.

 

Ecco che il gilet giallo permanente viene portato in questura. In serata nella trasmissione di Retequattro Fuori dal Coro di Mario Giordano è rivelato che Puzzer ha ricevuto un Daspo: espulso per un anno dalla Capitale. Si collega al telefono l’interessato:

 

«Sono stato portato in questura per accertamenti e sono stato trattato molto gentilmente e molto umanamente, anche perché hanno capito che sono una brava persona… Mi è stato imputato che la manifestazione non è autorizzata e c’è un altro provvedimento di cui parlerò domani con il mio avvocato o questa sera dopo questa telefonata».

 

In serata, gira un audio di Puzzer che sta già tornando a casa a Trieste. Il gesto eroico del grande Summit delle superpotenze su sedie di plastica è già finito. Annunzia che l’indomani vi sarà un comunicato. Noi «rabbrividiamo». (cit. comprensibile a quelli che ricordano la CEE)

 

Pochi giorni fa eravamo chiesti perché Puzzer non fosse andato a Milano, dove era stato annunciato sul palchetto in Piazza Duomo. L’Arcidiocesi di Milano, probabilmente la seconda più importante del pianeta,  è considerata nei secoli come un serio trampolino per ambire al al papato, come fu nel caso di Urbano III, Pio IV, Pio XI, Paolo VI.

 

Il futuro Ciccio I ha pensato che forse lui poteva skippare e arrivare direttamente al cuore di Roma caput mundi, con «USA», «Russia», «Mario Draghi» e «Comunità Europea» alla sua corte di seggiole da camping. Purtroppo è arrivato il Daspo, il quale però – ricordiamolo – mica vale per la Città del Vaticano.

 

Di tutta questa situazione, come dicevamo, la satira diventa impossibile, o perfino poco etica.

 

Davvero, la protesta contro il biototalitarismo da fine della Civiltà che abbiamo dinanzi, si merita questo?

 

La tirannide biotica sta devastando le nostre vite (e a brevissimo, quelle dei nostri bambini) e questo è quello che sappiamo fare?

 

È così che vogliamo essere rappresentati?

 

Noi no. Il potere invece, certamente, ci vuole proprio dipinti così. Chissà perché.

 

Aiutino: per l’establishment un quadretto del genere, è evidente, è ancora più utile di quello della «minaccia fascista». Una manna dal cielo.

 

Capite perché ci passa la voglia di fare satira?

 

 

 

 

 

Immagine screenshot da Twitter

Protesta

Violenza e caos mortale in Nepal. In fiamme il palazzo del governo

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Il Primo Ministro nepalese KP Sharma Oli si è dimesso martedì, mentre le furiose proteste contro il governo si intensificavano nella capitale della nazione himalayana, Kathmandu.

 

L’esercito nepalese ha confermato che Oli e sei ministri del governo sono stati trasferiti in una località segreta dopo che i manifestanti hanno appiccato il fuoco alle residenze del Primo Ministro e del Vicepresidente.

 

Le proteste antigovernative e anti-corruzione sono diventate violente dopo che diverse importanti piattaforme di social media, tra cui Facebook, YouTube e X, sono state vietate lunedì. Questi siti sono tra i 26 che sono stati bloccati per non essersi registrati in base alle nuove normative, che secondo i media locali censurano la libertà di parola. Il divieto è stato revocato martedì.

 

Immagini da Kathmandu mostrano il fumo che si alza dal parlamento del Paese, incendiato dai manifestanti. I media locali hanno anche riferito che le case dei ministri sono state saccheggiate da gruppi numerosi.

 

Su internet circolano video non verificati in cui politici nepalesi sarebbero cacciati, picchiati e denudati.

 

 

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Le proteste, guidate per lo più da persone tra la fine dell’adolescenza e i primi vent’anni, sono scoppiate lunedì, innescate dal divieto dei social media. Le autorità hanno confermato 19 morti nella sola Kathmandu, con circa 400 feriti, tra cui oltre 100 agenti di polizia.

 

«Mi sono unito a una protesta pacifica, ma il governo ha risposto con la violenza», ha dichiarato un ventenne, citato dall’agenzia di stampa AFP.

 

I disordini di questa settimana sono i peggiori degli ultimi decenni nella nazione himalayana, che ha dovuto affrontare periodicamente instabilità politica e difficoltà economiche da quando la monarchia indù è stata abolita nel 2008.

 

L’ente del turismo e la polizia nepalese hanno attivato tre servizi navetta per gli stranieri con autobus diretti all’aeroporto. Voli da destinazioni internazionali sono stati visti librarsi su Kathmandu da quando l’aeroporto è stato chiuso martedì mattina.

 

Dopo la sommossa, il governo nepalese ha revocato la decisione di vietare i siti di social media, in seguito alle violente proteste che hanno provocato 19 morti e oltre 400 feriti.

 

Secondo un articolo dell‘Hindustan Times, gli scontri si sono intensificati quando i dimostranti hanno sfondato le barriere di filo spinato e hanno tentato di entrare in una zona riservata vicino al parlamento, spingendo la polizia a sparare proiettili veri e gas lacrimogeni, nonché a utilizzare idranti e manganelli.

 

 

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«Come amici e vicini di casa, speriamo che tutti gli interessati esercitino moderazione e affrontino qualsiasi problema con mezzi pacifici e attraverso il dialogo», ha affermato martedì il ministero degli Esteri indiano in una nota. Il ministero ha aggiunto che sta monitorando attentamente gli sviluppi in Nepal ed è «profondamente rattristato» per la «perdita di molte giovani vite».

 

Dopo le proteste, il ministro degli Interni nepalese si è dimesso durante una riunione di gabinetto lunedì sera. Secondo quanto riportato da fonti locali, i manifestanti hanno dato fuoco alla residenza privata del ministro dell’Informazione e della Comunicazione.

 

Nonostante il governo abbia revocato il divieto sui social media, martedì a Kathmandu sono continuate le manifestazioni, dove la gente si è radunata fuori dal parlamento chiedendo la rimozione o lo scioglimento del governo. Alcuni manifestanti hanno dichiarato ai giornalisti che le loro preoccupazioni principali sono la disoccupazione e la corruzione.

 

Un enorme incendio ha devastato il palazzo Singha Durbar del Nepal, nel centro di Kathmandu, il principale complesso amministrativo del Paese, dopo che violente proteste hanno travolto la capitale della nazione himalayana.

 

Le immagini che circolano online mostrano l’edificio divorato dalle fiamme. Il palazzo, costruito nel 1908, è la sede del governo nepalese e ospita diversi ministeri e altre istituzioni chiave.

 


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Martedì, i manifestanti avrebbero sfondato i cancelli occidentali del Singha Durbar, facendosi strada nell’area riservata e incendiando alcune parti dell’ingresso. Testimoni hanno riferito di pesanti scontri con le forze di sicurezza mentre la folla avanzava all’interno, secondo diversi organi di stampa.

 

Altri filmati condivisi online mostrano anche l’edificio del Parlamento nepalese in fiamme, con muri carbonizzati, fumo che si levava verso il cielo e incendi ancora accesi, mentre all’esterno si radunava una grande folla.

 

Nel settembre 2025, il governo del Nepal era guidato dal premier KP Sharma Oli, leader del Partito Comunista del Nepal (UML), in carica dal 15 luglio 2024 fino alla sua dimissione il 9 settembre 2025, a seguito delle violente proteste popolari. Ilministro degli Interni Ramesh Lekhak si è dimesso il 8 settembre 2025, assumendo la responsabilità morale per la violenta repressione delle proteste, che ha causato almeno 19 morti e centinaia di feriti. Dopo la dimissione di Oli, il Presidente Ram Chandra Paudel ha accettato la rinuncia e ha avviato il processo per nominare un nuovo primo ministro.

 

In Nepal dal 1996 al 2006 si è vissuta una guerra civile portata avanti soprattutto dal Partito Comunista del Nepal di fede maoista, noto anche come CPN o successivamente come CPN Maoist Centre.

 

La fine della monarchia in Nepal è un evento storico strettamente legato alla strage reale del 1° giugno 2001 e agli sviluppi politici successivi, culminati nell’abolizione della monarchia nel 2008. La notte del 1° giugno 2001, al palazzo reale di Narayanhiti a Kathmandu, avvenne una strage che sconvolse il paese. Secondo la versione ufficiale, il principe ereditario Dipendra Bir Bikram Shah aprì il fuoco durante una riunione familiare, uccidendo il re Birendra, la regina Aishwarya, altri membri della famiglia reale e infine se stesso. In totale, 10 persone persero la vita, tra cui il re, la regina, i loro figli e altri parenti stretti.

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Protesta

I manifestanti a Parigi chiedono le dimissioni di Macron

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Sabato migliaia di persone hanno marciato per le vie di Parigi, chiedendo le dimissioni del presidente Emmanuel Macron e l’uscita della Francia dall’UE.   Il tasso di approvazione di Macron è sceso al livello più basso da quando ha assunto l’incarico nel 2017, in un contesto di deficit di bilancio in rapida crescita e di crescente malcontento nei confronti delle politiche finanziarie del suo governo.   Secondo un sondaggio condotto per Le Figaro e pubblicato mercoledì, circa l’80% dei francesi afferma di non fidarsi di Macron.   Anche la fiducia nel premier François Bayrou, il quinto a ricoprire l’incarico in meno di due anni, è scesa a minimi storici.   I manifestanti portavano cartelli con la scritta «Fermiamo Macron, fermiamo la guerra» e «Frexit».

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La manifestazione è stata organizzata dall’ex politico del Raggruppamento Nazionale Florian Philippot e dal suo partito euroscettico, i Patrioti, che si oppone alle forniture di armi all’Ucraina e mette in guardia contro un’ulteriore escalation con la Russia.     Mercoledì attivisti di sinistra e sindacati stanno pianificando scioperi e proteste separati, con lo slogan «Blocchiamo tutto».   Lunedì Bayrou dovrà affrontare un voto di sfiducia mentre cerca sostegno per la sua proposta di bilancio, con la Francia alle prese con un deficit fiscale del 5,8% del PIL, quasi il doppio del limite UE del 3%.   Il suo piano include tagli al lavoro nel settore pubblico, ai programmi di welfare e alle pensioni, misure che l’opposizione ha denunciato come misure che privilegiano la spesa militare rispetto al sostegno sociale.   Come riportato da Renovatio 21, la Francia nei prossimi giorni potrebbe attraversare un collasso finanziario che ne travolgerebbe il governo.

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Protesta

La polizia tedesca contro la protesta per la ri-militarizzazione

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Una marcia pacifista inizialmente pacifica a Colonia è sfociata in violenza sabato dopo gli scontri tra attivisti e polizia. I manifestanti protestavano contro i piani di Berlino di aumentare la spesa militare e gli aiuti a Ucraina e Israele.

 

La manifestazione, che secondo quanto riferito ha attirato quasi 3.000 persone, è stata organizzata dal gruppo pacifista «Disarma Rheinmetall». Rheinmetall principale produttore tedesco di armi.

 

Il gruppo ha organizzato diverse manifestazioni questa settimana, tra cui il blocco dell’accesso a un edificio della Bundeswehr mercoledì e una protesta davanti all’abitazione del CEO di Rheinmetall, Armin Papperger, a Meerbusch, vicino a Düsseldorf.

 

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Gli attivisti hanno affermato di opporsi ai piani del governo di aumentare la spesa per la difesa, di espandere l’esercito attraverso la coscrizione obbligatoria e di fornire supporto militare all’Ucraina e a Israele.

 

Le immagini della protesta di sabato mostravano striscioni con la scritta «deponete le armi» e «Non moriremo nelle vostre guerre».

 

Secondo quanto riportato dalle autorità locali, il corteo è stato ripetutamente interrotto dopo che la polizia ha segnalato di aver visto manifestanti mascherarsi e far esplodere fumogeni.

 

La Polizei ha anche affermato di aver intercettato un veicolo di scorta che trasportava pirotecnici, alcol denaturato e bombole di gas, affermando di essere stata infine costretta a disperdere la folla dopo che alcuni manifestanti hanno attaccato gli agenti.

 

 

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I video pubblicati online mostrano la polizia usare pugni, manganelli e gas lacrimogeni, con diversi attivisti visibilmente feriti. Diversi manifestanti sarebbero stati arrestati, anche se non è stato fornito alcun dato.

 

Un portavoce dei dimostranti ha accusato la polizia di aver attaccato gli attivisti, sostenendo che tra le 40 e le 60 persone sono rimaste ferite.

 

Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha sospeso i limiti all’indebitamento per incrementare la spesa per la difesa, impegnandosi ad aumentarla al 3,5% del PIL entro il 2029, annunciando l’intenzione di espandere la Bundeswehr da circa 182.000 a 240.000 soldati attivi entro il 2031 e ha introdotto la registrazione obbligatoria per i diciottenni in preparazione di un potenziale ritorno alla coscrizione obbligatoria.

 

Il Merz ha inoltre suggerito che le truppe tedesche potrebbero essere dispiegate in Ucraina come parte di una forza di pace europea, nonostante il rifiuto della Russia di qualsiasi presenza di truppe occidentali in Ucraina sotto qualsiasi forma.

 

Su internet circolano immagini riguardanti anche le manifestazioni pro-Palestina svoltesi in questi giorni in Germania. Colpisce il video della signora in protesta centrata in pieno volto da un pugno da un agente della Polizei.

 

 

Come riportato ripetutamente negli anni pandemici da Renovatio 21, chi protestava in Germania subì una repressione brutale e disumanizzante da parte della Polizei e degli apparati di sicurezza dello Stato tedesco, che calpestò impunemente la Grundgesetz, la Costituzione tedesca, che dichiara al primo articolo la dignità umana come fondamento della Repubblica.

 

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