Spirito
Papa Leone XIV impone il pallio arcivescovile al controverso cardinale McElroy e ad altri 53 prelati
Domenica papa Leone XIV ha impartito il pallio a 54 nuovi arcivescovi; tra gli otto prelati provenienti dagli Stati Uniti figurano anche il cardinale Robert McElroy e l’arcivescovo Edward Weisenburger. Lo riprota LifeSite.
Imponendo il pallio agli arcivescovi di recente creazione, papa Leone sottolineò il significato dell’indumento e la responsabilità dei prelati nei confronti delle loro sedi locali:
«Cari fratelli e sorelle, rafforzati dalla testimonianza dei santi apostoli Pietro e Paolo, camminiamo insieme nella fede e nella comunione e invochiamo la loro intercessione su noi stessi, sulla città di Roma, sulla Chiesa e sul mondo intero».
Il pallio è una veste liturgica bianca, a forma di Y, fatta di lana di agnello, che simboleggia l’autorità di un arcivescovo metropolita nella sua sede.
Simeone di Tessalonica nel suo commento liturgico nota che esso «significa il Salvatore che, incontrandoci come pecore smarrite, ci prende sulle sue spalle e, assumendo la nostra natura umana nell’Incarnazione, l’ha divinizzata, ci ha offerti al Padre mediante la sua morte in croce e ci ha esaltati mediante la sua risurrezione».
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Secondo una consuetudine iniziata da papa Giovanni Paolo II nel 1983, ogni anno nella festa dei Santi Pietro e Paolo, in Vaticano, il Papa impartisce il pallio agli arcivescovi metropoliti nominati nell’anno precedente.
A partire dal 2015, papa Francesco ha modificato la cerimonia, passando da un evento pubblico in Vaticano a una cerimonia in cui gli arcivescovi ricevono il pallio dal nunzio apostolico nelle rispettive arcidiocesi, in modo da favorire «la partecipazione della Chiesa locale» e la sinodalità.
Francesco ha comunque invitato i nuovi arcivescovi a concelebrare con lui la messa del 29 giugno in Vaticano, dove avrebbe benedetto i palli.
L’imposizione del pallio da parte di Leone è stato il primo evento del genere dopo il cambiamento operato da Francesco nel 2015 e non è stata spiegata ufficialmente dal Vaticano, sebbene sia stata accolta da molti come un ritorno alla precedente consuetudine.
A ricevere il pallio per primo è stato il cardinale Stephen Brislin di Johannesburg, in Sudafrica, seguito dal nuovo ordinario di Washington, il cardinale Robert McElroy.
McElroy è stato l’unico dei 54 prelati a non inginocchiarsi per ricevere il pallio, apparendo un po’ fuori forma e apparentemente incapace di salutare Leone con il consueto abbraccio dopo aver ricevuto il pallio.
All’imposizione erano presenti otto arcivescovi degli Stati Uniti:
- Cardinale Robert McElroy di Washington
- Arcivescovo Richard Henning di Boston
- Arcivescovo Jeffrey Grob di Milwaukee
- Arcivescovo Joe Vásquez di Galveston-Houston
- Arcivescovo Edward Weisenburger di Detroit
- Arcivescovo Robert Casey di Cincinnati
- Arcivescovo Michael McGovern di Omaha
- Arcivescovo Shawn McKnight del Kansas
Tutti e otto sono stati nominati per i loro nuovi incarichi sotto papa Francesco, anche se Leone XIV, in qualità di cardinale Prevost, sarebbe stato coinvolto nelle loro nomine in quanto prefetto del Dicastero per i vescovi.
Pope Leo imposes the Pallium on new Archbishops today at the Vatican
Included in the number is Cardinal McElroy, seen here receiving his pic.twitter.com/S6QWDAVXrd
— Michael Haynes 🇻🇦 (@MLJHaynes) June 29, 2025
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La promozione di McElroy all’arcidiocesi di Washington è stata fonte di controversia per molti. Il McElroy lanciato appelli affinché i divorziati e i «risposati» – insieme alle persone che praticano attivamente stili di vita omosessuali – possano ricevere la Santa Comunione.
In effetti, McElroy si è opposto all’insegnamento della Chiesa sulla natura «intrinsecamente disordinata» dell’attività omosessuale, condannando il Catechismo della Chiesa Cattolica per il suo «linguaggio molto distruttivo» sull’argomento. Il cardinale ha sostenuto l’impegno pro-LGBT di Padre James Martin, SJ, e ha suggerito che i «matrimoni» tra persone dello stesso sesso possano «arricchire la vita» dei partecipanti.
Il vescovo Joseph Strickland, vescovo emerito della diocesi di Tyler, Texas, suffraganea dell’arcidiocesi di Galveston-Houston, ora guidata da Joe Vásquez, ha invitato Papa Francesco a riconsiderare la nomina di McElroy a DC.
Più di recente, Weisenburger, nominato nuovo arcivescovo di Detroit a febbraio, ha attirato l’attenzione dei media per le sue ampie restrizioni alla Messa tradizionale e anche al culto ad orientem nella liturgia del Novus Ordo. Anche questo ha suscitato un’indignazione diffusa tra molti cattolici statunitensi, sebbene la reazione negativa non abbia indotto Weisenburger ad alcun cambiamento di politica.
McElroy era stato piazzato all’arcidiocesi della capitale statunitnense mesi fa da Bergoglio, in uno dei suoi ultimi atti prima di perire.
Come riportato da Renovatio 21, il vescovo emerito di Tyler (Texas) Joseph Strickland aveva chiesto alla Santa Sede di riconsiderare la nomina del controverso cardinale.
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Spirito
«Rimarrà solo la Chiesa Trionfante su Satana»: omelia di mons. Viganò
Qui legit intelligat
Omelia nella Prima Domenica di Avvento
Terra vestra deserta; civitates vestræ succensæ igni: regionem vestram coram vobis alieni devorant, et desolabitur sicut in vastitate hostili.
Il vostro paese è desolato, le vostre città consumate dal fuoco, i vostri campi li divorano gli stranieri, sotto i vostri occhi; tutto è devastato, come per un sovvertimento di barbari.
Is 1, 7
Intervenendo all’Assemblea Generale della CEI ad Assisi (1), il card. Matteo Zuppi ha detto che «la Cristianità è finita», e che questo fatto dev’essere considerato positivamente, come un’occasione, un καιρός. Non vi sfuggirà l’uso del lessico globalista, secondo il quale ogni crisi indotta dal Sistema è anche un’opportunità: la cosiddetta pandemia COVID, la guerra in Ucraina, la transizione ecologica, l’islamizzazione delle nazioni occidentali. Zuppi – uno dei principali esponenti della chiesa sinodale – si guarda bene però dal riconoscere che la distruzione dell’edificio cattolico e la cancellazione della presenza cattolica nella società siano l’effetto logico e necessario dell’azione eversiva del Concilio Vaticano II e dei suoi sviluppi remoti e recenti, ostinatamente imposta dalla Gerarchia stessa. D’altra parte, nel momento in cui viene spodestato Cristo Re e Pontefice sostituendolo con la volontà della base – prima la collegialità, oggi la sinodalità – non poteva che accadere nella Chiesa Cattolica ciò che duecento anni prima era accaduto nella cosa pubblica.Sostieni Renovatio 21
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Spirito
Il cardinale Zen mette in guardia dalla sinodalità: «Non è forse questo il suicidio della Chiesa cattolica?»
In un contributo apparso questa settimana sul suo blog personale, il cardinale Joseph Zen, 93enne porporato cinese in quiescenza, ha formulato un’ulteriore aspra reprimenda al Sinodo sulla sinodalità e al compianto pontefice Francesco.
Francesco ha lasciato in eredità «caos e disgregazione», ha asserito Sua Eminenza. «La nostra aspirazione più profonda è che papa Leone XIV ricompatti la Chiesa sulle basi della verità, radunando tutti noi nella missione evangelizzatrice. Offriamo le nostre invocazioni e le nostre rinunce per papa Leone».
Zen non ha mai celato le sue apprensioni sul cammino sinodale. In seguito alla scomparsa di Francesco, il cardinale aveva ammonito i porporati convocati al conclave che la Chiesa si trova di fronte a un «dilemma esistenziale» nel confronto con esso. In un’analisi divulgata a febbraio 2024, Sua Eminenza aveva espresso l’auspicio che «questo Sinodo sulla ‘sinodalità’ possa giungere a una conclusione dignitosa».
Nel testo odierno, Zen ha manifestato timore che la Chiesa cattolica si stia «trasformando nella Chiesa anglicana» e che stia «commettendo un suicidio assimilandosi» al mondo secolare.
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«Senza dubbio… i fedeli debbono contribuire agli indirizzi ecclesiali, ma il primato dei vescovi non può essere eluso», ha precisato in merito al sinodo. Tuttavia, «l’assemblea del 2024 sulla sinodalità non ha più costituito un Sinodo nella accezione classica… ha inaugurato un’ibrida “assemblea consultiva dei battezzati”».
Il porporato cinese ha quindi censurato il documento conclusivo del sinodo, bollandolo come «vago e innovativo», attribuendo alla Fiducia supplicans – che autorizza la benedizione delle «coppie» omosessuali – il merito di aver generato «turbamenti marcati e fratture profonde» nell’ambito della Chiesa.
Sua Eminenza ha pure confidato che, qualora Dio lo convocasse al martirio, lo accoglierebbe come una «grazia immensa», e ha deplorato la difficoltà, in quest’epoca, di discernere e diffondere la verità e la sapienza per le anime. La verità, ha soggiunto, non risiede nelle opinioni individuali, bensì nella consapevolezza di «essere figli di Dio» e nel sacrificio redentore di Cristo per i nostri falli.
Per lustri, Zen ha redarguito la Santa Sede per la sua linea conciliante verso il Partito Comunista Cinese sulla designazione dei vescovi. Nondimeno, ha chiuso il suo intervento ribadendo la propria fedeltà alla Cattedra di Pietro.
«La mia contestazione a taluni atti pontifici scaturisce proprio dalla mia devozione profonda al papa», ha chiarito, evocando passi evangelici quali Matteo 14 e Luca 22: il primo, in cui san Pietro – non ancora Pontefice – vacilla sulla superficie dell’acqua dubitando del Signore; il secondo, in cui Cristo preannuncia il triplice rinnegamento di Pietro.
A ottobre, il cardinale aveva condannato il pellegrinaggio LGBT ospitato nella Basilica di San Pietro. «Il Vaticano era al corrente dell’iniziativa con anticipo, ma non ha elevato alcuna protesta successiva. Lo riteniamo del tutto inspiegabile!», aveva esclamato, invitando a pratiche di penitenza quali preghiera e astinenza.
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Spirito
Un papa mette, un altro toglie
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