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Terrorismo

Mosca accusa l’Ucraina di sostenere i terroristi in Africa

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La Russia continuerà a combattere contro il sostegno «inaccettabile» di Kiev al terrorismo internazionale dopo che i funzionari ucraini hanno ammesso, e poi tentato di ritrattare, il loro coinvolgimento in un raid mortale in Mali, ha dichiarato il diplomatico russo Georgy Mikhno in una sessione ministeriale del Russia-Africa Partnership Forum. Lo riporta la stampa russa.

 

Circa 40 ministri e 1.500 altri partecipanti provenienti da tutta l’Africa hanno preso parte al forum tenutosi nel Territorio Federale Sirio, fuori dalla città di Sochi sul Mar Nero, questo fine settimana. Capo ad interim del Dipartimento per le Nuove Sfide e Minacce del Ministero degli Esteri russo, Mikhno ha parlato alla conferenza sabato, accusando l’Ucraina di sostenere il terrorismo internazionale.

 

«Le attività distruttive del regime criminale di Kiev, che sostiene apertamente i gruppi terroristici in Africa, non devono passare inosservate», ha detto Mikhno al forum, aggiungendo che la Russia continuerà a combattere contro questa «pratica inaccettabile» in Africa e nel mondo.

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Kiev si è pubblicamente implicata nell’incidente di luglio in Mali, quando gli insorti tuareg hanno teso un’imboscata e ucciso decine di militari maliani e personale del Gruppo Wagner della Russia, ha insistito il diplomatico.

 

«Ecco perché la decisione della Repubblica del Mali e del Niger di interrompere immediatamente le relazioni diplomatiche con Kiev è, a nostro avviso, assolutamente logica», ha aggiunto.

 

Anche il presidente russo Vladimir Putin si è rivolto al forum domenica, promettendo che Mosca continuerà a fornire «tutta l’assistenza possibile» alle nazioni africane in vari ambiti, che vanno dalla lotta ai disastri naturali e alle malattie epidemiche alla lotta al terrorismo.

 

L’Ucraina è coinvolta in una crisi diplomatica nell’Africa occidentale da luglio, quando il portavoce dell’agenzia di intelligence militare ucraina GUR, Andrey Yusov, ha ammesso che la sua agenzia aveva fornito ai ribelli «informazioni necessarie, e non solo informazioni, che hanno permesso un’operazione militare di successo». Secondo Le Monde, le spie ucraine avrebbero condiviso le loro tecniche di guerra con i droni per aiutare i ribelli a uccidere i contractor della sicurezza russa.

 

Le osservazioni hanno scatenato l’indignazione in Mali e in diversi paesi confinanti dell’Africa occidentale, che hanno accusato l’Ucraina di sostenere l’aggressione. Il governo militare maliano e il suo alleato in Niger hanno risposto interrompendo le relazioni diplomatiche con Kiev.

 

Il ministero degli Esteri ucraino ha respinto fermamente le accuse, sostenendo che gli stati africani hanno preso decisioni «affrettate» senza prove. Tuttavia, una fonte all’interno del GUR ha detto al quotidiano francese che il coinvolgimento è stato un «errore diplomatico», pur affermando che «non si torna indietro» e che Kiev rimane impegnata a dare la caccia ai contractor russi «ovunque si trovino».

 

La scorsa estate, il Niger aveva rotto le relazioni diplomatiche con Kiev appena due giorni dopo che il Mali aveva fatto lo stesso passo, accusando Kiev di sostenere il terrorismo internazionale. Anche Senegal e Burkina Faso hanno criticato l’Ucraina per le dichiarazioni dei suoi funzionari.

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa il Mali aveva accusato i francesi di doppio gioco, cioè – disse il primo ministro Maiga, di addestrare e sostenere gli stessi terroristi che diceva di voler combattere nella regione.

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Un’ONG russa all’epoca dichiarò che i media francesi stavano lavorando per coprire i crimini militari di Parigi nel Paese africano.

 

A fine 2023 il Mali erano riuscito a riconquistare la città settentrionale di Kidal, che era in gran parte sotto il controllo dei separatisti di etnia tuaregga, che i funzionari hanno accusato di aver destabilizzato la regione.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato fa l’antica città maliana di Timbuctù, detta anche «la perla del Sahel» e sito designato come patrimonio dell’umanità UNESCO, sarebbe caduta nelle mani del Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani (JNIM), sigla terrorista legata ad Al Qaeda.

 

Lo stesso presidente del Burkina Faso ha dichiarato che vi è nell’area un enorme afflusso di armi «ucraine» che finiscono nelle mani dei terroristi takfiri. Medesime accuse sulle armi fornite all’Ucraina finite a destabilizzare l’Africa fu fatta due anni fa dal presidente nigeriano Muhammadu Buhari.

 

Le accuse di Mosca non sono nuove: tre mesi fa la portavoce degli Esteri Maria Zakharova aveva dichiarato che il governo ucraino è diventato un’organizzazione terroristica che agisce per conto delle nazioni occidentali e delle loro «strutture dello stato profondo».

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Terrorismo

Hamas afferma che la sua leadership è sopravvissuta all’attacco israeliano al Qatar

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Il gruppo militante palestinese Hamas ha affermato che l’attacco israeliano al suo complesso nella capitale del Qatar Doha avvenuto martedì è stato in gran parte infruttuoso e che i suoi membri più importanti sono sopravvissuti.   Tuttavia, l’attacco ha ucciso il figlio di Khalil al-Hayya, capo dell’ufficio politico del gruppo, e un suo collaboratore di alto rango, secondo Suhail al-Hindi, un membro di spicco di Hamas. Tre guardie del corpo del leader del gruppo risultano ancora disperse dopo gli attacchi, ha dichiarato ad Al Jazeera.   «Il sangue dei leader del movimento è come il sangue di qualsiasi bambino palestinese», ha affermato al-Hindi.

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L’«atroce» attacco israeliano è stato un «tentativo di uccidere coloro che stavano discutendo di porre fine alla guerra a Gaza», ha aggiunto, corroborando precedenti resoconti secondo cui la leadership del gruppo era stata colpita mentre si riuniva per discutere le ultime proposte degli Stati Uniti sulla risoluzione del conflitto con Israele.   Secondo quanto riportato dai media israeliani, nell’attacco sono stati coinvolti circa 15 aerei, che hanno sparato più di dieci proiettili ad alta precisione contro il complesso di Hamas. Israele ha insistito sul fatto che l’attacco è stato un’azione unilaterale e che nessun’altra parte è stata coinvolta nell’attacco «ai vertici dell’organizzazione terroristica di Hamas». Il Qatar ha parlato invece di «terrorismo di Stato» da parte israeliana.   Diversi resoconti dei media israeliani, tuttavia, hanno suggerito che lo Stato Giudaico avesse informato Washington dell’imminente azione prima dell’attacco. Inoltre, il canale israeliano Channel 12 ha riferito, citando un funzionario anonimo, che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva dato il via libera all’attacco.   La Casa Bianca ha descritto l’attacco israeliano come un incidente «sfortunato», con la portavoce Karoline Leavitt che ha affermato che l’attacco al cuore del Qatar, uno «stretto alleato» degli Stati Uniti, «non promuove gli obiettivi di Israele o dell’America».   Il Qatar, che è stato definito un «importante alleato non NATO» degli Stati Uniti, ha condannato il «vile attacco israeliano», descrivendo il luogo interessato dall’attacco come «edifici residenziali che ospitano diversi membri dell’ufficio politico del movimento Hamas». Il Ministero degli Esteri del Paese ha negato di essere stato a conoscenza dell’attacco in precedenza, affermando di non aver ricevuto alcuna notifica né da Israele né dagli Stati Uniti.   Più tardi, nel corso della giornata, il ministero degli Interni del Qatar ha dichiarato che almeno un agente di sicurezza è stato ucciso e altri sono rimasti feriti mentre intervenivano sul luogo dell’attacco.   Il Qatar aveva avviato rapporti commerciali non ufficiali con Israele nel 1996, diventando il secondo paese della penisola arabica a farlo dopo l’Oman, in concomitanza con il trattato di pace tra Israele e Giordania. Questi rapporti commerciali sono proseguiti fino al 2009, quando il Qatar ha sospeso i legami economici con Israele a seguito dell’operazione Piombo Fuso.   A seguito del conflitto tra Israele e Gaza del 2008-2009, il Qatar AVEVA organizzato una riunione d’emergenza con stati arabi e Iran per affrontare la crisi. Hamas, che controllava Gaza, rappresentava i palestinesi, a differenza dell’Autorità Nazionale Palestinese guidata da Fatah in Cisgiordania, indebolendo il presidente Mahmoud Abbas. I leader di Hamas, Khaled Meshaal, il presidente siriano Bashar al-Assad e quello iraniano Ahmadinejad avevano allora chiesto agli Stati arabi di interrompere ogni rapporto con Israele.   Nel 2013, secondo un giornale libanese, il Qatar avrebbe agevolato un’operazione israeliana per trasferire 60 ebrei yemeniti in Israele, permettendo loro di transitare da Doha. Il 30 aprile 2013, il primo ministro qatariota, sceicco Hamad bin Jassim al-Thani, ha proposto che gli accordi di pace con i palestinesi potessero includere scambi territoriali invece di rispettare i confini del 1967, un’idea accolta positivamente dal ministro della giustizia israeliano Tzipi Livni, che l’ha definita una mossa strategica per favorire compromessi e rafforzare il sostegno pubblico alla pace.   Tuttavia, dopo l’Operazione Margine Protettivo (cioè il conflitto a Gaza nel 2014), Israele ha criticato il Qatar per il suo supporto diplomatico e finanziario ad Hamas, accusandolo di sponsorizzare il terrorismo. Il ministro degli esteri Avigdor Lieberman aveva chiesto l’espulsione dei giornalisti di Al Jazeera, di proprietà qatariota.   Nel 2015, l’ambasciatore del Qatar a Gaza ha cercato l’approvazione di Israele per importare materiali da costruzione a Gaza, dopo il rifiuto dell’Egitto di aprire il valico di Rafah, suscitando le critiche dell’Autorità Nazionale Palestinese e di Fatah, che temevano un’usurpazione del ruolo di mediatori da parte del Qatar.

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Nel giugno 2015, il Qatar aveva ospitato colloqui a Doha tra Israele e Hamas per discutere un possibile cessate il fuoco di cinque anni. Durante la crisi diplomatica del Qatar del 2017, Israele ha sostenuto il blocco guidato dall’Arabia Saudita contro il Qatar e ha espulso Al Jazeera da Israele. Durante la guerra di Gaza del 2023, il Qatar ha mediato tra Hamas e Israele, ottenendo un cessate il fuoco e uno scambio di oltre 100 ostaggi israeliani con 240 prigionieri palestinesi   Nell’aprile 2024, Essa Al-Nassr, generale qatariota e membro dell’Assemblea consultiva, ha dichiarato che non ci sarebbe stata pace con Israele, accusandolo di tradimenti e omicidi, definendo gli attacchi del 7 ottobre 2023 un «preludio» alla distruzione di Israele.   Le frizioni tra Israele e Qatar sono pienamente visibile con il continuo assassinio di giornalista di Al Jazeera negli ultimi mesi.   Voci in rete, prive di verifica possibile, sostengono che il vertice di Hamas sarebbe stato salvato grazie ad una soffiata proveniente dal MIT, il servizio segreto turco.

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Terrorismo

I ribelli congolesi usano minorenni

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Le autorità del Paese hanno affermato che i ribelli dell’M23 che operano nella Repubblica Democratica del Congo stanno commettendo gravi violazioni dei diritti umani, tra cui il rapimento e il reclutamento forzato di giovani anche minorenni.

 

Intervenendo martedì in una conferenza stampa a Kinshasa, il vice primo ministro e ministro degli Interni e della Sicurezza del Paese, Jacquemain Shabani, ha denunciato abusi quotidiani contro i civili nelle province del Nord e del Sud Kivu, nella parte orientale del Congo, colpite dal conflitto, ha riferito l’agenzia di stampa Anadolu.

 

«Bisogna sottolineare che continuano i rapimenti e i sequestri di giovani, per reclutarli forzatamente in movimenti armati», ha aggiunto.

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Secondo il maggiore Nestor Mavudisa, portavoce della terza zona di difesa dell’esercito congolese, i ribelli «hanno arrestato e trattenuto diversi giovani, tra cui alcuni minorenni, che a volte usano come inseguitori, ma anche come scudi umani».

 

Le accuse giungono poche settimane dopo la firma, a Doha, di una dichiarazione tra rappresentanti del governo e ribelli, che delinea una tempistica per la pace. Le parti hanno concordato di avviare i negoziati l’8 agosto e di finalizzare un accordo di pace entro il 18 agosto.

 

Tuttavia, la scadenza è trascorsa senza che si registrassero progressi, con entrambe le parti che si accusavano a vicenda di violazioni. Il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majed al-Ansari, ha dichiarato la scorsa settimana che funzionari congolesi e rappresentanti del gruppo armato avevano ripreso i negoziati a Doha.

 

Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni una coalizione di gruppi armati nella Repubblica Democratica del Congo (RDCongo) ha accusato il governo di aver violato gli accordi volti a porre fine al brutale conflitto.

 

A giugno, la Repubblica Democratica del Congo ha firmato un accordo mediato dagli Stati Uniti con il Ruanda, che Kinshasa accusa di aver armato i ribelli, un’accusa negata da Kigali. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che il patto, che include le richieste di un meccanismo di sicurezza congiunto, conferisce a Washington diritti sulle risorse minerarie locali.

 

Attori regionali e internazionali hanno spinto per un cessate il fuoco nella Repubblica Democratica del Congo da quando i ribelli dell’M23 hanno intensificato la loro offensiva all’inizio di quest’anno nell’est del Paese, ricco di risorse minerarie. I militanti hanno conquistato importanti centri minerari, tra cui Goma e Bukavu, uccidendo migliaia di persone.

 

Come riportato da Renovatio 21, negli ultimi mesi si sono verificati scontri armati nell’Est del Paese, guidati dai militanti del gruppo M23, uno delle decine di gruppi ribelli che combattono il governo per il controllo dei territori e delle risorse minerarie, secondo molti sostenuto dal Ruanda. Dall’inizio di quest’anno, almeno 8.500 persone, tra cui bambini e peacekeeper, sono state uccise nell’escalation dei combattimenti tra i ribelli e le forze congolesi.

 

Nella turbolenza terroristica, allarmi erano stati lanciati riguardo ad epidemie di malattie misteriose che avevano ucciso diecine di congolesi.

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Come riportato da Renovatio 21, il CICR aveva lanciato un allarme secondo cui gli scontri in corso nella città di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo orientale, potrebbero causare la fuga di campioni di Ebola e di altri agenti patogeni da un laboratorio.

 

Quattro mesi fa il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) affermava di star facilitando l’evacuazione di diverse centinaia di soldati e poliziotti disarmati della RDCongo dal territorio controllato da M23.

 

Come riportato da Renovatio 21, oltre 40 cristiani sono stati massacrati in un attacco terroristico contro una chiesa in Congo lo scorso mese perpetrato dalle Forze Democratiche Alleate (ADF) affiliate all’ISIS. I vescovi congolesi hanno condannato l’assenza di risposta alla strage.

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Terrorismo

Infermiera tedesca prigioniera in Somalia da 7 anni

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Sonja Nientiet, infermiera tedesca in forza al Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) e rapita ad inizio maggio 2018 a Mogadiscio da un gruppo armato forse legato all’organizzazione islamista al-Shabaab sarebbe ancora in vita.   Un video apparso in rete nel marzo 2025 mostra l’operatrice umanitaria coperta da velo islamico con un volto stanco e provato mentre descrive la sua vicenda e chiede al governo tedesco di fare il possibile per liberarla.  

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Me la ricordo Sonja. Devo ammettere che era un ricordo semi sepolto dei miei anni passati in ICRC e riportato alla luce qualche giorno fa da un post apparsomi su Instagram.   Mi viene in mente una donna robusta, con scarso senso dell’ironia e tifosissima del Borussia Dortmund ai limiti del fanatismo, tanto da appendere in ufficio sciarpe, bandiere e gadget della squadra del cuore, nella perplessità dello staff locale.   Non eravamo amici per la pelle anche se non credo di aver mai avuto discussioni con lei in un ambiente, quello dell’emergenza umanitaria, in cui la tensione, anche tra colleghi, si tagliava a fette.   Erano gli anni a cavallo del 2015 in cui l’ISIS impazzava e sembrava avere sostenitori pure in Giordania paese da cui ci occupavamo del conflitto siriano e dei molti rifugiati che si riversavano nel territorio della monarchia hascemita. Notizie di tentati sequestri di occidentali e di operatori umanitari circolavano periodicamente e la vita in una città beduina di confine, piena di sabbia, di mosche, torrida in estate e gelata d’inverno, non era esattamente entusiasmante.   Ricordo i black out dovuti al freddo, io mentre cucinavo spaghetti alla carbonara al buio mentre un collega inglese mi faceva luce con una torcia, l’assurda birra Petra addizionata di alcool che poteva arrivare fino a 30 gradi, la noia, gli incubi notturni dopo giornate passate ad occuparmi di disgrazie umane, a volte strazianti. Ad un certo punto non ne potevo davvero più, come molti colleghi che nel tempo hanno mollato o hanno visto il loro contratto interrompersi per non aver accettato una missione troppo rischiosa per la sicurezza e per la salute.   Perché il Comitato Internazionale della Croce Rossa è come un piccolo esercito umanitario dalle molte contraddizioni, che specificheremo in altri articoli. È un’organizzazione che spesso chiede il massimo ai suoi delegati (questo è il nome dei suoi operatori espatriati) ed opera per mandato in zone di conflitti militari e relative crisi umanitarie. Burn-outs e ricadute a livello psicologico come le temute sindromi da stress post traumatico sono pertanto all’ordine del giorno.   Più missioni si accettano e in posti pericolosi, più aumentano i rischi di essere rapiti o peggio ammazzati da qualche gruppo armato o semplicemente di fuorilegge, senza parlare delle malattie infettive e di altri poco simpatici “contrattempi” in cui si può incappare.   I sette anni dell’infermiera Sonja in una terra come la Somalia sono davvero tanti. È difficile pensare come si possa tenere duro in una situazione di questo tipo, oltretutto prigionieri di un gruppo armato. Non passiamo fare altro che pregare per lei e augurarle di poter tornare un giorno allo stadio a seguire il suo Borussia Dortmund.   Victor Garcia

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