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P Diddy affronta 120 nuove accuse di molestie sessuali. Un avvocato accusa: coinvolti banchieri e Big Pharma

Nuove rivelazioni in quello che si annuncia come uno dei più grandi scandali del XXI secolo.
Secondo l’avvocato Tony Buzbee, che rappresenta i ricorrenti, il rapper Sean Combs, noto anche come P Diddy o Puff Daddy, sta affrontando accuse di molestie sessuali da parte di altri 120 accusatori, alcuni dei quali sostengono di essere stati minorenni al momento dei presunti reati.
Il 54enne vincitore di tre Grammy e importante produttore hip-hop sta già affrontando accuse penali per presunto traffico sessuale, possesso di droga e reati con armi da fuoco. Il mese scorso è stato arrestato in un hotel di New York e da allora è stato incarcerato al Brooklyn Metropolitan Detention Center, dopo che gli è stata negata la cauzione.
L’atto d’accusa contro Combs sostiene che egli abbia utilizzato la sua influenza nell’industria dell’intrattenimento per creare un’«impresa criminale i cui membri e soci erano coinvolti e tentavano di essere coinvolti, tra gli altri crimini, nel traffico sessuale, nel lavoro forzato, nel rapimento, nell’incendio doloso, nella corruzione e nell’ostruzione della giustizia».
Il rapper è pronto ad affrontare un’altra ondata di cause legali, che dovrebbero essere presentate entro il mese prossimo, secondo Buzbee. L’avvocato di Houston ha dichiarato che le accuse contro Combs risalgono al 1991 e che attualmente ci sono un totale di 60 accusatori uomini e 60 donne. Afferma che 25 di loro erano minorenni quando sarebbero stati abusati. Una persona ha detto che aveva solo nove anni all’epoca.
Diddy faces 120 new s*xual assault allegations
Attorney Tony Buzbee is representing 120 new accusers in civil suits spanning 20 years, with victims as young as 9, 14, and 15.
A Diddy s*xual assault hotline is available for victims to come forward with allegations. pic.twitter.com/GRDAwcnmuc
— Kurrco (@Kurrco) October 1, 2024
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«Il più grande segreto dell’industria dell’intrattenimento, che in realtà non era affatto un segreto, è stato finalmente svelato al mondo», ha affermato l’avvocato, sottolineando che la condotta di Combs nel corso degli anni ha creato «una massa di individui feriti, spaventati e segnati».
Buzbee ha affermato che la maggior parte delle cause legali saranno intentate a Nuova York e Los Angeles, dove si sono verificati la maggior parte dei reati, e che sono in fase di esame anche altri casi.
Ha anche osservato che l’indagine prevede di nominare altri individui oltre a Combs che non solo hanno agito come spettatori dei suoi crimini, ma vi hanno attivamente «partecipato, incoraggiato e incitato».
«I nomi che faremo, supponendo che i nostri investigatori confermino e corroborino quanto ci è stato detto, sono nomi che vi sconvolgeranno», ha detto Buzbee. «Verrà il giorno che fare altri nomi che non sono quelli di Sean Combs. E ci sono tanti nomi. È già una lunga lista».
«Questi nomi non includeranno solo individui, ma anche entità aziendali che hanno tratto profitto da questa cultura e da questo comportamento. Penso a banche, aziende farmaceutiche, alberghi».
«Mi aspetto che con questo processo molte persone potenti saranno esposte. Molti segreti saranno rivelati».
La promessa dell’avvocato texano sembra quella di uno shock sistemico multilivello, e si dice pronto a ricevere il contraccolpo, già dicendo di aver avuto minacce di morte da parte, per ora, di fan del cantante.
Il Combs ha negato con veemenza le accuse contro di lui, mentre i suoi avvocati hanno descritto il caso come un «processo ingiusto».
Per quanto riguarda le ultime accuse di molestie sessuali, Erica Wolff, avvocato di Combs, le ha liquidate come «infondate» e ha sottolineato che il rapper nega le accuse e non vede l’ora di dimostrare la sua innocenza.
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La storia sta facendo parlare molto in America, dove l’attivista Jack Posobiec è arrivato a dire sul palco di Tucker Carlson l’ultimo dei paradossi: oltre a Trump bisogna proteggere Diddy, perché la quantità di cose che sa probabilmente può permettere di spiegare tante cose, e quindi bisognerebbe davvero evitare che lo si trovi «suicidato» in carcere.
Alcuni si chiedono anche se arriveremo alla scoperta su chi ha ordinato la morte diLesane Parish Crooks detto Tupac Amaru Shakur (1971-1996), figlio di militanti delle Black Panthers e rapper degli anni Novanta per qualche ragione ancora indimenticato.
Tuttavia, sulla stampa internazionale la storia sta assumendo colori sempre più foschi. Il Daily Mail ha riportato di accuse secondo cui ai festini del rapper sarebbero vi sarebbe stato l’abuso di minori, in un caso, secondo l’accusa agghiacciante, di appena 9 anni.
I dettagli sempre più sconvolgenti di questi giorni sembrano prendere il sopravvento sul tono delle prime indiscrezioni, come quella l’FBI avrebbe rinvenuto nelle case del cantante qualcosa come 1000 bottiglie di olio per bambini, una cosa su cui i comici si sentivano ancora di scherzare. Ora, invece, stiamo entrando in tutt’altro territorio.
Come riportato da Renovatio 21, da mesi si accosta il caso di Diddy con quello di Jeffrey Epstein, che gestiva quello che sembra a tutti gli effetti un sistema di ricatto delle più alte sfere mondiale di politica, finanza e scienza.
Tuttavia, dietro Epstein c’era quasi certamente l’Intelligence (israeliana, americana: la verità naturalmente fatica a venire a galla), mentre dietro Puff Daddy cosa c’è?
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Immagine di Daniel Incandela via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0
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Geopolitica
Orban accusa Zelens’kyj di aver minacciato gli ungheresi

Le «minacce aperte» del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj non passeranno inosservate, ha affermato il primo ministro ungherese Viktor Orban, aggiungendo che l’Ucraina non può entrare nell’Unione Europea con la forza attraverso estorsioni, attentati e intimidazioni.
Gli attacchi ucraini all’oleodotto Druzhba («Amicizia») di questo mese hanno ripetutamente interrotto i flussi verso Ungheria e Slovacchia, suscitando rabbia in entrambi i paesi dell’UE. In una conferenza stampa a Kiev domenica, lo Zelens’kyj, interrogato sull’opposizione dell’Ungheria alle richieste di adesione dell’Ucraina all’UE e alla NATO, aveva ironicamente affermato che «l’amicizia» con Budapest ora dipende dalla sua posizione – un gioco di parole sul nome dell’oleodotto.
Orban ha descritto i commenti di Zelensky come una «minaccia pubblica» e una confessione del fatto che Kiev ha intenzionalmente messo a repentaglio la sicurezza energetica del suo Paese «perché non sosteniamo la loro adesione all’UE», ha riportato lunedì l’agenzia di stampa Magyar Nemzet.
«Questo dimostra che gli ungheresi hanno fatto la scelta giusta», ha aggiunto l’Orban. All’inizio di quest’anno, l’Ungheria ha bloccato i negoziati di adesione all’UE con l’Ucraina, a seguito di un referendum nazionale non ufficiale in cui oltre 2 milioni di ungheresi – circa il 95% degli elettori – hanno respinto la candidatura di Kiev.
Il primo ministro ha sottolineato che l’Ucraina non può aderire all’UE attraverso ricatti, bombardamenti o minacce, aggiungendo che «le dichiarazioni di Zelens’kyj proietteranno una lunga ombra».
Il capo di gabinetto di Orban, Gergely Gulyas, ha definito le azioni dell’Ucraina «inaccettabili», insistendo sul fatto che, anche in quanto membro dell’UE, Kiev non avrebbe alcun diritto di dettare le regole degli acquisti energetici dell’Ungheria.
Anche il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha criticato le «intimidazioni» dello Zelens’kyj in un post su X, esortandolo a smettere di minacciare il suo Paese e a porre fine agli attacchi alla sua sicurezza energetica.
Stop attacking our energy security! This is not our war! https://t.co/Hag9soeiHu
— Péter Szijjártó (@FM_Szijjarto) August 24, 2025
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Il ministro degli Esteri ucraino Andrey Sibiga ha ribattuto che Szijjarto non poteva dire a Zelens’kyj «cosa fare o dire», esortando Budapest a seguire le orme di altri paesi e a diversificare la propria offerta energetica, allontanandosi dalla Russia. Gulyas ha sottolineato che l’Europa non ha ancora alternative competitive in termini di prezzo alle forniture russe.
Come riportato da Renovatio 21, una settimana fa il comandante militare della forza dei droni dell’Ucraina ha rivendicato l’attacco al gasdotto russo che trasporta petrolio in Ungheria e Slovacchia – un altro Paese che sotto il governo Fico si è dimostrato amico della Russia ed ostile ai programmi ucraini come l’adesione alla NATO.
L’attacco all’oleodotto Druzhba non arriva, per i lettori di Renovatio 21, come un fulmine a ciel sereno. Già nel 2023 uno scoop del Washington Post faceva emergere che il presidente ucraino aveva proposto durante un incontro con il vice primo ministro Yulia Svridenko a febbraio di «far saltare in aria» il Druzhba («amicizia», in russo), che trasporta il petrolio russo in Ungheria.
Secondo i documenti citati dal quotidiano di Washington, lo Zelens’kyj avrebbe detto che «l’Ucraina dovrebbe semplicemente far saltare in aria l’oleodotto e distruggere… l’industria ungherese [del primo ministro] Viktor Orban, che si basa pesantemente sul petrolio russo».
Come riportato da Renovatio 21, quattro settimane fa l’Ungheria aveva annunciato progressi nella costruzione di un nuovo oleodotto con la Serbia per il trasporto di petrolio russo.
Come riportato da Renovatio 21, il ministro magiaro Szijjarto ha dichiarato che l’Unione Europea sta tentando di rovesciare i governi di Ungheria, Slovacchia e Serbia perché danno priorità agli interessi nazionali rispetto all’allineamento con Bruxelles.
Durante un’intervista a Tucker Carlson nell’agosto 2023, il premier ungherese Vittorio Orban aveva dichiarato significativamente che Ungheria e Serbia erano pronte ad entrare in guerra contro chiunque facesse saltare il loro gasdotto.
A differenza di molti Paesi dell’UE, l’Ungheria si è rifiutata di inviare armi a Kiev e sostiene che l’adesione dell’Ucraina alla NATO potrebbe scatenare un conflitto totale con la Russia.
La disputa su Druzhba ha aggravato i già tesi legami dovuti alle sanzioni dell’UE contro Mosca e alle controversie sui diritti degli ungheresi etnici che vivono nell’Ucraina occidentale.
Come riportato da Renovatio 21, nelle scorse settimane è stata data alle fiamme nella zona di confine una chiesa cattolica ungherese, sui cui muri è stato scritto in ucraino «coltello agli ungheresi».
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Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia pubblicata secondo indicazioni
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