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Netanyahu afferma di aver incaricato il Mossad di «agire contro i leader di Hamas ovunque si trovino»

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato mercoledì di aver incaricato l’agenzia di Intelligence israeliana Mossad di agire contro i leader del movimento palestinese Hamas in tutto il mondo.
«Ho dato istruzioni al Mossad di agire contro i leader di Hamas ovunque si trovino», ha detto Netanyahu in una conferenza stampa, rispondendo ad una domanda di una giornalista che menzionava un articolo della stampa ebraica dove si sostiene che Ismail Haniyeh e Khaled Mashaal hanno affermato di aspettarsi di continuare a governare Gaza dopo la guerra.
Alla domanda se la tregua si applica anche agli attacchi contro i capi di Hamas – un presunto riferimento a quelli all’estero – Netanyahu afferma che «non esiste tale obbligo», riporta il Times of Israel.
Il ministro della Difesa Yoav Gallant è quindi intervenuto per dire che tutti i leader di Hamas sono morti viventi. «Vivono con il tempo in prestito», ha dichiarato il Gallant. «La lotta è mondiale: dagli uomini armati sul campo a coloro che si godono jet di lusso mentre i loro emissari agiscono contro donne e bambini, sono destinati a morire».
Tali commenti si inseriscono nel contesto di un accordo mediato dal Qatar tra Israele e Hamas su un cessate il fuoco temporaneo nella Striscia di Gaza e il rilascio degli ostaggi.
Il commento lascia un po’ perplessi: non è immediatamente chiaro come sia possibile trattare con i capi di una controparte e al contempo ordinarne l’assassinio.
Tuttavia, riguardo alla caccia spietata del Mossad contro elementi del network terrorista palestinese sparsi per il mondo esiste il caso specifico dell’«Operazione Ira di Dio», con cui gli israeliani punirono, con una campagna segreta durata anni, i capi ritenuti responsabili del massacro alle Olimpiadi di Monaco 1972. I dettagli di questi assassinii svolti in tutto il mondo – anche a Roma, nel quartiere Nomentano – finirono in un libro del giornalista canadese George Jonas, poi tradotti in pellicola da Steven Spielberg in Munich (2005) e prima ancora nel film TV Sword of Gideon.
Nella serie di omicidi all’estero orditi dal Mossad su ordine della stessa Golda Meir vi fu tuttavia un fiasco clamoroso. Nel 1973, nella città norvegese di Lillehammer, sicari israeliani assassinarono il cameriere marocchino Ahmed Bouchikhi (fratello del futuro fondatore del famoso gruppo di musica gitana Gypsy King) scambiandolo per il terrorista Ali Hassan Salameh, che andava eliminato assieme a tutta una lista di personaggi ritenuti responsabili per il Massacro Olimpico.
Bouchikhi fu ucciso per strada sotto gli occhi della moglie da agenti israeliani, ufficialmente non appartenenti al Mossad. I componenti del commando furono arrestati dalla polizia norvegese, e condannati a anni di carcere, ma furono tutti scarcerati dopo 22 mesi di detenzione. La vedova, la figlia e un figliastro nel 1996 furono indennizzati dallo Stato di Israele con 400 mila dollari. L’«affare Lillehammer», considerato uno dei più grandi fiaschi dei servizi del dopoguerra, è completamente assente dalla pellicola hollywoodiana dello Spielbergo, che purtuttavia racconta che il Salameh era in realtà protetto dalla CIA.
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Mercoledì Israele e Hamas hanno confermato di aver concordato un cessate il fuoco di quattro giorni a Gaza, con la cessazione di tutte le ostilità e il rilascio di 50 ostaggi israeliani in cambio di 150 prigionieri palestinesi.
Secondo quanto riportato, alcuni capi di Hamas, diramazione dei Fratelli musulmani, vivrebbero in Qatar, Paese che agisce con forza da sponda all’organizzazione islamista, al punto da inimicarsi la vicina Arabia Saudita, che invece ha rotto i ponti con la fratellanza.
Tuttavia alcune voci, come quella dell’analista geopolitico Thierry Meyssan, sostengono che i capi del movimento sarebbero in realtà ospiti di Erdogan in Turchia.
Si tratta di un’accusa grave, tuttavia negli scorsi giorni il presidente turco non ha perso occasione per scagliarsi contro Israele e Netanyahu in particolare. Tre settimane fa Erdogan aveva accusato Israele di «crimini di guerra» per poi attaccare l’intero mondo Occidentale (di cui Erdogan sarebbe di fatto parte, essendo la Turchia aderente alla NATO e aspirante alla UE) a Gaza «ha fallito ancora una volta la prova dell’umanità».
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni Erdogan ha dichiarato che Israele è uno «Stato terrorista» che sta commettendo un «genocidio» a Gaza.
In un episodio diplomaticamente piuttosto grottesco, la settimana scorsa, mentre si trovava in visita in Germania, Erdogan ha proseguito nella sua aggressiva denuncia dell’operazione militare israeliana contro Hamas dichiarando che la Germania non può parlare liberamente di Israele a causa dell’Olocausto.
Nello scorso mese nelle città turche si sono consumate manifestazioni massive pro-Palestina che chiedevano apertis verbis l’intervento militare turco a Gaza. Durante uno di questi moti è stata assaltata la base militare americana di Incirlik. Erdogan ha cavalcato una grande dimostrazione di massa parlando dal palco indossando una kefiah palestinese.
Come riportato da Renovatio 21, in un episodio che lasciò alcuni osservatori un po’ interdetti, nel giugno 2022 il governo dello Stato Ebraico aveva emesso un avviso di viaggio per Istanbul alzando l’allerta terrorismo al massimo livello dopo che i funzionari hanno affermato di aver fermato diversi progetti di attacco iraniano contro i turisti israeliani.
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Immagine di Kobi Gideon / GPO Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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Il Congresso USA pubblica la prima serie di file su Epstein

There must be maximum transparency about the horrific crimes committed by Epstein and Maxwell. We will continue to follow the facts and seek justice for these survivors. pic.twitter.com/qNYXYMgl3p
— Oversight Committee (@GOPoversight) September 2, 2025
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Il presidente del Portogallo afferma che Trump è un «asset russo»

Il presidente portoghese Marcelo Rebelo de Sousa ha accusato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump di fingere di agire come mediatore imparziale nel conflitto ucraino, mentre in realtà serve gli interessi di Mosca e funge da «asset russo».
Nel gergo dei servizi segreti, un asset, o «risorsa», è una persona, un’organizzazione, una risorsa o un’informazione che viene utilizzata o reclutata da un’agenzia di intelligence per supportare le sue operazioni. In pratica il presidente americano viene accusato ancora una volta di essere un pupazzo di Mosca e delle sue agenzie di spionaggio. Le due presidenze Trump sarebbero quindi delle operazioni clandestine dei servizi russi.
La gravità delle parole del presidente lusitano è sconcertante, così come la sua poca originalità.
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Intervenendo mercoledì all’Università estiva del Partito Socialdemocratico a Castelo de Vide, Rebelo de Sousa ha criticato Trump per essersi allontanato dalla politica del suo predecessore di sostegno incondizionato a Kiev.
«Il leader della più grande superpotenza mondiale è, oggettivamente, una risorsa sovietica o russa. Funziona come una risorsa», ha affermato Rebelo de Sousa, citato dalla CNN Portogallo.
Il presidente portoghese ha inoltre affermato che Trump è più un «arbitro che negozia solo con una delle due squadre che un vero mediatore», sostenendo che Kiev e i suoi sostenitori dell’UE hanno dovuto «farsi strada» per prendere parte ai recenti colloqui a Washington.
Le dichiarazioni riecheggiavano la bufala del Russiagate lanciata per la prima volta contro Trump nel 2016, quando i suoi oppositori sostenevano che la sua campagna elettorale avesse colluso con il Cremlino. Questa narrazione ha dominato il suo primo mandato, nonostante l’inchiesta Mueller del 2019 non avesse trovato prove di collusione e il Rapporto Durham del 2023 avesse concluso che la vicenda era stata in gran parte orchestrata da operatori politici.
Trump ha definito il Russiagate «il più grande scandalo nella storia americana», sostenendo che fosse stato concepito per sabotare la sua presidenza e giustificare politiche ostili nei confronti di Mosca.
Da quando è tornato in carica a gennaio, Trump ha cercato di presentarsi come un mediatore neutrale nel conflitto ucraino, alternando accuse alla Russia e all’Ucraina per la mancanza di progressi, comunicando regolarmente sia con il presidente russo Vladimir Putin che con il leader ucraino Volodymyro Zelens’kyj. A volte ha minacciato Mosca di «sanzioni massicce», mentre in altre occasioni ha accusato Kiev di «mancanza di flessibilità» e di non essere «pronta» per la pace.
All’inizio di questo mese, Trump ha avvertito di essere «molto, molto insoddisfatto» di Putin e ha minacciato di imporre dazi secondari ai partner commerciali della Russia, minaccia che incombe ancora dopo lo storico vertice in Alaska. Il leader portoghese, tuttavia, ha affermato che, a differenza dell’UE, che ha proceduto con le sanzioni, «Washington ha solo lanciato minacce vuote, dando alla Russia il tempo di avanzare sul terreno».
Trump ha sostenuto che «tutti sono da biasimare» per il conflitto, che egli insiste non essere «la sua guerra», e ha promesso di prendere una «decisione molto importante» sul futuro della politica statunitense entro poche settimane, a seconda che Mosca e Kiev si impegnino o meno in colloqui di pace.
Come testimonia la foto a corredo di questo articolo, il De Sousa e Trump si erano incontrati nello Studio Ovale della Casa Bianca di Washington il 27 giugno 2018, durante la prima presidenza dell’attuale comandante in capo USA.
Today, it was my great honor to welcome President Marcelo Rebelo de Sousa of Portugal to the @WhiteHouse!🇺🇸🇵🇹 pic.twitter.com/yd37K4Ei8R
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) June 27, 2018
Ci chiediamo ora come saranno i prossimi incontri, che, da qui alla scadenza del secondo mandato del presidente portoghese (2026) potrebbero essere inevitabili.
Questo è lo stato in cui versano i vertici europei. Russofobia furiosa, forsennata al punto da compromettere i rapporti non solo con Mosca, ma con gli stessi USA.
Ciò risulta incredibile solo per chi non ha capito il disegno in atto, e la mediocrità assoluta, malvagia della classe politica continentale.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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L’FBI fa irruzione nella casa di Bolton. È iniziata la purga dello Stato profondo?

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Non si tratta solo del presidente. Robert F. Kennedy jr., il suo segretario alla Salute, è un anti-neocon sfrenato – nonostante l’essersi trovato con un figlio turlupinato ad andare a combattere in Ucraina in una guerra che Kennedy ritiene fomentata dagli stessi USA. Quando raccontò del suo ingresso nel team Trump – il momento che ha messo fine alla sua campagna presidenziale, lanciandolo come stella del MAGA-MAHA –RFK rivelò pure di essere rimasto colpito dai primi colloqui con Don junior, il primogenito Trump. Il quale, racconta Kennedy, era apertis verbis in opposizione ai neocon, con nomi e cognomi. Di recente Kennedy ha fatto di sfuggita un’ulteriore rivelazione sul gabinetto Trump: dice che va d’accordo con gli altri segretari, in particolare la Bondi, che è diventata amica sua e di sua moglie, ma quello più simpatico, che fa ridere tutti, dice, è Marco Rubio: qui Kennedy dice che dapprima provava freddezza nei suoi confronti, in quanto riconosciuto come neocon estremista, ma ha avuto una «conversione», mollando completamente il campo dei falchi antirussi.Donald Trump’s comments about “nation builders, neocons, and Western interventionists” in Saudi Arabia:
“Before our eyes, a new generation of leaders is transcending the ancient conflicts of tired divisions of the past and forging a future where the Middle East is defined by… pic.twitter.com/jDEKlNMFk4 — Liam McCollum (@MLiamMcCollum) May 13, 2025
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