Geopolitica
Netanyahu rivendica di aver rovesciato Assad
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che la caduta del governo di Bashar Assad in Siria è una «risultata diretta» della campagna militare di Israele contro Hezbollah e l’Iran.
Le forze antigovernative, tra cui i jihadisti di Hayat Tahrir-al-Sham (HTS) e i militanti dell’Esercito siriano libero armati dagli USA, hanno preso d’assalto Damasco sabato, mentre l’esercito siriano si ritirava e Assad, secondo il Ministero degli Esteri russo, lasciava il paese per una destinazione sconosciuta.
Il leader di HTS Abu Mohammed al-Jolani, già comandante di al-Qaeda, ha proclamato la vittoria in una dichiarazione televisiva domenica, dichiarando che «il futuro è nostro».
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Durante una visita al confine tra Israele e Siria, domenica, Netanyahu ha salutato con favore la presa del potere da parte degli islamisti radicali in Siria.
«Questo è un giorno storico nella storia del Medio Oriente», ha detto in una dichiarazione video. «Il regime di Assad è un anello centrale nell’asse del male dell’Iran: questo regime è caduto».
“Guys, forget about geopolitics for a moment while Netanyahu is taking credit from the occupied Golan” pic.twitter.com/vnlWEkgjwQ https://t.co/0sh3Hxahoi
— Max Blumenthal (@MaxBlumenthal) December 8, 2024
«Questo è il risultato diretto dei colpi che abbiamo inflitto all’Iran e a Hezbollah, i principali sostenitori del regime di Assad», ha continuato, sostenendo che gli attacchi di Israele all’Iran e la campagna militare contro Hezbollah in Libano hanno ostacolato la loro capacità di rafforzare le truppe di Assad contro l’avanzata terroristica.
«Ciò ha creato una reazione a catena in tutto il Medio Oriente da parte di tutti coloro che vogliono liberarsi da questo regime oppressivo e tirannico», ha aggiunto.
Sebbene non sia chiaro se al-Jolani si sia coordinato con gli Stati Uniti e Israele prima dell’assalto, l’ex rappresentante speciale degli Stati Uniti per l’impegno in Siria James Jeffrey ha descritto HTS nel 2021 come «una risorsaù di Washington, mentre lo stesso Jolani ha insistito sul fatto che la sua lotta non è con l’Occidente, ma con Assad e l’Iran.
«Amiamo Israele e non siamo mai stati suoi nemici», ha detto un combattente jihadista di Idlib la scorsa settimana all’emittente israeliana Kan. Israele «non è ostile a coloro che non gli sono ostili. Non vi odiamo, vi amiamo molto», ha aggiunto il militante.
Jihadist Zionists in Syria
So-called “opposition activists” from HTS-ruled Idlib tell the Israeli Public Broadcasting Corporation they “love” Israel “very much.”
“We love Israel & have never been its enemies, because Israel is not hostile to those who are not hostile to her.” pic.twitter.com/TPIxGRjvCO
— ACTIVE MEASURES (@ActiveMeasures8) December 3, 2024
Israele ha capitalizzato la caduta di Assad spostando le truppe in una regione delle alture del Golan che aveva svolto la funzione di zona cuscinetto tra i due paesi sin dalla firma dell’accordo di separazione delle forze del 1974, in seguito alla guerra dello Yom Kippur.
Nel suo discorso di domenica, Netanyahu ha affermato che stava agendo «prima di tutto per proteggere il nostro confine» e che l’accordo è effettivamente «crollato» una volta che le truppe siriane «hanno abbandonato le loro posizioni».
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Immagine screenshot da Twitter
Geopolitica
Senatore americano: «il Sudafrica è nostro nemico»
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Geopolitica
Putin sostiene Maduro nella situazione di stallo con gli Stati Uniti
Il presidente russo Vladimir Putin ha rinnovato il suo pieno appoggio al presidente venezuelano Nicolás Maduro, nonostante l’intensificazione della presenza militare statunitense nei Caraibi.
I due leader hanno evidenziato l’eccezionale solidità dei rapporti tra Mosca e Caracas nel corso di una telefonata avvenuta giovedì. Secondo quanto riferito dal Cremlino, Putin «ha espresso solidarietà al popolo venezuelano e ha ribadito il proprio sostegno alla ferma determinazione del governo guidato da Maduro nel difendere la sovranità nazionale e gli interessi del Paese dalle ingerenze esterne».
I presidenti hanno confermato l’impegno a dare piena attuazione al trattato di partenariato strategico firmato lo scorso maggio.
Dal canto suo, il governo venezuelano ha fatto sapere che Putin e Maduro hanno sottolineato «la natura strategica, solida e in costante crescita delle relazioni bilaterali» e che il leader russo ha manifestato il proprio sostegno agli sforzi di Maduro volti a «rafforzare la pace, la stabilità politica e lo sviluppo economico».
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La telefonata è arrivata pochi giorni dopo il sequestro, da parte degli Stati Uniti, di una petroliera salpata da un porto venezuelano all’inizio del mese. La procuratrice generale statunitense Pam Bondi ha dichiarato che la nave era già stata sanzionata in passato per aver presumibilmente trasportato petrolio iraniano.
Caracas ha definito l’operazione «un atto di pirateria» e ha accusato Washington di voler «saccheggiare» le risorse naturali venezuelane.
Da settembre gli Stati Uniti hanno dispiegato una flotta navale nei Caraibi e hanno fermato oltre venti imbarcazioni sospettate di traffico di droga in acque internazionali. Secondo quanto riportato da Reuters, l’amministrazione americana si starebbe preparando a intercettare ulteriori navi che trasportano greggio venezuelano nell’ambito della campagna di massima pressione contro Maduro, accusato dal presidente Donald Trump di collusione con i cartelli della droga.
Maduro ha respinto categoricamente ogni legame del suo governo con il narcotraffico, ha promesso di difendere il Paese da una eventuale invasione e ha bollato le azioni di Washington come «colonialiste», avvertendo che potrebbero scatenare «una guerra folle» nella regione.
Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa si era parlato di una telefonata segreta tra Trump e Maduro.
Gli Stati Uniti hanno offerto una taglia di 50 milioni di dollari per informazioni che conducano all’arresto o alla condanna di Maduro, ritenuto dagli americani a capo di una ghenga narcoterrorista.
Diverse notizie della scorsa settimana indicano che Washington stia pianificando operazioni in Venezuela e abbia identificato potenziali bersagli legati al presunto narcotraffico. Gli USA avrebbero schierato nella zona circa 16.000 soldati e otto navi da guerra della Marina.
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Il Venezuela ha stigmatizzato il rinforzo militare come violazione della sovranità e tentativo di golpe. Il governo venezuelano starebbe cercando appoggio da Russia, Cina e Iran. Mosca ha di recente riaffermato la sua alleanza con Caracas, esprimendo pieno sostegno alla leadership del Paese nella difesa della propria integrità. Mosca ha accusato il mese scorso Washington di preparare il golpe in Venezuela.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro, che avrebbe offerto ampie concessioni economiche agli USA per restare al potere, sarebbe stato oggetto di un tentativo di rapimento tramite il suo pilota personale.
Trump nelle scorse settimane ha ammesso di aver autorizzato le operazioni CIA in Venezuela. Di piani CIA per uccidere il presidente venezuelano il ministro degli Interni del Paese aveva parlato lo scorso anno.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro aveva denunciato l’anno scorso la presenza di mercenari americani e ucraini in Venezuela. «Gli UA finanziano Sodoma e Gomorra» aveva detto.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
L’Ungheria dice che il capo della NATO «pugnala alle spalle» e «alimenta la guerra»
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