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Terrorismo

Osama bin TikTok: la lettera di Bin Laden agli USA diventa virale tra i giovani americani

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A più di due decenni del mega-attentato terroristico delle Torri gemelle, con le due guerre americane conseguenti che hanno prodotto milioni di morti e ramificazioni catastrofiche di cui ancora paghiamo le conseguenze, la lettera di Osama Bin Laden che giustificava il terrorismo contro gli americani ha avuto risonanza sui social media e ha catturato l’immaginazione degli attivisti filo-palestinesi nel mezzo della guerra tra Israele e Hamas.

 

I video con l’hashtag «LettertoAmerica» ​​sono stati visti più di 13,5 milioni di volte su TikTok, la piattaforma social cinese popolare fra i giovani.

 

«Ho bisogno che tutti interrompano quello che stanno facendo in questo momento e vadano a leggere – sono letteralmente due pagine – andate a leggere ‘”lettera all’America», ha detto la Tiktoker da cui sembra essere originato il trend. «E per favore tornate qui e fatemi sapere cosa ne pensi perché sento che sto attraversando una crisi esistenziale in questo momento, e molte persone lo stanno facendo, quindi ho solo bisogno che qualcun altro lo senta, pure».

 

Altri utenti hanno reagito in modo simile alla lettera recentemente riscoperta, che ha più di 20 anni. Un altro utente di TikTok che affermava di soffrire pure di una «crisi esistenziale» dopo la lettura della lettera del terrorista islamista. «Non guarderò mai la vita allo stesso modo; Non guarderò mai più questo Paese con gli stessi occhi».

 

La generazione Z, insomma, pare rapita dalle parole dello sceicco del terrore, via social cinese.

 

Da parte sua, il senatore americano Marco Rubio ha suggerito in un post su Twitter che le reazioni mostrano, di fatto, simpatie terroristiche: «ora capiscono che il terrorismo è un metodo legittimo di resistenza contro l’”oppressione”, e l’America meritava di essere attaccata il 9/11».

 

 

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Bin Laden, che indirizzava la lettera del 2002 «al popolo americano», condannava gli Stati Uniti per aver sostenuto l’occupazione israeliana del territorio palestinese e riteneva che gli ebrei controllavano le politiche, il capitale e i media americani. «La creazione di Israele è un crimine che deve essere cancellato», scriveva il miliardario saudita. «Ogni persona le cui mani si sono contaminate contribuendo a questo crimine deve pagarne il prezzo – e pagarlo pesantemente».

 

Il fondatore di Al-Qaeda ha poi chiesto che il sangue dei palestinesi venga vendicato. «È comandato dalla nostra religione e dal nostro intelletto che gli oppressi hanno il diritto di ricambiare l’aggressione», diceva l’omonimo del noto marchio di pennarelli. «Non aspettatevi altro da noi se non jihad, resistenza e vendetta. È in qualche modo razionale aspettarsi che, dopo che l’America ci ha attaccato per più di mezzo secolo, la lasceremo vivere in sicurezza e pace?»

 

Il quotidiano britannico Guardian aveva pubblicato una copia della lettera da quando una traduzione inglese era stata pubblicata per la prima volta nel novembre 2002. Il quotidiano ha ritirato il documento lo scorso mercoledì. Un portavoce del Guardian ha detto a Fox News che il giornale aveva rimosso la lettera perché era ampiamente condivisa sui social media «senza il contesto completo». La pagina ora si collega a un articolo che fornisce il contesto.

 

Adkins, l’utente dei social media che ha pubblicato la lettera martedì, include un collegamento sulla sua pagina TikTok a un sito di raccolta fondi per i «diritti palestinesi». Il sito chiede un cessate il fuoco nella guerra di Gerusalemme Ovest con Hamas, affermando che i palestinesi di Gaza «stanno vivendo un genocidio mentre Israele li bombarda, li affama e li sfolla».

 

Particolare sconosciuto dai giornali italiani che stanno ripetendo a pappagallo la notizia, alcune delle cosiddette «epistole ladenensi» erano già state pubblicate anche in Italia all’interno del libro di Massimo Introvigne edito da Elledici-Leumann Osama Bin Laden Apocalisse sull’Occidente (2001).

 

Osama Bin Laden veniva dalla famiglia del più ricco imprenditore saudita, che aveva fatto una fortuna alla corte dei Saud come principale appaltatore in Arabia e all’Estero. Elemento di una famiglia con una cinquantina di fratelli, pare abbia studiato in Inghilterra (dove si presume sia stato infettato dalla fede calcistica: era tifoso dell’Arsenal) per poi essere radicalizzato e impiegato durante l’Operazione Ciclone, ossia il progetto della CIA di destabilizzazione dell’Afghanistan invaso dai sovietici per tramite dei mujaheddin, ossia miliziani jihadisti reclutati in tutto il mondo per combattere le forze sovietiche.

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Secondo quanto si apprende, il ruolo di Osama era quello di gestire il database dei jihadisti internazionali arrivati in Asia, operando da luoghi come Peshawar, la città pakistana di confine. Lo sforzo era progettato dagli Stati Uniti e finanziato dal Paese natale di Osama, l’Arabia Saudita, dove la sua famiglia era ed è prominente. Come ammesso perfino nel film hollywoodiana La Guerra di Charlie Wilson, per i mujaheddin la CIA organizzò un sistema di fornitura che comprendeva anche l’Egitto e Israele.

 

Il ruolo di Osama (talvolta traslitterato dagli anglofoni come «Usama») secondo alcuni era ammesso con gratitudine anche in un’altra pellicola di vasta portata, 007 – Zona di pericolo (1987) dove James Bond (qui interpretato da Timothy Dalton) in Afghanistan parla con un suo alleato che, mujaheddin educato ad Oxford dotato di accento british, somiglierebbe proprio a Bin Laden (talvolta traslitterato, come in sponsorizzazione che l’azienda di famiglia faceva per la squadra Williams in Formula 1 negli anni Settanta, «Bin Ladin»).

 

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L’Osama sarebbe stato ucciso nel 2011 in una famosa incursione da parte di un team di Navy Seals (di cui circolarono foto di Obama e Biden con i generali collegati dalla War Room della Casa Bianca; con Biden che sgrana un rosario), e poi «sepolto» buttando il cadavere in mare. Un incidente di elicottero avvenuto il Afghanistan il 5 agosto 2011 uccise una parte dei Navy Seals che avrebbero preso parte all’operazione che portò alla fine lo sceicco ad Abbotabad, in Pakistan.

 

Il reporter premio Pulitzer Seymour Hersh attaccò duramente la versione offerta dall’amministrazione Obama, definita dallo Hersh «una grande bugia, non una parola è vera».

 

Secondo il decano del giornalismo d’inchiesta americano la stampa era riluttante a mettersi contro la Casa Bianca obamiana: «è patetico, sono più che ossequiosi, hanno paura di prendersela con questo ragazzo», cioè con il presidente hawaio-kenyota.

 

Lo Hersh in seguito disse che le sue fonti gli avevano detto che la storia ufficiale era falsa pochi giorni dopo il raid, ma che la prestigiosa rivista New Yorker aveva rifiutato le sue proposte di articolo.

 

Una delle nipoti di Bin Laden, Noor Bin Laden, è una cittadina svizzera ora molto nota in rete per essere una sfegatata sostenitrice della causa MAGA.

 

Al netto di tutto, è interessante vedere come nei social possano galoppare, senza problemi, apologie del terrorismo, mentre i vostri account sono chiusi e censurati presumibilmente per l’espressione di idee personali condivise. A Renovatio 21, è successo con Facebook, e sta ricapitando, in questi giorni, con YouTube.

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Terrorismo

Jihadisti francesi attaccano le forze governative siriane

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Le nuove autorità siriane hanno lanciato un’ampia operazione militare contro le forze jihadiste straniere rimaste nella provincia nord-occidentale di Idlib, con particolare attenzione ai militanti di origine francese.   Il governo damasceno ha dichiarato che questi gruppi, che in passato hanno contribuito a rovesciare l’ex presidente Bashar Assad, costituiscono ora una minaccia alla sicurezza.   Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR), con sede nel Regno Unito, gli scontri sono scoppiati durante un assalto notturno delle forze governative a un campo noto come «campo francese» nella città di Harem, a ovest di Idlib. Entrambe le parti avrebbero subito perdite, ma il numero esatto di vittime non è stato confermato. Almeno due jihadisti sono stati catturati. Secondo le autorità, il campo sarebbe gestito da combattenti stranieri guidati da Omar Omsen, un cittadino francese di origini senegalesi.   Il Servizio di Sicurezza Generale siriano ha specificato che l’obiettivo era arrestare Omsen e ripristinare la stabilità nella regione. Un canale Telegram legato ai jihadisti ha diffuso una dichiarazione del loro leader, che accusava il governo di collaborare con gli Stati Uniti e una «coalizione internazionale» per eliminare i militanti stranieri in Siria, minacciando Damasco di rappresaglie jihadiste e citando il supporto di altri gruppi militanti stranieri.  

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Un articolo del Washington Post dello scorso maggio riferisce che il governo del presidente ad interim Ahmed al-Sharaa, precedentemente conosciuto come il terrorista jihadista al-Jolani, legato ad al-Qaeda e ISIS, sta affrontando minacce dalle stesse forze che lo hanno insediato al potere a novembre.   Secondo un rapporto di Le Monde del 2023, circa 200 cittadini francesi, tra combattenti e loro familiari, si sono stabiliti a Idlib dopo il collasso dello Stato Islamico nel 2019, descritti come «jihadisti francesi irriducibili».   Il WaPo a maggio riportava che «militanti sunniti estremisti» hanno compiuto stragi di alawiti sulla costa siriana a marzo, causando almeno 1.300 morti, con altre migliaia morti nei mesi successivi.   Come noto, anche i cristiani sono oggetto di continue violenze assassine e genocide da parte dei takfiri jihadisti che perseverano nella loro opera di cruenta persecuzione, tra esecuzioni di donne cristiane e bombe nelle chiese, mentre diviene sempre più chiaro che la sharia è l’unica legge del Paese un tempo laico.   Alcuni di questi gruppi jihadisti hanno poi rivolto la loro ostilità contro al-Jolani, specialmente dopo il suo incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha portato alla rimozione delle sanzioni contro la Siria, ma lo ha fatto apparire come un «infedele» agli occhi dei radicali.  

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Episodio di terrorismo a Belgrado

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Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha descritto la sparatoria di mercoledì vicino all’Assemblea nazionale di Belgrado come un «terribile attacco terroristico». Un uomo di 70 anni avrebbe aperto il fuoco nella capitale serba e dato fuoco a una tenda.

 

L’autore, identificato come Vladan Andelkovic, è stato arrestato. Secondo i resoconti, ha ferito un uomo di 57 anni, Milan Bogdanovic, sparandogli e ha poi incendiato una tenda dei sostenitori del presidente Vucić davanti all’Assemblea nazionale. Kurir ha riportato che il sospettato ha anche gettato munizioni tra le fiamme.

 

La vittima, colpita alla coscia, non ha subito ferite gravi. I vigili del fuoco hanno domato l’incendio, mentre la polizia ha isolato l’area e avviato un’indagine.

 

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In un discorso televisivo, Vucic ha condannato l’episodio come un «attacco terroristico contro persone e proprietà», dichiarando che il sospettato aveva acquistato benzina per appiccare intenzionalmente il fuoco alla tenda, con l’obiettivo di seminare paura. Vučić ha mostrato un video in cui Andelkovic afferma di aver agito con intenti suicidi: «L’occupazione del centro città mi infastidisce. Ho dato fuoco alla tenda con la benzina», si sente nella registrazione.

 

«Volevo che mi uccideste perché non posso più vivere», ha aggiunto l’uomo.

 

Tuttavia, Vucic ha suggerito che l’uomo potrebbe aver «finto di essere pazzo», sottolineando che il suo passato nelle forze di sicurezza indica una piena consapevolezza delle sue azioni. «Questa persona e i suoi eventuali complici saranno puniti severamente», ha promesso.

 

Il presidente ha poi invitato a evitare reazioni impulsive: «Ho visto la rabbia causata da questo episodio, alcuni oppositori dei bloccanti vogliono radunarsi, ma chiedo loro di non farlo. La vendetta non porta a nulla di buono. Non deve esserci vendetta, e metto in guardia tutti dal cercarla».

 

 

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Terrorismo

Preparavano un altro attentato a Trump?

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Il direttore dell’FBI Kash Patel ha dichiarato domenica 19 ottobre a Fox News che i Servizi Segreti (USSS) hanno individuato una «postazione di caccia» con vista diretta sull’uscita dell’Air Force One del presidente Donald Trump presso l’aeroporto internazionale di Palm Beach. L’FBI sta collaborando con l’USSS e le forze dell’ordine della contea di Palm Beach per le indagini.   Il Patel ha riferito che, fino a ieri, nessuna persona è stata vista o associata alla postazione sopraelevata. Secondo una fonte anonima delle forze dell’ordine citata da Fox, la postazione, situata su un ramo d’albero, sembra essere stata preparata «mesi fa».     Tuttavia, il capo delle comunicazioni dell’USSS, Anthony Guglielmi, ha precisato che gli agenti hanno scoperto la postazione giovedì 16 ottobre durante i «preparativi di sicurezza avanzati» per l’arrivo di Trump a Palm Beach. «Non ci sono state ripercussioni sui movimenti e nessuna persona era presente o coinvolta nel luogo», ha dichiarato Guglielmi a Fox News.   «Sebbene non possiamo fornire dettagli sugli oggetti specifici o sul loro scopo, questo incidente evidenzia l’importanza delle nostre misure di sicurezza a più livelli», ha aggiunto. SOSTIENI RENOVATIO 21
 
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