Geopolitica
Pakistan, musulmani attaccano famiglia cristiana: donne aggredite, casa incendiata
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews.
Tariq Pehalwan ha interrotto una festa di matrimonio e molestato le donne. Cacciato da Wazir Masih, padrone dell’abitazione, è tornato con una banda, che ha esploso colpi di pistola, rubato soldi e gioielli e incendiato la proprietà. La vicenda risale al 10 dicembre, Giornata internazionale dei diritti umani. Attivisti cristiani chiedono giustizia.
Un matrimonio interrotto, le donne molestate e la casa data alle fiamme, con gli abitanti che si sono salvati solo grazie alla loro prontezza di riflessi e alla fuga immediata, prima di esserne avvolti e arsi vivi.
Da Farooqabad, cittadina a 80 km da Faisalabad, nella provincia pakistana del Punjab, arriva un nuovo – gravissimo – episodio di violenza anti-cristiana che si è consumato il 10 dicembre scorso, in concomitanza con la Giornata internazionale dei diritti umani.
Protagonisti un gruppo di musulmani, fra i quali anche un poliziotto già sospeso dal servizio, ma che ha beneficiato dell’aiuto dei colleghi per sfuggire all’arresto.
Il gruppo di assalitori ha attaccato la casa di Wazir Masih, un operatore sanitario cristiano, che in quel momento stava festeggiando le nozze di suo figlio Ahsan
Il gruppo di assalitori ha attaccato la casa di Wazir Masih, un operatore sanitario cristiano, che in quel momento stava festeggiando le nozze di suo figlio Ahsan.
A innescare la controversia, l’arrivo di un vicino di casa musulmano, Tariq Pehalwan, che pur non essendo invitato è entrato nell’abitazione in evidente stato di alterazione creando confusione e molestando le donne, lanciando loro del denaro col proposito di adescarle.
Poco dopo essere stato cacciato dal padrone di casa, e in preda all’ira, l’uomo è tornato assieme a una decina di persone, cinque delle quali tuttora ignote e armate. Gli assalitori hanno iniziato a colpire gli invitati, esplodere colpi di pistola in aria e prendere di mira le donne, molestandole e cercando di strappare loro i vestiti. Tariq gridava che i presenti stavano partecipando a una celebrazione «cristiana» e meritavano «una lezione», mentre i suoi sodali picchiavano i maschi della famiglia e denudavano mogli e figlie.
Gli spari hanno richiamato l’attenzione dei vicini di casa e degli abitanti del quartiere, che hanno iniziato a urlare in preda al terrore. Nel frattempo il figlio di Wazir Masih ha chiamato la polizia, giunta sul luogo della violenza quando gli assalitori erano già fuggiti lanciando minacce di morte. Andati via gli agenti, gli assalitori sono tornati e hanno cosparso di benzina mobili e suppellettili dando loro fuoco, oltre a rubare i gioielli e i soldi che gli invitati avevano regalato agli sposi.
La famiglia è riuscita a salvarsi precipitandosi fuori dall’abitazione prima che le fiamme la avvolgessero completamente
La famiglia è riuscita a salvarsi precipitandosi fuori dall’abitazione prima che le fiamme la avvolgessero completamente.
Nei giorni successivi, grazie alle testimonianze dei presenti, i Masih hanno denunciato l’attacco alla polizia che solo dietro pressioni e l’intervento di alcuni attivisti locali ha accolto la denuncia.
Il 12 dicembre è stato registrato il FIR(First information report), ma i componenti del branco dopo aver trascorso alcune ore in caserma sono stati rilasciati dietro cauzione e da ieri sono di nuovo in libertà. Il timore è che possano vendicarsi originando una nuova spirale di violenze e massacri come già accaduto in passato, beneficiando del clima di impunità.
Naveed Walter, presidente di Human Rights Focus Pakistan (HRFP), sottolinea la concomitanza fra la giornata per i diritti umani e l’assalto, a conferma che «non vi è spazio per i diritti umani» per i cristiani.
«Musulmani potenti – afferma – colpiscono [i cristiani] solo per la loro fede e non li considerano degni di eguali diritti»
La vicenda di Priyantha Kumara, prosegue, «non ha insegnato nulla» mentre resta comune e impunita la pratica di «aggredire le donne» a scopo sessuale.
L’attivista Robin Daniel ha ricoperto un ruolo di primo piano nel salvare la vita alla famiglia, intervenendo con prontezza il giorno dell’attacco.
«Musulmani potenti – afferma – colpiscono [i cristiani] solo per la loro fede e non li considerano degni di eguali diritti», come emerge anche dal comportamento della polizia. Noi, conclude, «non resteremo in silenzio e ci batteremo per ottenere giustizia»”.
Immagine d’archivio
Geopolitica
Trump annuncia attacchi terrestri in Venezuela «presto»
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che gli USA potrebbero avviare «molto presto» operazioni terrestri contro presunte reti di narcotraffico collegate al Venezuela, dopo aver quasi completamente interrotto i flussi di stupefacenti via mare. Caracas ha respinto con forza ogni accusa di legami con i cartelli della droga.
Parlando venerdì con i giornalisti alla Casa Bianca, Trump ha annunciato che il traffico di droga marittimo legato al Venezuela è calato del 92%, sostenendo che le forze americane stanno «eliminando la droga a livelli mai visti prima». «Abbiamo bloccato il 96% degli stupefacenti che arrivavano via mare», ha precisato, per poi aggiungere: «Presto le operazioni inizieranno anche sulla terraferma».
Il presidente statunitense non ha tuttavia fornito indicazioni su eventuali obiettivi o sull’estensione di tali azioni.
Da settembre le forze USA hanno intensificato sensibilmente la presenza militare nei Caraibi e nel Pacifico orientale, conducendo oltre 20 interventi contro imbarcazioni sospette di traffico di droga e causando la morte di decine di persone. Trump ha affermato che queste operazioni hanno salvato decine di migliaia di vite americane, impedendo l’ingresso di narcotici nel Paese.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha sempre rigettato le accuse di Trump su presunti rapporti tra Caracas e i narcocartelli, sostenendo che Washington utilizzi la campagna antidroga come pretesto per destabilizzare e rovesciare il suo governo.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro, che avrebbe offerto ampie concessioni economiche agli USA per restare al potere, sarebbe stato oggetto di un tentativo di rapimento tramite il suo pilota personale.
Il Venezuela ha stigmatizzato il rinforzo militare come violazione della sovranità e tentativo di golpe. Il governo venezuelano starebbe cercando appoggio da Russia, Cina e Iran. Mosca ha di recente riaffermato la sua alleanza con Caracas, esprimendo pieno sostegno alla leadership del Paese nella difesa della propria integrità. Mosca ha accusato il mese scorso Washington di preparare il golpe in Venezuela.
Questa settimana le autorità statunitensi hanno sequestrato anche la petroliera Skipper al largo delle coste venezuelane, una nave cargo che secondo gli USA trasportava petrolio dal Venezuela e dall’Iran. Le autorità di Caracas hanno condannato l’operazione definendola «furto manifesto» e «pirateria navale criminale».
Come riportato da Renovatio 21, nel frattempo, la Russia – da tempo alleata stretta del Venezuela – ha rinnovato pubblicamente il suo sostegno a Maduro. Secondo il Cremlino, il presidente Vladimir Putin «ha espresso solidarietà al popolo venezuelano e ha ribadito il proprio appoggio alla ferma determinazione del governo Maduro nel difendere la sovranità nazionale e gli interessi del Paese dalle ingerenze esterne». I due leader hanno inoltre confermato l’impegno a dare piena attuazione al trattato di partenariato strategico siglato a maggio.
Trump nelle scorse settimane ha ammesso di aver autorizzato le operazioni CIA in Venezuela. Di piani CIA per uccidere il presidente venezuelano il ministro degli Interni del Paese aveva parlato lo scorso anno.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro aveva denunciato l’anno scorso la presenza di mercenari americani e ucraini in Venezuela. «Gli UA finanziano Sodoma e Gomorra» aveva detto.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
La Slovacchia «non sosterrà nulla» che contribuisca a prolungare il conflitto in Ucraina
Today I held an almost hour-long phone conversation with the President of the European Council, A. Costa. I fully respect him, but while he spoke about money for the war in Ukraine, I kept repeating the senseless daily killing of hundreds to thousands of Russians and Ukrainians.… pic.twitter.com/0f9JiitWjG
— Robert Fico 🇸🇰 (@RobertFicoSVK) December 12, 2025
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Geopolitica
Orban come John Snow
Il principale negoziatore russo Kirill Dmitriev ha paragonato il primo ministro ungherese Vittorio Orban al personaggio di Jon Snow della serie Il Trono di Spade, raffigurandolo come l’unico baluardo a difesa del diritto europeo mentre l’UE procede al congelamento a tempo indeterminato degli asset sovrani russi.
In un post su X pubblicato venerdì, Dmitriev ha lodato lo Orban per aver «difeso il sistema legale e finanziario dell’UE dai folli burocrati guerrafondai dell’Unione», sostenendo che il leader ungherese stia lottando per «ridurre la migrazione, accrescere la competitività e ripristinare buonsenso, valori e pace».
Dmitriev ha allegato una sequenza tratta dalla celeberrima «Battaglia dei Bastardi», una delle scene più memorabili della fortunata serie. Il frammento mostra Jon Snow, isolato sul campo di battaglia, che estrae la spada mentre la cavalleria della Casa Bolton gli si avventa contro. Nella saga, i Boltoni sono noti per la loro crudeltà e spietatezza, mentre Snow è dipinto come un condottiero riluttante che antepone il dovere all’ambizione personale, spesso a caro prezzo.
Hungary PM Orbán as Jon Snow from Game of Thrones in defending the EU’s legal&financial system from crazy EU bureaucratic warmongers—fighting them to reduce migration, increase competitiveness, and restore sanity, values and peace. 🕊️
Help is coming as Russian CB sues Euroclear pic.twitter.com/jHyav6mk0f
— Kirill Dmitriev (@kadmitriev) December 12, 2025
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Venerdì, Orban – che in numerose occasioni ha criticato duramente le politiche conflittuali dell’UE nei confronti della Russia – ha accusato Bruxelles di «violentare il diritto europeo», riferendosi alla decisione che ha permesso all’Unione di bypassare il requisito dell’unanimità per prorogare le sanzioni sugli asset sovrani russi, valutati in circa 210 miliardi di euro. Mosca ha bollato il congelamento come «furto», minacciando azioni legali in caso di confisca da parte dell’UE.
In un altro post, Dmitriev ha attaccato il segretario generale della NATO Mark Rutte, paragonandolo al Re della Notte, il principale antagonista di Game of Thrones, che guida un esercito di non-morti ed è completamente privo di empatia.
Unmasked NATO’s Mark Rutte.
He does not have family or children. He wants war.
But peace will prevail. 🕊️ https://t.co/lDPBucIAkA pic.twitter.com/JjqVogOSWM
— Kirill Dmitriev (@kadmitriev) December 12, 2025
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Il paragone è arrivato in risposta alle dichiarazioni di Rutte, che ha accusato la Russia di «riportare la guerra in Europa» e ha invitato i membri della NATO a prepararsi a un conflitto su scala paragonabile a quelli affrontati dalle generazioni passate. Il Dmitriev ha quindi affermato che Rutte «non ha famiglia né figli» e «desidera la guerra», aggiungendo però che «alla fine prevarrà la pace».
Dmitriev, figura chiave negli sforzi per risolvere il conflitto in Ucraina, ha fatto eco alle critiche del ministro degli Esteri ungherese Pietro Szijjarto, che aveva accusato Rutte di «alimentare le tensioni belliche».
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Immagine screenshot da YouTube
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