Politica
Musk ringrazia Soros jr. per aver svelato la Harris come il «prossimo burattino»

Elon Musk, ha preso in giro George Soros e suo figlio per aver rapidamente appoggiato la vicepresidente Kamala Harris definendola «la candidata più qualificata che abbiamo» per sostituire Joe Biden, che si è ritirato dalla corsa domenica.
Dopo che Biden ha annunciato la sua decisione di non ricandidarsi a novembre, Alex Soros, figlio del finanziere miliardario George Soros ed erede dell’impero filantropico del padre, ha prontamente appoggiato la vicepresidente Kamala Harris, descrivendola come la «migliore» possibilità dei democratici di sconfiggere Donald Trump.
«È tempo per tutti noi di unirci attorno a Kamala Harris e sconfiggere Donald Trump… Lunga vita al sogno americano!» ha scritto Alex Soros in un post su X, allegando una sua foto con Harris.
«Vorrei solo ringraziare Alexander Soros per non aver tenuto tutti con il fiato sospeso su chi sarebbe stato il prossimo burattino», ha scritto in risposta Elon Musk, il proprietario di X.
I’d just like to thank @AlexanderSoros for not keeping everyone in suspense about who the next puppet would be ????
— Elon Musk (@elonmusk) July 21, 2024
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Anche George Soros sostiene personalmente la Harris, ha detto ieri il suo portavoce al Wall Street Journal. Come importante donatore del Partito Democratico degli Stati Uniti, George Soros ha convogliato circa 128 milioni di dollari a candidati e organizzazioni durante le elezioni di medio termine del 2022 e ha donato 5 milioni di dollari al principale comitato di azione politica che sostiene Biden il giorno dopo il dibattito fallito del presidente contro Donald Trump il mese scorso.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso era emerso che enti legati a Soros pagavano anche l’esercito di influencer che su TikTok sostenevano Biden.
Il Musk in precedenza aveva criticato duramente il miliardario liberale di origine ungherese per aver tentato di fatto di smantellare la società assicurandosi che le leggi non venissero applicate. «Sta facendo cose che erodono il tessuto della civiltà», aveva detto Musk durante un podcast con Joe Rogan l’anno scorso, spiegando che l’attuale illegalità che affligge città americane come San Francisco e Los Angeles è il risultato del sostegno di Soros ai procuratori distrettuali progressisti che «si rifiutano di perseguire i crimini».
Musk ha anche affermato che nonostante il 93enne Soros fosse «abbastanza vecchio» e «fondamentalmente un po’ senile» a questo punto, era comunque «molto intelligente» e molto bravo nell’arbitraggio, capendo che il più alto «valore per i soldi» era nel sostenere le elezioni locali piuttosto che le campagne elettorali nazionali come quelle per il Senato o la presidenza.
Nello scontro fra i due, Musk è arrivato ad annunciare che avrebbe denunciato le ONG sostenute da Soros per i loro presunti tentativi di introdurre la censura.
Il magnate George Soros, che nel 1992 ha fatto crollare la sterlina britannica e – sotto lo sguardo di Ciampi, Draghi e Prodi che lo premiò con una laurea ad honorem a Bologna – la lira italiana, è tra gli uomini più ricchi del mondo, con un patrimonio stimato intorno almeno i 25 miliardi.
L’anno scorso, si è dimesso dal timone della sua Open Society Foundations, cedendo il controllo della ONG da 25 miliardi di dollari al figlio trentottenne Alex. Una decisione a sorpresa, in quanto si pensava lo scettro passasse invece al figlio di primo letto di oltre cinquant’anni, considerato più vicino alle aziende che non alla sfera politica dell’operato sorosiano.
Come riportato da Renovatio 21, Alex Soros è stato alla Casa Bianca almeno 14 volte. Portato da Bill Clinton, l’estate scorsa Soros junior ha avuto un’udienza con papa Bergoglio.
Pochi giorni fa Elon aveva ridicolizzato il presidente Biden per aver fatto appello ai suoi sostenitori affinché facessero donazioni, etichettando il miliardario come parte di un’élite che trucca le schede elettorali.
L’appello pubblicato mercoledì sull’account personale X di Biden afferma che il presidente è «stufo di Elon Musk e dei suoi ricchi amici che cercano di comprare queste elezioni».
Quando gli è stato mostrato uno screenshot del post, l’imprenditore ha risposto: «Vivo senza pagare l’affitto nella sua testa», aggiungendo alcune emoji. Ha anche condiviso un meme che lo elogiava come una «fottuta leggenda» per aver acquistato Twitter e sostenuto Donald Trump «durante l’erosione della repubblica».
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Orban dice che l’UE potrebbe andare al «collasso» e chiede accordi con Mosca

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Politica
Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro giapponese ha annunciato ieri le dimissioni dopo settimane di tensioni con i membri del Partito Liberaldemocratico, in difficoltà di fronte alla perdita di consenso tra gli elettori conservatori. Diversi candidati si sono già fatti avanti segnalando la volontà di succedere a Ishiba nella presidenza del partito, ma resta il nodo della guida del governo senza la maggioranza in parlamento.
A meno di un anno dal suo insediamento, il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha annunciato ieri le dimissioni, aprendo una nuova fase di incertezza politica. La decisione è una conseguenza delle crescenti pressioni all’interno del suo stesso partito, il Partito Liberaldemocratico (LDP), che alle ultime elezioni ha subito significative sconfitte, arrivando a perdere la maggioranza in entrambe le Camere.
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Ishiba si è assunto la responsabilità per i pessimi risultati dell’LDP alle elezioni della Camera dei Consiglieri a luglio e ha sottolineato che le sue dimissioni servono a prevenire un’ulteriore spaccatura all’interno del partito. Già a luglio, il quotidiano giapponese Mainichi aveva per primo riportato che Ishiba si sarebbe dimesso, basandosi su informazioni raccolte tra il premier e i suoi più stretti collaboratori.
Le prime indiscrezioni indicavano che i preparativi per la corsa alla presidenza dell’LDP sarebbero iniziati entro agosto. Ishiba, tuttavia, aveva pubblicamente smentito queste notizie e nelle sue affermazioni aveva sottolineato l’importanza di portare a termine le trattative sui dazi con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che aveva imposto il primo agosto come scadenza ultima.
Nel suo discorso di ieri, Ishiba ha spiegato che l’annuncio delle dimissioni a luglio avrebbe indebolito la posizione del Giappone: «chi negozierebbe seriamente con un governo che dice “ci dimettiamo”?», ha detto.
Ishiba ha poi cercato di placare le pressioni interne all’LDP minacciando di sciogliere la Camera dei Rappresentanti e indire elezioni anticipate, una mossa che ha esacerbato le divisioni e spinto il principale partner di coalizione, il partito Komeito, a ritenere inaccettabile la decisione. Secondo l’agenzia di stampa Kyodo, l’ex primo ministro Yoshihide Suga e il ministro dell’Agricoltura Shinjiro Koizumi entrambi tenuto colloqui con il premier sabato, evitando una scissione all’interno del partito e aprendo la strada all’annuncio delle dimissioni di ieri.
Ora l’attenzione si sposta sulla scelta del prossimo leader dell’LDP, che potrebbe assumere anche la carica di primo ministro se ci fosse una qualche forma di sostegno o di accordo anche con le opposizioni. Tra i principali contendenti ci sono membri del partito che avevano già sfidato Ishiba in passato, tra cui Sanae Takaichi, ex ministra per la sicurezza economica, che ha ricevuto il 23% dei consensi in un recente sondaggio di Nikkei. Takaichi fa parte dell’ala conservatrice e ha una forte base di sostegno tra i fedelissimi dell’ex primo ministro Shinzo Abe, di cui è considerata l’erede, soprattutto per quanto riguarda le politiche economiche, che potrebbero favorire una ripresa dei mercati azionari. Takaichi ha inoltre la reputazione di andare d’accordo con il presidente Donald Trump.
Anche Shinjiro Koizumi, attuale ministro dell’Agricoltura e figlio dell’ex leader Junichiro Koizumi, è un altro papabile candidato, dopo essere riuscito ad abbassare i prezzi del riso appena entrato in carica. Il sondaggio di Nikkei ha registrato un 22% dei consensi nei suoi confronti.
Altri membri del partito hanno segnalato la volontà di candidarsi, tra cui Yoshimasa Hayashi, attuale segretario capo del Gabinetto e portavoce principale del governo Ishiba, che si è classificato quarto nella corsa per la leadership del partito del 2024. Tra gli altri contendenti figurano Takayuki Kobayashi, un altro ex ministro per la sicurezza economica che gode di un maggiore sostegno all’interno dell’ala centrista, e Toshimitsu Motegi, ex segretario generale dell’LDP e il più anziano tra i candidati con i suoi 69 anni.
L’LDP oggi si trova in una posizione di forte debolezza. Molti elettori conservatori alle ultime elezioni hanno preferito il partito di estrema destra Sanseito anche a causa dell’allontanamento di Ishiba dall’ala conservatrice.
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Secondo un sondaggio di Kyodo, condotto prima che fossero riportate le dimissioni di Ishiba, l’83% degli intervistati ha dichiarato che un chiarimento pubblico del partito sulle ultime sconfitte non avrebbe comunque aumentato la fiducia degli elettori. È chiaro, quindi, che il compito del prossimo presidente di partito sarà quello di ripristinare la credibilità del centrodestra.
Chiunque verrà scelto si troverà davanti a un’importante decisione: se indire elezioni anticipate per cercare di riconquistare la maggioranza alla Camera bassa o rischiare di perdere il potere del tutto. Quest’ultima scelta rischierebbe di aprire una nuova fase di instabilità politica senza precedenti, che richiederebbe la ricerca di sostegno anche tra i partiti dell’opposizione per approvare le leggi e i bilanci.
Secondo diversi commentatori, il prossimo leader dovrà prima di tutto godere di una genuina popolarità sia all’interno che all’esterno del partito per affrontare sfide come l’invecchiamento della società, la forza lavoro in calo, l’inflazione e i timori che gli Stati Uniti possano abbandonare il loro ruolo di garanti della sicurezza nella regione asiatica.
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Il governo francese collassa

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