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Neurochirurgo: Biden «senza dubbio soffre di demenza da Parkinson»

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Secondo un neurochirurgo, il presidente Joe Biden, 81 anni, presenta evidenti segni di demenza lieve dovuta al morbo di Parkinson.

 

L’esperto medico, che ha preferito mantenere l’anonimato (in America vige la «Goldwater rule», che vieta eticamente agli psichiatri di commentare sulla salute mentale dei personaggi pubblici, Trump escluso), ha confermato la malattia neurologica in una e-mail al giornalista Alex Berenson, affermando che Biden mostra segni classici come l’assenza di espressioni facciali e «instabilità dell’andatura».

 

Rispondendo a un articolo precedente, in cui Berenson dichiarava che avrebbe votato Trump perché «è ovvio che Joe Biden ha qualche tipo di malattia neurologica legata all’età, probabilmente il Parkinson o l’Alzheimer».

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«Ha senza dubbio il morbo di Parkinson e soffre sempre di più di demenza parkinsoniana». ha scritto il neurochirurgo a Berenson, già noto per la sua dissidenza rispetto alla narrativa COVID-vaccino. «I segnali sono inequivocabili».

 

Nella lista, il medico pone:

 

– «la sua andatura strascicata»

– «l’assenza di movimenti associati (espressione facciale, oscillazione delle braccia). Quando oscilla le braccia, sembra forzato, probabilmente perché i suoi addestratori gli hanno detto di oscillare le braccia quando cammina. È qualcosa che facciamo tutti naturalmente, ma scompare con il morbo di Parkinson»

– «instabilità dell’andatura»

– «voce bassa»

– «periodi ON e OFF, momenti in cui il farmaco sembra funzionare bene e quando non lo fa (spiega anche come una buona dose di Sinemet al momento giusto potrebbe renderlo più vivace»

– «il tremore a riposo non è evidente nel caso di Biden, ma questo è vero in molti casi di parkinsonismo»

 

Il neurochirurgo ha continuato affermando che i medici di Biden «SENZA DUBBIO lo sanno», aggiungendo: «questo è peggio del segreto di Roosevelt», riferendosi ai problemi di salute che per un decennio afflissero il presidente del New Deal e della Seconda Guerra Mondiale senza che la stampa ne desse più di tanto conto.

 

A giudicare dalle sue attuali condizioni, il medico ha valutato che nei prossimi sei mesi Biden potrebbe iniziare ad avere maggiori difficoltà a camminare, «fino a dover ricorrere a qualche tipo di dispositivo di assistenza».

 

«La sua andatura e il suo viso inespressivo (chiamato “poker face” nella letteratura sul Parkinson) sono piuttosto classici», ha aggiunto il neurochirurgo.

 


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Come riportato da Renovatio 21, dopo il disastro del dibattito contro Trump, la Casa Bianca ha comunicato che non c’è nulla fuori posto.

 

Alcuni sostenitori del presidente hanno dato la colpa degli innegabili episodi di confusione mentale visti in TV ad un raffreddore o alla stanchezza da jetlag per il viaggio in Europa di giorni fa. Biden, ricordiamo, aveva passato i sei giorni prima del dibattito chiuso nella magione presidenziale di Camp David a prepararsi per l’incontro televisivo con il presunto candidato repubblicano sfidante Donaldo J. Trump.

 

Nel frattempo, una fronda si sta creando nel Partito Democratico per chiedere di Biden di farsi da parte. Tra le persone che hanno espresso dubbi nelle ultime ore, anche l’ottuagenaria ex speaker della Camera Nancy Pelosi.

 

Vari osservatori, tra cui Elon Musk, hanno dichiarato che l’intera débacle televisiva è stata preparata ad arte per dimostrare l’incompetenza mentale del presidente e quindi cambiare candidato.

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Cervello

Dr. McCullough: il collegamento apparente tra i vaccini COVID e l’Alzheimer deve essere ulteriormente studiato

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Il cardiologo texano Peter McCullough ha pubblicato sul suo substack Corageous Discourse un avvertimento sulla possibile correlazione tra vaccinazione COVID e Alzheimer.   «Ho diversi pazienti che sembrano sviluppare un rapido declino delle funzioni cognitive dopo la vaccinazione contro il COVID-19» scrive McCullough. «La proteina spike viene prodotta in grandi quantità e per un lungo periodo di tempo dopo che l’iniezione di mRNA è stata trovata nel cervello durante l’autopsia. Inoltre, la proteina Spike può piegarsi e creare placche amiloidi, che sono il segno distintivo del morbo di Alzheimer».   «Segnalato per la prima volta da TrialSite News, Roh et al. hanno pubblicato un ampio studio dalla Corea che dimostra tassi più elevati di deterioramento cognitivo e malattia di Alzheimer tra i vaccinati di età superiore ai 65 anni» continua il dottore americano, che cita lo studio:  

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«I risultati hanno mostrato un aumento dell’incidenza di MCI e AD negli individui vaccinati, in particolare quelli che ricevono vaccini mRNA, entro tre mesi dalla vaccinazione. Il gruppo del vaccino mRNA ha mostrato un’incidenza significativamente più elevata di AD (odds ratio [OR]: 1,225; intervallo di confidenza al 95% [CI]: 1,025-1,464; p = 0,026) e MCI (OR: 2,377; CI: 1,845-3,064; p <0,001) rispetto al gruppo non vaccinato. Non è stata trovata alcuna relazione significativa con la demenza vascolare o la malattia di Parkinson».   «Dovrebbe esserci un appello urgente per la ricerca su questa associazione per identificare ulteriori determinanti e fattori potenzialmente protettivi» scrive il dottor McCullough. «Per gli anziani, questa dovrebbe essere una forte fonte di dati che suggeriscono il differimento di eventuali richiami aggiuntivi».   Come riportato da Renovatio 21, studi recenti hanno provato che l’Alzheimer può essere contratto attraverso trasfusioni di sangue.   Le alterazioni celebrali – e quindi psicocomportamentali – indotte dalla proteina spike sono state descritte in profondità dallo studioso tedesco Michael Nehls, che parla della proteina puntuta creata da COVID e vaccino come di «un’arma biologica contro il cervello», in grado di riprogrammare la mente umana in una sorta di «modalità zombie».

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Cervello

L’Alzheimer può diffondersi attraverso le trasfusioni di sangue: studio

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I risultati di un nuovo studio pubblicato sulla rivista Stem Cell Reports suggeriscono che le trasfusioni e i trapianti di sangue, midollo osseo, organi e altra materia biologica da una persona con Alzheimer ereditario a una persona sana possono diffondere la malattia. Lo riporta il sito Futurism.

 

Gli scienziati canadesi dell’Università della British Columbia sono arrivati a questa conclusione dopo aver eseguito esperimenti di laboratorio con topi e cellule staminali.

 

Per definire e approfondire lo studio, sono stati allevati topi affinché fossero portatori del morbo di Alzheimer ereditario umano, e in particolare di un gene che sintetizza le placche amiloidi. Hanno quindi estratto le cellule staminali dal midollo osseo e hanno iniettato questo tessuto biologico in topi sani che non erano portatori.

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Nel giro di nove mesi, i topi normali hanno mostrato segni di declino cognitivo, nonché cambiamenti nel cervello, come l’accumulo di placche amiloidi, depositi fibrosi che sono i classici segni distintivi dell’Alzheimer.

 

I ricercatori hanno così potuto porre attenzione su diversi spunti. Il primo è che l’Alzheimer può originare da cellule staminali esterne al sistema nervoso centrale del corpo, il che ribalta alcuni preconcetti su come si forma la malattia.

 

«Uno dei potenziali risultati di questo studio è quello di stimolare il campo ad allontanarsi dal dogma centrale convenzionale della patologia dell’AD [morbo di Alzheimer, ndr], che afferma che l’accumulo di Aβ [amiloide] derivata dal cervello, specificamente prodotta dai neuroni, è la causa della malattia», scrivono i ricercatori. «Questo studio dimostra il contributo dell’Aβ, generato al di fuori del cervello, nell’instaurarsi della malattia».

 

Un secondo spunto della ricerca è che il percorso verso lo sviluppo dell’Alzheimer potrebbe essere simile a quello con cui le persone acquisiscono malattie cerebrali da prioni come quella di Creutzfeldt-Jakob, che può essere trasmessa. È noto che le persone che mangiano mucche affette dalla malattia della mucca pazza sviluppano una versione della malattia di Creutzfeldt-Jakob.

 

In estrema sintesi, parrebbe che l’Alzheimer possa essere trasmesso a persone sane attraverso la donazione di materia biologica. Ciò significherebbe che i potenziali donatori dovrebbero essere selezionati in base alle loro condizioni di salute.

 

«Ciò supporta l’idea che l’Alzheimer è una malattia sistemica in cui gli amiloidi espressi al di fuori del cervello contribuiscono alla patologia del sistema nervoso centrale», ha detto in una dichiarazione Wilfred Jefferies, immunologo e principale autore dello studio dell’Università della British Columbia. «Mentre continuiamo a esplorare questo meccanismo, il morbo di Alzheimer potrebbe essere la punta dell’iceberg e abbiamo bisogno di controlli e screening molto migliori dei donatori utilizzati nei trapianti di sangue, organi e tessuti, nonché nei trasferimenti di cellule staminali di derivazione umana. o prodotti sanguigni».

 

Come riportato da Renovatio 21, di recente altri ricercatori hanno scoperto che potrebbero trasmettere il morbo di Alzheimer ad animali giovani e sani trasferendovi il microbioma intestinale di soggetti umani affetti da Alzheimer. I risultati suggeriscono che il microbioma, l’insieme di batteri, virus e funghi che vivono principalmente nel colon, potrebbe avere un ruolo precipuo nello sviluppo dell’Alzheimer.

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Gli studi in questo campo sono diversi e talvolta contesta in toto. Nel settore vedono la luce alcune teorie che in qualche modo sembrano portare avanti la ricerca riguardo le cause e le possibili cure di questa malattia neurodegenerativa. 

 

Un’altra equipe di neuroscienziati ha ipotizzato che i problemi con il sistema di rimozione dei rifiuti del cervello potrebbero essere alla base del morbo di Alzheimer. Utilizzando dei topi allevati per sviluppare la malattia, i ricercatori di neuroscienze ritengono di aver rintracciato la causa della malattia nelle sacche di rimozione dei rifiuti delle cellule cerebrali, note come lisosomi.

 

La scienza attorno all’Alzheimer sembra sempre più dibattuta e ricca di colpi di scena. Mentre alcuni sono arrivati a proporre un dentifricio che previene l’Alzheimer, il biofisico cinese He Jiankui – noto per aver prodotto in laboratorio embrioni con la bioingegneria CRISPR poi impiantati in donne e fatti nascere nel primo caso ufficiale di ingegneria genetica umana, cioè di eugenetica ottenuta a livello biomolecolare – ha dichiarato, appena uscito di galera, di volersi dedicare alla cura dell’Alzheimer.

 

Come riportato da Renovatio 21, negli ultimi anni pare esservi stato un abbassamento dell’età del morbo: si ammalano di Alzheimer (e demenza) sempre più giovani.

 

Riguardo alle malattie prioniche, come la «mucca pazza», è stato suggerito una possibile correlazione con «errori di frameshift», effetti avversi del vaccino mRNA.

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Immagine di Governo do Estado de São Paulo via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

 

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Cervello

Nuovo «casco cerebrale» consente di videogiocare con la mente

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Alcuni ricercatori hanno creato un’interfaccia cervello-computer indossabile a mo’ di caschetto BCI (Brain-computer interface, letteralmente interfaccia cervello-computer) che consente agli utenti di giocare ai videogiochi usando la mente.   Come pubblicato in un nuovo dettagliato studio sulla rivista PNAS Nexus, il dispositivo – un cappuccio nero e rosso rivestito con elettrodi di rilevamento delle onde cerebrali – è progettato per essere utilizzato da chiunque senza la calibrazione approfondita o le procedure chirurgiche invasive richieste da altri BCI, aprendo così questa tecnologia avveniristica ad un utilizzo più semplice e universale.    «Quando pensiamo a questo in un contesto clinico, questa tecnologia farà sì che non avremo bisogno di un team specializzato per eseguire questo processo di calibrazione, che è lungo e noioso», ha affermato l’autore principale dello studio Satyam Kumar dell’Università del Texas a Austin in una sua dichiarazione. «Sarà molto più veloce passare da un paziente all’altro».

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Altre BCI possono consentire agli utenti di controllare computer o persino protesi robotiche. L’uomo paralizzato che ha ricevuto l’impianto cerebrale di Neuralink, ad esempio, ha fatto vedere che usa il dispositivo per giocare a Mario Kart con un amico, riporta Futurism.   Tuttavia un impianto cerebrale richiede un intervento chirurgico complicato, che può comportare costi e complicazioni significativi. E fino ad ora, le BCI non invasive – come i cappucci con degli elettrodi – richiedono un enorme lavoro specializzato per adattarle al cervello di un utente.   Consapevoli di queste evidenti difficoltà, gli scienziati volevano una «soluzione valida per tutti». Utilizzando modelli di apprendimento automatico, hanno sviluppato quello che è noto come un «decoder» addestrato su un singolo soggetto umano «esperto» che ha utilizzato la BCI per completare un semplice gioco di bilanciamento di una barra digitale.   Una volta completato il decoder, il dispositivo BCI è stato testato su 18 soggetti senza esperienza nell’uso di questo tipo di tecnologia, i quali, nel corso di sole cinque sessioni, sono stati in grado di allenarsi non solo per il gioco da bar, ma per una corsa automobilistica.   Si tratta di un’inversione di tendenza straordinariamente rapida. Normalmente l’utilizzo di una BCI è un’abilità che può richiedere settimane o mesi per essere sviluppata. Durante una dimostrazione al festival texano South by Southwest, tenutasi qualche settimana fa, dei ricercatori hanno eseguito dei test su diversi volontari che hanno imparato a controllare in pochi minuti due robot per la riabilitazione delle mani e delle braccia utilizzando la calotta cranica.   Per quanto si siano visti risultati interessanti, il loro lavoro è lungi dall’essere finito. Tutti i soggetti testati erano sani e non presentavano disabilità motorie. Se la loro tecnologia sarà adottata a livello mainstream, dovrà essere dimostrata anche sulle persone con disabilità.   Come riportato da Renovatio 21, varie società in tutto il mondo stanno lavorando alacramente alla connessione tra cervello ed elettronica, con già casi di chip impiantati su suini e su scimmie, che Neuralink (società creata da Elon Musk) aveva mostrato ancora anni fa essere in grado di giuocare con il videogame Pong solo con l’uso del «pensiero».   Il medesimo era stato impiegato in un esperimento del 2022 , dove un gruppo di scienziati scienziati ha insegnato con successo ad alcune cellule cerebrali umane in una piastra di Petri come si gioca a Pong. I ricercatori di Cortical Labs, una startup biotecnologica, hanno creato «mini-cervelli» costituiti da 800.000 a un milione di cellule cerebrali umane viventi in una piastra di Petri. Per insegnare il gioco ai minicervelli, il team ha creato una versione semplificata di «Pong» senza avversari. Un segnale viene inviato a destra o a sinistra dell’array per indicare dove si trova la palla ei neuroni delle cellule cerebrali inviano segnali per spostare la paletta.   Nel frattempo, si espande anche la scienza dei videogiuochi animali.   Come riportato da Renovatio 21, neuroscienziato ungherese nel 2021 ha creato un kit per insegnare ai topi a giocare al videogiuoco Doom, mentre l’anno scorso è comparsa una startup britannica chiamata Joipaw sta sviluppando un nuovo tipo di videogioco, i cui utenti sono i cani.

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