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Oligarchia e aristocrazia eurodemocratica mondialista, da Ventotene a Kalergi e oltre

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La sinistra italiana perde la testa di fronte alla semplice lettura di brani del Manifesto di Ventotene, che evidentemente nessuno aveva mai letto, soprattutto tra cui se ne riempie la bocca scendendo pure in piazza.

 

Capiamo che per i sinceri democratici capire che – incontrovertibilmente – il testo base dell’eurodemocrazia spinge per la dittatura è un evento che può portare ad una dissonanza cognitiva esplosiva.

 


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«La bussola di orientamento per i provvedimenti da prendere in tale direzione non può essere però il principio puramente dottrinario secondo il quale la proprietà privata dei mezzi materiali di produzione deve essere in linea di principio abolita e tollerata solo in linea provvisoria, quando non se ne possa proprio fare a meno».

 

Il Manifesto che si vuole alla base dell’Europa scrive proprio così: «La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio». Gulp: notiamo però anche come continua il passaggio, con un vero cortocircuito per i fan del ReArm Europe: «questa direttiva si inserisce naturalmente nel processo di formazione di una vita economica europea liberata dagli incubi del militarismo o del burocratismo nazionale».

 

«La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista»

 

Ma c’è di peggio: «nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente». Ri-gulp. «Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro di sé uno spontaneo consenso popolare, ma solito un torbido tumultuare di passioni».

 

Questa cosa della mancanza di consenso popolare tenetela a mente per dopo, ma il concetto – il comando di pochi sul popolo refrattario: cioè, in pratica, il primato assoluto delle élite – è sviluppato davvero lucidamente:

 

«Durante la crisi rivoluzionaria» scrive il Manifesto, il movimento «attinge la visione e la sicurezza di quel va fatto non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma dalla coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle nuove masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato ed attorno ad esso la nuova democrazia».

 

Potete riconoscere bene cosa è teorizzato qui: il popolo non conta nulla, comandiamo noi, gli esperti che conoscono davvero cosa vuole il mondo moderno. È un pensiero oscuro, aristocratico, dittatoriale – e sa di esserlo. Abbiamo imparato a vedere questa idea pienamente realizzata con il COVID – e di fatto immaginiamo gli estensori del Manifesto ventoteniano tutti mascherinati e penta, esa, epta, octavaccinati.

 

Giorgia, per una volta, ha fatto una cosa giusta, con tanto di esecuzione perfetta. Vedere Elly Schlein (che su tre passaporti, ne ha solo uno pienamente Schengen) che si strappa i capelli assieme ai compagni di partito con le lacrime agli occhi («oltraggio!») è bellissimo.

 


Bravo premier: leggere in Parlamento passi come questo era la cosa migliore da fare. Trump lo sta indicando con chiarezza: sgonfiare il pallone di menzogne e corruzione dello Stato-partito è possibile, oltre che doveroso.

 

Anche perché, sinceramente, non tutti capiscono da dove salta fuori questa cosa di Ventotene oramai assurto a culto di Stato.

 

Crediamo che sia un’operazione di ridefinizione della storia (con occultamento di verità lapalissiane) nello stile che conosciamo: la guerra in Italia non l’anno vinta americani e inglesi (e i loro bombardieri, che mi racconta ancora oggi lo zio sopravvissuto, erano tanti da oscurare il cielo sopra una piccola città di provincia), macché, la vittoria è stata dei partigiani.

 

Eccerto: e ce lo hanno ripetuto sino a che ciò non è divenuto dogma inscalfibile e fondamentale (la «Repubblica fondata dalla resistenza»), al contempo cancellando altri fattori del processo – e qui vorremo, al solito, fare il nome di James Jesus Angleton, la superspia americana cresciuta in Italia che fu «madre della CIA», poeta e stratega che fu con probabilità il vero padre dello Stato italiano del dopoguerra.

 

E quindi: l’Europa non nasce da interessi geopolitici immani, e probabilmente non Europei. Viene piantata a Bruxelles, dove sta la NATO, per caso. L’Europa non nasce nemmeno da macchinazioni massoniche che affondano nei secoli. No, ora ci dicono che l’Europa Unita parte da tre signori messi al confino da Mussolini. Ecco, qui sorge una domanda, scusate: ma perché i fascisti, che sono tremendi, mandavano su un’isola i dissidenti invece di metterli in galera o peggio? Riconosciamo che per alcuni questa domanda suona come una bestemmia, ma non credo che ci possano dare una risposta. Il fascismo uccide Matteotti ma lascia vivere Spinelli? (È vero, tuttavia, che i fascisti uccisero Colorni: ci torneremo sotto)

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Qui vengono pensieri balzani. Non è che questi avessero qualche copertura, di quelle alle quali nemmeno il fascismo poteva resistere? Ci sovviene il caso di Alberto Beneduce (1877-1944), già collaboratore del primo sindaco anticlericale e massone, oltre che ebreo, Ernesto Nathan (che voci sussurrano potrebbe essere figlio di Mazzini), tesserato del PSI e massone a sua volta, uomo dietro alla creazione dell’assicurazione INA e dell’IRI, tanto importante per l’Italia mussoliniana che per quella democristiana.

 

Le idee socialiste di Beneduce, che fu senatore e ministro del Lavoro, non è che fossero tanto nascoste: tre delle sue figlie si chiamavano Idea Nova, Vittoria Proletaria e Italia Libera. Un altro figlio lo ha chiamato Ernesto, immaginiamo in onore al Nathan. Essendo questo un articolo in cui parliamo di famiglie e aristocrazie democratiche (abietta contradictio in adjecto), vale la pena di ricordare che Idea Nova Beneduce nel 1939 divenne moglie di Enrico Cuccia, il mitico dominus, potentissimo e silentissimo, di Mediobanca.

 

Nel 1936, in pieno ventennio, Beneduce era al contempo presidente dell’IRI, delle banche pubbliche Crediop e ICIPU, dell’Istituto per il credito navale, nonché membro del Consiglio d’amministrazione dell’IMI e dell’Istituto nazionale dei cambi. Nel privato era presidente della Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali (la società chiamata Bastogi). Assieme al governatore della Banca d’Italia Donato Menichella fu ispiratore della legge bancaria del 1936.

 

Insomma, il socialista Beneduce era fuso pienamente con il deep state dell’Italia fascista. Intoccabile ed indisturbato. Che cosa permetteva a chi veniva da mondi politici distanti e non aderiva all’ideologia del totalitarismo italiano di rimanere in circolazione? Non sappiamo dire.

 

Qualcuno può pensare che, anche allora, vi fosse un piano più grande all’opera, che non riguardava solo l’Italia – del resto, la Giovine Europa era proprio un’idea, ci fanno studiare a scuola, del Mazzini, proprio quello che alcuni dicono fosse padre del Nathan, morto da terrorista latitante come un Bin Laden qualsiasi.

 

Ecco che ci viene in aiuto il libro della scomparsa antropologa Ida Magli, il cui titolo è più che mai d’attualità, La dittatura europea: «(…) ad Altiero Spinelli è stato indispensabile delle potenti società semisegrete di cui abbiamo parlato, e della grande finanza nelle vesti di Gianni Agnelli. Spinelli era infatti membro del Bilderberg e fondatore assieme ad Agnelli dell’Istituto per gli Affari Internazionali Italiano».

 

Lo Spinelli nel Bilderberg: sì, pare se lo siano dimenticati tutti nella costruzione dell’eurosantino – non che la cosa, tuttavia, disturbi le sensibilità piddine. Al contempo, la Magli non aveva paura di fare nome e cognome dell’ingrediente ulteriore che con l’oscura aristocrazia eurodemocratica ha voluto riformulare i Paesi del continente: l’oligarchia.

 

«Non sappiamo se fosse la sua condivisione degli interessi di Agnelli alla mondializzazione del mercato, o il suo odio per la Nazione Italia a spingerlo su posizioni europeiste assolute» accusa la Magli. «Fatto sta che non è mai riuscito, pur avendo ottenuto grandi vantaggi dall’europeismo, quali un seggio parlamentare e il posto di Commissario europeo, a far conoscere e apprezzare il suo movimento all’opinione pubblica italiana».

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Proprio quello che sembra: l’europeismo, anche in Italia, è un movimento inflitto, in nessun modo organico alla popolazione, che di suo lo respinge. Gli europeisti convinti che si vedono in giro – con tanto di foto lombrosiane – esistono solo all’interno di piazza artificiali, come quella vista negli scorsi giorni, dove ad organizzare vi è un sedicente giornalista di satira, con doppio cognome, scrivente per qualche ragione da sempre sul giornale dei casati aristo-capitalisti dei Caracciolo e degli Agnelli, ora confluiti nella dinastia rabbinica degli Elkann.

 

Parliamo ovviamente di Repubblica, creata dal «laico» (sapete, in Italia, questo aggettivo a cosa è equivalente…) Eugenio Scalfari, che più di ogni altro riuscì negli ultimi decenni ad agglutinare un consenso popolare all’ascesa della sinistra di governo, vezzeggiando e rimestando il «ceto medio riflessivo» (professori, impiegati del para-Stato, e altre demografie con la pancia riempita automaticamente e tanto tempo libero), in modo da far percolare certi ideali – come l’amore incondizionato per l’Europa, non condiviso, per esempio, dal PSI – ed essere dirimente nella politica di era prodiana.

 

Eppure, nemmeno con i cannoni di Repubblica si è riusciti a rendere Spinelli una figura popolare (che è quello che, un po’ in ritardo, stanno cercando di fare ora).

 

«(…) È probabile che questa mancanza di riscontro popolare sia stata dovuta anche all’arroganza e dittatorialità del suo comportamento, un comportamento che appare, sotto questo aspetto, perfino peggiore di quello di Coudenove-Kalergi» tuona la Magli.

 

Qui spunta ancora, inevitabile, la figura del conte austriaco di famiglia greco-veneziana e di madre giapponese (cosa che, crediamo, gli ha creato qualche scompenso: leggetevi le sue conclusioni su razze e genere nei suoi libri per capire lo squilibrio): di Kalergi – di fatto progettatore del piano di invasione immigrazionista che stiamo vivendo – non si deve parlare, e perfino i ministri che vengono dall’ex MSI dicono di non conoscerlo. Non se ne deve parlare soprattutto vicino a Ventotene: anche se la Pan-Europa kalergiana è riconosciuta essere prodromo del Manifesto di Spinelli e compagni.

 

Dicevamo: quello che propongono qui, sotto la vernice democratica, è non solo una dittatura (appunto: la Dittatura europea) ma una vera aristocrazia, in cui comandano i pochi che sono nel giusto. E magari, trasmettono un po’ di potere anche ai figli.

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Certo è che le famiglie dei ventoteniani sono interessanti.

 

Ernesto Rossi (1897-1967) si sposò nel 1931 in reclusorio con rito civile: era un anticlericale sfegatato. La sposa, Ada Rossi, è definita «partigiana» e «antifascista», oltre che fondatrice con il marito e i ventoteniani del Movimento Federalista Europeo. Si ricordano i suoi legami con Gaetano Salvemini, che gli disse «avessi mai potuto fabbricarmi un figlio su misura me lo sarei fabbricato pari pari come te» e più tardi con il giovane Marco Pannella: finito il Partito d’Azione, Rossi era entrato nel Partito Radicale ai suoi albori, accettando di presiedere, poche ore prima di morire, la manifestazione dell’«apertura dell’Anno anticlericale».

 

Eugenio Colorni (1909-1944), l’unico a non morire nel suo letto effettivamente assassinato dai fascisti della banda Koch a pochi giorni dalla liberazione, proveniva da una famiglia ebraica di commercianti lombardi. La madre era una Pontecorvo, ulteriore famiglia ebraica pisana che conta nella sua discendenza il fisico nucleare Bruno Pontecorvo (allievo di Fermi, con cittadinanza britannica, poi fuggito in URSS) e il regista Gillo (autore di film anti-colonialisti ammaniti al pubblico cinefilo mondiale come il tremendo La battaglia di Algeri o Queimada!).

 

Sposò una correligionaria ebrea, Ursula (anche lei) Hirschmann (1913-1991), che proveniva da un’agiata famiglia dell’ebraismo tedesco. Il fratello, Albert Otto Hirschmann, era un economista che fu poi candidato al premio Nobel. Conobbe Colorni a Berlino, lo frequentò a Parigi per poi seguirlo a Trieste e Venezia. Come ribadito da Elly Schlein in Parlamento, la Hirschmann è riconosciuta tra i fondatori del mito di Ventotene.

 

Con Colorni ebbe tre figlie, tra cui Renata – traduttrice dei capolavori della letteratura tedesca, con molti anni spesi a collaborare con l’editore Adelphi – e Eva, che nel 1973 fu presa in moglie da un’altra figura centrale del mondialismo, l’economista e filosofo indiano premio Nobel Amartya Sen. Più tardi, sempre per parlare di «aristocrazie» e casati giudaici, il Sen avrebbe sposato Emma Georgina Rothschild, della nota famiglia di banchieri.

 

Dopo la morte di Colorni, la moglie Ursula – in un caso di endogamia tra europionieri – si risposò proprio con Altiero Spinelli. Nel 1975 aveva formato a Bruxelles il movimento Femmes pour l’Europe («donne per l’Europa»). Morta nel 1991 dopo anni in cui perse la parola a seguito di un aneurisma, è sepolta a Roma al cimitero acattolico. Il matrimonio con Spinelli portò nel 1946 la nascita della giornalista (zona Repubblica, ça va sans dire) ed europarlamentare (con il partito biodegradabile «L’Altra Europa con Tsipras») Barbara Spinelli, di cui si ricorda l’attivismo per impedire l’eligibilità di Silvio Berlusconi al Senato.

 

Barbara Spinelli è stata la compagna del grand commis superfunzionario italico Tommaso Padoa Schioppa (1940-2010), già ministro dell’economia del governo Prodi II (quello de «le tasse sono una cosa bellissima e civilissima»), vicedirettore generale della Banca d’Italia, presidente della CONSOB, dirigente del Fondo Monetario Internazionale, nonché Membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea, considerato da alcuni come uno dei fondatori della moneta unica, l’euro. Una mela non cade molto dall’albero…

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Le ridondanze e le ramificazioni, in questa storia (possiamo dire, anche per ischerzo, euro-pluto-giudaico-massonica?) di piccole dinastie, aristocrazie, oligarchie, sono tantissime.

 

Ora con il culto di Ventotente pare che dobbiamo riverire questo demi-monde eurodemocratico come si trattasse di famiglie di una monarchia: in realtà lo sono, perché l’accentramento del potere, pure a dispetto del popolo, è da essi teorizzato apertis verbis. Non dovete quindi stupirvi delle elezioni romene, né di altro.

 

Il problema più grande è che ora, l’Europa di questi qui vuole armarsi per poi – con ogni probabilità – scontrarsi con la Russia. Cioè, mette in pericolo tutti noi.

 

Quanto potremmo ancora tollerare di essere dominati da chi ci pone in un simile pericolo?

 

Roberto Dal Bosco

 

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Necrocultura

La generazione perduta nel suo egoismo

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La notizia era circolata la scorsa estate. Il titolo diceva già tutto: americana di 77 anni vende tutto per imbarcarsi in una «crociera infinita».   La signora Sharon L., 77 anni, ha venduto tutti i suoi beni e ha acquistato un biglietto per la nave di lusso Villa Vie Odyssey per una «crociera infinita». Spera di trascorrere i prossimi dieci anni a bordo, godendosi un giro del mondo. Il costo del viaggio è stato di circa 129.000 dollari per una cabina di 15 anni, più spese mensili che vanno dai 2.000 ai 3.000 dollari, inclusi pasti, assistenza medica, pulizie e internet illimitato.   La signora con evidenza sta realizzando un sogno, che a molti può repellere: lustri in una baracca galleggiante, un alveare di sconosciuti gozzoviglianti, tra overdose di cibo e spettacolini che servono alla narcosi funzionale del casinò, un incubo vero, ma ci rendiamo conto che è una prospettiva generazionale, la ripulsione quindi è tutta nostra. La signora, invece, sta coronando finalmente una prospettiva di vita ideale.   Non è tuttavia riguardo ai gusti nautici che vogliamo soffermarci: ci sono tante altre questioni che questa insignificante storia, a nostro avviso, nasconde.

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La signora, ci chiediamo, ha famiglia? I figli, i nipoti, i fratelli e le sorelle, i cugini e le cugine… come faranno a vederla? Come tipico, una volta, dell’esistenza per mare, la cesura con le proprie radici diviene netta, inevitabile. Ma lei, con probabilità, sta praticando un calcolo utilitaristico: c’è più piacere in un’esistenza a bordo piscina, con i camerieri in livrea, o nella via in casa con pranzi familiari e cene le domeniche e le feste comandate? La risposta pare se la sia data.   Ma andiamo ancora più sotto, nel greto materialismo sociale: i soldi ottenuti dalla vendità di beni e proprietà per la sua crociera verso la morte (questo, alla fin fine, pare che il progetto sia) sono percepiti – come vuole la legge, certo – come una  sua disponibilità assoluta, individuale. Può farne ciò che vuole: così dice lo Stato, così vuole anche il senso comune moderno.   Qui si innesta un discorso spinoso: e se la signora ha dei figli, dei nipoti? Magari sono sistemati stupendamente, guadagnano cifre da capogiro, hanno già casa di proprietà, magari più di una, come riusciva alla generazione precedente. E poi, le mogli a casa: un altro trick che oggi sembra nemmeno solo numericamente impensabile, ma moralmente blasfemo.   Oppure, i figli dell’anziana boomerra come è più probabile nell’ora presente, sono parte di una società che li sottopaga, che li stritola con le tasse e i costi della vita impazziti (inflazioni, carestie artificiali come il COVID e la guerra in Ucraina, bollette pazze) che non consente loro il benessere, il risparmio, l’agio personale e famigliare che è stato invece magnificamente garantito alla generazione nata tra il 1946 e il 1964, i cosiddetti boomer.   I boomer hanno avuto tutto, e in cambio hanno lasciato meno di niente: hanno consegnato alla generazione successiva, e a quella dopo della loro, un mondo devastato, quasi irrecuperabile – e per questo capolavoro collettivo, ora sono anche pagati, con le pensioni d’oro che gli arrivano grazie al lavoro dei loro figli, che la pensione invece (tutti lo sappiamo) non la vedranno mai.   I boomer – il nome stesso lo vuole sottolineare – hanno goduto di un’era di espansione economica senza precedenti nella Storia. Impossibile, per loro, evitare il benessere, decenni di benessere, dove per stare male bisognava impegnarsi. Non parliamo solo degli imprenditori, dei bottegai, di tutti quelli che in più di mezzo secolo hanno preso e forse messo via danaro a palate: nell’era dei boomer anche la classe lavoratrice riusciva a comprarsi la casa, a volte persino due. L’operaio si comperava l’auto, magari pure senza leasing e maxirata usuraia finale, e poi andava pure a sciare – tutte cose che ho fatto in tempo di vedere con questi miei occhi.   Tale cuccagna, ora lo possiamo dire, ha avuto effetti distruttori sulla società umana. Il consumismo ha eroso lo spazio del sacro, come sa chiunque sia mai andato ad un grande concerto (modello Woodstock: alla fin fine, nient’altro che un ritrovo massivo di consumatori di dischi) o chi noti il culto che esiste attorno a certi marchi (Apple, per esempio, con gli adesivi della mela dietro a tante utilitarie e non solo). E senza il sacro, e senza il santo, cosa può diventera la realtà se non il contenitore del Male?   La generazione boomer, che ora rivendica di doversi godersi al massimo gli anni della pensione «perché abbiamo lavorato» (con lauti risparmi custoditi gollumescamente in banche che a volte poi li fregano), ha prodotto il mondo in rovina che abbiamo qui dinanzi a noi. È una generazione a cui è stata fatta trovare la pappa pronta – per questo, forse non è mai davvero cresciuta, con il fenomeno incontrovertibile dei vecchi che, tra capricci ed egomanie disperanti, si comportano come bambini.   E quindi eccoteli con la macchina nuova di zecca, usata per fare qualche migliaio di chilometri l’anno, eccoteli a Sharm-el Sheik, in Nepal, a Lanzarote, nella casa in montagna, eccoteli che bisbocciano ai tornei di burraco, eccoteli che intasano le stazioni termali – mentre chi è venuto dopo di loro lavora e fatica a sopravvivere, tra salassi energetici e fiscali, e una congiuntura economica che, lo sappiamo, è in realtà un aperto programma di sterminio della classe media e dell’umanità in generale.   I boomer hanno vissuto decenni e decenni di crescita economica, senza praticamente mai avere dovuto affrontare un vero conflitto – con l’eccezione di qualche boomer americano che è andato in Vietnam, per poi tornare e trasformare la questione in una lagna dalla quale non è possibile imparare nulla, e infatti eccoti l’Iraq e l’Afghanistan inflitti alla generazione successiva. In realtà è peggio di così: boomer italiani non hanno avuto il Vietnam, per cui si sono dovuti inventare una guerra loro, gli anni di piombo, definiti giustamente da alcuni come una «guerra civile a bassa intensità».

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La lista dei danni cosmici prodotti dai boomer non è breve.   I boomer hanno subito adottato, con gran voluttà, la rivoluzione sessuale – anzi, ci hanno sguazzato dentro, oscenamente.  «L’amore libero» che hanno cantato e praticato da ragazzi ci ha dato divorzi di massa, omosessualità (cose che sono, come sappiamo, correlate), epidemie globali di malattie veneree (correlazione, sempre), pornografia e adulterio e disperazione, via via ramificando in milioni vite spezzate, e milioni di bambini con la psiche segnata, pronti a ripetere ciclicamente i cortocircuiti una volta divenuti genitori.   I boomer hanno fatto l’occhiolino alla droga libera, che si è trasformata in qualcosa di ancora peggiore: la droga farmaceutica, la droga psichiatrica, e degli otto milioni di italiani sotto psicofarmaci – e quindi, riteniamo, a rischio di violenza contro di sé e contro i famigliari e il prossimo – siano della generazione narcisa e perduta.   I boomer hanno accettato, senza batter ciglio, Israele e le sue guerre: solo ora, con Gaza (ma Sabra e Shatila, qualcuno ricorda? Cosa dissero all’epoca?), l’ultimo dei massacri, la gente si sta svegliando, ma sono le nuove generazioni: è questo il pensiero che sta facendo il potere ebraico, comprando ora TikTok e testate Millenial, perché sa che una volta estintisi i boomer, indottrinati e indottrinabili bovinamente con la TV, il sostegno dell’opinione pubblica per lo Stato Giudaico sarà finito.   I boomer hanno permesso il dominio della NATO sull’Europa, con il risultato che nell’ora in cui l’Alleanza Atlantica, quella sì, dovrebbe essere andata in pensione, essa ci porta una crisi economica infinita (senza gas russo, crediamo che vivere costerà meno?) e il rischio pantoclastico di apocalisse nucleare mai tanto vicino alle nostre esistenze.   I boomer hanno permesso, in scioltezza, che i loro Paesi fossero invasi da milioni di forestieri con intenzioni platealmente criminali, e non hanno alzato un dito contro questo abominio. Anzi: privati della morale cristiana, eccoteli a fare i caritatevoli verso le orde di invasori, con la pietà pelosa verso i distruggitori della civiltà come unico motto spirituale rimasto, quello che poi giustifica la continua delizia della vita comoda ed abbondante.   I boomer hanno approvato, felici felici, il figlicidio: anzi hanno votato in massa per legalizzarlo. L’idea, vediamo oggi, rientra perfettamente nel disegno: tanti si stanno «godendo la pensione» perché anni fa hanno ucciso i loro figli prima ancora che nascessero. Sacrifici umani per andare al mare, che sia in vacanza o in pensione – la menta egoriferita di questa generazione è arrivata a questo abisso indicibile, e certo ha contagiato anche la successiva. Di qui la degradazione morale che ha intaccato i più giovani, giù sino al nichilismo assassino che riempie le cronache nere al di fuori degli ambulatori frulla-feti.   I boomer hanno accolto, in grande serenità, il Concilio Vaticano II. E ci crediamo: azzerare il cristianesimo significa togliere ogni responsabilità personale, rendere il paese della Cuccagna pinocchiesca, della goduria e del consumo ad infinitum una condizione legittima, lo stato di default della società in cui credono di vivere. Il risultato è che molti non sanno nemmeno di cosa sto parlando, e di quale immane conseguenza il Concilio ha avuto sull’umanità, di fatto alterando profondamente il codice del suo sistema operativo, liberando il diavolo e l’inferno dicendo che essi non esistono.

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Desacralizzando il mondo, essi hanno desacralizzato la loro stessa vita: ed eccoci alla fine vera della crociera, che diventa anche quella programmabile con l’aiuto dello Stato moderno – ecco l’eutanasia, il suicidio assistito, il MAiD canadese che uccide ormai una persona ogni 25 e oltre. È l’egoismo arrivato al suo apice satanico: sono padrone di qualsiasi cosa, compresa soprattutto la mia vita, che è stata bene spremuta, e quindi, invece di soffrire, mi faccio uccidere, beninteso sempre comodamente e col danaro del contribuente, come con i lustri di ferie pensionistiche.   Il boomer consuma e crepa, e tutto alle spalle dei figli e dei nipoti, che non hanno avuto nemmeno una fetta della fortuna della generazione egotista, e che sembrano non in cima ai pensieri: se la vita è godimento, perché pensare alla discendenza? Perché pensare al futuro, al tempo in cui non ci saremo più? Perché pensare a tramandare – saggezza, stabilità, vita – a chi viene dopo di noi, magari pure con il nostro stesso sangue?   Qui torna la questione del feticidio. L’aborto altro non è che un abuso assassino del più forte verso il più debole, l’indifeso – allo stesso modo, i boomer vivono con prepotenza a discapito di quanti, con meno fortuna, sono costretti a vivere il tempo di incertezza e povertà creato dai boomer stessi: un atto soverchiante, una sorta di «diritto del più forte» della jungla della democrazia terminale, dove vige la primazia totale del più privilegiato, perché boomer o immigrato che sia, due categorie che si danno come immagini chirali della distruzione anarco-tirannica in caricamento.   Lo sappiamo, non tutti sono così. Anzi, diremo di più: chi legge questo sito, con buona probabilità non è un boomer, anche se ci avesse l’età. Perché se siete qui è perché sapete che importante non è la crociera INPS, ma la continuazione dell’essere, del vostro essere, cioè la vostra famiglia, e se non ce l’avete, dell’umanità che sta attorno.   Perché quella boomer, e crediamo sia lampante, è la generazione della Necrocultura; i loro piaceri sono un rischio per l’umanità intera, e non scherziamo – è evidente quanto essi siano connessi al piano di morte che ci è stato preparato.   Ci era stato detto che la generazione successiva ai boomer era la prima a essere più povera della precedente. Il problema è che anche i boomer lo sanno, perché vedono i propri agi, e gli sforzi immani di coloro ai quali è toccato questo tempo – tuttavia, non gliene frega niente. I boomer sono la prima generazione che sa perfettamente che quelle dopo staranno peggio, e va bene così.   Sta scritto: «siate irreprensibili e schietti figli di Dio, senza biasimo in mezzo a una generazione prava e perversa, fra cui voi risplendete come luminari nel mondo» (Fil 2, 15).   Cerchiamo di resistere, sì: anche se sappiamo che la nave della società umana è compromessa, è stata guastata dai parassiti perversi, da una generazione di merda che riuscirà a far danni anche da estinta.     Roberto Dal Bosco

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Pensiero

Miseria dell’ora legale, contro Dio e la legge naturale

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Ho un argomento molto metafisico, e al contempo concretissimo, per combattere l’abominio dell’ora legale. Un argomento che sono persino in grado di visualizzare.

 

Ci sono, certo i numeri: ci dicono che risparmieremo 300 gigawattora. Quando stanotte mi sono svegliato ad un orario innaturale, nella confusione inevitabile di non sapere se è troppo presto o troppo tardi, ho ripensato ad un altro dato: quante persone, in questi giorni, moriranno negli incidenti stradali dovuti ai colpi di sonno? Non credo che nessuno abbia mai fatto questo calcolo, che sarebbe più importante che qualsiasi discorso sparagnino.

 

Ma a chi importa? L’ora legale, teorizzata da Beniamino Franklin che, democraticamente, voleva piazzare un cannone in ogni via per svegliare la popolazione all’ora che diceva lui per risparmiare in candele, in Italia fu adottata nel 1916, in piena Prima Guerra Mondiale: i nostri ragazzi andavano verso l’inutile strage, il potere pensava a cambiargli l’orologio. Non sono in grado di calcolare l’effetto che l’ora legale può aver avuto sulle trincee, e non ho voglia nemmeno di chiedermelo.

 

Tuttavia non è questo pensiero di morte – diligente e terminale conseguenza dell’azione dello Stato moderno, che è macchina antiumana – che mi spinge a vedere nell’ora legale un’aberrazione satanica.

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Ho, negli occhi, e nel cuore, un’immagine invincibile, quella della chiesetta dove assisto alla Santa Messa, ovviamente in rito tridentino. Molti lettori già la conoscono, perché ho usato la sua foto in vari articoli.

 

Andò più o meno così: oramai sette anni fa, trovammo questa chiesetta – dell’estrema nobiltà della proprietà che ce la concesse parlerò altrove. Si tratta di un oratorio che risale al XII secolo, ma notizie certe in merito non si hanno, e mi piace pensare che vi sia davvero un millennio di storia lì.

 

La chiesa sta fuori dalla città, sopra un borghetto che sa ancora di medioevo, su una collina di boschi e pareti di roccia. L’oratorio stesso sembra posato su un’enorme roccia, anzi sembra esservi stato scolpito, sottratto una scalpellata dopo l’altra da quantità di mani laboriose e fedeli vissute in secoli dimenticati.

 

Arrivati al nostro secolo, arrivati a noi, c’era pronto tutto quello che serviva: il luogo era stato restaurato, nessuno vi aveva introdotto il tavolone-alare conciliare, a poca distanza c’era tanto parcheggio… per i tanti che, non solo dalla provincia, finalmente potevano avere a portata la Messa in latino.

 

Iniziarono così le celebrazioni del rito antico, tuttavia ottenemmo dai sacerdoti, impegnati a dire Messe in tanta parte della regione ed oltre, un orario pre-serale, alle 18.

 

D’inverno, a quell’ora è il buio. Nella scala di pietra mettevamo delle candeline, e lo facciamo ancora oggi in caso di celebrazione notturna. L’effetto è abbastanza magico, tuttavia nulla ha a che fare con quanto avremmo scoperto più avanti.

 

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Anni dopo, a fronte di una comunità di fedeli sempre più vasta e persistente (unita davvero, come dimostrò la solidarietà in pandemia…) aumentarono il numero di Sante Messe, e fu concessa quindi una celebrazione la domenica mattina, alle 11:00.

 

Saltò così fuori il fenomeno che ancora mi stupisce, mi commuove. Ci accorgemmo che, precisamente a mezzogiorno – ora nella quale si ha, con la messa iniziata alle 11, la consacrazione eucaristica, un raggio di luce entra dalla finestra a lato e colpisce esattamente il centro dell’altare, dove è posato il tabernacolo.

 

L’incenso aiuta a vederlo, tuttavia a volte può capitare di notarlo anche in assenza di fumo. È impressionante. Tendo a sospettare di quanti vedono questa cosa e non restano sbalorditi. Le immagini che vedete qui sotto non sono ritoccate in nessun modo. Anzi, ad occhio nudo l’effetto è ancora più forte.

 

 

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È interessante notare che lo abbiamo riscoperto noi a Messa, ma da qualche parte l’eco di questo miracolo luminoso risuonava ancora. Una signora della Pro Loco, che ha stampato un libro sulla chiesetta, mi aveva domandato se mai fosse vera una leggenda locale secondo cui nel giorno del Santo patrono dell’oratorio un raggio di luce colpisce l’altare. Ho risposto invitandola a Messa la domenica successiva, dove ha fatto tante foto con il telefonino, e compreso che la leggenda conteneva una realtà ancora più stupefacente: quel raggio si produce ogni giorno.

 

Il fenomeno impone tanti pensieri. Il primo, è che le mani che hanno eretto questa chiesa sapevano fare cose che i moderno non sono in grado di fare. Di più: chi l’ha costruita, l’ha basata su principi che sono sconosciuti all’architettura moderna. Per fare una chiesa, bisogna orientarla, cioè l’abside deve dare ad orientem (come il sacerdote prima del Concilio), ma non solo.

 

Ho l’idea che chi ha costruito la chiesetta lo abbia fatto proprio a partire da quel raggio, alla faccia di quanti ne osservino gli elementi (scala esterna, portone, altare) e li considerino disallineati. Ossia, l’intera chiesa è concepita a partire dal rapporto del Cielo con la Terra, cioè di Dio con l’uomo – questo è un senso ultimo della religione cristiana, quella della divinità che si fa essere umano, del Dio del Cielo che scende sulla Terra, del Cielo che nutre la Terra con la sua luce, il suo calore la sua grazia.

 

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Quel raggio, che casca durante la Santa Messa esattamente nel momento più alto, significa in maniera incontrovertibile l’armonia tra il Cielo e la Terra. L’accordo, nella bellezza, accordato all’uomo da un Dio buono, un Dio che è luce, che è amore.

 

Questo è l’ordine celeste, infinito, stupendo. Questo è il logos. Questo è il cosmos.

 

Non ci sono voluti tanti mesi per capire che, a parte il cattivo tempo, c’era solo una cosa in grado di distruggere il nostro raggio divino: l’ora legale. Come a marzo si cambia l’ora, quella luce svanisce, si fa più tenue, fino a sparire, facendo capolino, forse, solo dopo la Messa, quando qualcuno si attarda ad una confessione fuori tempo ed altri (io) rassettano prima di chiudere.

 

Di fatto, poi, il fascio luminoso scompare del tutto, dalla vista come dai cuori. Fine della magia, per ordine dello Stato moderno.

 

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Ho sempre preso questo fatto come la prova definitiva della nequizia dell’ora legale – del suo essere un invento contronatura, e quindi contro Dio.

 

Solo il mondo moderno poteva pensare di alterare persino il tempo: l’uomo si sente in grado di modificare l’immutabile, l’uomo introduce il suo artificio in un sistema la cui complessità ha milioni di anni. Non è diverso per tante altre questioni: ad esempio, i vaccini, la fecondazione in vitro, la bioingegneria…

 

L’uomo-dio crede di poter mettere mano su qualsiasi cosa, devastando le leggi stesse della creazione, disintegrando quindi l’equilibrio del Cielo e della Terra – una realtà conosciuta dalla saggezza cinese: «l’uomo si conforma alla Terra / La Terra si conforma al Cielo / il Cielo si conforma al Tao» (Tao Te King, XXV). Era chiaro, agli antichi cinesi, che il Cielo è legato alla morale: «Sotto il cielo tutti / sanno che il bello è bello, / di qui il brutto, sanno che il bene è bene, / di qui il male» (Tao Te King, II).

 

Ora, nel Cristianesimo l’armonia tra la Terra e il Cielo è in realtà una vera alleanze tra persone, cioè tra gli uomini e Dio – e questa nuova alleanza è il Cristo risorto.

 

Alterare il tempo significa frantumare la relazione naturale con il Cielo. Adulterare la luce del sole significa quindi andare contro il divino, contro la legge naturale, contro Dio.

 

Non poteva essere altrimenti: il mondo moderno odia, più ancora dell’uomo, Nostro Signore, che vuole sostituire con l’essere umano ubriacato di hybris satanica, l’umanità onnipotente che, apoteosi del non serviam, si crede capace di cambiare le leggi del cosmo.

 

Ecco perché combatto l’ora legale: perché, ve ne rendiate conto o no, fa parte della macchina in atto per distruggere la presenza di Dio sulla Terra.

 

E quel raggio magnifico me lo ha ricordato anche domenica scorsa: sì, tornata l’ora del Sole, l’ora vera, è tornato. E con lui è venuta ancora da noi questa immagine potente di reincanto del mondo, di bellezza divina, di armonia cosmica, questa visione sacra che vale più di qualsiasi risparmio.

 

Vale tutto. Vale il senso vero dell’esistenza e dell’universo.

 

Roberto Dal Bosco

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Pensiero

Mons. Viganò: dissonanza cognitiva e rivelazione del metodo, il colpo da maestro di Satana

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Renovatio 21 pubblica questo scritto dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Le opinioni degli scritti pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.        

Ex fructibus igitur eorum cognoscetis eos.

Mt 7, 20

 

Premessa

La crisi nella Chiesa è di natura teologica, non canonica. Non solo: questa non è una crisi tra le tante, ma la crisi dell’Autorità, perché è appunto l’Autorità ad essere oggetto di un sovvertimento che fino a sessant’anni fa non era nemmeno immaginabile in seno alla Chiesa Cattolica. Se infatti l’Autorità, quando è esercitata per il bene, è certamente lo strumento più idoneo ad assicurare il buon governo dell’istituzione che presiede, così essa si può mutare in uno strumento altrettanto efficace per distruggerla, nel momento in cui chi la ricopre rescinde il proprio vincolo di obbedienza verso Dio, che dell’Autorità è supremo garante (1).

 

Questo hanno fatto i Giacobini nel 1789, questo hanno ripetuto i fautori della rivoluzione conciliare nel 1965: appropriarsi illegittimamente dell’Autorità per costringere i sudditi ad accettare di obbedire a ordini iniqui, finalizzati ad un piano eversivo. E tanto i Giacobini quanto i Modernisti si sono avvalsi non solo della collaborazione attiva dei propri complici e dell’inazione dei codardi, ma anche del consenso di coloro che obbedivano in buona fede e da una massa progressivamente indotta ad accettare in nome dell’obbedienza qualsiasi cambiamento (2).

 

L’idealizzazione dell’autorità

Nelle scorse settimane «conservatori» come Riccardo Cascioli, Luisella Scrosati, Daniele Trabucco e Giovanni Zanone hanno sostenuto che laici e chierici, dinanzi alla crisi della Gerarchia cattolica, non dovrebbero adottare forme di resistenza nei confronti di cattivi Superiori; né dovrebbero mettere in discussione la loro Autorità, dal momento che essa promana direttamente da Nostro Signore.

 

Costoro affermano che l’indegnità di un vescovo o del papa non inficia la legittimità della loro autorità, ma questo può essere vero nel caso di un’indegnità personale che non coinvolge l’esercizio dell’autorità stessa. L’autorità, tuttavia non può essere esercitata legittimamente al di fuori dei confini che le sono dati né tantomeno contro i propri fini o contro la volontà del divino Legislatore. Un vescovo che coopera consapevolmente ad uno scopo iniquo con atti di governo, inficia la legittimità di quegli atti e la sua stessa autorità, proprio perché sono posti in fraudem legis.(3)

 

La visione idealista e sconnessa dalla realtà degli Autori citati, secondo la quale l’Autorità non perderebbe la propria legittimità nemmeno quando i suoi ordini sono volti al male, rende evidente il cortocircuito logico tra la realtà di papi e vescovi eretici – formali o materiali, poco importa: è comunque una cosa inaudita – e la teoria di un’Autorità immune dall’eresia e dalle cattive intenzioni di chi ricopre quell’Autorità.

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Una crisi sistemica

Chi si ostina a giudicare i singoli fatti prescindendo dall’evidente coerenza che li lega tra loro e dal quadro complessivo che se ne evince, falsifica la realtà dandone una rappresentazione ingannevole. Questa è una crisi che dura da sessant’anni, sempre nella medesima direzione, sempre con la connivenza dell’Autorità, sempre contraddicendo gli stessi articoli di Fede e sostenendo i medesimi errori già condannati.

 

I responsabili di questa crisi sono tutti accomunati dalla volontà eversiva di appropriarsi e mantenere il potere per raggiungere gli scopi che si prefiggono. E a riprova che deep state deep church agiscono di concerto, basti vedere come gli artefici di questa sovversione in campo ecclesiastico agiscono specularmente ai loro omologhi nella sfera civile, giungendo a mutuarne il lessico e le tecniche di manipolazione di massa. L’evidenza dei risultati disastrosi ottenuti dai papi e dai vescovi conciliari non li ha indotti a tornare sui propri passi e a riparare al danno compiuto, ma al contrario li vediamo proseguire ostinatamente sulla medesima linea, confermando dolo e premeditazione, ossia la mens rea. (4)

 

Ci troviamo in una situazione di gravissimo conflitto istituzionale, dal quale emerge che la maggior parte dei vescovi costituiti in Autorità – senza alcuna ombra di dubbio – agisce con l’intenzione determinata e volontaria di commettere atti illeciti contro il bene della Chiesa e delle anime, nella consapevolezza delle loro conseguenze.

 

Se in costoro non vi fosse intenzione di compiere il male – se, cioè, essi fossero in buona fede – non si ostinerebbero a ripetere i medesimi errori, nel perseguimento dei medesimi risultati. Né cercherebbero con ogni mezzo di indurre fedeli e sacerdoti a rinnegare ciò che la Santa Chiesa ha insegnato per secoli, facendo loro abbracciare quanto essa condannava e puniva con le pene più severe.

L’accettazione della frode

Abbiamo dunque una Gerarchia composta da vescovi e papi traditori che pretende dai propri fedeli non solo il silenzio inerte dinanzi ai peggiori scandali dei suoi membri, ma anche l’entusiastica accettazione e condivisione di questo tradimento, secondo quel principio esoterico che il satanista Aleister Crowley aveva così riassunto agli inizi del Novecento: «Il male deve nascondersi alla luce del sole, poiché le regole dell’universo impongono che chi viene ingannato acconsenta al proprio inganno».

 

Questo è il modus operandi del demonio e dei suoi servi, che troviamo confermato dalla narrazione delle tentazioni cui Satana sottopone Nostro Signore nel deserto: «Tutto questo io ti darò – dice il Maligno a Cristo – se prostrato mi adorerai» (Mt 4, 9). Nel pretendere di essere adorato come Dio, Satana chiede anzitutto l’accettazione della frode, ossia della premessa – Tutto questo io ti darò – che è assolutamente falsa, in quanto Satana non può cedere ciò che non gli appartiene. Se per assurdo Nostro Signore si fosse prostrato a Satana adorandolo, Egli non avrebbe avuto da lui nemmeno un granello di polvere del deserto e questo baratto si sarebbe rivelato una frode.

 

er questo il Signore gli risponde «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto» (ibid., 10). Con queste parole Nostro Signore svela l’identità del tentatore e i suoi inganni. Anche nell’Eden, tentando Eva, il Serpente aveva prospettato ai Progenitori di diventare sicut dii (Gen 3, 5).

 

Essi sapevano benissimo che Satana non sarebbe stato in grado di renderli come dèi e che avrebbero dovuto rispondere a Dio della loro orgogliosa disobbedienza, ma nonostante questo hanno consentito alla menzogna del Maligno come se fosse vera, rendendosi responsabili del sovvertimento di Bene e Male e agendo come se Dio non fosse onnipotente e in grado di punirli. È questa, in definitiva, la ὕβρις, la superbia che spinge l’uomo a sfidare Dio scegliendo di compiere il peccato, che ha come conseguenza la νέμεσις, ossia la punizione inevitabile che colpisce chi ha violato l’ordine divino oltrepassando i limiti imposti da Dio.

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La «Rivelazione del Metodo»

Lo storico ed esperto di ingegneria sociale Michael A. Hoffman ha affrontato il medesimo tema da una prospettiva differente, identificando un’élite nascosta che usa tecniche di manipolazione per controllare le masse. Essa non vuole solo conquistare il potere, ma intende condurre una guerra psicologica che trasforma la realtà in un rituale magico, alchemico (e in questo coincide con le parole di Crowley).

 

Questa élite non nasconde più tutto, ma rivela deliberatamente parti del suo piano (da qui la Rivelazione del Metodo), come atto di umiliazione dei sudditi e di affermazione della propria supremazia. Gli studi di psicologia sociale confermano che questo gioco crudele per soggiogare e dominare le vittime serve a provocare la dissonanza cognitivaossia quello stato di disagio psicologico che si verifica quando ci troviamo dinanzi a due affermazioni o fatti in conflitto tra loro, come ad esempio è avvenuto quando le autorità sanitarie sostenevano, mentendo, che il siero genico sperimentale fosse «sicuro ed efficace» ma allo stesso tempo chiedevano lo scudo penale per i medici inoculatori; o quando abbiamo sentito affermare da Jorge Bergoglio che «Dio non è cattolico».

 

Questa dissonanza cognitiva, questa percezione di una contradictio in terminis è voluta, perché ci demoralizza (siamo consapevoli della nostra impotenza), perché ci induce ad un consenso implicito (un consenso passivo, come dire: «Ti mostro cosa faccio, e tu non fai nulla, quindi acconsenti») e infine perché ci porta all’accettazione di un potere dispotico (anche se esso sbeffeggia le masse, rafforzando su di noi il proprio controllo psicologico).(5)

 

La «dissonanza cognitiva» e il «gaslighting» dei conservatori

Non ci deve dunque stupire se queste tecniche di manipolazione di massa sono usate anche nella sfera ecclesiastica, allo scopo di provocare la stessa dissonanza cognitiva nei fedeli, la stessa demoralizzazione, lo stesso consenso estorto, la medesima accettazione dell’autorità che ostenta la contraddizione ma pretende obbedienza. Pensiamo al paradosso di Leone che dichiara la libertà religiosa un diritto umano sulla base del Vaticano II e allo stesso tempo canonizza il Beato Bartolo Longo, che nei suoi scritti condanna l’indifferentismo religioso e il concetto di libertà religiosa (6); o che presiede incontri ecumenici con gli islamici, ma canonizza il Beato Ignazio Choukrallah Maloyan, vescovo armeno martirizzato dai maomettani per essersi rifiutato di apostatare la vera Fede.

 

Non ci deve stupire nemmeno che la Nuova Bussola si comporti esattamente come previsto in questi casi dai manuali di psicologia sociale, negando ostinatamente la contraddizione ancorché evidente, in un’operazione di vero e proprio gaslighting (7): «Ciò che hai visto non è mai successo».

 

Anche il ricorso a video o immagini generate dall’AI diventa strumento di destabilizzazione, perché queste contribuiscono a erodere la base sensibile della conoscenza della realtà, rendendo impossibile distinguere il vero dal falso e di fatto cancellando la nozione stessa di «reale» mediante la sua sostituzione con il «verosimile».

 

L’apparenza prende così il posto della sostanza, solo perché essendo veicolata dall’immagine che appare sul cellulare o sul computer noi non sappiamo se ciò che ci sembra vero lo è davvero o lo sembra soltanto. Come non vedere in questo nuovo fenomeno un attacco con cui Satana sfida con i suoi artifici teatrali e con i suoi effetti speciali la verità di Dio che è simplex, senza pieghe?

 

Questi sono test di massa per mettere alla prova la devozione alla religione sinodale, esattamente come in ambito civile avviene con la religiones anitaria o la religione green. E non è diverso chiedere al fedele di accettare la messa protestantizzata di Paolo VI se vuole avere il permesso di assistere alla Messa tridentina, che del Novus Ordo è l’antitesi.

 

Anche la «scomunica» che Jorge Bergoglio mi ha inflitto palesa una enorme contraddizione: da un lato io sono stato dichiarato scismatico per aver denunciato gli stessi errori che tutti i Papi fino a Pio XII incluso hanno condannato; dall’altro i veri eretici e scismatici sono ammessi alla communicatio in sacris con chi mi condanna, senza alcuna conseguenza canonica. Il messaggio è chiaro: «Possiamo mostrarti la contraddizione tra le nostre parole e le nostre azioni, e tu non farai nulla. Accetterai sia la menzogna che la prova di essa».

 

Ogni assurdità accettata indebolisce la capacità di discernimento dei fedeli e del Clero, per poter responsabilmente obbedire ai propri Pastori. Se la nostra Fede non è forte e convinta, questo ci porta ad una forma di apatia verso ogni nuova provocazione. È una forma di umiliazione rituale che funziona non più attraverso la segretezza, ma attraverso una sfacciata ostentazione, specialmente quando l’obbedienza all’Autorità che imparte ordini abusivi e addirittura criminali è richiesta come un sacrificio della propria razionalità, come un’immolazione della volontà mediante un concetto pervertito di autorità e di obbedienza.

 

Se l’Autorità della Gerarchia, fino ai suoi massimi vertici, si rende responsabile di questa manipolazione psicologica dei fedeli finalizzata a perpetuare il proprio potere per demolire la Chiesa, a chi dovrebbero rivolgersi, sacerdoti e laici, per veder condannati i colpevoli di tanto tradimento? A quegli stessi eretici manipolatori, incistati a Roma e in tutti gli organi e le istituzioni della Chiesa Cattolica?

 

Non stupisce che troppe vocazioni sacerdotali si perdano e che molti fedeli si rassegnino o abbandonino la pratica religiosa. È il risultato voluto e pianificato di questo crudele stillicidio.

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Il «colpo da maestro» di Satana

Il demonio vuole ottenere la nostra adesione al male non per inganno, ma portandoci ad accettare la menzogna con la quale egli definisce bene il male, e ad accettare la finzione mediante la quale ci presenta il bene come un male. Il colpo da maestro di Satana consiste in questo: nell’ottenere da noi un assenso irrazionale, pur dinanzi all’evidenza della frode e del sovvertimento che riconosciamo per tali ma che, in un atto di folle annientamento suicida, accettiamo come se fossero verità divinamente rivelate. Per il Cattolico la Fede non è mai irrazionale: rationabile sit obsequium vestrum, dice San Paolo (Rom 12, 1), perché Dio è autore della Fede e della ragione, e non vi può essere contraddizione nella Verità.

 

Satana, al contrario, essendo menzognero e padre della menzogna (Gv 8, 44) non può non dissimulare i propri inganni con la frode, per i quali pretende da noi non un’adesione razionale, ma un consenso superstizioso, un atto di fede al contrario, nel quale l’assenso dell’intelletto a errori e eresie evidenti è motivato non dall’autorità di un Dio verace, ma dall’usurpazione di quell’autorità da parte di una creatura ribelle, bugiarda e che sappiamo che ci vuole ingannare e perdere.

 

Satana vuole che abdichiamo alla ragione e allo stesso sensus fidei, trasformando l’atto di fede in una folle apostasia.

 

L’assolutizzazione dell’obbedienza

Assolutizzare l’obbedienza, scardinandola dalla necessaria coerenza che essa presuppone tra tutti i soggetti del corpo gerarchico in cui essa viene esercitata,[8] significa consegnare nelle mani dell’autorità vicaria della Gerarchia un potere che il supremo Legislatore non le ha mai concesso, ossia la facoltà di poter legittimamente legiferare contro la volontà del Legislatore stesso e in danno dei fedeli.

 

Qui non stiamo parlando di ordini incidentalmente sbagliati, o di singoli vescovi che abusano della propria autorità in un contesto ecclesiale in cui la Virtù è incoraggiata e il peccato condannato e punito. Qui stiamo parlando di un intero sistema gerarchico che è riuscito – nella Chiesa Cattolica come nella cosa pubblica – ad impossessarsi del potere, ottenendo riconoscimento e obbedienza dai sottoposti mediante l’uso di mezzi coercitivi.

 

Non solo: l’assolutizzazione dell’obbedienza nei riguardi dell’autorità finisce anche con l’essere deresponsabilizzante: un comodo alibi offerto ai tanti, troppi don Abbondio in veste filettata o in clergyman, ben attenti a non dispiacere ad alcuno, ad «evitare polarizzazioni» – secondo l’auspicio di Leone – a beneficiare dei favori del potente che si conosce come iniquo ma a cui si presta ossequio per viltà o interesse.

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Conclusione

La Sacra Scrittura, i Padri, i mistici e la stessa Vergine Maria a Fatima ci hanno messi in guardia su un’apostasia che la Chiesa dovrà affrontare negli ultimi tempi. Come possiamo pensare che questa apostasia si concretizzi, se non attraverso falsi pastori al posto di buoni pastori, e di pseudocristi falsi profeti al posto di Cristo e dei Profeti? Come potrebbero gli eletti essere tratti in inganno dagli eretici e dagli scismatici (Mt 24, 24), se non nel momento in cui questi ricoprono ruoli d’autorità nella Chiesa? Ma la Chiesa è indefettibile, ripetono alcuni con petulanza.

 

E lo è davvero: nonostante la stragrande maggioranza dei suoi vescovi infierisca su di essa e agisca di concerto con nemici di Cristo. La Chiesa Cattolica è indefettibile nel senso che essa non può mai venir meno nella sua missione di custodire e trasmettere la Verità rivelata da Dio, né può cadere in errore definitivo nella sua Fede e nella sua Morale. E questo di fatto non accade nemmeno quando una Gerarchia eretica e corrotta cerca di oscurare o di sfigurare il sacro Deposito della FedeNon dimentichiamo che la Chiesa non è solo quella militante su questa terra (hic) e oggi (nunc), ma è anche quella penitente in Purgatorio e trionfante in Paradiso.

 

La sua compagine celeste è garanzia di quell’indefettibilità che il suo divino Fondatore le ha promesso e che lo Spirito Santo le assicura. E se la chiesa conciliare-sinodale che oggi si presenta come militante contraddice quella di ieri, spezzando la continuità e l’unità nella Professione dell’unica Fede che la rende una apostolica anche nel fluire del tempo e non solo nella sua diffusione nello spazio, essa non è più la stessa Chiesa.

 

Per questo il Signore non manca di suscitare una vox clamantis in deserto che rompa il muro di silenzio e di complicità dei congiurati: mi riferisco ai “dottori degli ultimi tempi” cui accenna Augustin Lémann (9) nel suo saggio L’Anticristo. Sono i nuovi Sant’Atanasio imprigionati, esiliati, perseguitati ma infine risarciti dalla Giustizia divina con la proclamazione della loro santità. Ecco come il grande Vescovo di Alessandria e Dottore della Chiesa si rivolge ai fedeli durante la grande eresia ariana (10):

 

Che Dio vi consoli! (…) Quello che rattrista (…) è il fatto che gli altri hanno occupato le chiese con violenza, mentre in questo periodo voi vi trovate fuori. È un dato di fatto che hanno la sede, ma voi avete la Fede apostolica. Possono occupare le nostre chiese, ma sono al di fuori della vera Fede. Voi rimanete al di fuori dei luoghi di culto, ma la Fede abita in voi. Vediamo: che cosa è più importante, il luogo o la Fede? La vera Fede, ovviamente. Chi ha perso e chi ha vinto in questa lotta – quella che mantiene la sede o chi osserva la Fede? È vero, gli edifici sono buoni, quando vi è predicata la Fede apostolica; essi sono santi, se tutto vi si svolge in modo santo… Voi siete quelli che sono felici, voi che rimanete dentro la Chiesa per la vostra Fede, che mantenete salda nei fondamenti come sono giunti fino a voi dalla Tradizione apostolica, e se qualche esecrabile gelosamente cerca di scuoterla in varie occasioni, non ha successo. Essi sono quelli che si sono staccati da essa nella crisi attuale. Nessuno, mai, prevarrà contro la vostra Fede, amati fratelli, e noi crediamo che Dio ci farà restituire un giorno le nostre chiese. Quanto più i violenti cercano di occupare i luoghi di culto, tanto più essi si separano dalla Chiesa. Essi sostengono che rappresentano la Chiesa, ma in realtà sono quelli che ne sono a loro volta espulsi e vanno fuori strada. Anche se i Cattolici fedeli alla Tradizione sono ridotti a una manciata, sono loro che sono la vera Chiesa di Gesù Cristo.

 

L’accusa ricorrente che tanto i Conservatori e i Sinodali rivolgono a chi rimane saldo nella Fede e denuncia i loro errori è di volersi creare una propria chiesa, separandosi con lo scisma dalla Chiesa Cattolica, visibile e gerarchica, di cui essi si sono però impossessati con un vero e proprio golpe e nella quale pretendono di esercitare una legittima Autorità per gli scopi opposti a quelli che Nostro Signore le ha affidato.

 

Ma non sono stati forse costoro, con i loro errori condannati da tutti i Papi preconciliari, a crearsi una chiesa parallela che contraddice il Magistero immutabile e sovverte il Papato? Come può un’autorità ribelle a Cristo Capo del Corpo Mistico pretendere di esercitare l’Autorità di Cristo per contraddire la Sua Parola?

 

Come può chi si è separato dalla comunione ecclesiale con la vera Chiesa Cattolica Apostolica Romana accusare di scisma chi le rimane fedele?

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 
24 Ottobre MMXXV S.cti Raphaëlis Archangeli
 
NOTE 1) Il termine auctoritas deriva da auctor, nell’accezione di autore garante riferita a Dio. 2) San Pio X ricordava che il successo dei malvagi è possibile anzitutto grazie all’ignavia dei buoni. 3) L’espressione in fraudem legis si riferisce a un comportamento o un atto giuridico compiuto con l’intenzione di eludere una norma, aggirandone lo scopo o l’applicazione, pur rispettandone formalmente la lettera. In altre parole, si tratta di un’azione che, pur apparendo conforme alla legge, viene posta in essere per ottenere un risultato che la legge stessa intende vietare o limitare. Le caratteristiche di questo comportamento sono la conformità formale, l’intenzione elusiva e l’effetto contrario alla mens del legislatore. 4 – La mens rea designa la componente psicologica del reato, ossia l’intenzione o la consapevolezza di violare la legge. 5) Scrive Hoffman: «Il principio alchemico della Rivelazione del Metodo ha come componente principale una beffarda derisione delle vittime, simile a quella di un clown, come dimostrazione di potere e macabra arroganza. Quando viene eseguito in modo velato, accompagnato da certi segni occulti e parole simboliche, e non suscita alcuna risposta significativa di opposizione o resistenza da parte dei bersagli, è una delle tecniche più efficaci di guerra psicologica e violenza mentale». Cfr. Michael A. Hoffman II, Secret Societies and Psychological Warfare, 2001. 6) Scriveva Bartolo Longo: Innanzi a Dio l’uomo non ha vera libertà di coscienza, libertà di culto e libertà di pensiero, come oggi s’intende, cioè facoltà di scegliersi una religione ed un culto come gli talenta; ma solo la libertà dei figliuoli di Dio, come dice S. Paolo, cioè di lasciare l’errore e le seduzioni del secolo per correre liberamente al Cielo. L’affermare, perciò, che l’uomo ha il diritto innanzi a Dio di pensare e di credere in religione come gli piace, è un errore. Cfr. Bartolo Longo, San Domenico e l’Inquisizione al Tribunale della Ragione e della Storia, Valle di Pompei, Scuola tipografica editrice Bartolo Longo, 1888. 7) Il gaslighting è una forma di manipolazione psicologica in cui una persona (o un gruppo) fa dubitare un’altra della propria percezione della realtà, della memoria o della sanità mentale, con l’obiettivo di controllare, indebolire o destabilizzare la vittima. 8) Non vi può infatti essere vera obbedienza se chi è costituito in autorità nella Gerarchia esige di essere obbedito ma allo stesso tempo disobbedisce a Dio, che è il garante e la fonte stessa dell’Autorità. Né vi può essere legittima autorità se chi la esercita in nome di Dio non si sottomette a propria volta alla Sua suprema Autorità. 9) Augustin Lémann, L’Anticristo, Marietti, 1919, pag. 53. «Il secondo campione della verità cristiana contro l’Anticristo sarà una falange di dottori suscitata da Dio in quei tempi di prova. […] Questa falange di dottori riceverà, per la difesa e consolazione dei buoni, una maggiore intelligenza delle nostre sante Scritture». Cfr. https://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/wp-content/uploads/2014/07/LANTICRISTO-A-Lemann.pdf

Il Canonico Augustin Lémann, ebreo francese, si convertì al Cattolicesimo insieme al fratello Joseph. Divenuti amici di Pio IX, furono entrambi consultori del Concilio Vaticano I.

10) Sant’Atanasio, Epistolæ festales, Lettera XXIX, in: Coll. Selecta SS. Eccl. Patrum, a cura di Caillaud e Guillon, vol. 32, pagg. 411-412.

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